Veduta aerea della famigerata miniera d’oro Rio Huaypetue nell’Amazzonia del Perù. Questa miniera d’oro remota ma enorme è rinomata per la distruzione della foresta pluviale primaria, per il diffuso inquinamento da mercurio e per il lavoro schiavistico e minorile. Foto di: Rhett A. Butler
Gli scienziati avvertono che la Terra potrebbe raggiungere un punto critico su scala planetaria a causa delle pressioni umane divenute insostenibili, mentre l’ONU rilascia un nuovo rapporto nel quale afferma che la società globale, negli ultimi venti anni, ha compiuto progressi significativi soltanto in quattro problemi ambientali su novanta. Cambiamento climatico, sovrappopolazione, sovraconsumo e distruzione degli ecosistemi possono portare ad un punto critico che provocherebbe un collasso planetario, stando a quanto sostiene un nuovo articolo su Nature ad opera di 22 scienziati. Tale collasso potrebbe portare il pianeta ad un nuovo stato che, secondo gli scienziati, sarebbe estremamente più avverso al benessere umano, per non parlare della sopravvivenza.
“Sono molto elevate le probabilità che il prossimo cambiamento di stato del pianeta sia estremamente distruttivo per la nostra civiltà. Ricordate, siamo passati dall’essere cacciatori-raccoglitori al passeggiare sulla Luna nel corso di uno dei periodi più stabili e benigni nella storia della Terra,” spiega il coautore Arne Mooers della Simon Fraser University in una conferenza stampa.
Se tutto ciò suona apocalittico, gli scienziati affermano che probabilmente dovrebbe esserlo.
“In poche parole, gli essere umani non hanno fatto nulla di realmente importante per prevenire il peggio poiché semplicemente non ci sono le strutture sociali per fare qualcosa,” afferma Mooers. “I miei colleghi che studiano i cambiamenti climatici indotti nel corso della storia della Terra sono più che preoccupati. In realtà, alcuni sono terrorizzati.”
Un nuovo mondo più cupo
Così come un singolo ecosistema può collassare se eccessivamente sfruttato o degradato troppo a lungo, gli scienziati sostengono che anche l’ambiente globale potrebbe raggiungere un punto critico, portando ad un mondo interamente nuovo. Mentre le condizioni planetarie sono cambiate nel corso della storia della Terra – come avvenne per l’estinzione di massa dei dinosauri e la comparsa dei mammiferi – questo sarebbe il primo cambiamento globale causato da una singola specie. I 22 autori –inclusi ecologisti, biologi, teorici dei sistemi complessi, geologi e paleontologi – hanno esaminato il modo in cui le pressioni umane stanno modificando la nostra atmosfera, gli oceani, la terra ed il clima a tal punto che le attuali condizioni ecologiche potrebbero collassare, impoverendo il mondo.
“I dati suggeriscono che ci sarà una riduzione nella biodiversità e un severo impatto sulle risorse da cui dipendiamo per mantenere la qualità della nostra vita, incluse ad esempio la pesca, l’agricoltura, i prodotti forestali e l’acqua pulita. Ciò potrebbe accadere nel corso di poche generazioni,” dichiara l’autore principale Anthony Barnosky dell’Università della California, Berkeley. Alcune specie potrebbero emergere come vincitrici in questo scenario, ma la biodiversità complessiva collasserebbe con impatti drastici per la società umana.
Le ricerche sul collasso ecologico hanno mostrato che una volta che il 50-90 percento di un ecosistema viene alterato, questo rischia un imminente collasso. Applicando tale dato al mondo nel complesso, i ricercatori indicano che oggi il 43 percento degli ecosistemi terrestri sono stati convertiti all’agricoltura o all’uso urbano con strade che coprono la maggior parte delle aree selvagge. Gli esperti affermano che entro il 2025 metà della superficie terrestre sarà stata alterata. Persino le aree incontaminate, tuttavia, percepiscono l’impatto del cambiamento climatico, della perdita di biodiversità e dell’inquinamento.
