Questo post è stato scritto in seguito all’invio di mail da parte di gruppi che sembravano avere un legame con l’Asia Pulp and Paper (APP) (all’epoca tale connessione era stata solo ipotizzata, oggi la notizia è stata confermata). Tali gruppi hanno fatto asserzioni discutibili sui risultati dell’industria della pasta da carta in Indonesia in campo ambientale, sociale ed economico. Una valutazione più approfondita di tali asserzioni ha sollevato seri dubbi sull’impegno dell’APP in favore dello sviluppo sostenibile.
Foresta tropicale a Sumatra. Foto scattata da Rhett A. Butler.
Negli ultimi anni, l’Asia Pulp & Paper si è impegnata in una campagna di marketing volta a fornire un’immagine di sostenibilità ambientale e sociale delle proprie operazioni a Sumatra. L’APP e i suoi agenti sostengono che la produzione industriale di pasta da carta, nelle modalità con cui è praticata a Sumatra, non implichi la deforestazione; affermano inoltre che sia un processo a zero emissioni, che consenta la tutela della flora e della fauna selvatiche e allevi la povertà (a tal proposito, vedere i documenti forniti dalla APP]. Sebbene una serie di analisi e rapporti abbiano dimostrato la falsità della maggior parte di queste asserzioni, l’ultima affermazione non è stata messa in discussione da molti. Ma davvero la riconversione delle foreste tropicali di pianura per la produzione di pasta da carta allevia la povertà in Indonesia?
Danni ambientali
Scomparsa della foresta naturale a Riau su terreni torbosi (indicati in rosso) e non torbosi (indicati in arancione), tra il 2000 e il 2007. Foresta rimanente sui terreni torbosi (indicati in verde scuro) e non torbosi (indicati in verde chiaro) nel 2007. La mappa è tratta dal rapporto di WWF Indonesia (Le foreste a Sumatra, fauna e finestre climatiche: 1985, 1990, 2000 e 2009). Cliccare sull’immagine per ingrandirla. |
Una serie di rapporti pubblicati nel corso degli ultimi dieci anni hanno documentato la riconversione su larga scala delle foreste tropicali di pianura di Sumatra per la produzione di pasta da carta. Diversi attori sociali sono stati il motore di questo processo di riconversione, ma due industrie sono responsabili della maggior parte delle attività: l’Asia Pacific Resources International Holdings (APRIL) e l’Asia Pulp and Paper (APP). Entrambe le industrie sono state accusate dagli ambientalisti di aver causato ingenti danni ambientali, incluso l’abbattimento delle foreste pluviali, lo sviluppo di torbiere ad alta densità di carbonio, e la costruzione di strade in aree a rischio. Nel caso dell’APP, l’associazione Eyes on the Forest ha denunciato incendi dolosi appiccati alle foreste, in violazione della legge indonesiana e della politica aziendale, sebbene non sia chiaro se gli incendi siano stati appiccati dai gestori delle piantagioni o dalle comunità che vivono in prossimità dei terreni dati in concessione. In entrambi casi, tali incendi contribuiscono alla formazione della nube soffocante che sempre piú spesso crea una vera e propria una cappa su gran parte del Sudest asiatico.
Secondo WWF Indonesia, l’APP ha una grossa responsabilità in tutto questo. L’ APP e i suoi fornitori, infatti, hanno disboscato piú di un milione di ettari di foreste naturali nelle sole province di Riau e Jambi, causando una perdita di patrimonio forestale maggiore rispetto a qualsiasi altra impresa a Sumatra. Ad oggi, la capacità produttiva dell’ APP è di almeno 3,1 milioni di tonnellate di pasta da carta a Sumatra centrale, mentre quella di APRIL si attesta a 3,2 milioni di tonnellate. Entrambe le imprese, che producono l’80% della pasta da carta realizzata in Indonesia, hanno espanso le loro piantagioni in modo quasi febbrile. Tutte e due dipendono ancora considerevolmente dalla deforestazione: nel 2008 più della metà della loro fibra legnosa proveniva dalle foreste naturali. Secondo i dati del Ministero per le Politiche forestali, nel 2010 il volume di legname prodotto in seguito alla deforestazione delle foreste naturali di Riau ha raggiunto gli 11,3 milioni di metri cubi, un aumento considerevole rispetto ai 4,9 milioni di metri cubi prodotti nel 2009. Tale impennata potrebbe essere imputabile a due fattori. In primo luogo, le misure restrittive applicate nel 2008-2009 dalle autorità provinciali sull’uso del legno duro misto nelle fabbriche produttrici di pasta da carta. In secondo luogo, l’annuncio, fatto l’anno scorso, di una moratoria valida in tutto il paese che impedisce nuove concessioni sulle aree occupate da foreste naturali e torbiere. Tale moratoria ha scatenato una lotta feroce tra le imprese per accaparrarsi le zone forestali prima che il divieto, valido per due anni, entri in vigore alla fine di questo mese.
