Quando il 15 agosto 2013 il presidente dell’Ecuador, Rafael Correa, ha annunciato di voler abbandonare un progetto innovativo per evitare che un’estesa area del Parco Nazionale dello Yasuní venisse sfruttata per la produzione di petrolio, sembrava che il mondo avesse gettato via il suo ecosistema a più alto indice di biodiversità. Tuttavia, le associazioni ambientaliste e gli attivisti hanno proposto una via alternativa per tenere lontane le compagnie petrolifere dal parco naturale dello Yasuní ITT (abbreviazione per Ishpingo-Tambococha-Tiputini): un referendum nazionale.
Al momento della proposta nel 2007, il programma Yasuní-ITT era il primo nel suo genere: l’Ecuador aveva annunciato che non avrebbe sfruttato i giacimenti petroliferi presenti in tre remote aree dello Yasuní solo nel caso in cui la comunità internazionale avesse donato 3,6 miliardi di dollari (o comunque circa la metà dei profitti che l’Ecuador avrebbe tratto dall’effettiva produzione di petrolio). L’idea era quella di combattere il cambiamento climatico e frenare la deforestazione, preservare le innumerevoli specie presenti (molte non ancora studiate) e tutelare le popolazioni indigene, tra cui le tribù che hanno scelto deliberatamente di isolarsi dal mondo esterno. Ma, nonostante il sostegno delle Nazioni Unite – che ha stanziato un fondo fiduciario attraverso il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo volto alla gestione dei sussidi destinati a progetti precisi – il programma Yasuní-ITT non è riuscito a ottenere investimenti sufficienti. Sono stati promessi circa 330 milioni di dollari, ma secondo l’Ecuador ne sono stati depositati soltanto 13 milioni. L’insufficienza degli investimenti – ostacolati in parte dall’ambivalenza di una nazione ricca, dalla sfiducia negli impegni dello stato e da coloro che affermavano che l’Ecuador sostanzialmente stava tenendo il proprio parco in ostaggio – ha portato Correa a rinunciare del tutto all’iniziativa.
“Il mondo ci ha traditi”, ha dichiarato Correa. “Ho firmato un decreto esecutivo per la liquidazione del fondo fiduciario destinato al programma Yasuní-ITT e con ciò ho posto fine all’iniziativa”.
Altri hanno accusato Correa di non aver fatto abbastanza per rassicurare i donatori e di aver continuato a pianificare lo sfruttamento petrolifero durante il periodo di promozione dell’iniziativa. Tuttavia i suoi sostenitori non si arrendono. Molti gruppi hanno subito reso noto che l’area Yasuní-ITT può ancora essere preservata dallo sfruttamento dei giacimenti petroliferi attraverso la raccolta di un numero sufficiente di firme in Ecuador. È necessario il 5 per cento delle firme della popolazione (attualmente circa 500.000 persone) per poter indire un referendum nazionale. Gli attivisti ritengono di poter vincere il referendum (gli exit poll mostrano un 90 per cento della popolazione ecuadoriana Yasuní-ITT a favore) qualora dovessero raccogliere un numero sufficiente di firme.
Pteroglossus pluricinctus nel Parco Nazionale dello Yasuní, foresta amazzonica dell’Ecuador. Foto di: Jeremy Hance.
La cancellazione del programma Yasuní-ITT ha scatenato manifestazioni e cortei in Ecuador.
Tuttavia, Correa ha dichiarato di non essere a favore di alcun referendum.
“Il vero problema è questo: proteggiamo il 100% dello Yasuní senza le risorse per andare incontro alle urgenti necessità della popolazione, o salviamo il 99% del parco disponendo di 18 miliardi di dollari per combattere la povertà?”, ha osservato il presidente. “Ci sono gruppi che politicizzano la questione Yasuní-ITT per ‘sconfiggere’ finalmente il governo e soprattutto manipolare i giovani”.
Ma anche se lo sfruttamento petrolifero venisse limitato, implicherebbe dei costi considerevoli per i paesi dell’Amazzonia. In alcune zone del Parco Nazionale dello Yasuní e altre aree della foresta amazzonica dell’Ecuador si produce petrolio da decenni. Ciò ha dato origine ai principali problemi causati dall’inquinamento dei corsi d’acqua, che ha portato a un’azione giudiziaria da miliardi di dollari nei confronti di Chevron. Oltre all’inquinamento che la produzione di petrolio in Amazzonia comporta, anche strade, colonizzazione, deforestazione e un commercio di carni di animali provenienti dalla foresta espongono la regione a molti rischi. Inoltre, le tribù indigene hanno visto le proprie vite e culture sconvolte dagli attacchi dei colonizzatori.
Attualmente, il petrolio rappresenta per l’Ecuador circa il 40 per cento dei profitti derivanti dalle esportazioni. E aumentando la spesa pubblica, Correa conta sul petrolio per accrescere il bilancio. Il tasso di povertà ecuadoriano si aggira sempre intorno al 35 per cento nonostante decenni di elevata produzione di petrolio. Alcuni economisti asseriscono che la storica dipendenza del paese da questa risorsa ha ostacolato la crescita economica con il blocco della diversificazione. Allo stesso tempo, il governo dà continuità ai programmi di aiuto economico per il consumo di petrolio nel paese, mantenendo il prezzo del petrolio a 2 dollari al gallone.
Il Parco Nazionale dello Yasuní è una delle foreste tropicali a più alto indice di biodiversità del mondo. Gli studiosi hanno rivelato che in un ettaro dello Yasuní sono presenti tre specie in più rispetto a tutto il Nord America. Inoltre, spesso vengono scoperte nuove specie e molte delle aree devono ancora essere esplorate.
Dopo che il governo ha posto fine all’iniziativa, un certo numero di compagnie petrolifere si sono messe in fila per trivellare l’ITT, tra cui Repsol e PetroOriental. La produzione potrebbe avere inizio a breve.
Combustione di gas sul fiume del Parco Nazionale dello Yasuní. Foto di Jeremy Hance.
L’anaconda verde (Eunectes murinus) del Parco Nazionale dello Yasuní. Foto di: Jeremy Hance.
Opilionide non identificato (aracnide) del Parco Nazionale dello Yasuní. Foto di: Jeremy Hance.
Funghi dello Yasuní. Foto di: Jeremy Hance.