Le storie sull’ambiente più importanti del 2014
La foresta pluviale del Borneo. Il 2014 ha visto molte novità, molte delle quali positive, per le foreste tropicali.
Vedere anche la Top 10 2014 delle storie a lieto fine
1. L’anno dell’impegno contro la deforestazione:
Nel 2014 è successo l’inimmaginabile: i principali produttori e commercianti di olio di palma hanno fermato la deforestazione e il prosciugamento dei terreni torbieri per piantare nuove palme da olio. Dopo anni d’intensa campagna da parte degli ambientalisti e avvertimenti catastrofici da parte degli scienziati, circa ventiquattro tra i principali produttori, commercianti e acquirenti hanno stabilito la politica zero deforestazione che include la salvaguardia ambientale, sociale e lavorativa. Tutto ciò non è accaduto solo per il settore dell’olio di palma: con Wilmar come apripista, anche il, agroalimentare Cargill ha esteso la politica alla sua catena di distribuzione da 135 miliardi di dollari. Intanto, i primi attuatori di questa politica continuano a fare progressi, incluse la “Indonesia’s Golden Agri-Resoucers” (GAR), che ha esteso la politica a tutto l’olio di palma che tratta e commercia, e la “Asia Pulp & Paper” (APP), che si è impegnata a supportare la conservazione e la restaurazione di un’area che equivale a 1 milione di ettari. Tuttavia, se da un lato si sono avuti progressi contro l’abolizione della deforestazione dalle catene di distribuzione, dall’altro alcune compagnie hanno continuato a distruggere le foreste. La Asia Pacific Resources International Limited (APRIL) ha subito forti critiche per aver continuato a estirpare la fibra a spese delle foreste torbiere. La compagnia ha dichiarato che la rimozione delle foreste torbiere non violava la sua politica di sostenibilità ambientale. Rhett Butler
2. Cina e USA promettono un’azione congiunta contro il riscaldamento globale:
La Cina e gli USA hanno annunciato un’azione congiunta per coordinare un intervento contro il riscaldamento globale. Il 12 novembre i due paesi più potenti al mondo hanno sorpreso un po’ tutti annunciando la loro volontà di lavorare insieme per affrontare questa crisi. Gli USA si sono impegnati a ridurre le emissioni di CO2 di 26-28% entro il 2025, in base ai livelli del 2005. La Cina ha annunciato che le sue emissioni avranno un picco entro il 2030 (o prima) e che il 20% di quest’energia arriverà da fonti pulite. Sebbene la volontà di Cina e USA di ridurre le emissioni non basti per evitare conseguenze climatiche catastrofiche (nemmeno assieme all’impegno dell’UE di ridurle a un 40% entro il 2030), finalmente i due paesi si trovavano sulla stessa barca nella lotta contro il riscaldamento globale. Mesi più tardi, l’ottimismo scaturito da quest’iniziativa non ha prodotto molti sviluppi al Summit sul clima tenutosi a Lima (sebbene sia impossibile sapere cosa sarebbe accaduto se non fossero stati presi questi impegni), ma la vera prova si terrà il prossimo anno a Parigi e negli anni a venire. Jeremy Hance
Il ciclo di trasmissione del virus Ebola dagli animali selvatici all’uomo. Grafico di CDC. Cliccare per ingrandire.
3. Epidemia di Ebola in Africa occidentale:
È impossibile misurare l’impatto di un’epidemia che ha ufficialmente ucciso più di 7.000 persone (e molte altre non registrate) che ha messo in ginocchio tre paesi.
L’impatto umano, sociale e delle comunità è inimmaginabile ed è ancora in corso. Per coloro che hanno perduto i loro cari, quest’impatto durerà per sempre. Malgrado tutto, gli impatti, e i problemi, relazionati all’ambiente sono poco chiari. Gli esperti affermano che la causa più probabile di diffusione del virus è il consumo di carne di animali selvatici, molto simili ai pipistrelli della frutta. In Alla luce di ciò, la FAO ha raccomandato alle persone che vivono nelle regioni affette dal virus di evitare di cacciare questi pipistrelli. Intanto, alcuni ambientalisti ed esperti hanno supposto che potrebbe esserci un collegamento tra la deforestazione in Africa occidentale e lo scoppio dell’epidemia in queste regioni, come, ad esempio, l’aumento del contatto tra persone e animali in foreste degradate avrebbe potuto aumentare le possibilità di trasmissione del virus. Ricerche in passato hanno trovato anche un possibile collegamento tra la diffusione dell’Ebola e il riscaldamento globale. Tuttavia, è necessario effettuare ulteriori ricerche sull’argomento. Intanto, non dobbiamo dimenticarci delle vittime e delle comunità. Jeremy Hance
4. Assassinio dei leader delle comunità indigene:
Ricordatevi questi nomi: Edwin Chota Valera, José Isidro Tendetza Antún, Jorge Ríos Pérez, Leoncio Quinticima Melendeze Francisco Pinedo, leader delle comunità indigene dell’Amazzonia, assassinati per la loro battaglia contro la deforestazione. Questi nomi adesso si aggiungono a una lista molto lunga di attivisti indigeni assassinati per aver lottato contro la distruzione delle loro terre. In molti paesi del mondo, le comunità indigene s’impegnano affinché le loro terre siano legalmente riconosciute e, come conseguenza, avvengono conflitti con le industrie minerarie, agricole, idroelettriche, dei combustibili fossili e del legno. Contemporaneamente, studi recenti mostrano che i migliori difensori delle foreste non sono i governi, ma le comunità indigene. Quest’anno, un’inchiesta scioccante ha rivelato che dal 2002 sono stati assassinati 908 attivisti e, a causa di scarsità di dati, non si conosce con esattezza il numero dei paesi in conflitto. Stanno uccidendo i migliori difensori della natura, uno dopo l’altro. Jeremy Hance
Deforestazione annuale in Amazzonia, dal 1988 al 2014. Cliccare sull’immagine per ingrandire.