Un problema di marketing
La distruzione di cospicue estensioni di foresta tropicale e torbiere che immagazzinano grosse quantità di carbonio e che ospitano specie a rischio come la tigri di Sumatra, gli elefanti e gli oranghi, ha creato un problema di immagine sia all’ APP sia alla APRIL. Entrambe le imprese sono oggi viste come marchi “tossici” da vari acquirenti negli Stati Uniti e in Europa occidentale. Soprattutto l’APP ne subisce gli effetti, avendo perso dal 2007,tra gli altri, i contratti con Carrefour, Tesco, Kraft, Unisource, Staples, Walmart, Ricoh, Woolworths, Gucci, H&M e Fuji Xerox. Alla APP è stato revocato il diritto di apporre il logo di certificazione ecosostenibile FSC sui suoi prodotti. Nel frattempo, la APRIL ha ricevuto la reprimenda del Rainforest Alliance’s Smartwood Program, che ha sospeso la certificazione FSC dell’impresa nell’aprile 2010. Le perdite sono state davvero considerevoli per entrambe le aziende, che hanno cercato in tutti i modi di riconquistare i clienti.
Nel caso dell’ APP, invece di prendere provvedimenti per rispondere alle preoccupazioni degli ex partner come WWF e la Rainforest Alliance, il gigante dell’industria cartaria si è concentrato su strategie di marketing per riabilitare la propria immagine. Per raggiungere questo obiettivo, l’APP ha utilizzato tattiche eticamente discutibili, come l’uso di gruppi di facciata come il Consumer Alliance for Global Prosperity, legato al movimento del Tea Party o la falsa ONG umanitaria World Growth International al fine di lanciare attacchi pubblici contro le imprese colpevoli di aver abbandonato i suoi prodotti e contro organizzazioni ambientaliste che avevano espresso preoccupazione per la mancata politica ambientale dell’impresa. Quando gli esperti hanno presentato risultati sgraditi all’azienda, l’APP ha assunto consulenti di pubbliche relazioni, tra cui ITS Global e Greenspirit — per fornire un’interpretazione a loro favorevole delle conclusioni degli esperti e per produrre dei rapporti contrabbandati come frutto di “inchieste indipendenti”. Rimane ancora oscuro se tali misure siano una geniale trovata dell’APP, dei PR o o delle lobby al servizio dell’impresa negli ultimo anni, tra cui Ogilvy & Mather, Weber Shandwick, Cohn & Wolfe, Clark & Weinstock — Il messaggio trasmesso è comunque sempre lo stesso: l’ APP afferma di proteggere l’ambiente e di alleviare la povertà in Indonesia.
Obiettivo: aumentare la ricchezza. Di chi?
Ma davvero abbattere le foreste e prosciugare le torbiere per far spazio alle piantagioni necessarie all’industria della pasta da carta consente di strappare alla povertà le popolazioni rurali?
Provincia di Riau, a Sumatra. Foto scattata da Rhett A. Butler |
Gli stessi documenti della APP suggeriscono il contrario. Un documento del 2005 che considerava il potenziale per acquisire territori appartenenti alle comunità locali per la produzione di pasta da carta, ha rilevato che l’utile netto derivante dalle piantagioni di acacia per la produzione di pasta da carta ammontava a sole 35.000 rupie (cioè 3.50 $) mensili per ettaro. Un risultato che motiva la mancanza di interesse da parte delle comunità locali:queste ultime, infatti, guadagnavano dall’ 1.2 all’1.25 milioni di rupie ( da 120 a 125 $) mensili per lo stesso terreno coltivato con palme da olio o con alberi della gomma ( i profitti ottenuti da queste prodotti, soprattutto dall’olio di palma, sono oggi più elevati). Per questo, nonostante l’APP e i gruppi sul suo libro paga sostengano che le proprie colture contribuiscano ad alleviare la povertà locale, c’è una ragione molto semplice per cui le comunità sono contrarie alle piantagioni destinate a produrre pasta da carta: un banale calcolo economico.
