Foresta pluviale devastata nel Borneo. Foto di: Rhett A. Butler.
Secondo i più recenti aggiornamenti del Living Planet Index, negli ultimi 48 anni la fauna selvatica presente ai Tropici, la regione in cui è contenuta la maggior parte della biodiversità mondiale, è diminuita di un allarmante 61 percento. Prodotto dal Fondo Mondiale per la Natura (WWF) e dalla Società Zoologica di Londra (ZSL), l’indice attualmente traccia quasi 10.000 popolazioni di 2688 specie di vertebrati (inclusi mammiferi, uccelli, rettili, anfibi e pesci) nei Tropici e nelle regioni temperate.
“Proprio come un indice di borsa misura la situazione del mercato tracciando le variazioni in […] una selezione di compagnie, le variazioni di abbondanza (cioè il numero totale di individui in una data popolazione) all’interno di una selezione di specie possono essere utilizzate come importante indicatore delle condizioni ecologiche del pianeta”, spiega il rapporto.
Tra il 1970 e il 2008, l’abbondanza nei Tropici è scesa del 44 percento pertra le specie terrestri, del 62 percento negli oceani e del 70 percento negli ambienti fluviali, raggiungendo il culmine di una media di perdita del 125 percento ogni anno a partire dal 1970. Le popolazioni di fauna selvatica stanno diminuendo a causa dell’impatto di svariati interventi umani, inclusi la continua deforestazione, la degradazione dell’habitat, il sovrasfruttamento per cibo e medicine, l’inquinamento, l’agricoltura, la sovrapesca, le specie invasive, le malattie, i cambi climatici, le dighe, le miniere e altri progetti industriali.
![]() La popolazione delle tigri è diminuita del 70 percento dal 1980 al 2008. Oggi, negli USA, ci sono più tigri in cattività che in libertà. Foto di: Rhett A. Butler. |
Il rapporto esamina anche gli impatti in particolari regioni. La popolazione di fauna selvatica nell’Africa tropicale è diminuita del 38 percento, della metà nella regione neotropicale (America centrale e meridionale) e del 64 percento nella regione indopacifica (incluse India, Sud-est asiatico, Australia e isole del Pacifico). Questo dato non è però forse così sorprendente se si considera che i più alti livelli di deforestazione si registrano nel Sud-est asiatico.
Secondo il rapporto, “Queste percentuali riflettono gli impatti di larga scala su foreste e altri habitat in queste zone, causati da attività di taglio e trasporto di tronchi d’albero, dalla crescita della popolazione umana, e degli sviluppi agricoli, industriali e urbani”.
In tempi recenti, nell’area neotropica, gli anfibi sono stati decimati da una malattia fungina, nota come chytridiomycosis. Questa malattia non sta solo abbattendo le popolazioni ma anche spingendo dozzine di specie all’estinzione.
“Il rapporto è come un check-up planetario e i risultati indicano che il nostro pianeta è molto malato. Ignorare questa diagnosi porterà delle conseguenze per l’umanità. Possiamo ristabilire la salute del pianeta, ma solo occupandoci delle cause primarie, la crescita della popolazione e il sovrautilizzo delle risorse”, dichiara in conferenza stampa Jonathan Baillie, direttore del programma di tutela della Società Zoologica di Londra.
La biodiversità garantisce molti servizi alla società globale, tra cui l’impollinazione, la cattura e il sequestro del carbonio, la produzione di alimenti, il mantenimento della salute del suolo, e la produzione di farmaci salvavita, ma solo pochi di questi ”servizi dell’ecosistema” sono riconosciuti dal mercato globale.