La vista da Lazy Point. Foto concessa da Carl Safina.
Essere paragonato da più di un recensore a Henry Thoreau e a Rachel Carson renderebbe felice qualsiasi scrittore naturalista. Ma se poi aggiungi recensioni calorose che lo paragonano a un musicista jazz, a Ernest Hemingway e a Charles Darwin, potrai farti un’idea delle lodi tessute su Carl Safina per il suo nuovo libro: The View from Lazy Point: A Natural Year in an Unnatural World.
Come gli altri libri firmati Safina The View from Lazy Point si concentra sulla bellezza, la poesia e la crisi degli oceani nel mondo e dei suoi centinaia di migliaia di unici abitanti. Dopo aver portato il lettore in viaggio intorno al mondo (Artide, Antartico e Tropici), Safina ritorna sempre a casa per assorbirne il panorama e scrivere della vita naturale di casa sua, ovvero Lazy Point in Long Island.
![]() Carl Safina. Foto concessa da Carl Safina. |
Sebbene l’obiettivo principale del suo nuovo libro sia quello di trattare dei mille modi in cui l’oceano è stato degradato, svuotato e infine compromesso come ecosistema (come ad esempio la sovrapesca e il cambiamento climatico), Safina riesce sempre a trovare spazio per storie piene di speranza, per esempio parlando di come alcuni animali e, a sua volta, la natura stessa riescano a sopravvivere in un mondo sempre più dominato dagli esseri umani. Ma quello che distingue il libro di Safina dal resto della letteratura sulla natura, è la sua abilità nel passare con facilità dai pratici problemi contemporanei agli antichi principi filosofici che ci hanno portato fin qui. In questo modo, Safina riesce a guardare avanti.
Durante un’intervista per mongabay.com, Safina ha parlato dei numerosi pericoli che minacciano la vita marina; del recente disastro petrolifero del Golfo del Messico (di cui tratterà il suo prossimo libro); della sua opinione sul capitalismo, il consumismo e le religioni; e di come potremmo salvare il mondo allargando a tutte le forme di vita i nostri sentimenti di compassione.
UN’INTERVISTA A CARL SAFINA
OCEANI
Mongabay: Tra tutte le crisi degli oceani (sovrapesca, inquinamento, acidificazione) quale ritiene sia la più urgente da risolvere?
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Carl Safina: Dipende da che cosa intendi per urgente. Lo scopo della pesca è quello di uccidere e di eliminare enormi quantità di vita marina, e ci stanno riuscendo molto bene. Infatti c’è molta sovrapesca (catturare pesci prima che riescano a riprodursi) che ha causato un calo sostanziale della popolazione ittica quasi ovunque nel mondo. Finora la pesca ha rappresentato la principale causa del cambiamento negli oceani e noi tutti ne siamo responsabili ogni volta che mangiamo del pesce. Sono disponibili informazioni per un consumo sostenibile di pesce sia su blueocean.org o tramite la nostra applicazione per iphone Fishphone. L’inquinamento è molto grave in alcuni posti ed è caratterizzato da numerosi fattori: sostanze chimiche tossiche, fertilizzanti, ormoni gender-bending (dalle pillole per il controllo delle nascite alle sostanze chimiche estrogeno-simili), plastica e mercurio proveniente dalla combustione di carbone. Molto probabilmente, molto più grave di questi tipi di inquinamento è quello causato dall’anidride carbonica prodotta dalla combustione dei combustibili fossili. Le conseguenze sono il cambiamento dell’equilibrio termico dell’intero pianeta e l’acidificazione degli oceani. È per questo che le banchise polari si stanno sciogliendo, il livello dei mari si sta alzando (a causa dello scioglimento dei ghiacciai e delle calotte di ghiaccio continentali) e le acque marine sempre più acide stanno già facendo sparire giovani crostacei in alcune regioni (per esempio la West Coast statunitense, dove l’acidificazione sta uccidendo larve di ostriche nei vivai) e rallentando e riducendo la crescita dei coralli. La sovrapesca potrebbe essere fermata domani, ma solo ora abbiamo iniziato a ridurre l’uso di carburanti fossili. Credo che i problemi causati dall’anidride carbonica rappresentino la minaccia più incombente visto che sono la causa dei cambiamenti oceanici più gravi, a lungo termine e più difficili da frenare. Il fatto è che tutti questi problemi dovrebbero essere risolti.