“Può davvero accadere? Guardando indietro, il passato ci dice inequivocabilmente che sì, può davvero accadere. È accaduto,” dice Barnosky. “Credo che se vogliamo evitare le sorprese più spiacevoli, dobbiamo stare lontani da quella soglia del 50 percento.”
Gli scienziati hanno anche confrontato le pressioni ambientali odierne con i punti critici che in passato hanno portato a cambiamenti planetari su larga scala.
“L’ultimo punto critico nella storia della Terra si è verificato circa 12.000 anni fa quando il pianeta passò dall’era delle glaciazioni, che precedentemente era durata 100.000 anni, al corrente periodo interglaciale,” spiega Mooers. “Una volta raggiunto il punto critico, i cambiamenti biologici più estremi che hanno portato al corrente stato sono avvenuti in soli 1000 anni. È come passare da bambini ad adulti in meno di un anno.”
Tuttavia, aggiunge: “Il pianeta sta cambiando ancora più velocemente.”
La coautrice Elizabeth Hadly afferma che i punti critici possono già essersi manifestati in alcune regioni, portando ad un ambiente danneggiato, all’inasprirsi di conflitti e alla miseria umana.
“Sono appena ritornata da un viaggio sulle vette dell’Himalaya in Nepal, dove ho assistito a famiglie che si combattevano a vicenda con il machete per il legno – legno che avrebbero bruciato in una sera per cuocere il loro cibo. In luoghi dove i governi mancano di infrastrutture di base, le persone badano a loro stesse e la biodiversità soffre,” afferma. “Abbiamo disperatamente bisogno di una leadership globale per il pianeta Terra.”
Scarsi progressi
Un tentativo di leadership globale si verificherà nel giro di poche settimane al Summit di Rio+20 sulla sostenibilità, che segna venti anni da quando è stato firmato un accordo ambientale di riferimento a Rio nel 1992. Tuttavia un nuovo rapporto del Programma della Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP) ha segnalato che negli ultimi venti anni il mondo ha fatto pochi progressi significativi per quanto riguarda i suoi ambiziosi obbiettivi ambientali.
“Se gli attuali modelli di produzione e consumo di risorse naturali prevalessero e non potessero essere invertiti e ‘disaccoppiati’, allora i governi dovrebbero gestire livelli di danno e degrado senza precedenti,” afferma il Direttore Esecutivo dell’UNEP Achim Steiner in una dichiarazione.
Il rapporto, intitolato “Prospettive ambientali globali”, è il quinto ad essere rilasciato dall’UNEP ed il più sconfortante. Mentre il mondo ha fatto progressi positivi su quattro obbiettivi –eliminazione di prodotti dannosi per l’ozono, rimozione del predominio del carburante, miglioramento dell’accesso alle riserve idriche e ricerca sulla riduzione dell’inquinamento marino- non ha contrastato gli altri 86.
Sul versante positivo, quaranta obiettivi hanno visto alcuni progressi, compresa l’istituzione di aree protette sulla terraferma, che attualmente coprono il 12 percento del territorio mondiale, e la riduzione della percentuale di deforestazione. Sebbene le foreste continuino a essere abbattute in tutto il mondo a favore di merci e generi di consumo, nazioni come il Brasile hanno conseguito un significativo declino nella deforestazione. Il rapporto identifica anche alcuni progressi nella lotta alla fame mondiale, segnalando come la percentuale di persone che soffrono di malnutrizione stia decrescendo nonostante il numero totale sia in aumento.
Pochi progressi o nessun progresso sono stati raggiunti per quanto riguarda 24 obiettivi ambientali, incluso quello che molti scienziati ritengono sia la più grave minaccia per l’ambiente (e per l’uomo) al giorno d’oggi: il cambiamento climatico. Altri obiettivi in questa categoria includono l’aumento di produzione di cibo, la lotta alla desertificazione, il salvataggio di specie a rischio d’estinzione, il migliorare l’efficienza d’uso delle risorse ed il riconoscimento dei servizi ecosistemici nel contesto economico.
