- Uno studio pubblicato a luglio sulla rivista Science Advances rivela che la Grande Barriera Corallina sta perdendo la capacità di riprendersi da sconvolgimenti come lo sbiancamento del corallo, gli attacchi della stella marina “corona di spine” e i cicloni.
- Un gruppo di ricercatori guidato da scienziati dell’università australiana del Queensland (UQ) ha scoperto che, nei 18 anni tra il 1992 e il 2010, il tasso di ripresa del corallo della barriera presente nel Parco Marino della Grande Barriera Corallina ha subìto una diminuzione media dell’84 percento.
- Secondo lo studio, la capacità di ripresa del corallo si è indebolita probabilmente a causa del susseguirsi di sconvolgimenti subìti dalla barriera e degli impatti, tuttora in atto, di pressioni croniche come la cattiva qualità dell’acqua e i cambiamenti climatici. Eppure, gli autori ritengono che delle efficaci strategie di gestione a livello locale possano contribuire a ripristinarla.
Ancora prima dei due eventi consecutivi di sbiancamento che hanno colpito la Grande Barriera Corallina nel 2016 e nel 2017, il sito Patrimonio Mondiale UNESCO ne aveva subìti altri due su vasta scala nell’ultimo ventennio, uno nel 1998 e uno nel 2002.
Il danno arrecato da questi eventi di sbiancamento alla Grande Barriera Corallina destò preoccupazione tra gli scienziati, e ora una nuova ricerca ha scoperto che, nel periodo intermedio, il sistema della barriera si è ripreso con una velocità molto inferiore rispetto al passato. Infatti, uno studio pubblicato a luglio sulla rivista Science Advances rivela che la Grande Barriera Corallina sta perdendo la capacità di riprendersi da sconvolgimenti come lo sbiancamento del corallo, gli attacchi da parte della stella marina “corona di spine” e i cicloni.
Secondo lo studio, la capacità di ripresa del corallo si è indebolita probabilmente a causa del susseguirsi di sconvolgimenti subìti dalla barriera e degli impatti, tuttora in atto, di pressioni croniche come la cattiva qualità dell’acqua e i cambiamenti climatici. Eppure, gli autori ritengono che delle efficaci strategie di gestione a livello locale possano contribuire a ripristinarla.
Un gruppo di ricercatori guidato da scienziati dell’università australiana del Queensland (UQ) ha scoperto che, nei 18 anni tra il 1992 e il 2010, il tasso di ripresa del corallo della barriera presente nel Parco Marino della Grande Barriera Corallina ha subìto una diminuzione media dell’84 percento.
“È la prima volta che viene individuata una diminuzione così ingente del tasso di ripresa nelle barriere coralline,” ha dichiarato. Juan Ortiz dell’Australian Institute of Marine Science e della School of Biological Science dell’Università del Queensland, autore principale della ricerca. “Il futuro della Grande Barriera Corallina è in pericolo senza un maggiore impegno da parte dell’amministrazione locale a ridurre gli sconvolgimenti cronici e a sostenerne la ripresa, e senza una forte azione a livello mondiale per ridurre l’effetto dei cambiamenti climatici.”
I ricercatori hanno stabilito che, in media, i tassi di ripresa dei sei maggiori gruppi di coralli vanno dal 68 al 143 percento. In altri termini, alcuni gruppi di coralli hanno mostrato tassi di crescita che da positivi sono diventati negativi e, in effetti, si è verificata una netta diminuzione di questi tipi di coralli tra un episodio di sconvolgimento e il successivo. “Per due dei gruppi, l’Acropora e la Montipora, verso la fine del periodo dello studio il tasso di crescita medio è risultato negativo,” scrivono.
