- Gli scienziati un tempo pensavano che tutti i comportamenti animali fossero dettati dall'istinto, ma ora sanno che molti animali, in particolare gli animali sociali, sono capaci di pensare, di imparare e di mostrare dei comportamenti appresi culturalmente.
- Gli oranghi sono una di quelle specie in cui il verificarsi della cultura è stato alquanto ben accertato, dato che gruppi di oranghi in diversi siti di studio mostrano diversi comportamenti che non hanno un'origine né ambientale né genetica, il che significa che possono solo essere culturali in natura.
- Tra questi comportamenti culturali ci sono: la produzione di utensili semplici e il loro utilizzo per la raccolta di cibo, le vocalizzazioni con uno scopo ben preciso e le variazioni nei materiali e nei metodi per costruirsi un nido. Gli scienziati temono che la perdita di habitat e lo scontrarsi di popolazioni diverse potrebbe causare lo svanire di queste eredità culturali.
- La perdita di comportamenti culturali diversi potrebbe potenzialmente rendere gli oranghi meno adattabili ai cambiamenti nel loro ambiente in un momento in cui, sotto una pressione estrema a causa dello sviluppo umano, queste grandi scimmie hanno bisogno di tutte le risorse che riescono a radunare.
Variazioni sottili viste in una specie lungo il suo raggio spesso si scoprono essere importanti per una buona sopravvivenza. Questo perché, a un’analisi più approfondita, si scopre che le popolazioni sono sottospecie geneticamente diverse. Ma cosa ne è delle differenze geografiche nel comportamento? Si pensi alla nostra stessa specie, con i suoi vari cibi, indumenti e usanze. Chiamiamo queste differenze “cultura”.
Non molto tempo fa gli scienziati congedarono la possibilità della cultura negli animali, dando per scontato che tutti i loro comportamenti venissero dal solo istinto. Ma adesso si riconosce che alcune specie, specialmente gli animali sociali, possono pensare e imparare nuovi comportamenti e che hanno davvero una cultura. Molte ricerche recenti offrono delle buone prove che gli oranghi sono tra queste.
Ma qual è la prova di una cultura in queste grandi scimmie? E una volta che si sono riconosciute delle differenze culturali nei gruppi di oranghi, cosa significano queste differenze per una tutela delle specie di successo?
La preservazione di sottili differenze culturali potrebbe essere la chiave per aiutare gli oranghi a sopravvivere mentre soffrono pressioni estreme per la perdita e il degrado del loro habitat nel Borneo e a Sumatra?
I comportamenti differenziano un gruppo di oranghi dall’altro
Si è notato che gli oranghi possiedono dei comportamenti complessi che sono comuni in un sito di osservazione, mentre sono assenti (o osservati molto raramente) in siti similari. Un esempio: Cheryl Knott dell’Università di Boston e i suoi colleghi hanno osservato degli oranghi cibarsi di frutti di neesia in due siti di studio in due modi diversi. In un posto, gli animali estraggono i semi nutritivi senza servirsi di utensili, mentre nell’altro sito usano un bastoncino.
“Intervengono [sul bastoncino], che è parte della definizione di utensile. Prendono il bastoncino e ne mordono l’estremità per render[lo] di una certa lunghezza” afferma Knott. “Se non riescono a penetrare il frutto con un certo bastoncino, lo modificano o provano con un altro. Hanno anche degli utensili per [raccogliere] gli insetti che sono diversi.”
I ricercatori hanno osservato una varietà di altri comportamenti in cui gli oranghi si servono di oggetti. Alcune popolazioni usano un “guanto-foglia” per maneggiare i frutti spinosi sui rami. Altri usano delle zolle di muschio, proprio come noi useremmo una salvietta per lavarsi le mani. In particolare, entrambi questi comportamenti sembrano essere culturali: comuni in alcuni gruppi di oranghi, ma rari o assenti in altri.
Ci sono anche delle attività che tutti gli oranghi svolgono, ma che gruppi diversi fanno in maniera diversa, proprio come in tutte le culture umane si cucina, ma paesi diversi hanno cucine diverse. Tutti gli oranghi si costruiscono un nuovo nido sotto le chiome della foresta tutte le notti, per esempio, ma ci sono delle differenze su come gli oranghi “abbelliscono” i loro nidi.
“In alcune parti si fanno dei cuscini, in altre fanno un tetto sopra il nido, in altre li mettono in fila: ci sono sottigliezze diverse” spiega Knott.
