La pesca industriale di tonni ha portato alcune specie sulla soglia dell’estinzione. Foto: Alex Hoffard/Greenpeace.
Secondo un nuovo articolo pubblicato nella rivista specializzata Science, nonostante numerose promesse e accordi passati, i governi del mondo hanno fatto poco o nulla per migliorare la gestione e la tutela degli oceani. L’articolo è stato pubblicato proprio nel momento in cui i leader del mondo si stanno riunendo a Rio de Janeiro per Rio+20, detta anche Conferenza dell’ONU sullo Sviluppo Sostenibile, dove una delle questioni più spinose sarà la politica sugli oceani, in parte perché è previsto che la conferenza faccia dei piccoli progressi su altre questioni ambientali globali quali il cambiamento climatico e la deforestazione. Il nuovo articolo del Science, però, mette in guardia sul fatto che le passate promesse riguardo la tutela marina hanno portato a ben pochi risultati, quando non si sono arenate completamente.
“La nostra analisi mostra che quasi ogni impegno preso dai governi per proteggere gli oceani non ha portato ad alcun risultato. Se questi processi internazionali sono da prendersi seriamente, i governi devono essere ritenuti responsabili, e ogni impegno futuro deve essere accompagnato da chiari piani di implementazione, e da un processo per valutarne il successo o il fallimento”, ha dichiarato Jonathan Baillie, co-autore e Direttore per la Tutela presso la Società Zoologica di Londra, che al momento sta partecipando alla conferenza Rio+20.
Dopo aver giudicato le promesse su cinque questioni ambientali marine – miglioramento della gestione dell’industria ittica, eliminazione dei sussidi dannosi per l’ambiente , lotta contro la pesca illegale e non regolarizzata, creazione di aree marine protette, e arginazione della perdita della biodiversità – l’articolo ha trovato poco di cui andar fieri.
I ricercatori sottolineano che l’attività di pesca è tra il 17-112% più alta del livello sostenibile, mentre quasi un terzo di tutta la pesca è sovrasfruttato, svuotato, o in fase di recupero dallo svuotamento, e prevedono sia probabile che “i governi vengano meno alloro promesse di mantenere o ristabilire il rendimento massimo sostenibile (MSY) delle scorte a livello regionale o globale entro il 2015”.
Piroghe per la pesca artigianale in Senegal. La pesca artigianale spesso non viene denunciata. Inoltre, la pesca commerciale internazionale sta depredando sempre più le acque delle nazioni più povere, il cui sostentamento dipende dal pesce per le sue proprietà delle proteine. Foto: Pierre Gleizes/Greenpeace. |
Inoltre, i ricercatori fanno notare che a dieci anni dalla promessa dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) di ridurre i sussidi dannosi alla pesca – del valore di circa 16,2 miliardi di dollari nel 2009 – non si è arrivati all’accordo su alcun piano”.
“I sussidi dannosi dovrebbero essere eliminati gradualmente entro una certa data, o trasformati in piani favorevoli di gestione della pesca da parte dei governi che scelgono di continuare a fornire sussidi, scrivono gli scienziati.
Secondo l’articolo, i governi devono anche raddoppiare gli sforzi per combattere la pesca illegale, non regolarizzata e non dichiarata.
“L’onnipresente pesca [illegale, non regolarizzata e non denunciata] mette in pericolo la gestione della pesca; aumenta il rischio di prendere a bersaglio e pescare per sbaglio delle specie; ruba i profitti da pescatori legittimi e organi governativi”, scrivono gli autori, facendo notare come queste pratiche di pesca hanno un valore annuale di 23 miliardi di dollari.
La Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD) ha promesso di decretare 10% delle acque oceaniche come aree marine protette entro il 2012, ma è stata incapace di raggiungere l’obiettivo, che è stato ora prorogato al 2020. Nonostante ciò, gli scienziati vedono degli spiragli positivi in tal senso, comprese diverse nuove riserve annunciate in tempi recenti, ma avvertono che “il livello di protezione di molte aree designate è dubbio, e ha bisogno di miglioramenti”.
E’ da sottolineare che il governo australiano abbia annunciato oggi un piano per salvaguardare circa il 40% delle sue acque, creando la rete più grande al mondo di aree marine protette, un’area più o meno delle dimensioni dell’India.
In conclusione i ricercatori scrivono che sebbene ci sia stato del progresso nella tutela della biodiversità in aree locali o per quanto riguarda certe specie, come uccelli marini, nella maggior parte “la valutazione globale della diversità marina disegna un quadro sconfortante per molti taxa; persino le specie a cui si danno più attenzioni – come tartarughe, squali, e i pesci della barriera corallina – non sono al sicuro.
Al momento, il 16% dei cosiddetti animali marini “carismatici” sono a rischio di estinzione. Nel frattempo, recentemente gli esperti hanno messo in guardia dall’estinzione di massa negli oceani se il trend rimane lo stesso, compresa l’incapacità di agire contro il cambiamento climatico.
“Ci sono cambiamenti in ampia scala che stanno avvenendo negli oceani che non risultavano un problema nel 1992 o nel 2002, come l’acidificazione degli oceani o lo sbiancamento di massa dei coralli, ma che ora sappiamo renderanno la gestione sostenibile degli oceani ancora più difficoltosa. Rio+20 potrebbe costituire la nostra ultima chance nel salvare l’ecosistema degli oceani e assicurarsi che possiamo gestire le scorte di pesce in maniera sostenibile”, dice Liane Veitch, autore principale e Ufficiale per la Politica Marina della Società Zoologica di Londra.
Nonostante gli autori riconoscano che “la complessità dei problemi e le politiche di cooperazione siano più grandi di quanto ci si aspettasse”, dicono che i leader mondiali devono farsi avanti a Rio+20 nelle questioni in cui hanno fallito in passato.
“La sopravvivenza di milioni, la tutela alimentare di miliarsi, e il funzionamento sicuro degli oceani del nostro pianeta sono in pericolo”, concludono gli scienziati.
L’Afrika Super Trawler, super peschereccio. Foto: Pierre Gleizes/Greenpeace.
CITAZIONI: Liane Veitch, Nicholas K. Dulvy, Heather Koldewey, Susan Lieberman, Daniel Pauly, Callum M. Roberts, Alex D. Rogers, Jonathan E. M. Baillie. Avoiding Empty Ocean Commitments at Rio+20. Science. Volume 336. 2012.