Per la prima volta dall’evoluzione dell’homo sapiens, la concentrazione atmosferica di anidride carbonica ha raggiunto la soglia di 400 parti per milione (ppm) a causa dei combustibili fossili. L’agenzia federale statunitense National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) riferisce che giovedì scorso i livelli di anidride carbonica rilevati dall’osservatorio Mauna Loa alle Hawaii hanno toccato questo valore simbolico e ci si aspetta che continuino a crescere negli anni a venire. L’ultima volta che la concentrazione è risultata così alta per un periodo prolungato è stato 4-5 milioni di anni fa, quando i livelli dei mari erano di 50/40 metri più alti di oggi e la temperatura ai poli era di 10 gradi Celsius più elevata. All’epoca, le foreste crescevano lungo le coste del Mar Glaciale Artico e le barriere collarine erano quasi inesistenti.
“Agli albori dell’industrializzazione la concentrazione di anidride carbonica era di appena 280 ppm” ha affermato Rajendra Pachauri, presidente dell’IPCC, panel intergovernativo per lo studio dei cambiamenti climatici. “Dobbiamo augurarci che il superamento di questa soglia simbolica crei una maggiore consapevolezza sulla realtà scientifica del cambiamento climatico e su come la società dovrebbe affrontare questa sfida”.
La concentrazione di anidride carbonica fluttua in base alle stagioni: i livelli più alti si registrano di solito nel mese di Maggio, seguiti da un leggero calo. Gli scienziati affermano, tuttavia, che nei prossimi anni la concentrazione toccherà le 400 ppm con maggiore frequenza, assestandosi alla fine al di sopra di questa soglia almeno fino a quando il mondo non inizierà a tagliare le emissioni e comunque per molti decenni a venire (il carbonio rimane nell’atmosfera per 50-200 anni). In realtà già l’anno scorso le concentrazioni avevano raggiunto le 400 ppm, ma solo in alcune aree dell’emisfero settentrionale. Anche se a detta degli scienziati si tratta più che altro di una soglia simbolica, essa è comunque indicativa di quanto carbonio sia stato immesso nell’atmosfera negli ultimi 150 anni.
Per gran parte della storia dell’umanità, le concentrazioni di anidride carbonica hanno fluttuato tra le 180 e le 300 ppm. Ma la rivoluzione industriale ha portato a un esteso utilizzo di combustibili fossili, che hanno rilasciato un’enorme quantità di carbonio nell’atmosfera. Ulteriori emissioni di carbonio sono state generate dalla distruzione delle foreste e di altri ecosistemi. Queste emissioni hanno portato dalla rivoluzione industriale in poi a un aumento delle temperature globali di circa 0.8 gradi Celsius (1.4 gradi Fahrenheit), generando lo scioglimento dei ghiacciai, la crescita del livello dei mari, la scomparsa dei ghiacci artici, la migrazione di specie e l’aumento di eventi meteorologici estremi come siccità e inondazioni.
L’uragano Sandy si abbatte sulle coste del New Jersey. Studi dimostrano che, sebbene il cambiamento climatico potrebbe non generare un aumento complessivo degli uragani, è probabile che esso porti a uragani sempre più intensi. Anche l’aumento nel livello dei mari contribuisce ad aggravare i danni causati da uragani come Sandy. Foto di: Master Sgt. Mark C. Olsen/U.S. Air Force/New Jersey National Guard.
“Centinaia di miliardi di tonnellate di inquinamento da combustibili fossili hanno avvelenato il nostro clima, generando nel nostro pianeta inondazioni, siccità e incendi sempre più estremi” ha dichiarato Brad Johnson, responsabile di campagna per l’organizzazione Forecast the Fact. “Dobbiamo reagire con urgenza e determinazione per porre fine a questo esperimento incontrollato sulla sola casa che abbiamo”.
A livello globale tutte le nazioni si sono impegnate a contenere l’aumento delle temperature entro i 2 gradi Celsius (3,6 gradi Fahrenheit) ma a oggi le promesse e le azioni intraprese non sono riuscite a ridurre le emissioni globali di gas serra che continuano a crescere di anno in anno. Sia la Banca Mondiale sia la IEA (Agenzia Internazionale per l’Energia) hanno avvertito che se le cose non cambieranno il mondo andrà incontro a una catastrofe climatica totale che vedrà la devastazione delle città costiere e dell’agricoltura globale portando all’estinzione di massa. Alcuni scienziati sostengono perfino che il riscaldamento globale potrebbe portare alla fine della civiltà umana come la conosciamo.
“Ci troviamo in un territorio nuovo per l’essere umano – da milioni di anni la concentrazione di carbonio nell’atmosfera non era così alta” dice Bill McKibben, fondatore di 350.org, che si batte perché le concentrazioni di anidride carbonio siano abbattute a 350 ppm. “La sola domanda da porsi adesso è se l’inarrestabile aumento di carbonio possa essere eguagliato da un altrettanto inarrestabile aumento dell’attivismo necessario per fermarlo”.
L’assenza di piogge in Somalia nel 2011 ha seminato il paesaggio di carcasse di pecore e capre morte. L’assenza di piogge, insieme all’instabilità, ha determinato una carestia che ha ucciso un quarto di milione di persone. Studi dimostrano che il riscaldamento degli oceani potrebbe aumentare la probabilità di assenza di pioggia nell’Africa orientale, peggiorando la siccità e l’insicurezza alimentare. Foto di: Oxfam East Africa/Creative Commons 2.0.