Venerdì 21 giugno a Singapore l’Indice Standard di Inquinamento (PSI) ha toccato il livello più alto mai registrato mentre l’isola di Sumatra continuava a essere avvolta da una densa foschia prodotta dalle piantagioni, torbiere e foreste in fiamme.
Secondo quanto riportato dal sito dell’Agenzia nazionale per l’ambiente, alle 11 di venerdì ora locale l’inquinamento dell’aria ha raggiunto quota 400. Questo livello viene considerato “molto pericoloso per la salute” e alla popolazione è stato consigliato di “minimizzare l’esposizione all’aria aperta” e di indossare mascherine.
Il Primo Ministro di Singapore Lee Hsien Loong in una lettera indirizzata al Presidente Indonesiano Susilo Bambang Yudhoyono ha espresso “forte preoccupazione” e ha chiesto interventi immediati per controllare gli incendi che, secondo l’Indonesia, sarebbero concentrati in massima parte in aree detenute in concessione da produttori di olio di palma e carta. Secondo più di una fonte, molte di queste compagnie avrebbero legami con Singapore.
Sempre venerdì scorso Kuntoro Mangkusubroto, funzionario incaricato di riformare il settore forestale indonesiano e di attuare un programma di riduzione della deforestazione, ha menzionato la Sinar Mar e la April come due delle imprese le cui concessioni nella provincia di Riau, a sud di Singapore, starebbero registrando un elevato numero di “hotspot” (punti caldi). Sinar Mas è proprietaria di Asia Pulp & Paper, un gigante dell’industria cartaria, e del produttore di olio di palma Golden Agri-Resources, mentre APRIL (Asia Pacific Resources International Holdings) è controllata dal Raja Garuda Mas Group, un gruppo diversificato che possiede aziende nel settore del legno e dell’olio di palma. Corre voce che almeno un hotspot sarebbe localizzato in una concessione detenuta dalla First Resources, con sede a Singapore.
La mancanza d’informazioni centralizzate sulle concessioni esistenti a Sumatra sta rendendo gli interventi più complicati. Alcune delle zone in cui sono stati registrati punti caldi sono oggetto di permessi rilasciati non dal Ministero delle Foreste ma da governi locali. Inoltre, a causa della natura tentacolare delle società potenzialmente coinvolte – una rete di aziende controllate, affiliate e fornitori – non è chiaro se le stesse compagnie sappiano dire se gli incendi riguardano terre di loro proprietà. Ad esempio, la Asia Pulp & Paper, interrogata a proposito di presunti incendi all’interno delle proprie concessioni, inizialmente ha risposto di attendere maggiori informazioni, aggiungendo di aver messo in atto dal 1996 una politica d’incendi zero e, dal mese di febbraio, di deforestazione zero.
“La mappatura degli hotspot è un utile sistema di preallarme, ma per comprendere l’origine e le dimensioni dell’incendio le nostre squadre devono fare delle verifiche sul terreno. Ci preoccupa molto che gli incendi possano espandersi e avere un impatto sui nostri investimenti nelle piantagioni e sulla conservazione delle foreste che proteggiamo” ha dichiarato APP a Mongabay via email.
“Continuiamo a monitorare e affrontare ogni fonte di incendio all’interno delle concessioni da cui ci riforniamo e di quelle vicine. I nostri fornitori mettono a disposizione squadre di pompieri in ogni dipartimento forestale e addestrano la popolazione locale a individuare e combattere gli incendi”.
Il gigante dell’industria cartaria ha affermato che, secondo un’inchiesta preliminare, solo sette dei 74 punti caldi individuati nelle concessioni dei propri fornitori a Riau corrisponderebbero realmente a incendi di foreste.
“La nostra indagine preliminare ha scoperto che 5 dei fuochi sono stati appiccati dalla comunità per spianare il terreno alle coltivazioni mentre per altri due casi si sta ancora investigando” ha dichiarato APP a mongabay.com. Non è chiaro cosa siano gli altri 67 hotspot individuati, ma il satellite NASA può rivelare fonti di calore che vanno da un mucchio di spazzatura bruciata a boscaglie e foreste in fiamme.
APP ha aggiunto che “rimaniano impegnati al 100% nella nostra politica di deforestazione zero” e ha affermato che gli incendi devono essere un segnale d’allarme per la regione.
“Gli incendi forestali di quest’anno sono tra i peggiori mai registrati. Dobbiamo concentrarci per trovare una soluzione” ha detto APP. “Auspichiamo che tutte le parti interessate si mettano al lavoro insieme, adottando urgentemente un approccio al problema multisettoriale e multilaterale, che coinvolga compagnie private, comunità, ONG ed enti governativi.”
Ciò nonostante, la provata presenza di incendi in concessioni che riforniscono APP, la cui politica di deforestazione zero è una novità nel settore, così come in zone coperte dalla moratoria sulle foreste indonesiane, indica che è necessario fare di più per affrontare quello che è diventato un problema cronico e una fonte di tensioni politiche nella regione. Singapore e Malesia temono che il protrarsi di questa coltre di fumo possa costare alle loro economie miliardi di dollari in affari mancati, impatto sulla salute e ritardi nei trasporti. Secondo la Asian Development Bank gli incendi del 1997-1998, che hanno carbonizzato 8 milioni di ettari in tutto il Borneo, avrebbero generato 9 miliardi di danni economici. Quegli incendi furono esacerbati dalle condizioni di siccità conseguenti a El Niño, ma la causa scatenante fu l’abbattimento delle foreste per lasciar spazio alle piantagioni di palma da olio, che in Indonesia sono spesso finanziate da compagnie legate a Malesia e Indonesia.
Hotspot negli ultimi 7 giorni riportati da NASA MODIS.
Le analisi dei dati satellitari da parte delle ONG, che dovrebbero essere rese pubbliche questo fine settimana, indicano che anche quest’anno le piantagioni di palma da olio sono un fattore determinante per gli incendi.
“Il settore dell’olio di palma ha dimostrato di basarsi sull’uso del fuoco per radere al suolo le foreste” ha affermato un ambientalista, non autorizzato a parlare ufficialmente in nome della ONG prima della pubblicazione del rapporto.”E’ perfetto per loro: la cenere fa bene alla piantagione e il fuoco permette di liberarsi dal legno ‘di scarto'”.
La conversione di torbiere in piantagioni è un peculiare fattore di rischio di incendio: una torbiera prosciugata è una polveriera che può bruciare per mesi, o perfino anni, se il fuoco è sotterraneo. Gli incendi di torbiere sono anche una fonte enorme di gas serra, contribuendo potenzialmente a creare in futuro condizioni di ulteriore aridità – e più coltri di fumo – nella regione.
“Gli incendi che hanno colpito Sumatra stanno facendo scempio di milioni di persone nella regione e distruggendo il clima” ha detto Burstar Maitr, capo della campagna a difesa delle foreste di Greenpeace Indonesia. “I produttori di olio di palma devono immediamente mettere a disposizione squadre di pompieri per spegnere questi incendi. Ma per correggere il loro comportamento devono iniziare con l’adottare una politica di deforestazione zero”.
Nota dell’editore: poco dopo la pubblicazione di questo articolo, WRI ha rilasciato alcuni dati molto interessanti: Peering Through the Haze: What Data Can Tell Us About the Fires in Indonesia. Eccone alcuni :
WRI’s Mappa interattiva di incendi forestali e concessioni elaborata da WRI.