È stato riscontrato un declino in otto obiettivi, che includono la salute di barriere coralline e paludi, così come il consumo di acqua.
I restanti quattordici obiettivi, come la protezione degli ecosistemi d’acqua dolce, mancano di dati sufficienti per trarre conclusioni.
“È giunto il momento di mettere da parte la paralisi dell’indecisione, riconoscere i fatti e fare appello all’umanità che accomuna tutte le persone,” ha dichiarato Steiner. “Rio+20 è un momento in cui far sì che la sostenibilità ambientale da aspirazione e realizzazione frammentaria si trasformi in percorso genuino verso il progresso e la prosperità per questa e le prossime generazioni.”
Perdere tempo mentre Rio brucia
Cava di carbone a Bihar, India. Circa il 40 percento dell’energia indiana deriva attualmente dal carbone, la fonte di combustibile a maggior emissione di carbonio.
Gli osservatori, tuttavia, non si aspettano molto da Rio+20, almeno non dai leader mondiali e dai governi. Le nazioni stanno lavorando su una bozza di documento intitolata “Il futuro che vogliamo” cui aderire al summit, ma tale documento è una mera promessa senza azioni vincolanti. Ciononostante, secondo gli osservatori i negoziati governativi sulle parole del documento sono stati intensi e pignoli, con il WWF che avverte che i negoziati di questa settimana sull’accordo già annacquato potrebbero anche “collassare”.
Greenpeace riporta che le nazioni in via di sviluppo stanno spogliando il documento di ogni riferimento alla “responsabilità”, rendendo difficili anche le richieste di trasparenza, mentre gli USA si sono opposti ai principali riferimenti riguardo la necessità che le nazioni affrontino i “modelli di consumo e produzione non sostenibili” e sta tagliando ogni riferimento all’ ”equità.”
Il summit ha già lasciato cadere ogni attenzione sulle crisi ambientali globali come il cambiamento climatico e la deforestazione, ma alcuni restano ottimisti che ciò comporterà una maggiore protezione marina e più forza per l’UNEP. Gli osservatori affermano anche che, mentre i governi sono in stallo, migliaia di ONG, imprese ed esperti partecipanti potrebbero aiutare il mondo a progredire. Molti dei principali leader mondiali hanno rinunciato a partecipare al summit, tra cui il Presidente USA Barack Obama, il Primo Ministro britannico David Cameron e la Cancelliera tedesca Angela Merkel.
Le soluzioni per l’attuale crisi ambientale mondiale non sono misteriose. Scienziati ed esperti raccomandano una rapida transizione dai combustibili fossili alle energie rinnovabili, il porre fine a sussidi dannosi, la conservazione della biodiversità globale, la protezione delle foreste ancora in piedi, una riorganizzazione della pesca e della gestione degli oceani, un incremento dell’efficienza e dell’accesso energetico, la trasformazione dei sistemi agricoli, il cambiamento dei criteri di misurazione del successo nazionale focalizzandolo sul benessere più che sul PIL e la lotta contro la sovrappopolazione mediante l’educazione e l’accesso ai metodi contraccettivi.
“Ritengo che l’umanità si trovi ad un bivio dove dobbiamo fare una scelta attiva,” afferma il biologo integrativo Anthony Barnosky. “Una strada consiste nel riconoscere questi problemi e le potenziali conseguenze e provare a guidare il futuro (nel modo che vogliamo). L’altra strada consiste nell’alzare le mani e dire ‘Andiamo avanti come sempre e vediamo cosa accade.’ Ipotizzo che, se optiamo per quest’ultima strada, sì, l’umanità sopravvivrà ma assisteremo a degli effetti che comporteranno un serio degrado nella qualità della vita dei nostri figli e nipoti.”