Queste variazioni, comunque, non sono una prova assoluta di cultura. Ci potrebbero essere delle motivazioni semplicemente ambientali per alcune di queste differenze. Se, per esempio, una popolazione mangia le banane e un’altra non lo fa, forse è perché nel campo d’azione del secondo gruppo non ci sono banani: questa è una variante perpetuata ambientalmente, non culturale.
Smascherare le differenze culturali
I ricercatori che vogliono identificare scientificamente della cultura nelle specie animali hanno bisogno di escludere due casi: primo, che la differenza di comportamento sia dovuta a una differenza di habitat e, secondo, che le popolazioni abbiano sviluppato delle differenze genetiche che sono in relazione con le loro diversità comportamentali.
“Idealmente, se non fosse moralmente scorretto, si prenderebbe un orango da una popolazione e lo si metterebbe in un’altra” spiega Meredith Bastian, curatrice dei primati nello Zoo Nazionale Smithsonian di Washington D.C. Lo si è fatto in laboratorio con i pesci, per esempio, ma con gli oranghi è più difficile: in questo caso si deve mettere in piedi un esperimento naturale.
“Si trova una situazione in natura che sia già instaurata perché dia le informazioni di cui si ha bisogno” afferma Bastian, che fece esattamente questo per la sua tesi universitaria.
“Dovevamo trovare due popolazioni che fossero separate in quel momento, dove avevamo ragione di pensare che la loro genetica non fosse molto diversa” ella afferma. Ma altre caratteristiche della geografia locale dovevano far supporre che in passato questi due gruppi potessero essersi mischiati.
Le due popolazioni scelte da Bastian e dalla sua squadra erano divise da un ampio fiume: una barriera invalicabile perché gli oranghi non nuotano. Dei campioni di feci e di peli furono analizzati per confermare che la genetica di queste scimmie su entrambe le rive del fiume corrispondesse. Anche l’ecologia dei territori doveva coincidere, quindi le piante di entrambi i siti furono attentamente analizzate e riscontrate essere equivalenti.
“Bisogna escludere che ci sia una sola differenza geografica o di habitat” afferma Bastian.
Dove le condizioni ambientali e genetiche sono costanti, ma si riscontrano delle differenze di comportamento, queste differenze possono essere attribuite alla cultura in modo affidabile.
Un esempio di cultura negli oranghi coinvolge i vari materiali utilizzati per costruire i nidi, un comportamento che Bastian chiama ‘trasporto della foglia’. “Trasportano le foglie da un posto all’altro, dove vogliono farsi un nido” spiega. L’aspetto particolarmente interessante è che le foglie che usano hanno proprietà anti-zanzare.
In un sito di studio questo comportamento era comune tra tutti gli oranghi. In altri siti, questo comportamento o era piuttosto raro (magari è stato osservato un esemplare farlo) o completamente assente.
In un altro studio, Serge Wich e i suoi colleghi trovarono delle variazioni nei richiami degli oranghi, che non erano riconducibili a differenze né genetiche né ambientali. Quando costruivano i nidi, gli oranghi di un sito producevano dei suoni che gli umani potrebbero identificare come delle “pernacchie”, mentre in un altro sembravano più “baci da nido”, mentre in altri due siti le grandi scimmie non avevano affatto una vocalizzazione particolare per accompagnare quest’azione.
I ricercatori hanno anche scoperto che le mamme orango in alcuni siti di studio avevano una vocalizzazione particolare che producevano prima di recuperare un cucciolo dal quale si erano separate. “La madre chiamava, il che faceva in modo che il cucciolo le si avvicinasse di più” spiega Wich. “Questo si poteva verificare in situazioni in cui la madre poteva essere cosciente di una minaccia, o quando la madre voleva lasciare quel determinato albero e avere il cucciolo con sé.” Sono state trovate due popolazioni in cui le madri di ciascun gruppo usavano dei richiami diversi, mentre si è scoperto in altre tre popolazioni che le madri non producevano alcun richiamo quando recuperavano il loro cucciolo.
Cosa imparano gli oranghi
Questi “esperimenti naturali” strutturati con estrema attenzione hanno aiutato a provare che gli oranghi mostrano delle varianti culturali nel loro comportamento, afferma Knott, anche se avvisa che dei perimetri sperimentali così rigorosi devono sicuramente escludere molti casi di cultura degli oranghi che non può essere confermata così meticolosamente.
