Poche possibilità di raggiungere una “popolazione sostenibile nel prossimo secolo
Secondo proiezioni recenti, il numero di abitanti della Terra potrebbe superare i dieci miliardi entro la fine del secolo. Un nuovo studio ha recentemente esaminato cosa sarebbe necessario per invertire quest’inarrestabile crescita e raggiungere una popolazione sostenibile meno minacciosa per la biodiversità e gli ecosistemi mondiali. Secondo gli scienziati, a meno che non si verifichi una catastrofe globale l’unico modo per fermare questo slancio demografico è l’istituzione di una politica del figlio unico a livello globale entro qualche decennio.
Il nuovo studio segue a ruota una proiezione statistica rilasciata a Settembre. Analizzando i dati delle Nazioni Unite da Luglio ha calcolato una stima sulle sorti della popolazione. In particolare, ha trovato una possibilità pari all’ottanta per cento che la popolazione si assesti tra i 9,6 miliardi e i 12,3 miliardi entro la fine del secolo, con una maggiore attendibilità intorno ai 10,9 miliardi.
Un tale numero non è sostenibile secondo Corey Bradshaw, biologo all’Università di Adelaide in Australia.
“Gli elefanti delle foreste? Salutateli per sempre. Le tigri in India? Sparite,” rivela Bradshaw a mongabay.com.
Bradshaw e il suo collega di Adelaide Barry Brook ha esaminato la possibilità di tenere a freno la crescita della popolazione nella rivista scientifica “Proceedings of the National Academy of Sciences” (Atti dell’Accademia Nazionale delle Scienze). Hanno scoperto che senza dei limiti draconiani sul numero di figli per famiglia, la crescita della popolazione è “virtualmente in trappola”.
I ricercatori hanno studiato dei modelli computazionali di popolazione nel prossimo secolo, concentrandosi sul modo in cui parametri o leve differenti influissero sui loro modelli.
“Non stiamo cercando di prevedere che ci sarà un numero X di persone nel 2100”, sostiene Brashaw. “Ciò di cui non siamo a conoscenza è l’incidenza delle differenti leve”.
Bradshaw and Brook hanno fatto leva su tre elementi. Il primo è la fertilità: il numero medio di figli avuti dalle donne. Il successivo è la mortalità: la probabilità di morte ad una determinata età. E l’ultimo è la primiparità:l’età media in cui le donne hanno il loro primo figlio. Hanno prefigurato tre scenari secondo questi tre fattori.
![]() When researchers studied the ‘virtually locked-in’ population growth of the coming century, they found that population momentum could be too much to overcome. Photo by: Photograph by Muntasirmamunimran, distributed under a CC-BY 2.0 license. |
Ad esempio, in un possibile scenario che tiene le tre leve ai livelli del 2013, hanno scoperto che la popolazione potrebbe raggiungere i 10,42 miliardi entro il 2100, proprio al centro delle proiezioni statistiche rilasciate a settembre. In uno scenario definito più “realistico”, hanno dimezzato il tasso di mortalità entro il 2100 per un miglioramento dell’alimentazione e per la disponibilità di medicine. Inoltre, hanno spostato la primiparità ad un’età maggiore ed abbassato la feritilità dal suo valore di 2,37 bambini per donna nel 2013 a 2. Il loro modello prevedeva ancora il 10,35 miliardi di persone entro il 2100, una differenza trascurabile in termini di sostenibilità.
Per configurare cosa potrebbe succedere se tutti i governi restringessero le famiglie al figlio unico, hanno preso in esame due scenari: riducendo leggermente la
fertilità globale a 1 solo figlio nel 2100, o più brutalmente entro il 2045. Nel primo caso, la popolazione raggiungerebbe un picco a metà secolo e poi scenderebbe a sette miliardi entro il 2100. In una situazione più drastica, la popolazione crollerebbe più rapidamente nel 2100, arrivando a 3,45 miliardi.
Anche quest’ultima cifra è ben più grande di alcune stime su una popolazione umana sostenibile, oscillando tra uno e due milione. Numeri simili sono difficili da stimare perché dipendono pesantemente da sviluppi sociali e tecnologici, così come dalla quantità di consumi individuali. Ma ciò che è chiaro è che la popolazione non inizierà nemmeno ad avvicinarsi a numeri simili nei prossimi decenni, a meno che non si verifichi una catastrofe.
“Il nostro punto è che le maggiori conquiste in termini di sostenibilità saranno ottenute semplicemente dalla riduzione del consumo pro capite, sebbene oltre a tutto ciò bisogna anche ridurre la popolazione,” sostiene Bradshaw. “Ci vorrà soltanto un po’ di più per arrivarci”.
Il punto è stato colto, sostiene il biologo Thomas Lovejoy della George Mason University in Virginia, che ha coniato il termine “biodiversità” negli anni 80.
Un grafico che mostra il crollo regionale nella densità di popolazione nel 2100. I numeri rappresentano le regioni, le lettere e i confini rossi rappresentano aree con una grande biodiversità. La densità di popolazione è rappresentata con tonalità grigie, più scure nelle zone con maggior densità. Le inserzioni mostrano le curve demografiche lungo tutto il secolo. Riprodotto con l’autorizzazione di Proceedings of the National Academy of Sciences USA. Cliccare per ingrandire.
“Il valore reale di questo foglio è quello di rendere l’idea della portata, del valore e della complessità del problema demografico che interessa a quanti si preoccupano delle risorse,” rivela Lovejoy a mongabay.com.
Bradshaw e Brook notano che la riduzione dei consumi potrebbe agevolare un’altra tendenza problematica. I loro modelli prevedono che le regioni con la maggiore biodiversità del pianeta possano anche avere la maggiore crescita demografica in questo secolo, gravando su questi tesori per l’ecologia.
Bradshaw afferma: “Mostra realmente dove può esservi maggior danno se le cose continuano così come adesso”.
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Riferimenti:
- Bradshaw, C.J.A. and Brook, B.W. (2014). Human population reduction is not a quick fix for environmental problems. Proceedings of the National Academy of Sciences 111 (46) 16610-16615.
Chris Cesare è laureato in Scienze per la Comunicazione alla University of California, Santa Cruz.