- I delegati dei vari paesi e le ong che si sono incontrati a Marrakech, in Marocco, hanno risposto alle minacce di Donald Trump di sottrarsi il prima possibile agli impegni presi dagli Stati Uniti a Parigi. Mentre gli Stati Uniti sotto la presidenza di Obama hanno avuto un ruolo primario nel conseguimento di un accordo, i partecipanti alla COP22 sostengono che a questo punto la Cina è, probabilmente, tenuta a colmare il vuoto creato da Trump.
- I partecipanti alla COP22 sostengono che le tutte le nazioni restano unite nell’impegno comune di ridurre le proprie emissioni di carbonio nonché di adeguare le loro economie alle tecnologie del XXI secolo, per rallentare il riscaldamento globale, creando inoltre milioni di nuovi posti di lavoro connessi all’energia sostenibile. Mentre, al contrario, l’economia statunitense guidata da Trump è sulla strada per riabbracciare il carbone, tecnologia tipica del XIX secolo, ormai in rapido declino.
- I partecipanti hanno discusso sulle ripercussioni conseguenti ad un possibile ritiro da parte degli Stati Uniti dall’accordo raggiunto nel 2015 da circa 200 nazioni. Oltre alla perdita degli Stati Uniti dallo scenario internazionale, le ripercussioni potrebbero prendere la forma di accordi commerciali vacillanti, la fine della cooperazione militare, sanzioni economiche, o una tassa sui combustibili, imposta agli Stati Uniti per la sua sottrazione all’impegno di ridurre le emissioni di carbonio.
- “Nonostante stiamo vivendo un momento di incertezza a causa delle elezioni americane, non è possibile distogliere l’attenzione da ciò che gli scienziati (del clima) ci hanno illustrato. Non agire tempestivamente significa andare incontro a conseguenze catastrofiche,” afferma il peruviano Manuel Pulgar-Vidal, uno dei principali organizzatori dei vertici sul clima di Lima e di Parigi.
MARRAKECH, Marocco – il ventiduesimo vertice delle Nazioni Unite sul clima si apre in un’atmosfera di incertezza, delineando una situazione poco rassicurante. Le 200 nazioni, finalmente d’accordo per impedire il surriscaldamento del pianeta, hanno cominciato a redigere il regolamento da seguire affinché vengano raggiunti gli obiettivi fissati nell’Accordo di Parigi del 2015, mentre nel frattempo, sono alla ricerca dei miliardi necessari per passare il più rapidamente possibile da un’economia basata sui combustibili fossili ad una basata sulle energie sostenibili.
Poi la situazione è esplosa. Il secondo giorno della COP22, della durata di due settimane, gli elettori americani hanno scelto il candidato repubblicano Donald Trump come presidente, il tipo che definisce il cambiamento climatico “un imbroglio” perpetuato dai cinesi.
Trump non vedeva l’ora di mettere le mani sulla Bibbia per cambiare le carte in tavola, oltre che ad indebolire la determinazione della comunità internazionale: la scorsa settimana ha promesso di ritirare gli Stati Uniti il più velocemente possibile dagli impegni presi a Parigi riguardo la riduzione delle emissioni di carbonio. Ha inoltre suggerito un oppositore dichiarato della questione ambientale, Myron Ebell, a capo dell’EPA.
Improvvisamente, l’incontro a Marrakech si trova a dover affrontare un nuovo ed urgente argomento.
“Mentre, durante la prima settimana di trattative sul clima si stava procedendo attraverso diversi nodi negoziali, la gran parte della discussione da quel momento si è focalizzata sulle possibili implicazioni della presidenza di Trump,” afferma Alden Meyer, direttore del settore strategia e politica dell’Union of Concerned Scientists (UCS).
Mercoledì, il Segretario di Stato John Kerry, che ha avuto un ruolo fondamentale nei negoziati di Parigi, con rabbia ha sottolineato il punto di Meyer: “Tutta questa situazione oltrepassa il singolo individuo, sia anche un presidente. Dobbiamo capire come fermare tutto questo [il piano di Trump]… nessuno ha il diritto di prendere delle decisioni che hanno poi delle conseguenze su milioni di persone, esclusivamente in base ad un’ideologia o senza prima ascoltare dei consigli adeguati.
Poco prima che Kerry parlasse, gli USA avevano pubblicato il loro primo progetto a lungo termine riguardante il clima, in base all’Accordo di Parigi. Avrebbero ridotto dell’80 per cento le emissioni nazionali entro il 2050, rispetto ai livelli registrati nel 2005.