“Scientificamente consideriamo qualcosa come culturale se si tratta di un comportamento che è diverso tra due popolazioni e non possiamo spiegarne [la differenza] usando delle differenze genetiche o ambientali” afferma Knott. “Però questa è una definizione piuttosto ristretta, che esclude alcune cose che pure sono davvero culturali, [comportamenti] che sono trasmessi dall’insegnamento sociale.”
Knott fa notare che c’è davvero poco nel comportamento specifico delle grandi scimmie che sia istintivo, questo perché gli oranghi in pratica imparano a essere degli oranghi dalle loro madri. Questo aspetto viene confermato dagli orfani, ai quali, quando arrivano nei centri di riabilitazione, bisogna insegnare tutto.
Un giovane orango “non sa come trovare cibo istintivamente, non sa come farsi un nido, in realtà non sa neanche come arrampicarsi o muoversi” spiega Knott. “Un sacco di animali sono molto più guidati dall’istinto: se si buttassero [i loro cuccioli] da qualche parte, troverebbero il modo di procacciarsi del cibo. Gli oranghi invece bisogna che imparino cosa è commestibile e cosa no.”
Sfortunatamente, gli scienziati nella maggior parte dei casi non possono mettere in piedi degli “esperimenti naturali” per ottenere delle prove assolute che il comportamento di un determinato gruppo di oranghi, come il fabbricare degli utensili, sia culturale. Ma “ovviamente ogni tipo di utilizzo di utensili è culturale” asserisce Knott, anche senza una conferma sperimentale che controlli le altre variabili.
Ma siccome gli umani sono fin troppo bravi ad antropomorfizzare (vedendo le nostre emozioni e motivazioni negli animali, anche quando il significato dei loro comportamenti potrebbe essere molto diverso) è importante che alcuni esempi di cultura negli oranghi abbiano superato i più rigorosi standard di prova.
Applica le differenze culturali alla tutela ambientale
La scoperta di differenze culturali negli oranghi è affascinante, ma queste scoperte hanno delle implicazioni per la tutela ambientale? Gli ambientalisti dovrebbero, per esempio, battersi per preservare l’ampia gamma di culture degli oranghi conosciute o basta semplicemente tutelare abbastanza animali e, così facendo, proteggere il potenziale delle specie per una futura innovazione culturale?
Una risposta antropocentrica a questa difficile domanda: se perdiamo queste variazioni culturali negli oranghi, perdiamo delle prove che potrebbero essere preziose per la scienza delle nostre origini.
“Se avessimo solo una popolazione [di oranghi], non potremmo sapere quando possano essere flessibili” afferma Knott. “Non potremmo capire a fondo la flessibilità comportamentale che condividono con gli umani. Possiamo capire le origini della cultura umana studiando gli oranghi e come questi comportamenti vengono tramandati.”
Potremmo anche perdere degli scorci potenzialmente preziosi per capire l’evoluzione del linguaggio umano. “Se continuiamo a perdere delle popolazioni [di oranghi], non potremo mai fare una mappa delle variazioni di richiami che ci sono là fuori e confrontarla con le variazioni che troviamo negli umani e in altre specie” afferma Wich. “Questo sarebbe una perdita enorme per gli studi che cercano di capire la nostra stessa evoluzione.”
La cassetta degli attrezzi della cultura
Alcune tecniche di sopravvivenza imparate culturalmente potrebbero rivelarsi particolarmente utili in tempi ostili e in situazioni difficili, come quelle che gli assediati oranghi stanno incontrando oggi.
Knott ha osservato che i semplici utensili a bastoncino utilizzati per aprire i frutti spinosi e ben protetti di neesia aiutano gli oranghi a consumare un cibo dall’alto valore nutrizionale: i semi sono composti per il 70% da grasso. Il frutto è “circondato da della brutta peluria simile alla fibra di vetro” afferma ella. “Quando seguiamo gli oranghi che se ne stanno nutrendo, indossiamo dei poncho per evitare che quella roba ci finisca tutta addosso. Non la puoi lavare via, ti si infila nei vestiti, ti può graffiare le dita.”
