Il totale del calore contenuto nell’oceano è mostrato in viola, mentre il grigio mostra il calore contenuto tra 0 e 300 metri e il blu tra 300 e 700 metri. Le barre clorate verticali mostrano le eruzioni vulcaniche che hanno raffreddato la Terra per un breve periodo e l’evento del fenomeno El Niño del 1997-98. Il diagramma è preso dall’articolo di Balmaseda e altri.
Coloro che criticano la teoria dei cambiamenti climatici spesso sostengono che il riscaldamento si è fermato verso la fine degli anni Novanta. Se da una parte questo è assolutamente falso (nello scorso decennio si sono registrati i picchi più alti, e il 2005 e il 2010 sono generalmente considerati entrambi l’anno più caldo), dall’altra gli scienziati ammettono che il riscadamento non è avvenuto sulla terra tanto rapidamente quanto era stato predetto negli ultimi dieci anni, specialmente dato il continuo incremento delle emissioni di gas serra. Tuttavia, uno studio recente pubblicato su Geophysical Research Letters ha scoperto che questo calore cosiddetto mancante si trova a 700 metri sotto il livello dell’oceano.
“Sempre di più negli ultimi dieci anni molto di quel calore è stato scaricato oltre i 700 metri, dove si fermava la maggior parte delle analisi precedenti. Circa il 30 per cento è andato al di sotto dei 700 metri di profondità”, ha spiegato Kevin Traenberth, co-autore della ricerca con lo U.S. National Center for Atmospheric Research. “Questo è una novità, non c’è stato un riscontro nelle analisi precedenti”.
Da lungo tempo gli scienziati sapevano che circa il 90 per cento del calore proveniente da cambiamenti climatici finiva negli oceani e sospettavano che era lì che avrebbero trovato il “calore mancante”. I risultati dello studio mostrano che i cambiamenti climatici sono accelerati a livello globale invece di fermarsi.
“Questo segna l’inizio del trend di riscaldamento più costante in queste analisi del [calore contenuto nell’oceano]”, gli scienziati hanno scritto nello studio. “Infatti, i tassi recenti di riscaldamento delle acque al di sotto dei 700 metri sembrano non avere precedenti”.
Tuttavia, il fatto che così tanto calore stia finendo nelle profondità dell’oceano ha sorpreso gli scienziati, dal momento che le acque calde dovrebbero salire in superficie.
“La causa del cambiamento è un cambiamento particolare dei venti specialmente nell’oceano Pacifico, dove gli alisei subtropicali sono diventati estremamente più forti, aumentando così il mescolamento subtropicale nell’oceano e fornendo un meccanismo per il trasporto del calore nel fondo dell’oceano” ha dichiarato Trenberth.
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In altre parole, negli ultimi dieci anni degli alisei potenti hanno movimentato gli oceani spingendo una parte significativa del calore verso profondità maggiori di quanto ci si aspettasse. Trenberth ha dichiarato che una parte del calore potrebbe essere “reversibile”, cioè salirà in superficie a un certo punto, forse durante il prossimo fenomeno El Niño, quando l’oceano Pacifico si riscalderà notevolmente.
“Tuttavia, si sospetta che molto [calore] non lo sia, e invece contribuisca al riscaldamento generale delle profondità del’oceano che è necessario per l’equilibrio del sisavanti tema”, ha continuato Trenberth. “Ciò velocizza il processo molto di più di quanto fosse stato assunto nelle ricerche sul clima portate avanti in vari luoghi e invalida semplici modelli climatici di bilanciamento dell’energia”.
Tuttavia, il fatto che il riscaldamento avvenga nelle profondità del mare non significa che l’umanità riesca a evitare alcuni degli impatti dei cambiamenti climatici. L’aumento delle temperature degli oceani influisce negativamente sugli ecosistemi marini e contribuisce all’aumento del livello del mare, dal momento che le acque più calde si espandono fisicamente. Come sostiene Trenberth, “ciò significa che l’aumento delle temperature in superificie è minore ma per contro si assiste a maggiori surriscaldamenti a lungo termine e aumenti del livello dei mari più veloci, dunque questo ha delle conseguenze”.
Trenberth, insieme a Magdalena Balmaseda e Erland Källén e lo European Centre for Medium Range Weather Forecasts hanno scoperto dove si trova il calore mancante servendosi del programma di osservazione Argo. Questo comprende migliaia di strumenti gallegianti che misurano le temperature degli oceani.
Per concludere, Trenberth ha detto che il “riscaldamento globale non è terminato”, al contrario l’energia termica proveniente dall’aumento delle emissioni di gas serra si nasconde dov’è difficile osservarla ma non percepirla, come potranno confermare coloro che vivono nelle regioni insulari e costiere a basso livello, che vengono sommerse sempre di più da onde altissime e tempeste.
BIBLIOGRAFIA: Magdalena A. Balmaseda, Kevin E. Trenberth, Erland Källén. Distinctive climate signals in reanalysis of global ocean heat content. 17 March 2013.