Mongabay: Qual è la tua opinione sul disastro petrolifero del Golfo del Messico e sulla reazione del governo?
Carl Safina: Ho scritto un libro intero sull’argomento che uscirà ad Aprile. Si chiama A Sea In Flames. L’esplosione è stata causata da molti errori umani e da pessime valutazioni, la tragedia poteva essere facilmente evitata. Il governo e le compagnie petrolifere erano completamente impreparati. La maggior parte delle reazioni, come ad esempio le operazioni di scrematura e smaltimento, hanno a mala pena scalfito la superficie e non sono state di grande aiuto. Gli effetti su turismo e pesca sono stati principalmente psicologici: molte paure, fortunatamente, si sono rivelate essere peggiori degli effetti del petrolio in questo caso. Per questioni relative alla profondità, la distanza dalla riva, la natura di quel tipo di greggio e la temperatura del Golfo, la grande quantità di petrolio sembra aver fatto meno danni nel Golfo rispetto a quelli causati dalla Exxon Valdez in Alaska con molto meno petrolio; infatti il danno non è direttamente proporzionale alla quantità di petrolio. Certamente, uccelli e tartarughe sono morti nel disastro del Golfo, ma sarebbe potuta andare molto peggio in altre circostanze. Se infatti fosse successo in acque fredde come ad esempio in Alaska, sarebbe stato un incubo. Ma la cosa che sta veramente distruggendo le zone umide lungo
il Golfo e minacciando la futura produttività della loro pesca, è qualcosa che esisteva già prima dell’esplosione e che continua ad esistere ancora oggi, ovvero le 8.000 miglia di canali che stanno facendo a pezzettini le zone umide del delta e il controllo delle piene che riversa il fango e i depositi che formano le zone umide del Mississippi direttamente nel Golfo invece che nel delta. Le paludi e gli acquitrini che sono vivai per pesci e granchi e degli habitat per il resto della flora e della fauna, stanno svanendo alla velocità impressionante di 25 miglia quadrate all’anno. Il controllo delle piene e i canali per il traffico marittimo hanno fatto e stanno facendo molto di più per distruggere le zone umide del Golfo di quanto potrà mai fare l’esplosione del 2010.
Mongabay: La maggior parte delle notizie che riguardano l’oceano sono cupe. Ci sono stati degli sviluppi positivi?
![]() Falchi pescatori intorno a Lazy Point. Foto concessa da Carl Safina. |
Carl Safina: Lì dove le persone hanno eliminato i problemi che stavano distruggendo la natura – dal bandire il DDT al fermare la sovrapesca in alcune zone della costa statunitense- la flora e la fauna hanno mostrato una tendenza al recupero. Questo si è verificato per i falchi pescatori una volta rari che adesso possiamo vedere regolarmente intorno a Lazy Point, così come per certi pesci, ad esempio il persico spigola, la cui presenza ha iniziato ad aumentare in seguito ai limiti sulla pesca. Un altro fatto positivo è che oggi ci sono molte persone interessate a queste problematiche. In alcuni paesi l’aumento della popolazione umana sta rallentando o sta addirittura seguendo un andamento opposto; questo perché le persone hanno ricevuto un’istruzione migliore e desiderano famiglie meno numerose. Quindi è normale potersi immaginare dei successi e fare riferimento ad esempi positivi nel mondo. Salta fuori che se sei interessato alla conservazione della natura, una delle cose più importanti da fare è quella di insegnare alle bambine dei paesi sviluppati a leggere e scrivere. Questo fa parte di quello che intendo quando dico che la natura e la dignità umana hanno bisogno l’una dell’altra.
NATURA
Mongabay: Che cos’ è il circolo di compassione?
