Le tartarughe liuto, nelle loro traversate oceaniche alla ricerca di cibo, compiono uno dei viaggi più lunghi del regno animale, affrontando molti pericoli, come quelli determinati dall’inquinamento da plastica e dalle operazioni di pesca. Uno studio recente, pubblicato nel Royal Society Journal Proceedings B, ha mappato per la prima volta la loro odissea nell’Oceano Atlantico meridionale.
La tartaruga liuto è la più grande al mondo, con un record di 3 metri di lunghezza e una tonnellata di peso ottenuto da un esemplare rinvenuto in Galles. A differenza di altre specie di tartarughe marine, che possiedono corazze ossee, la liuto sfoggia un carapace ricoperto di una pelle oleosa. È il rettile più veloce al mondo, potendo nuotare ad una velocità di quasi 35 km all’ora, e si sono osservati esemplari spingersi fino a più di 1200 metri di profondità.
È anche una specie gravemente minacciata.
Il numero di tartarughe liuto è diminuito dell’80 percento dal 1980, quando si stima che la popolazione mondiale contasse circa 115.000 femmine in grado di nidificare. Dal punto di vista genetico, si distinguono tre gruppi distinti: atlantico, pacifico occidentale e pacifico orientale. Le liuto dell’oceano indiano potrebbero rappresentare un quarto gruppo, ma sono ancora poco conosciute. Tra tutte, la sottopopolazione malese del gruppo pacifico orientale è quella che ha subito il calo maggiore. Mentre un tempo poteva vantare fino a 10000 nidi, nel 2008 si sono presentate a riva solo due tartarughe per deporre le loro uova, poi risultate non fecondate. Si ritiene che la causa della diminuzione di esemplari in Malesia sia il consumo alimentare delle uova da parte dell’uomo.
Una tartaruga liuto mentre nidifica in una spiaggia del Suriname. Foto di Tiffany Roufs. |
L’enorme quantità di plastica presente negli oceani oggigiorno è un altro motivo di preoccupazione. Alcuni studi stimano che un terzo di tutte le liuto abbia ingerito della plastica, scambiandola per meduse, di cui sono ghiotte. La plastica può causare ostruzioni o rimanere incastrata nel loro stomaco, prendendo il posto del cibo e portando ad una morte per inedia.
Tuttavia la principale causa di morte per queste tartarughe è probabilmente determinata dalla cattura accidentale nell’attrezzatura da pesca commerciale: si stima che siano milioni gli esemplari che muoiono così nel corso di un periodo di vent’anni. Come conseguenza, in molte zone di pesca regolamentata si interrompe l’attività per una stagione se si verificano troppe catture accidentali.
“Questo progetto ha come obiettivo quello di comprendere i movimenti delle tartarughe, ma in un contesto, quello dell’Oceano Pacifico, in cui il numero di questi animali è calato drasticamente”, ha spiegato a BBC News Matthew Witt, primo autore della ricerca.
“Le cause di ciò sono in parte dovute all’interazione con l’industria della pesca, quindi ci è sembrata una scelta pertinente cercare di comprendere meglio come fosse la situazione per le liuto dell’Atlantico meridionale.” La popolazione delle tartarughe liuto dell’Atlantico è presente in tutto l’oceano, dal Capo di Buona Speranza fino al Mare del Nord. Mentre le rotte delle tartarughe del Pacifico e del Nord-Atlantico sono già state studiate in passato, quelle del gruppo del Sud-Atlantico sono invece rimaste un mistero fino ad oggi.
Per tracciare queste rotte, i ricercatori hanno dotato di trasmittenti satellitari le corazze delle tartarughe, mentre queste si trovavano nel loro sito di nidificazione in Gabon. Le trasmittenti hanno rivelato tre rotte principali: un gruppo è rimasto nelle acque tropicali, un altro è sceso verso sud seguendo la costa africana e l’ultimo si è spinto fino al Sud-America. I fattori che inducono le tartarughe a scegliere queste rotte non sono ancora chiari, ma si ipotizza che siano legati alle correnti oceaniche: da piccole, le tartarughe sono alla mercé delle correnti e forse da adulte semplicemente continuano nella stessa direzione.
“Questo studio ci ha fatto comprendere meglio dove dobbiamo concentrare i nostri sforzi per ridurre il bycatch”, ha dichiarato il dott. Witt a BBC News. “Negli ultimi cinque o dieci anni, per esempio, si è fatta molta ricerca sull’utilizzo di un tipo di amo dalla forma diversa da quella tradizionale, che permette di ridurre la pesca accidentale di tartarughe e simili, pur garantendo il raggiungimento della quota di pescato voluta.”
“Penso che adesso sia arrivato il momento di dare una spinta perché tutti gli ami vengano sostituiti in queste zone.”