Il 2009 potrebbe rivelarsi un importante anno di svolta per le foreste tropicali.
Iniziando dal Brasile, con il più basso tasso di deforestamento da almeno il 1980, il deforestamento globale è sceso al suo livello più basso in poco più di 10 anni. Motivo principale è la crisi economica internazionale, che ha prosciugato i finanziamenti alle attività di distruzione delle foreste e contribuito a un crollo dei prezzi dei beni di prima necessità, fattore alla radice del deforestamento.
Il 2009 è stato rilevante anche per i progressi fatti riguardo al REDD, un meccanismo proposto per attenuare il cambiamento climatico che offrirebbe aiuti finanziari ai paesi tropicali perchè proteggano le loro foreste.
Nel corso dell’anno, il mondo finanziario e i leader politici, importanti scienziati e gruppi di tutela, personaggi famosi e altre figure di spicco hanno espresso il loro appoggio al REDD.
Questo entusiasmo è arrivato fino alle discussioni sul clima a Copenhagen, dove il REDD è stato uno dei pochi progetti ad avere finanziamenti. Dubbi sul REDD ora sono volti per lo più a dettagli del meccanismo, come implementazione, finanziamenti, controllo e capitale di rischio, invece di concentrarsi su concetti base quali la tutela delle foreste pluviali come mezzo per ridurre l’emissione dei gas dell’effetto serra.
Fattori del deforestamento.
Deforestamento di una foresta in Mato Grosso. Foto di Rhett A. Butler |
I progressi fatti nel 2009 sono dovuti a un cambiamento riguardo le cause del deforestamento. Si è passati dall’abbattimento delle foreste a fini di sopravvivenza a una distruzione organizzata e diretta dalle grandi compagnie. Questo trend è aumentato con l’urbanizzazione e l’abbandono da parte dei governi dei progetti di colonizzazione. Le corporazioni e i grandi proprietari terrieri hanno si crescenti risorse per il disboscamento, ma sono anche facili target dei gruppi di pressione. E’ infatti più semplice per i gruppi di pressione accusare le grandi imprese e le corporazioni della distruzione delle foreste, piuttosto che i milioni di poveri contadini che cercano semplicemente di sopravvivere. Di conseguenza, i maggiori fattori industriali del disboscamento, l’olio di palma, allevamenti di bestiame e industrie di taglio e trasporto del legname, sono stati pesantemente colpiti dalle campagne degli attivisti nel 2009.
In Brasile, l’industria dell’allevamento è stata “bastonata” da una relazione di Greenpeace che collegava alcune delle marche mondiali più note – Nike, Toyota, Prada e altre, con la distruzione della Foresta Amazzonica.
La reazione a questa relazione è stata immediata. Alcuni dei più grandi acquirenti di manzo e pelle hanno annullato i loro contratti con i fornitori coinvolti nella distruzione della foresta Amazzonica.
Il governo brasiliano ha annunciato misure preventive e multe e ha perquisito gli uffici delle più importanti compagnie di allevamento e rivisto i programmi di finanziamento. Ministri del governo si sono uniti al settore privato per chiedere nuovi controlli sulla provenienza del prodotto per i fornitori per assicurare che i prodotti di allevamento non contribuissero al disboscamento. I maggiori produttori di allevamento e commercianti hanno tempestivamente risposto con una moratoria sul disboscamento della foresta amazzonica e con la promessa di attivare controlli più efficaci sulla catena di rifornimento.
L’industria brasiliana di allevamento potrebbe trasformasi da uno dei principali responsabili del disboscamento a un componente indispensabile nel favorire un lento cambio climatico.
Dal 1990 il deforestamento è diventato sempre più concentrato. Una ricerca recentemente pubblicata da Matt Hansen dell’Università del Sud Dakota indica una transizione ancora più netta negli ultimi anni. Il suo lavoro, basato su immagini ad alta risoluzione dal satellite, mostra come Brasile e Indonesia contassero il 61% di distruzione della foresta tropicale tra il 2000 e il 2005, piuttosto che il 43% come riportato invece dalla FAO |
Nel Sud – Est Asiatico, l’industria dell’olio di palma, è stata colpita da una decisione di Unilever, il più grande acquirente al mondo di olio di palma, di sospendere il suo contratto con Sinar Mas, il secondo produttore al mondo di tale prodotto.
Tale decisione è stata presa in conseguenza di un’inchiesta commissionata da Unilever in cui si sono dimostrate fondate le illazioni fatte da Greenpeace sui rapporti ambientali del produttore di olio di palma.
I risultati dell’inchiesta hanno rallentato la Tavola Rotonda per l’Olio di Palma Sostenibile ( RSPO ) di cui Sinar Mas era membro ( anche se le sue attività non sono ancora state giudicate responsabili per l’ambiente ).
Alcuni altri importanti acquirenti di olio di palma, come Cadbury-New Zealand e Lush Cosmetics, hanno annunciato che sospenderanno l’uso dell’olio di palma nei loro prodotti in conseguenza delle preoccupazioni dei loro consumatori riguardo il deforestamento.
Nel frattempo un’inchiesta interna condotta dalla Banca Mondiale della Corporazione Finanziaria Internazionale è giunta alla conclusione di aver violato le proprie regole ambientali, nel concedere finanziamenti alle compagnie di olio di palma.
Due compagnie hanno annunciato di voler rinunciare a concessioni di aree ricche di carbonio preservando così le foreste sulla terra, in cambio di pagamenti.