Carl Safina: È il perimetro che definisce il luogo in cui decidiamo di applicare la regola d’oro del “tratta gli altri come vorresti essere trattato tu stesso.” Per la maggior parte delle persone questa regola include la propria famiglia e le persone amate, i propri figli. Ma potrebbe essere estesa a tutti quelli che conosciamo, agli sconosciuti nella nostra città o nel nostro paese, a tutte le altre persone come noi, a tutte le persone a prescindere dalle differenze, alle generazioni future, a tutte le creature viventi o al mondo intero. La storia del progresso umano è stata un allargamento del circolo di compassione. Ogni volta che abbiamo esteso il nostro circolo di compassione – pensa a qualunque movimento per i diritti umani, i diritti civili, i diritti delle donne, i diritti dei gay, la salvaguardia della natura – è sempre stato faticoso, ma la storia ha sempre dimostrato che è assolutamente la cosa migliore da fare per migliorare la vita e migliorare noi stessi. È l’unico modo che ci permette di passare dall’essere semplicemente umani all’essere civilizzati fino al passo successivo, cioè diventare completamente umanizzati. Nel nostro viaggio attraverso l’esistenza, la compassione è la bussola che ci indica la giusta direzione.
Mongabay: Perché dovremmo provare compassione per le altre specie?
![]() Un delfino invecchiato. Foto concess da Carl Safina. |
Carl Safina: Semplicemente perché non è giusto diffondere dolore e sofferenza, perché in questo modo la vita è peggiore. La compassione è la caratteristica più speciale e meravigliosa che distingue la nostra specie. A volte siamo capaci di fare delle cose mostruose a noi stessi e a ciò che ci sostiene in vita. Anche questo fa parte della natura umana. La compassione ci permette di restare sul lato positivo. Ogni tradizione con un po’ di buon senso riconosce che la compassione è la cosa migliore che abbiamo e rappresenta il cammino verso la pace. Non si può essere compassionevoli solo verso le persone ed essere crudeli verso le altre creature viventi e indifferenti al fatto di essere la causa delle loro sofferenze. Così non funziona, perché la mancanza di compassione verso altri esseri viventi diventa una cattiva abitudine che erode anche la compassione per gli esseri umani.
Mongabay: A che punto dovrebbe arrestarsi questa compassione?
Carl Safina: Non dovrebbe finire mai. Il nostro compito è quello di farla aumentare. Non sto cercando di promuovere una completa rinuncia all’uccisione e all’utilizzo degli animali, anche se penso che questa sia la strada migliore da prendere. Ma se uccido alcuni pesci per mangiarli questo è perché è il modo in cui ho deciso di partecipare al mondo naturale che mi circonda. Non sono io a dover dire alle persone quello che devono fare, sto solo cercando di farle ragionare e di fargli vedere il quadro generale della situazione quando decideranno quello che vogliono essere. Sto cercando di promuovere il contenimento, il miglioramento e l’essere attenti ad agire più umanamente. Sto cercando di coinvolgere le persone facendogli capire quanto amo il mondo, ma non è mio compito o desiderio quello di imporre agli altri il modo di trovare il giusto equilibrio o la giusta ricerca nella loro vita. È molto più importante che trovino un equilibrio e una ricerca concreta intorno a cui si incentri e si espanda la loro esistenza.
Mongabay: Perché secondo te la salvaguardia della natura è una filosofia migliore di quella dei diritti degli animali?
Carl Safina: L’una non esclude l’altra, ma la filosofia sui diritti degli animali è troppo limitata. Le persone che si preoccupano solo dei diritti degli animali pensano alla sofferenza degli animali individualmente ma, se un gregge o una specie intera svanisce senza che nessuno cerchi di ferirli direttamente, allora gli animalisti sono propensi a rimanere in silenzio e a disinteressarsi delle cause della totale distruzione di foreste e di specie intere. Gli animalisti non sono coinvolti nelle connessioni che esistono tra natura e umanità. Le foreste e i mari non sono degli animali, e quindi gli animalisti non si vedono quando bisogna combattere la distruzione di foreste e l’inquinamento marino. Messa in maniera più semplice, la sola preoccupazione sulla sofferenza degli animali non è sufficiente per affrontare e risolvere i grandi problemi che minacciano il mondo e il futuro delle persone e della vita terrestre. Ovviamente non sto criticando il desiderio di trattare gli animali in modo più umano, che è ciò che dovremmo fare. Ma questo solamente non ci permette di arrivare dove dobbiamo arrivare.
Mongabay: Il mondo non naturale è quindi un mondo sbagliato?