Alla APP e alla APRIL piace vantarsi dell’elevato numero di lavoratori assunti. Quello che però non dicono è che molti dei posti di lavoro creati nel settore della pasta da carta sono ciclici e che molti dei lavoratori sono immigrati da altre regioni dell’Indonesia e non membri delle comunità locali. Le assunzioni si impennano quando c’è bisogno di manodopera per disboscare foreste, scavare canali, piantare e raccogliere l’acacia. Tuttavia la maggior parte di queste attività si concentrano nel primo e nel settimo anno del ciclo di produzione. Il resto del tempo il bisogno di manodopera è molto ridotto, considerata l’elevata intensità del capitale dell’industria della pasta da carta (i nuovi impianti costano più di un miliardo di dollari). Secondo uno studio del 2005 Secondo uno studio del 2005, l’industria della pasta da carta di Riau crea 4.4 posti di lavoro nel settore della lavorazione del legno per ogni 10.000 metri cubi di tondame utilizzato. Se si effettua un paragone, per lo stesso volume di legname, le industrie di Riau che producono compensato o si occupano della lavorazione del legno hanno assunto in media 126 lavoratori, mentre le segherie autorizzate hanno assunto 53 persone.
Dipterocarpo gigante a Sumatra. Foto scattata da Rhett A. Butler. |
Inoltre gli svantaggi connessi ai pochi posti di lavoro creati sono considerevoli. La produzione di pasta da carta vincola vaste porzioni di territorio tradizionalmente utilizzate per attività di sussistenza, come disboscamento su piccola scala, agrosilvicoltura e raccolta di prodotti forestali diversi dal legno. Per non parlare dei benefici per l’ecosistema dovuti alle foreste: acqua, difesa dalle alluvioni e prevenzione dell’erosione dei suoli. Secondo i dati forniti dalla APP, l’azienda creerebbe 1 posto di lavoro ogni 30 ettari di concessione. (L’APP non specifica in alcun modo i dettagli di queste assunzioni e non ha risposto alle richieste di chiarificazione da parte di mongabay.com.) Comparativamente, l’appezzamento medio di un piccolo proprietario terriero in Indonesia va dagli 0.5 ettari per famiglia utilizzati per l’argrosilvicoltura ai 2 ettari utilizzati per coltivare palme da olio. Per riassumere: quando vaste porzioni di territorio passano di mano dalle comunità locali alle industrie delle piantagioni, moltissime persone sono fatto escluse dalla possibilità di usufruire dei propri tradizionali mezzi di sussistenza e il tasso di occupazione per ettaro diminuisce in modo significativo. Nel caso dell’industria della pasta da carta, si tratta di un cattivo affare per le comunità locali.
Ma se le comunità locali non accettano i piani delle industrie delle piantagioni per ragioni economiche, qual’ è l’alternativa? L’acquisizione di vaste porzioni di territorio da parte del governo e l’importazione di lavoratori da altre regioni. A partire dal 2004, delle industrie collegate alla APP hanno ottenuto licenze per sfruttare quasi 75.000 ettari di foresta naturale nella regione del Bukit Tigapuluh. Una zona la cui conservazione è considerata dal WWF la priorità assoluta nell’area di Sumatra. Ad oggi, più di 60.000 ettari di foresta sono stati disboscati. L’APP ha anche costruito una “via del disboscamento” che ha consegnato le zone forestali agli sconfinamenti illegali. Tuttavia uno degli slogan dell’ufficio marketing di APP è che le sue piantagioni riducono le invasioni illegali da parte dei coloni poveri.
Nel migliore interesse dell’Indonesia?
Campione di lavoro per ettaro La APP afferma di dare lavoro a circa 70.000 persone e detiene 2.4 milioni di ettari di concessione, impiegando 1 persona ogni 34 ettari di concessione, in Indonesia. Comparativamente, gli appezzamenti del piccolo proprietario terriero medio nella regione di Java occidentale (Ginoga 2004) destinati all’agrosilvicoltura ammontavano a 0.5 ha, quelli destinati alla coltivazione di olio da palma a 2 ha (in tutta l’Indonesia) (IPOC 2009) e quelli destinati alla coltivazione di cacao da 0.5 a 1.5 ha (Yasa 2007). (Un piccolo proprietario terriero è conteggiato come una singola persona). |
Ma si tratta davvero di un buon investimento per la popolazione indonesiana?
Le analisi economiche delle piantagioni destinate alla produzione di pasta da carta a Sumatra sollevano dei problemi molto seri. Secondo lo studio del 2005 su Riau ciascun posto di lavoro creato nel settore dell’industria della pasta da carta ha richiesto un investimento di circa 218.000 $. Allo stesso tempo, l’ APP ha ricevuto sussidi governativi per centinaia di milioni di dollari nonostante nel periodo 2002-2003 non avesse pagato despite i propri debiti per 14 miliardi di dollari. Quasi metà del debito è stato attualmente ristrutturato a condizioni favorevoli.