5. Calo della deforestazione in Brasile:
La deforestazione in Brasile è diminuita del 18% nell’ultimo anno. Questo calo ha sorpreso molti ambientalisti, i quali temevano che una revisione controversa del codice forestale brasiliano avrebbe incentivato la deforestazione che, attualmente, si trova al di sotto dell’80% rispetto alla cifra massima raggiunta nel 2004. Tutto ciò grazie alla combinazione di leggi rispettate, politiche dei governi, nuove aree protette, il monitoraggio delle foreste, le pressioni da parte dei gruppi ambientalisti e l’impegno del settore privato, che include una moratoria sulla deforestazione per la produzione di soia, inaspettatamente rinnovata per altri 18 mesi alla fine di novembre. Tuttavia, resta la preoccupazione che l’economia in perdita del paese e gli ambiziosi piani infrastrutturali possano rovinare tutto. Inoltre, il calo di foreste abbattute in Amazzonia non è allo stesso livello degli altri ecosistemi del Brasile, come le riserva della foresta atlantica e il Cerrado. E la deforestazione non rallenta al di fuori della foresta amazzonica. Rhett Butler
6. Il Nicaragua approva il Gran Canal:
Siamo onesti: la notizia rimane in sordina e se ne parla ancora poco. Tuttavia, secondo il governo del Nicaragua, i lavori per questo progetto industriale, ancora poco trasparente, inizieranno il 24 dicembre. Ancor prima di rilasciare la valutazione di impatto ambientale, il Nicaragua ha approvato la costruzione di un canale lungo 278 chilometri, del valore di 40 miliardi di dollari (almeno), che sarà più grande e più profondo del Canale di Panama. Il Gran Canal anche detto canale interoceanico, attraverserà i confini di aree protette, costringerà la rimozione di centinaia di villaggi e rovinerà con gli scavi l’area di acqua dolce più grande dell’America centrale: il lago Nicaragua. Il canale non sarà costruito dalla popolazione locale, ma da una compagnia cinese guidata da un miliardario. Alcune persone del luogo hanno detto che potrebbero insorgere delle ostilità contro questo progetto. Gli scienziati sono molto preoccupati per impatti ambientali, per le popolazioni che saranno rimosse dalle loro terre, per la totale mancanza di trasparenza di questo progetto che, secondo la loro opinione, farà comodo solo ai ricchi e agli stranieri. Il governo del Nicaragua ha affermato che trasformerà l’economia del paese; Paul Oquist, consigliere del presidente del Nicaragua, ha detto che il canale sarà “un grande regalo di Natale” per la popolazione. Però nessuno conosce ciò che si nasconde sotto la carta da regalo. Jeremy Hance
Un elefante adulto con il suo cucciolo in Namibia. Foto di Rhett A. Butler.