La squadra del Presidente Barrack Obama – incluso il Segretario di stato Kerry – ha dato prova di una leadership senza precedenti, per quanto riguarda le recenti trattative sul clima. Due anni fa, gli USA persuasero la Cina ad impegnarsi a perseguire nel futuro una politica energetica tesa ad una vasta riduzione della combustione di carbone. La Cina, rimasta asfissiata a causa dello smog prodotto dalla propria rapida industrializzazione, aveva poca scelta. Questa innovativa collaborazione si rivelò essere un punto di svolta.
Quando le due principali emettitrici di gas serra del mondo hanno trovato una base di intesa comune, al vertice delle Nazioni Unite sul clima tenutosi a Lima, in Perù, nel 2014, il resto del mondo si è rapidamente messo in linea garantendo il proprio contributo. Questa leadership congiunta rese possibile, lo scorso dicembre, lo storico Accordo di Parigi – la prima volta in assoluto che 195 nazioni si accordarono per ridurre le proprie emissioni di carbonio con lo scopo di rallentare il riscaldamento globale; un accordo che entrò in vigore nel novembre del 2016, in tempi record.
La Cina prende il ruolo di leadership
Adesso è probabile – come durante gli otto anni dell’amministrazione di George W. Bush – che gli USA torneranno ad essere degli assenti ingiustificati, abbandonando il loro ruolo di leadership nella politica internazionale relativa al cambiamento climatico e le proprie responsabilità verso la comunità internazionale e verso l’intero pianeta.
In una conferenza stampa alla COP22, Jonathan Pershing, il primo intermediario americano a Marrakech, sottolinea che lui non sa nulla riguardo la nuova squadra di Trump che si occuperà della politica sul clima; nessuno ne è al corrente.
“Ciò che so, tuttavia, è che per la forza del movimento e l’enorme slancio che si è creato a Parigi, e che si è sviluppato durante l’anno, le parti sono profondamente interessate a giungere a dei risultati concreti. Non si tratta più della questione di accelerare la realizzazione dell’Accordo [di Parigi] , ma piuttosto della questione del quando e come.”
Lo stesso giorno, ad un’altra conferenza stampa della COP22, il Vice Ministro degli Esteri della Cina Liu Zhenmin, ha respinto l’affermazione di Trump sul fatto che la Cina stia dietro ad “un imbroglio” sul cambiamento climatico, presumibilmente per rubare il lavoro agli americani, come supposto da Trump.
Prima delle elezioni americane, anche Xie Zhenhua, il primo intermediario cinese sul clima, ha respinto l’asserzione di Trump riguardo “l’imbroglio”. È stato riportato così ciò che egli ha affermato, “Credo che un saggio leader politico dovrebbe far proprie delle posizioni politiche conformi a quelle che sono le tendenze globali. Se si oppone a queste tendenze, non credo che avrà il supporto del suo popolo, e il progresso economico e sociale del suo paese ne subirà le conseguenze.”
Il piano energetico della campagna di Trump è senza dubbio quello tipico degli anni 50: più contratti di locazione per petrolio e gas sulle terre federali, più trivellazioni in mare aperto, più fratturazione idraulica [fracking], “fermare la battaglia contro il carbone,” tirando fuori i denti contro ogni regolamentazione EPA che voglia rallentare la produzione e il consumo di combustibile fossile. Ciò significa annullare il Clean Energy Act di Obama. Così mentre le nazioni di tutto il mondo stanno lavorando per ridurre le loro emissioni di gas, Trump non solo verrà meno a tale impegno ma aumenterà, addirittura, le emissioni di gas serra dell’America.
Aspettiamo che la Cina faccia un passo avanti per colmare il vuoto creato da Trump, affermano gli osservatori alla COP22, una manovra che potrebbe avere delle ripercussioni negative su larga scala sia per la futura politica estera che per l’economia americane.
“La Cina ha intenzione di andare avanti,” afferma Pershing. “Ciò non mi sorprende. L’Accordo di Parigi ha colpito le basi delle condizioni e degli interessi nazionali. Si pone come modello per il loro percorso di sviluppo. E sto sentendo le stesse cose dai brasiliani e dai messicani, dal Canada e da altre nazioni più piccole come Costa Rica e Colombia.”
