- Secondo un nuovo studio, uno sviluppo agricolo pianificato che possa tenere in considerazione un'espansione diretta verso le aree con minor concentrazione di specie animali potrebbe salvare quasi il 90% della biodiversità che secondo gli studiosi è destinata ad andare persa proprio a causa del futuro sviluppo dell'agricoltura.
- Secondo lo studio sono 10 i paesi ad avere la maggior parte di questo potenziale. Questi 10 paesi potrebbero, da soli, ridurre la perdita di biodiversità del 33%.
- Secondo i ricercatori la maggior parte di questi paesi sono fra i peggiori al mondo per quanto riguarda l'impatto sull'ambiente e hanno politiche e forme di governo che impedirebbero una pianificazione effettiva di utilizzo della terra a livello nazionale. Inoltre, secondo gli autori dello studio, l'ottimizzazione dell'utilizzo dei terreni con l'obiettivo di proteggere le risorse naturali, potrebbe potenzialmente costituire uno svantaggio economico e produttivo per questi paesi.
- Lo studio mette anche in evidenza come sia necessario che le politiche di sfruttamento dei terreni a livello globale e la ricerca tengano in considerazione le sfide economiche e politiche di questi paesi, affinché le aree del mondo con la più alta biodiversità riescano a conciliare gli sforzi conservazionistici con la produttività e il mantenimento delle comunità locali.
Secondo i risultati di uno studio pubblicato di recente in “Global Change Biology” una migliore pianificazione dell’utilizzo delle risorse naturali potrebbe salvare molta fauna selvatica dall’estinzione. Si ritiene infatti che uno sviluppo agricolo pianificato che possa tenere in considerazione un’espansione diretta verso le aree con minor concentrazione di specie animali, potrebbe salvare quasi il 90% della biodiversità che secondo gli studiosi è destinata ad andare persa proprio a causa del futuro sviluppo dell’agricoltura.
Per questo studio i ricercatori di diversi istituti in Germania, come il Centro Helmholtz per la ricerca ambientale (UFZ) e il Centro tedesco per la ricerca sulla biodiversità integrativa (iDiv) hanno analizzato dati riguardo la distribuzione e gli habitat di quasi 20.000 specie vertebrate e proiezioni di intensificazione dell’agricoltura, prendendo in considerazione anche scenari di ottimizzazione dell’utilizzo dei terreni.
Secondo gli studiosi, se l’espansione dell’agricoltura fosse ottimizzata spazialmente attraverso il coordinamento globale verso aree a bassa biodiversità, l’88% delle perdite attese in futuro per la biodiversità potrebbero essere evitate. Se la coordinazione fosse invece a livello nazionale, la percentuale scenderebbe a 61%.
Secondo lo studio sono 10 i paesi ad avere la maggior parte di questo potenziale. Questi 10 paesi potrebbero, da soli, ridurre la perdita di biodiversità del 33%.
“Alcuni paesi tropicali, tra cui India, Brasile o Indonesia, avrebbero di gran lunga il vantaggio maggiore per rendere la produzione agricola globale più sostenibile”, ha reso noto il coautore dello studio Carsten Meyer, che lavora attualmente presso l’istituto iDiv e l’Università di Lipsia.
Lo studio conferma che secondo questi risultati ci sono dei grandi possibili guadagni in termini di efficienza, che sono raggiungibili tramite la cooperazione internazionale, ma a delle condizioni.
Secondo i ricercatori la maggior parte di questi paesi sono fra i peggiori al mondo per quanto riguarda l’impatto sull’ambiente e hanno politiche e forme di governo che impedirebbero una pianificazione effettiva di utilizzo della terra a livello nazionale.
Inoltre, Meyer precisa che “Sfortunatamente, questi paesi sono spesso caratterizzati da conflitti interni riguardo l’utilizzo del suolo e da istituzioni politiche relativamente deboli, ed entrambi questi fattori limitano l’ottimizzazione dell’utilizzo dei terreni.”
C’è un ulteriore fattore che contribuisce a complicare le cose, second Lukas Egli, autore principale dello studio, dell’Università di Göttingen e UFZ. Secondo lo studioso, l’ottimizzazione dell’utilizzo dei terreni con l’obiettivo di proteggere le risorse naturali, potrebbe potenzialmente costituire uno svantaggio economico e produttivo per questi paesi
Egli sostiene che “A meno che tali interessi nazionali non siano integrati in qualche modo nelle politiche di sostenibilità internazionale, la cooperazione globale sembra improbabile e potrebbe generare nuove dipendenze socioeconomiche”.
Lo studio mette anche in evidenza come sia necessario che le politiche globali di sfruttamento dei terreni e la ricerca tengano in considerazione le sfide economiche e politiche di questi paesi, affinché le aree del mondo con la più alta biodiversità riescano a conciliare gli sforzi conservazionistici con la produttività e il mantenimento delle comunità locali. Gli autori ritengono che i risultati di questo studio potrebbero essere utilizzati per guidare le istituzioni e i donatori internazionali ad effettuare investimenti strategici.
“Sono necessari sforzi mirati per migliorare le capacità di questi paesi a mettere in atto una pianificazione integrata e sostenibile del territorio”, ha infine aggiunto Meyer.
Fonte:
Egli, L., Meyer, C., Scherber, C., Kreft, H., & Tscharntke, T. (2018). Winners and losers of national and global efforts to reconcile agricultural intensification and biodiversity conservation. Global change biology.