Gli autori spiegano che, per stabilire con certezza quali meccanismi siano responsabili del rallentamento della ripresa della Grande Barriera Corallina verificatosi negli ultimi decenni, sarebbero necessari esperimenti difficili e su una scala di ampiezza proibitiva ma elencano, comunque, una serie di cause:
“In alcune specie, come il corallo Porites, il tasso di calcificazione e di crescita è diminuito del 14 percento in risposta all’aumento dello stress termico. Inoltre, l’acidificazione dell’oceano ha probabilmente ridotto la calcificazione netta dei coralli [della Grande Barriera Corallina] meridionale. La crescita può essere inibita anche negli anni successivi a eventi di sbiancamento: in caso di stress termici, alcuni coralli rimescolano le proprie popolazioni di simbionti, accrescendo così il numero dei simbionti più tolleranti agli stress stessi. Questi simbionti però, pur essendo capaci di tollerare temperature elevate, riducono la crescita dei coralli che li ospitano fino al 70 percento.”
Il professor Peter Mumby dell’ARC Centre of Excellence for Coral Reef Studies all’Università del Queensland e co-autore dello studio afferma che la sempre minore capacità di ripresa della Grande Barriera Corallina è molto preoccupante, dato che gli impatti dei cambiamenti climatici sulle barriere non faranno che aggravarsi a causa del continuo surriscaldamento degli oceani.
“Come mostrano i risultati, i cambiamenti climatici stanno già colpendo il tasso di ripresa del corallo sia in maniera cronica e sia come conseguenza di eventi termici acuti,” scrivono i ricercatori. “Le nostre analisi fanno pensare che, sotto gli effetti dei cambiamenti climatici e dell’acidificazione degli oceani, i tassi di ripresa del corallo diminuiranno ancora a causa degli impatti sull’incremento e la crescita del corallo stesso. Perciò ci associamo ai numerosi appelli per azioni immediate che riducano le emissioni di gas serra e che preservino il funzionamento degli ecosistemi.”
Ciononostante, Mumby sottolinea anche l’importanza del fatto che la diminuzione della capacità di ripresa dai recenti sconvolgimenti non riguarda tutte le barriere coralline. Nello studio, infatti, lui e i suoi co-autori spiegano anche che “nonostante la previsione del declino della copertura media di corallo, l’impressionante variabilità spaziale del tasso di ripresa comporta un migliore funzionamento di alcune barriere rispetto ad altre. Comprendere le cause di tale variabilità è fondamentale e, con l’identificazione di barriere o regioni dove i benefici ecologici di un’azione di gestione locale possono essere massimizzati, potrà contribuire all’attuazione di azioni di gestione mirate e allo sviluppo di servizi ecosistemici.”
Mumby si dichiara convinto che ci sia motivo di sperare che una gestione migliore possa aiutare la Grande Barriera Corallina a guarire: “I risultati della nostra ricerca mostrano che la capacità di ripresa del corallo è sensibile alla qualità dell’acqua e si inibisce negli anni successivi a forti cicloni. Alcune barriere coralline potrebbero migliorare la propria capacità di ripresa se la qualità dell’acqua che le attraversa venisse migliorata attivamente.”
La buona notizia è che i modelli mostrano che i tassi di ripresa rispondono velocemente alla riduzione di fattori di stress come la cattiva qualità dell’acqua: stando ai ricercatori, questa scoperta è coerente con la veloce guarigione di alcune barriere della Grande Barriera Corallina centrale e meridionale osservata da quando è stato portato a termine lo studio.
E infine scrivono che “per sostenere la copertura di corallo e la diversità [della Grande Barriera Corallina] c’è urgente bisogno di una combinazione di azioni di gestione a livello locale per ridurre gli sconvolgimenti cronici e un’azione globale per limitare l’effetto dei cambiamenti climatici.”
CITAZIONI
• Ortiz, J. C., Wolff, N. H., Anthony, K. R., Devlin, M., Lewis, S., & Mumby, P. J. (2018). Impaired recovery of the Great Barrier Reef under cumulative stress. Science Advances, 4(7), eaar6127. doi:10.1126/sciadv.aar6127