![]() Alcuni anni fa il ghiacciao era qui. Foto fatta in Alaska da Carl Safina. |
Carl Safina: Quando dico naturale mi riferisco a quelle cose che accadono indipendentemente dalle persone. Ma adesso gli umani sono i principali agenti di cambiamento sulla superficie terrestre. Siamo i responsabili della distribuzione e della ricchezza di quasi tutte le comunità viventi nel mondo, anche di quei posti lontani dalla maggior parte delle persone, come le regioni polari e gli oceani aperti. Le nostre azioni si ripercuotono sulle cose a velocità e portata precedentemente attribuite a forze naturali come attacchi di asteroidi e attività vulcaniche considerevoli; nel passato questi fenomeni provocavano estinzioni istantanee e cambiamenti atmosferici. Adesso siamo noi a causare esattamente gli stessi cambiamenti globali con la stessa rapidità e lunga durata. Ci sono molte cose non naturali che amo, come ad esempio l’arte, i libri, la scienza, la medicina, la generosità verso le persone meno fortunate e la nostra capacità di coltivare. Ma abbiamo veramente superato il limite del sostenibile. Siamo andati così oltre nel cercare di proteggere noi stessi contro la natura, che stiamo distruggendo le nostre soluzioni a lungo termine e le prospettive di pace e dignità umane. Risulta palesemente sbagliato consegnare alle future generazioni un mondo danneggiato ed impoverito rispetto a quello che abbiamo ereditato. Creando scarsità di risorse per il futuro facendo cose come abbattere foreste, svuotare gli oceani, decimare le falde acquifere, stiamo condannando le generazioni future ad affrontare più competizione e più attriti. Non abbiamo nessuna base morale che sostenga un atteggiamento così distruttivo.
Mongabay: Desiderare un consumo infinito fa parte della natura umana?
Carl Safina: Non credo. Durante buona parte della storia e del presente, la maggior parte delle persone ha vissuto in maniera molto modesta. Le ricerche dimostrano che le persone più felici sono quelle che consumano a livelli più modici e che, se vengono soddisfatti i bisogni basilari e si è sufficientemente liberi da oppressioni politiche, avere più cose non rende più felici. Molte religioni predicano che è sbagliato concentrarsi sulle cose materiali ed è giusto cercare di ottenere soddisfazioni dal proprio lavoro, servire la propria comunità, avere compassione per i meno fortunati e dedicarsi a ricerche più spirituali. In questo paese è solo nell’ultima metà del secolo circa che la crescita è diventata un obiettivo e la commercializzazione ha invaso il nostro ambiente quotidiano così tanto da essere costantemente bombardati da messaggi che ci dicono di non essere soddisfatti di ciò che abbiamo, di voler sembrare diversi da quello che siamo e di avere più cose di quelle che abbiamo. È una malattia, e puoi chiaramente vedere che sta facendo ammalare le persone. Credo che se l’espansione infinita del consumo fosse una cosa naturale, l’obesità e il diabete non sarebbero problemi recenti e gli esperti di marketing non sprecherebbero così tante energie e così tanti soldi in pubblicità per convincerci ad essere insoddisfatti di quello che siamo e infelici con l’immensità di cose che già ci appartengono.
Mongabay: Potremmo mai essere soddisfatti con meno cose e più natura?
Carl Safina: È l’unico modo in cui la mente e il cuore umani possono essere soddisfatti. Questo, e anche il cercare di servire la nostra comunità. Ed è vero che le persone con meno cose sono più soddisfatte. Le ricerche dimostrano che le persone sono più felici con una quantità modica di cose; le persone che possiedono più cose materiali non sono le più felici.
SOCIETÀ
Mongabay: Sostieni che le nostre istituzioni al presente rimangono bloccate in una mentalità medioevale o antica. Qual è la tua visione per una nuova filosofia?