Più sole e vento, meno petrolio, gas e carbone
Nelle conferenze stampa della COP22, nei dibattiti e nelle interviste multiple, i delegati che sono a conoscenza delle proposte della politica di Trump sono preoccupati per il fatto che l’era dei combustibili fossili – basata su tecnologie energetiche antiquate, tipiche del XIX secolo, come ad esempio il carbone – è ormai superata.
Il prezzo per le fonti di energia rinnovabile, come il vento e il sole, continua a diminuire, rendendo così gli investimenti nei combustibili fossili meno funzionali. Le compagnie come ExxonMobil e Chevron si sono pronunciate in tal senso con i loro azionisti. Le banche stanno esaminando con cura e dando in prestito milioni di dollari in tutto il mondo per le installazioni di impianti per l’energia rinnovabile. I prestiti per l’estrazione del carbone sono praticamente inesistenti. Di recente è stata stimata una situazione simile, l’imminente collasso economico dell’industria petrolifera.
Steve Sawyer, segretario generale del Global Wind Energy Council, in Belgio, mi ha confessato che “è inorridito, inorridito, inorridito” per l’elezione di Trump. Poi, con un sorriso sarcastico, ha aggiunto: “il 79 per cento di tutte le installazioni eoliche negli USA si trovano nei distretti elettorali repubblicani,” come il Texas, l’Oklahoma, il Nebraska, il Kansas, il Nord e il Sud Dakota e l’Iowa.
Nel frattempo, il resto del mondo – specialmente loa Cina, l’India e l’Unione Europea – si sta muovendo rapidamente verso la decarbonizzazione della loro economia grazie alle tecnologie del XXI secolo. Tra risultati attesi, oltre a cieli più puliti e, possibilmente, il rallentamento del riscaldamento globale, anche la creazione di milioni di nuovi posti di lavoro, all’interno di una vasta gamma di settori, relativi alle energie rinnovabili, in rapida espansione.
“La Germania ha istituito un sistema di legislazione e sussidi per il passaggio dai combustibili fossili verso le energie rinnovabili,” ha dichiarato Martin Kaiser, direttore esecutivo dei programmi per Greenpeace International a Berlino.
“In questo momento circa il 30 per cento della nostra energia proviene dalle energie rinnovabili. Ed è abbastanza per 30 milioni di case. È parecchio” sostiene Kaiser. “Durante l’estate, con tutto quel sole e quel vento, riusciamo ad ottenere il 100 per cento dell’energia proprio dall’energia rinnovabile. Ci troviamo ad un vero punto di svolta per la chiusura delle centrali a carbone e di quelle nucleari e lo sviluppo di sistemi per l’energia rinnovabile.” In una simile situazione, ciò che bisogna chiedersi è chi comprerà il petrolio, il gas e il carbone americano?
L’avvertimento di una politica di ritorsione
I delegati a Marrakech, lasciano intendere, con grande sconforto, che un’Amministrazione Trump potrebbe portare alla perdita degli Usa sulla scena mondiale, oltre che all’uscita dalla competizione mondiale per lo sviluppo delle innovazioni per l’energia sostenibile.
Un’ulteriore conseguenza è stata preannunciata, nel caso in cui gli Usa dovessero venir meno agli accordi presi a Parigi. Gli accordi commerciali potrebbero vacillare, come anche la collaborazione militare. Sono possibili delle sanzioni economiche. E si parla di una tassa sul carbone imposta agli USA per non aver rispettato il piano di riduzione delle emissioni mentre invece altre nazioni si stanno impegnando per raggiungere questi obiettivi.
“Ciò che ha portato Trump ad essere eletto, è stato soprattutto un clima di insicurezza economica e disgregazione,” sostiene Alex Hanafi, manager di strategia multilaterale climatica dell’Environmental Defense Fund. “Trump, ritirandosi dalla politica climatica, peggiorerebbe soltanto le cose.”
“Ciò che causerà ancora più insicurezza economica e disgregazione sarà proprio l’instabilità climatica,” aggiunge. “Se dovesse ritirarsi, [il cambiamento climatico] colpirà gli USA ancora più dell’Accordo di Parigi.”
“Il neoeletto Presidente Trump, magari, diventerà presto la persona più potente del mondo,” ammette Meyer dell’UCS, “Tuttavia il suo potere non sarà mai abbastanza forte da poter cambiare le leggi della fisica o da poter ignorare le gravi conseguenze del cambiamento climatico per la popolazione americana e per tutto il mondo.”
