Giaguaro in Brasile. Un nuovo studio mostra che i principali predatori, come il giaguaro, sono alcuni tra i più sensibili al degrado ambientale sia all’interno che all’esterno delle foreste tropicali.
I Governi hanno stabilito delle aree protette per fungere, in parte, da riserve per l’incredibile biodiversità della Terra; in nessun luogo questo è così vero come nelle foreste tropicali del mondo le quali contengono circa metà delle specie del nostro pianeta. Tuttavia un nuovo studio pubblicato da Nature dimostra che gli animali selvatici in molte delle foreste pluviali del mondo sono messi a repentaglio dalla pressione dell’uomo sia all’interno che all’esterno delle riserve, minacciando di indebolire gli sforzi che si compiono per la conservazione globale. Considerando una rappresentanza di 60 aree protette in 36 paesi tropicali, gli scienziati hanno scoperto che circa la metà delle riserve ha sofferto “un’erosione della biodiversità” negli ultimi 20-30 anni.
“Queste riserve sono come arche per la biodiversità. Ma alcune di queste arche rischiano di affondare” sostiene in conferenza stampa l’autore William Laurence dell’università James Cook e dell’Istituto Tropicale di ricerca Smithsonian. “Nonostante siano la migliore speranza per sostenere le foreste tropicali e la loro incredibile biodiversità per l’eternità”.
Laurence e colleghi hanno condotto oltre 200 interviste per esaminare i cambiamenti in più di 30 gruppi tassonomici (come piante, primati o principali predatori) nelle aree protette. Hanno scoperto che molti importanti gruppi sono particolarmente sensibili ai cambiamenti ambientali sia all’interno che all’esterno della riserva, inclusi molti animali di grande corporatura, anfibi, lucertole, serpenti non velenosi, pesci d’acqua dolce, epifite, alberi secolari dai grandi semi e i predatori principali. Specie leggermente meno vulnerabili includono primati, qualche uccello, serpenti velenosi e animali migratori. Altri gruppi – come le specie invasive, liane, piante rampicanti e qualche farfalla – vivono meglio dove l’ecosistema della foresta è degradato.
“La cosa più spaventosa che è venuta fuori dalla nostra ricerca è quanto sia diffuso il declino delle varie specie nelle riserve che ne soffrono. Non sono solo alcuni gruppi a soffrirne ma c’è un’ allarmante grande varietà di specie” sostiene Carolina Useche dell’Istituto Humboldt.
Lo studio, il più completo del genere finora, ha dimostrato che l’80% delle riserve ha qualche perdita nella biodiversità e circa la metà mostra un serio declino. All’interno delle aree protette l’indicatore più grande della perdita di biodiversità è il declino della copertura forestale così come un aumento del disboscamento, della caccia o della raccolta di prodotti non legnosi.
“Altrettanto importante è quello che accade fuori” spiega Kadiri Serge Bobo dell’Università di Dschang. “L’85% delle riserve che abbiamo studiato ha perso anche parte della vicina copertura forestale negli ultimi 2/3 decenni” dice Bobo. “Ma solo il 2% ha visto crescere la foresta circostante”.
Si è dimostrato che la deforestazione, gli incendi e la caccia lungo i perimetri delle aree protette hanno significativamente ostacolato la biodiversità al loro interno.
“Ad esempio, se ci sono molti incendi in una riserva o attività mineraria illegale nelle vicinanze, queste minacce possono in qualche modo anche penetrare all’interno” ha aggiunto Useche.
Dal lato positivo, lo studio ha dimostrato che una buona applicazione è la chiave per meglio preservare le aree protette.
“Alle riserve che hanno visto aumentare gli sforzi di protezione negli ultimi 20/30 anni, generalmente è andata meglio rispetto a quelle in cui la protezione è andata diminuendo; una relazione che è rimasta costante in tutte le tre principali regioni tropicali del mondo” scrivono i ricercatori.
Le migliori riserve tuttavia possono anche contrastare in maniera creativa le minacce ai loro margini. Per farlo gli scienziati raccomandano di stabilire delle zone cuscinetto intorno ai parchi esistenti, creando corridoi per collegare i parchi e lavorando con i locali per promuovere attività a basso impatto.
“L’attenzione a gestire sia le minacce esterne che quelle interne dovrebbe aumentare anche la resistenza della biodiversità in riserve che potrebbero essere soggette a cambiamenti climatici potenzialmente seri” scrivono gli autori.
Maggiori sforzi e un’organizzazione più intelligente sono necessari se le riserve forestali tropicali servono da arche della biodiversità in un’epoca di deforestazione di massa e cambiamenti climatici. La posta in gioco è alta: dato che le foreste pluviali del mondo contengono molte specie, se vengono meno le loro aree protette, l’estinzione di massa sarà inevitabile.
CITATION: Laurance, William F., and 215 coauthors. 2012. Averting biodiversity collapse in tropical forest protected areas. Nature, DOI:10.1038/nature11318.
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