![]() Barriera corallina malata ricoperta di alghe in Belize. Foto concessa da Carla Safina. |
Carl Safina: Se pensiamo a quello che abbiamo imparato solo negli ultimi 150 anni, possiamo renderci conto del profondo dislivello tra come noi umani facciamo affari e come il mondo funziona realmente. Il nostro sistema economico, le religioni e il rapporto tra la filosofia e il mondo furono stabilite prima che si sapesse che la terra è tonda, o che subisce trasformazioni, e sicuramente prima che qualcuno pensasse che le persone hanno la possibilità di cambiare il mondo; questi rispecchiano il modo in cui conoscevamo il mondo quando non ne sapevamo nulla, e si vede. Un miglioramento della situazione è possibile attraverso relativamente pochi cambiamenti davvero basilari, ma mi rendo conto che questo è chiedere troppo. Tanto per incominciare, l’economia dovrebbe includere nei prezzi il vero costo dei prodotti. Per esempio, il carbone è così “economico” perché il suo prezzo non include i costi della distruzione di montagne, i problemi di salute dei minatori, l’acido di miniera che affluisce nei fiumi, il riscaldamento globale principalmente causato dalla combustione di carbone, l’acidificazione degli oceani che uccidono crostacei e degradando le barriere coralline dalle quali dipendono milioni di persone e l’immissione di mercurio nei pesci. Tutte queste cose costituiscono il costo reale del carbone, ma non sono incluse nel suo prezzo. Il carbone ha un prezzo basso, ma è sicuramente il carburante che ci costa di più. Chi paga questi costi? Noi tutti. Se questi costi fossero inclusi nel prezzo, il carbone sarebbe molto costoso e, meglio ancora, le tecnologie per un’energia più pulita sarebbero più competitive. Questo sarebbe un mercato che funziona perché capace di riconoscere e riflettere la realtà. Non possiamo sopravvivere in una società che privatizza i profitti e socializza i costi, per cui alcuni diventano ricchi scaricando problemi enormi su tutti gli altri. Enron ha fallito perché ha provato a nascondere i suoi costi reali. Per quanto riguarda le altre istituzioni, le religioni dovrebbero dedicarsi in maniera più attiva alle enormi implicazioni morali dei cambiamenti che apportiamo al mondo e del fatto di lasciare a quelli che non sono ancora nati un mondo danneggiato ed impoverito rispetto a quello che abbiamo ereditato. Dovremmo avere una tradizione filosofica che sia meno focalizzata su come le persone si comportano¬ tra loro ma dia molto spazio e voce a come le persone si comportano nei confronti del futuro e come interagiscono con i loro compagni in questo viaggio nel tempo. Le nostre azioni dovrebbero basarsi sul fatto che è solo negli ultimi 150 anni che ci siamo resi conto che il mondo cambia e che siamo noi a farlo cambiare, che c’è relazione tra tutti gli esseri viventi, che ciò che ci tiene qui non è solo la comunità umana ma anche quella non-umana, che le forme di vita che sono state con noi prima del nostro arrivo dovrebbero continuare ad essere compagni dei nostri figli e dovremmo capire che la natura e la dignità umana hanno bisogno l’una dell’altra. Per fare un esempio estremo di come la distruzione della natura porti a miseria e alla perdita di speranza, pensa ad Haiti.
Mongabay: Il capitalismo ha fallito?
Carl Safina: In un certo senso si, ma non perché il capitalismo sia sbagliato. Il sistema economico ha causato danni enormi perché abbiamo abused delle idee di proprietà e di imprenditoria. Con moderazione e con compassione, queste cose potrebbero portare molti benefici, ma il nostro sistema ricompensa l’avidità sfrenata e questo si sta dimostrando altamente distruttivo.
Mongabay: Qual è la tua opinione a riguardo dei finanziamenti emergenti a favore dei mercati per i servizi dell’ecosistema? Pensi che questo possa aggravare i problemi o offrire una via per affrontare quelle che gli economisti chiamano le esternalità’?
![]() Villaggio eschimese in Alaska distrutto dall’erosione. Foto concessa da Carla Safina. |
Carl Safina: Quelle che gli economisti chiamano esternalità sono dei fattori totalmente intrinseci. Questo dimostra che la maggior parte degli economisti non ha idea di come funzioni il mondo, e che gli economisti dell’energia sperperano denaro per creare un modo artificiale per riversare le spese su tempo e spazio comuni. È semplicemente irresponsabile e sconsiderato e costituisce una gran parte della ragione per cui il sistema economico sta lavorando contro di noi. E allora si, penso che i pagamenti per l’inquinamento e i danni sociali e ambientali aiutino a costringere il mercato a prezzare i prodotti in modo più realistico includendo, piuttosto che ignorando, i veri costi coinvolti nelle diverse decisioni di business, nelle politiche di governo (come sovvenzioni) e nel commercio.
Mongabay: Che tipo di sistema economico fornirebbe alle persone quello di cui hanno bisogno conservando le risorse naturali per le generazioni future?