“Viviamo in un mondo folle”
Manuel Pulgar-Vidal è l’ex ministro dell’ambiente peruviano. In quella veste ha ospitato il vertice sul clima delle Nazioni Unite a Lima nel 2014 ed ha collaborato alla realizzazione del vertice decisivo di Parigi. Ora è il leader del World Wildlife Fund’s Climate and Energy Practice con sede a Berlino.
In un’intervista a Mongabay, ha tentato di inserire l’elezione di Trump all’interno di un contesto globale.
“Dovremmo prestare attenzione a ciò che sta succedendo nel mondo,” afferma Pulgar-Vidal. “Si pensi alla Brexit in Inghilterra, al voto contrario in Colombia per un accordo di pace, e ora all’elezione di Trump. Viviamo in un modo folle. Ma, sebbene stiamo attraversando un periodo di incertezze a causa dell’elezione di Trump, non c’è modo di voltare le spalle a ciò che gli scienziati ci hanno mostrato. Non agire immediatamente significa andare incontro a delle conseguenze catastrofiche.”
Pulgar –Vidal ha fatto presente che dall’Accordo di Parigi è entrata in vigore una legge internazionale, secondo cui il mondo deve procedere in modo congiunto – con le oltre 110 nazioni che hanno ratificato l’accordo nelle recenti settimane, compresi gli USA.
Con o senza la futura leadership americana, sostiene, i progressi climatici devono continuare.
“Non tutti gli interventi per il clima vengono attuati a livelli federale, ha sottolineato Hanafi dell’EDF. Stiamo assistendo ad una situazione in cui le città, gli stati, le aziende mettono in atto determinati interventi perché ne vale della loro salute e dei loro interessi economici. Da Tesla a Walmart a Google, così tante compagnie si stanno muovendo in questa direzione in quanto riescono a scorgervi delle opportunità economiche. Il mercato sta guidando molti di questi interventi in un direzione su cui la regolamentazione federale non andrà a mettere mano.”
Un risultato comunque sorprendente
A Marrakech, a nessuno importa che genere di squadra, composta da elementi che rifiutano il cambiamento climatico, metterà in campo Trump, il treno della politica climatica è ormai partito. Una nuova leadership mondiale colmerà qualsiasi vuoto lasciato dagli USA, affermano i delegati, e resta intatto l’obiettivo di evitare che le temperature globali aumentino di altri 0,5 gradi Celsius entro il 2100.
Hanafi sa bene che la leadership americana è stata essenziale nel raggiungimento dell’Accordo di Parigi. “Ma ora abbiamo superato l’ostacolo maggiore,” dice, “e ci saranno altri momenti in cui non ci interesserà cosa farà l’Amministrazione Trump.”
È anche vero che un senso di disgusto e stupore pervade questo ventiduesimo incontro sul clima. Molti si chiedono – come è potuto succedere? Come hanno fatto gli americani, che occupavano una posizione così privilegiata se paragonata alla gran parte del mondo, ad eleggere una celebrità dello spettacolo senza nessuna esperienza in politica estera, un uomo che ha palesemente e irresponsabilmente politicizzato una realtà ambientale catastrofica?
“E’ una notizia tragica e devastante quella di avere una persona che ricopre una delle cariche più potenti del mondo, che è un oppositore del cambiamento climatico,” afferma Asad Rehman, a capo dell’International Climate for Friends of the Earth a Londra. Questa situazione è senza precedenti: qualcuno che ignora la ricerca della sua stessa comunità scientifica, e la sua forza militare. Non sono rimaste molte persone al mondo che ancora negano la veridicità della scienza climatica.”
Mentre Trump persegue in modo aggressive la sua retorica del rifiuto, “ la realtà è che in questo momento tutte le persone del mondo stanno subendo vivendo il cambiamento climatico con super cicloni, siccità letale, e inondazioni,” conclude Rehman. Milioni sono stati già devastati, compresi molti negli USA. Il vero problema è che la retorica di Trump potrebbe significare minore intervento, che potrebbe significare ancora più impatti devastanti per le popolazioni più povere del mondo.”
Justin Catanoso, un professore di giornalismo alla Wake Forest University nel Nord Carolina, ha partecipato alla COP22, il suo terzo vertice sul clima delle Nazioni Unite. È un regolare sostenitore di mongabay.com. i suoi servizi sono sponsorizzati dalla Wake Forest’s Center for Energy, Environmental and Sustainability.