- La regione del Rift dell’Africa orientale ospita molti animali e piante che si sono evoluti in isolamento e sono endemici in quanto non si trovano in nessuna altra parte del mondo.
- Secondo uno studio recente però si stima che quasi metà delle specie endemiche del Rift Albertino potrebbe trovarsi a rischio di estinzione entro il 2018 mentre i cambiamenti climatici ne riducono l’habitat.
- I ricercatori ritengono che i dati del loro studio possano essere usati per predire come la distribuzione della popolazione selvatica cambierà in risposta al cambiamento climatico permettendo così ai conservazionisti di concentrare i loro sforzi su quelle aree che quasi certamente preservano habitat importanti.
Il Rift Albertino dell’Africa orientale si estende per circa 1609 chilometri dal confine tra l’Uganda e il DRC nordorientale fino a Malawi attraverso il Rusnda e il Burundi. Questa regione, tratteggiata da montagne e solcata da laghi, è considerata uno dei luoghi del continente con la maggiore biodiversità. Ospita infatti molti animali e specie vegetali che si evolvono in isolamento e sono endemici, vale a dire non si trovano in nessuna altra parte del mondo.
Tuttavia, l’agricoltura e i cambiamenti climatici, secondo lo studio pubblicato recentemente sul Biological Conservation, stanno mettendo a rischio molte di queste specie.
Secondo i risultati di questo studio quasi metà delle specie endemiche del Rift Albertino potrebbe rischiare l’ estinzione entro il 2080 se l’attuale tendenza climatica dovesse continuare.

Lo studio è stato condotto da ricercatori in collaborazione con istituzioni statunitensi e britanniche i quali hanno riassunto i dati in 162 piante e specie animali trovate soltanto nel Rift Albertino. Con l’ausilio della modellazione computerizzata hanno calcolato quanta porzione di habitat si è finora sacrificata all’agricoltura e hanno così fornito una stima di quanto se ne perderà ancora in futuro a causa dei cambiamenti climatici. Secondo le loro previsioni, i cambiamenti climatici peggioreranno ulteriormente la situazione di gran parte di queste specie. Lo studio prevede che il 75% di tutto il rimanente habitat utile del Rift Albertino andrà perduto entro il 2080. Quel numero sale al 90 per cento per quanto riguarda le 34 specie endemiche. Nel complesso, i ricercatori hanno stimato che delle 162 specie studiate il 46 per cento si qualificherà per lo status di specie a rischio secondo gli standard della Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN).


Gran parte della ragione di questo previsto declino risiede nel fatto che molte di queste specie vivono in foreste in cima o vicino alla cima delle montagne , le quali rappresentano oasi umide in un mare di relativa aridità. Gli scienziati prevedono che così come il clima regionale si surriscalderà e diventerà più secco, l’estensione delle foreste andrà diminuendo mentre la vegetazione della pianura meglio adatta ai climi caldi sostituirà sempre più la foresta montana che richiede invece condizioni climatiche più fresche e umide.
Andrew Plumptre, uno scienziato della Wildlife Conservation Society (WCS) e uno degli autori dello studio, ha dichiarato: ‘Gran parte del Rift Albertino è terreno montuoso e le specie che abitano questi luoghi hanno una distribuzione ristretta. Ciò rende molte di queste specie vulnerabili ai cambiamenti climatici’.
Una nota positiva che affiora da questo studio è che una larga porzione, ossia il 68 per cento, del rimanente habitat della regione andrà a trovarsi proprio all’interno delle aree protette già istituite. Tra queste vi è la riserva naturale di Kabobo, recentemente creata e poco esplorata e la riserva naturale di Itombwe, entrambe nella Repubblica Democratica del Congo.

I ricercatori sostengono che i dati dello studio potrebbero venire usati per predire come la distribuzione della popolazione selvatica potrebbe cambiare in risposta ai cambiamenti climatici così che i conservazionisti possono concentrare i loro sforzi su quelle aree che quasi certamente preservano habitat importanti.
L’autore principale del WCS Uganda, Sam Ayebare, ha dichiarato: “ Si auspica che questo e simili studi aiuteranno i manager e le agenzie governative della vita selvatica a prevedere dove possano risultare più efficaci le misure conservative per proteggere i primati specifici della regione, quali i gorilla della montagna e del Grauer, gli uccelli, i rettili e altre specie uniche.
Citazione:
Ayebare, S., Plumptre, A. J., Kujirakwinja, D., & Segan, D. (2018). Conservation of the endemic species of the Albertine Rift under future climate change. Biological Conservation, 220, 67-75.
Nella foto del titolo gorilla montano, a cura di A.J. Plumptre/WCS