Carl Safina: Fondamentalmente non possiamo avere un sistema economico devoto alla produzione continua su un pianeta che non sta crescendo. Produzione costante significa immettere sempre più materia nel sistema; così non può funzionare. Potrebbe funzionare se ci concentrassimo sullo sviluppo piuttosto che sulla produzione, il che vuol dire guardare alla qualità piuttosto che alla quantità. La popolazione non può aumentare all’infinito, e neanche l’economia, perché il pianeta è finito e non dilatabile. Sarebbe un passo importante verso quello di cui abbiamo bisogno se eliminassimo gli incentivi e le sovvenzioni diretti alla distruzione del pianeta. Certamente abbiamo bisogno di finanziamenti privati dalle elezioni per promuovere campagne di base per riforme finanziarie. I soldi, presenza corruttiva nella politica, hanno rubato il nostro governo e gettato via l’idea di un governo che appartiene alle persone, fatto dalle persone e costruito per le persone. Malgrado la recente decisione della corte suprema, le aziende non sono esseri umani. Quest’ultimi hanno l’ombelico. La “libertà di parola” delle imprese sommerge completamente il nostro discorso nazionale e le nostre elezioni perché i soldi delle imprese avanzano prospettive arriviste che sovrastano le voci reali e i veri interessi della maggioranza. Le politiche economiche dovrebbero abbandonare questa ossessione suicida per la produzione e concentrarsi sulla stabilizzazione e sulla moderazione che ci rendono più felici e ci forniscono le migliori opportunità a lunga durata per migliorare la vita, assicurare la pace e sopravvivere. Allora si che staremmo bene.
Mongabay: Pensi che le religioni nel mondo giochino un ruolo importante nel diffondere un approccio etico nei confronti dell’ambiente, sia a livello locale che globale?
Carl Safina: Certamente si, perché molte religioni (e di questo bisogna riconoscergliene il merito perché è una cosa molto importante) non valutano il profitto al di sopra delle persone ma, a loro discredito, la loro attenzione sulla sfera spirituale e la vita dopo la morte permette loro di ignorare, e addirittura denigrare, la loro relazione con la terra. Le religioni potrebbero enfatizzare quei passaggi nelle scritture che parlano del nostro ruolo come custodi della creazione e della preoccupazione per le generazioni future e potrebbero combinare questo appello di custodia con la scienza la quale dimostra quanto velocemente stiamo cambiando ed esaurendo questo mondo nel quale ci troviamo per chissà quale miracolo. Ho notato qualche movimento religioso accostarsi a queste idee, credo che questo sia un fatto molto incoraggiante.
Mongabay: Che cosa ti da speranza?
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Carl Safina: Sono profondamente ispirato dalla forza degli uccelli migratori, i pesci e le altre creature che passano attraverso Lazy Point o che incontro nei miei viaggi. Mi danno gioia, conforto e speranza. Queste creature combattono con tutte le loro forze per sopravvivere e per continuare la catena della vita che ci ha portati tutti qui dal più lontano passato. Loro non chiedono mai se dovrebbero essere ottimisti, lo sono e basta. Sono una fonte di insegnamento. Malgrado la desolazione e le tendenze verso la distruzione, il mondo risplende ancora di vitalità. Abbiamo così tanto, ma c’è rimasto solo tanto così. Siamo tutti qui, e questa è la sola speranza che mi serve per iniziare e per continuare.
Mongabay: Considerando scala e complessità di questi problemi, cosa può fare un singolo individualmente?
Carl Safina: Prima di tutto possiamo sempre cercare di essere migliori nella nostra vita personale. È qualcosa su cui possiamo iniziare a lavorare. Poi possiamo abbandonare la cultura del consumismo; non perderemmo niente ad ignorare la pubblicità e a tenerci stretti i nostri soldi, la nostra dignità e la nostra pace. Chi sa di avere abbastanza è un uomo ricco. Inoltre bisogna agganciarsi al processo politico: scrivere lettere ai funzionari eletti, pretendere la fine delle sovvenzioni destinate alle super major del greggio, del carbone e dell’agricoltura; pretendere energia pulita; pretendere scuole migliori e standard di insegnamento e istruzione superiori; onorare la conoscenza e la scienza e congiungere la verità con i valori. A quel punto potremmo dire la cosa migliore che chiunque possa mai dichiarare: “Ho fatto del mio meglio”. Dobbiamo sempre godere, assaporare e riempirci dei misteri e delle meraviglie della vita.
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