7. California, Brasile e America centrale affrontano il problema della siccità:
Nel 2014, gran parte della vegetazione americana è stata colpita da una siccità impressionante, seguita, in alcuni casi, da temporali mai visti. Lo stato della California ha vissuto per il terzo anno in condizioni di estrema siccità: secondo uno studio, è stata la peggiore ondata di siccità degli ultimi 1.200 anni. Nemmeno il forte temporale di questo mese in California è riuscito a contrastare la forte siccità che ha colpito anche gli stati a sud. In America centrale (Honduras, Guatemala ed El Salvador), la siccità ha lasciato milioni di persone senza cibo a causa dei raccolti rovinati. Inoltre, ha colpito anche il sud-ovest del Brasile, compresa San Paolo con i suoi 20 milioni di abitanti. Alcuni hanno puntato il dito contro la deforestazione across in Amazzonia, come possibile causa della siccità in Brasile. Sono decenni che gli scienziati ci avvisano delle possibili ripercussioni sul clima, con ondate di forte siccità in gran parte del globo. Jeremy Hance
8. L’Africa perde un quinto dei suoi elefanti e continua il bracconaggio di rinoceronti:
In Africa, la piaga del bracconaggio si è estesa senza sosta. Uno studio ha dimostrato che dal 2010-2012 questo stato ha perso un quinto dei suoi elefanti, vale a dire 100.000 esemplari morti. Intanto, in Sudafrica, dove vive il maggior numero di rinoceronti al mondo, il bracconaggio ha raggiunto cifre esorbitanti: 1.020 rinoceronti uccisi per i loro corni. Ciononostante, ci sono dei lati positivi: alcuni paesi, tra cui la Cina, hanno distrutto le scorte di corni, gli USA hanno introdotto nuove misure per cercare di arginare la crisi e la copertura mediatica aumenta, anche se lentamente. Si stima che il commercio illegale, che coinvolge anche altre specie, raggiunga i 19 miliardi di dollari e che sia collegato ad altre attività illecite, come il terrorismo, il commercio di droga, il traffico di armi e di persone. Jeremy Hance
“Global Forest Watch”, una piattaforma online che fornisce le mappe delle foreste e i relativi dati ha un criterio di sostenibilità agricola con informazioni su foreste, terreni torbosi e biodiversità che suggerisce le aree che dovrebbero essere off-limits per l’espansione agricola delle foreste. Clicca sull’immagine per ingrandire.
9. Il lancio di Global Forest Watch:
Dopo il lancio, più di 40 anni fa, del Landsat per il monitoraggio delle foreste, a febbraio l’Istituto delle risorse mondiali (WRI) ha diffuso il Global Forest Watch, piattaforma online che produce le mappe delle foreste. Il Global Forest Watch rende disponibile un sistema di allerta deforestazione, facendo in modo che le autorità e gli ambientalisti agiscano in tempo. Grazie a questo sistema, in Brasile si è avuto un calo della deforestazione del 60% tra il 2007 e il 2011. Global Forest Watch raccoglie anche i dati sulle autorizzazioni, sugli incendi e sulla sostenibilità agricola, per guidare le future espansioni agricole lontano dalle foreste ricche di carbonio e di fauna selvatica. Con il lancio di Global Forest Watch, Mongabay ha sviluppato un programma per raccontare le storie che si celano dietro ai dati. Rhett Butler
10. Crolla il prezzo del petrolio:
La recessione economica e l’aumento della produzione hanno causato un crollo nei prezzi del petrolio. I prezzi di riferimento hanno subito un calo del 50% tra la metà del 2014 e la fine dell’anno, provocando una caduta delle forme di produzione di energia marginali, dal petrolio di scisto e sabbie bituminose alle rinnovabili, come l’energia solare. Secondo alcune ipotesi, l’OPEC, che ha deciso di non tagliare la produzione nonostante la caduta dei prezzi, vuole tener fuori dagli affari alcuni dei suoi avversari, compresi gli inesauribili pozzi petroliferi nel Nord America. Alcuni, sarcasticamente, hanno fatto notare che l’OPEC potrebbe essere responsabile, al posto degli ambientalisti, della fine dell’oleodotto Keystone XL, minacciando la praticabilità del progetto. Rhett Butler
SUL PODIO
1. Le elezioni di Jokowi:
Per la prima volta, gli indonesiani hanno eletto un presidente che non fa parte del vecchio ordine. Joko Widodo, meglio conosciuto come Jokowi, è al governo di Solo e Jakarta. Appena eletto, organizzazioni civili avevano grandi speranze che avrebbe portato a termine gli impegni ambientalisti del presidente in uscita Susilo Bambang Yudhoyono. Jokowi non li ha delusi: ha visitato le aree in Riau distrutte dagli incendi, annunciando una nuova moratoria su tutti i permessi di diboscamento e un piano per controllare le licenze delle compagnie che lavorano il terreno torboso per coltivare l’olio di palma. Il nuovo presidente ha raggruppato il potente ministero delle politiche agricole e forestali con il debole ministero dell’ambiente nominando come dirigente un impiegato statale. Rhett Butler
Il wallaby delle rocce di Maareba in Australia. Foto di Rhett A. Butler.