Nel settore della selvicoltura, alcune grandi aziende hanno troncato i loro legami con compagnie produttrici di legname da costruzione, pasta di cellulosa e carta, collegate ad attività illecite in Indonesia, come riportato nelle relazioni di ONGs.
USA ed Europa hanno potenziato applicazioni di leggi e regolamenti ( Il Lacey Act negli USA e FLEGT in Europa ) volti a far rispettare le leggi per la tutela ambientale agli importatori in paesi produttori di legname da costruzione. In Brasile organi federali hanno aperto un’inchiesta sull’esportazione illegale legname da costruzione nello stato di Parà. Il legname era stato fatto passare per “eco – certificato”ed esportato nei mercati di USA, Europa ed Asia.
In Cina, il ministro per la Protezione dell’Ambiente ha redatto un progetto di legge che obbligherebbe le compagnie cinesi operanti all’estero a rispettare le leggi ambientali della Cina e del paese ospitante. Non è però ancora chiaro se tali leggi entreranno in vigore.
Altre buone notizie
Il 2009 è stato un anno importante anche per altri progressi riguardo al tema delle foreste tropicali.
Il Brasile, il Perù e la Repubblica Democratica del Congo hanno creato grandi parchi tropicali, mentre la Papua Nuova Guinea ha istituito la sua prima riserva naturale.
La Norvegia continua a guidare i paesi industrializzati nel sostenere economicamente la tutela della foresta amazzonica, donando 250 milioni di dollari alla Guyana e rinnovando la promessa di un bilione di dollari al Brasile.
Anche USA, Giappone, Australia, Francia e Gran Bretagna hanno preso grossi impegni economici a favore delle foreste amazzoniche.
Area deforestata e foresta intatta in Borneo |
I diritti degli indigeni in Brasile hanno avuto un incoraggiamento grazie alla vittoria davanti alla giustizia in un contenzioso con gli allevatori in Roraima e il parere legale per cui la tribù dei Surui avrebbe i diritti sul carbonio nella terra in cui risiede. Tutto ciò potrebbe forse un giorno portare a progetti legati alla gestione del carbonio nelle foreste da parte degli indigeni stessi.
I Surui hanno anche svelato la loro partership con Google relativa allo sviluppo di strumenti che permetteranno alla tribù di proteggere i loro territori dall’invasione di tagliaboschi, minatori e allevatori.
Collaborando con importanti organi scientifici e ONGs, Google ha creato la piattaforma “Earth Engine”, un sistema che combina il potere del computer con tecnologie avanzate di monitoraggio e analisi.
La piattaforma dovrebbe permettere il monitoraggio ad alta risoluzione e in tempo reale delle foreste e del carbonio nel mondo, in determinate zone, prima del 2011.
Nello stesso tempo, l’Istituto di Ricerca di Woods Hole ha perfezionato una mappa globale ad alta definizione delle foreste, per tracciare i cambiamenti del territorio.
E qualche brutta notizia
Ma le buone notizie per le foreste tropicali sono state ridimensionate da sviluppi quali quello dell’Indonesia di cedere più di due milioni di ettari di terreno paludoso ricco di carbonio a favore dello sviluppo dell’olio di palma; il collasso delle misure di legge in Madagascar, che ha portato alla raccolta indiscriminata di tronchi ( e lemuri ) negli spettacolari parchi tropicali del paese; uno stop al meeting dell’ RSPO sui tentativi di ridurre le emissioni di gas serra generate dalla produzione di olio di palma; violenti conflitti in Perù tra le forze di sicurezza del Governo e i gruppi indigeni per i diritti sulla terra e l’estrazione delle risorse; massicce acquisizioni straniere di terra nel bacino del Congo; relazioni sospette del REDD in Indonesia e Papua Nuova Guinea; espansioni in larga scala di coltura di olio di palma in Amazzonia.
Il Brasile ha garantito l’amnistia per gli agricoltori e gli allevatori che hanno illegalmente occupato o illecitamente abbattuto terre della foresta amazzonica, una decisione che in qualche modo legittima le deforestazioni in passato ( altri ritengono che questo sia un passo importante verso una gestione migliore nella regione ).
Guardando al futuro
|
Mentre i progressi del 2009 sembrano avere implicazioni a lungo termine per la tutela ambientale, il destino delle foreste tropicali è ancora lontano dall’essere determinato.
Guardando al futuro, situazioni da tener d’occhio sono: l’impatto della ripresa economica sui prezzi delle materie prime e l’espansione agricola per la produzione di cibo e biocarburanti; acquisizioni di terre in larga scala da parte di paesi stranieri e corporazioni nei paesi tropicali; negoziati sul clima e il meccanismo del REDD, incluse le controversie sui diritti sulle terre, in contrapposizione, le definizioni di foresta, e la gestione di foresta sostenibile; l’emergenza pagamenti per i servizi dell’ecosistema dietro il REDD; il fissare un limite nel prezzo e commerciare versus le tasse sul carbonio; gli sforzi di indirizzare la domanda tenendo conto della deforestazione – consumo notevole; i sistemi di certificazione emergenti per i prodotti dell’agricoltura e selvicoltura ( ad esempio RSPO, Aliança de Terra, FSC, ecc.); e i progressi nel Brasile nel raggiungere l’obiettivo di ridurre la deforestazione.
Laura Loriedo [geimnis (at) inwind (dot) it]