Se i vantaggi finanziari non sono evidenti, cosa dire degli altri servizi che l’industria della pasta da carta afferma di fornire alle comunità locali? L’APP sostiene di costruire scuole e di fornire servizi sanitari. Potrebbe anche essere, ma un’indagine sul campo in due villaggi vicino alla concessione di Rimba Hutani Mas non ha contribuito certo a instaurare un clima di fiducia nei confronti del programma di responsabilità sociale di impresa della APP. Secondo le indagini effettuate sul campo, il maggiore contributo all’istruzione delle comunità dei villaggi di Muara Merang è consistito in otto sacchi di cemento per una nuova scuola, 60 libri con il marchio Sinar Mas e la sponsorizzazione delle festività legate al giornata dell’Indipendenza. Alcuni abitanti del villaggio si sono lamentati del fatto che, mentre l’industria locale dell’olio di palma ha fornito un medico gratuito, loro dovevano pagare per consultare il medico di Rimba Hutani Mas. Circoncisioni di massa gratuite, offerte nel 2007, sono state tuttavia accolte con favore dalla comunità.
Volume delle esportazioni e valore di prodotti scelti legati all’industria della pasta da carta. Cliccare sulle immagini per ingrandirle. |
E le tasse? Il disboscamento sta almeno contribuendo a rimpinguare le casse delle Finanze indonesiane? In questo momento non è chiaro. Ad ogni modo, tre industrie collegate alla APP (PT Wirakana Sakti, PT Rimba Hutani Mas e PT Tebo Multi Agro) sono state citate dall’organismo di controllo statale (BPK) in quanto inadempienti nel pagamento delle percentuali sugli utili legati allo sfruttamento del legname e delle multe dovute alla polizia forestale di Jambi. Sia l’APP che l’APRIL possiedono una rete estesa di società affiliate al di fuori dell’Indonesia e si pensa che stiano trasferendo offshore quote considerevoli dei loro profitti per evitare le tasse. In effetti, il dipartimento delle tasse indonesiano ha condotto un’indagine per queste ragioni sulla società controllata dalla APRIL che si occupa dell’olio di palma, l’Asian Agri.
Ma, al di là delle accuse di evasione fiscale, l’industria della pasta da carta ha usufruito di incentivi fiscali favorevoli come la svalutazione accelerata per gli investimenti di capitale, che consente ad aziende a prevalenza di capitale come l’ APP e l’APRIL di ridurre al minimo i pagamenti delle tasse mediante l’aumento continuo delle operazioni.
Tutti questi dati fanno pensare che l’Indonesia dovrebbe valutare più attentamente i vantaggi ricavati dall’industria della pasta da carta, prima di reclamare una sua ulteriore espansione. Il governo indonesiano ha già fissato obiettivi di crescita ambiziosi: dei documenti pubblicati nel 2007 dal Ministero per le Politiche Forestali parlano di un aumento della produzione di pasta da carta dai 6.5 milioni di tonnellate metriche nel 2007 ai 16 milioni di tonnellate metriche entro il 2020 e di un aumento della produzione di carta dagli 8.5 milioni di tonnellate nel 2007 ai 18.5 milioni di tonnellate nel 2020. Secondo un’analisi presentata nel 2008 da un rapporto della FAO, tale espansione programmata richiederebbe circa 514.000 ettari di piantagioni a crescita rapida all’anno per consentire i raccolti, cioè un’area netta coltivata pari a 3.6 milioni di ettari e un’area lorda coltivata pari a 4.7 milioni di ettari. Questo obiettivo è sicuramente ambizioso, ma è davvero nel migliore interesse della popolazione indonesiana? La riconversione di un’area pari a 66 volte Singapore, la maggior parte della quale è già utilizzata in modo produttivo dalle comunità locali, allevierà davvero la povertà rurale in Indonesia? E’ una domanda che gli Indonesiani dovrebbero fare a tutti, fuorchè all’APP e alla APRIL.
NOTE
Nel comunicato si afferma inoltre “Desideriamo sottolineare che il suddetto lavoro ha un campo di applicazione definito e limitato e ci teniamo a ripetere che il rapporto non dovrebbe essere usato senza citare i limiti del campo di applicazione. L’ERM ha espresso all’APP le proprie preoccupazioni circa le questioni sollevate e attualmente sono in corso discussioni con la APP riguardanti l’utilizzo del lavoro dell’ERM da parte dell’APP e alle affermazioni pubbliche fatte dalla APP in relazione al suddetto lavoro.” Il Direttore generale della WPP, sir Martin Sorrell, ha realizzato un video per sostenere il Progetto foresta tropicale del principe Carlo.
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