2. L’Australia fa a modo suo:
Per questo ci vuole una lista… Nel 2014 l’Australia ha abolito l’ecotassa sulle emissioni dopo appena due anni dal suo ingresso, ha provato a sradicare le foreste patrimonio mondiale dell’UNESCO (fallendo), ha tentato di scaricare all’interno della barriera corallina 5 milioni di tonnellate di materiale di scarto derivato dal dragaggio (cancellato), ha emesso norme e regolamentazioni per la protezione della fauna nativa, rifiutando di finanziare il Fondo Verde per il Clima (ma alla fine ha ceduto), ha dichiarato una moratoria su ogni nuovo parco nazionale, ha riconsiderato di proibire il boicottaggio ambientale, e ha avviato una specie di programma bizzarro, altamente controverso e totalmente inefficace per l’eliminazione degli squali per la salvaguardia dei bagnanti (catturandone pochi della specie in questione e centinaia di altre specie). Con l’elezione di Tony Abbott come primo ministro, questa terra ha fatto dietrofront sulle politiche ambientali(sia in patria sia a livello internazionale). Gli australiani dovrebbero chiedersi: Che cosa farebbe Steve Irwin? Jeremy Hance
3. Il 2014 sarà probabilmente l’anno più caldo:
A questo punto, è praticamente certo: il 2014 sarà l’anno più caldo dal 1880. Quel che rende questo fatto degno di nota è che il 2014 non ha visto l’arrivo di El Niño. Molti fenomeni nel passato erano dovuti proprio a questo evento, dove le acque calde del Pacifico provocano caldo e siccità nel resto del mondo. Quindi, come può un anno senza El Niño essere l’anno più caldo? Perché gli oceani sono rimasti caldi per gran parte dell’anno, senza nemmeno oltrepassare la soglia di El Niño. Naturalmente ciò è dovuto anche al riscaldamento globale. Il trend degli ultimi decenni mostra che le temperature hanno subito un aumento, nonostante alcuni dicano (sbagliandosi) che il riscaldamento globale si sia fermato. Ciò significherebbe che, dopo alcuni anni di temperature moderate, queste potrebbero tornare a rialzarsi molto velocemente. In entrambi i casi, a causa dell’uso dei carburanti fossili e la società continua a bruciarli a livelli da record. Jeremy Hance
Tigre malese in cattività. In natura questa specie è quasi del tutto estinta. Foto di Rhett A. Butler.
4. 97 esemplari di Vaquita, meno di 100 rinoceronti di Sumatra, 250 leoni dell’Africa occidentale, 250-340 tigri malesi e 5 rinoceronti bianchi settentrionali:
Forse il lungo titolo spiega tutto, ma il punto è proprio che la fauna selvatica del mondo continua il suo declino, in alcuni casi molto velocemente. Il fatto è che anche specie carismatiche, come la vaquita, il rinoceronte di Sumatra, leoni, tigri, e il rinoceronte bianco settentrionale sebbene esistano piani di conservazione adeguati, non ce la fanno e in alcuni casi sono sul punto di scomparire. Ciò significa che molte specie meno conosciute e non controllate potrebbero stare peggio. Infatti, quest’anno il “Living Planet Index” del WWF ha scoperto che le popolazioni dei vertebrati si sono dimezzate più della metà (52%) dal 1970. Naturalmente, per evitare decimazioni continue che porterebbero, alla fine,all’estinzione di massa, il mondo deve impegnarsi drasticamente. Se ciò non accadrà, i nostri figli erediteranno un mondo povero, desolato ed ecologicamente instabile. Jeremy Hance
5. Fuoriuscita di petrolio nel Sundarbans: un segno di ciò che sarà?
Il 9 dicembre, una petroliera si è scontrata con una nave sul fiume Shela, nel Sundarbans, la foresta di mangrovie più grande al mondo. Dalla collisione, 350.000 litri di petrolio hanno invaso il delicato ecosistema. Il disastro si sarebbe potuto mitigare se non fosse stato per l’incompetenza e per le indecisioni del governo. La petroliera è stata rimorchiata fuori dalla foresta solo dopo due giorni dal disastro, poiché il governo discuteva su chi dovesse essere il responsabile dell’operazione, causando la completa fuoriuscita di petrolio. Per giorni e giorni, gli abitanti, compresi molti bambini, hanno provveduto a ripulire, armati di utensili da cucina e spugne, senza attrezzatura di protezione o addestramento. Gli ambientalisti annunciano che questo è soltanto l’inizio di ciò che accadrà nel Sundarbans, terra di tigri, delfini e tante altre specie a rischio. Dal 2011 il Bangladesh ha aperto drasticamente i corsi d’acqua del Sundarbans per aumentare il traffico di navi e il paese sta costruendo due grandi centrali a carbone sul ciglio della foresta, che aumenteranno il traffico anche di sostanze tossiche, mettendo fine all’integrità ecologica, già sotto pressione, del Sundarbans. Jeremy Hance
Immagine satellitare del Sundarbans, la foresta di mangrovie più grande al mondo. Foto della NASA.