Bastian fa notare che nel suo sito di studio, dove le risorse erano limitate, gli oranghi dovevano accontentarsi di cibi molto meno appetibili e difficili da reperire, come lo strato interno della corteccia di certi alberi. E fu lì che osservò delle interessanti differenze culturali tra le popolazioni. Tieni conto, dice lei, che ci potrebbero essere centinaia di specie di piante diverse nell’habitat di questi animali. “Come fai a sapere con quale provare, quali sono gradevoli al palato?”
In una data foresta, gli oranghi potrebbero mangiare solo cinque specie di piante tra centinaia. Quindi c’è molta sperimentazione individuale. Ma dove la situazione è davvero una sfida, l’esperienza condivisa diventa fondamentale: è stato con questi cibi difficili da reperire e di ripiego che si è ottenuta la prova di una trasmissione culturale.
Culture che scompaiono
Spazzar via le variazioni culturali degli oranghi potrebbe essere esattamente quello che gli umani stanno facendo, mentre distruggono la foresta e costringono gli animali a stiparsi insieme in pezzetti di habitat sempre più ristretti.
Negli oranghi, si è osservato che una maggior densità di popolazione in una foresta locale è correlata all’interazione di culture diverse, qualcosa di simile al modo in cui gli umani di città provenienti da molti sfondi etnici diversi sono esposti a maggiori opportunità di imparare gli uni dagli altri.
Ma nel suo sito di studio, Bastian ha scoperto qualcosa che si è rivelato abbastanza l’opposto rispetto a quello che si sarebbe aspettata.
“Pensavamo che, dovendo affrontare questa situazione, dato che il mio sito aveva una densità di oranghi molto alta (la più alta densità mai registrata nel Borneo), li avremmo trovati dappertutto, con un alto tasso di socialità tra loro.”
Invece, dove l’habitat aveva sofferto un’estrema compressione per l’influenza umana e quindi dove c’era un’alta competitività per le risorse, gli scienziati scoprirono che le femmine evitavano di associarsi tra loro, possibilmente nello stesso modo in cui gli umani in una strada di città molto affollata, o in una metropolitana piena zeppa di gente, eviterebbero il reciproco contatto visivo.
Quindi, quando gli oranghi vivono in una foresta dove la densità di popolazione e le risorse sono ottimali, le culture vengono condivise. Ma quando non hanno nessun’altra scelta che affollarsi e competere per le risorse, la trasmissione culturale diminuisce.
“C’erano meno opportunità per l’apprendimento sociale [nel sito della foresta che era affollato], e quindi, abbiamo scoperto, c’erano meno di queste innovazioni che raggiungono il livello di cultura” spiega Bastian.
Questa perdita di variabilità culturale, che sia dovuta a delle estinzioni locali o a più popolazioni che vengono innaturalmente stipate insieme, probabilmente riduce la capacità di ripresa degli oranghi, l’abilità di adattarsi al cambiamento. Questo perché le differenze culturali forniscono alle specie delle strategie di vita alternative.
“Le modalità [degli oranghi] di sopravvivere e di capire il loro ambiente potrebbero essere compromessi se non hanno abbastanza opportunità di imparare gli uni dagli altri”, afferma Bastian.
Imparare dagli oranghi
Gli scienziati continuano a raccogliere dati, ma a questo punto sembra probabile che le varie innovazioni culturali che i gruppi di oranghi hanno sviluppato nel tempo potrebbero essere d’importanza fondamentale per queste grandi scimmie, se dovessero affrontare con successo le intense pressioni che attualmente stanno soffrendo.
Bastian ha avuto una particolare riprova di questo in una drammatica esperienza personale. Un giorno, quando rimase fuori sul campo più tempo di quanto fosse saggio, si ritrovò ad essere seriamente disidratata. “Avevo finito l’acqua e mi trovavo troppo distante dal mio accampamento. Avevo un estremo bisogno d’acqua” ricorda.
Durante la sua ricerca, aveva visto degli oranghi spezzare alla base delle palme rampicanti conosciute come ‘rattan’ e poi berne l’acqua che ne stillava. Prese quindi il suo machete e tagliò una di queste piante.
“Hanno delle spine giganti che spuntano ovunque e fanno un gran male. Non credo che avrei mai pensato che ci fosse dell’acqua corrente alla base”, afferma. “Ma avevo visto un orango che lo faceva, quindi sapevo che [ci sarebbe stata] dell’acqua pura che sgorgava dalla base del rattan. Se non si impara dagli altri, si può perdere l’abilità di gestire una situazione difficile. Probabilmente questo mi ha salvato la vita.”