- Il 6 maggio, la piattaforma intergovernativa delle Nazioni Unite per la scienza e la politica sulla biodiversità e i servizi ecosistemici ha pubblicato la sintesi di una ricerca di ampia portata sulle minacce alla biodiversità.
- I risultati sono terribili e indicano che circa 1 milione di specie tra piante e animali sono in via di estinzione.
- Il report completo di 1.500 pagine, che verrà pubblicato entro la fine dell'anno, solleva preoccupazioni sull'impatto che il collasso della biodiversità ha sul benessere umano.
La vita su questo pianeta, in tutta la sua ampia diversità, sta scomparendo più rapidamente ora di quanto abbia mai fatto nella storia dell’umanità, circa 1 milione di specie tra piante e animali sono in via di estinzione, afferma una nuova ricerca delle Nazioni Unite.
La Piattaforma intergovernativa di scienza e politica sulla biodiversità e i servizi ecosistemici, conosciuta come IPBES, ha pubblicato una sintesi dello studio il 6 maggio a Parigi.
“Le prove schiaccianti della valutazione globale dell’IPBES, provenienti da una vasta gamma di diversi campi di conoscenza, presentano un quadro inquietante”, ha detto Robert Watson, un chimico che presiede l’IPBES, in una dichiarazione da parte della piattaforma. “Stiamo erodendo le basi stesse delle nostre economie, mezzi di sussistenza, sicurezza alimentare, salute e qualità della vita in tutto il mondo”.
L’IPBES, che comprende rappresentanti provenienti da oltre 130 Paesi, prevede di pubblicare l’intero rapporto di 1.500 pagine, il più ampio fino ad oggi sul declino della biodiversità e il modo in cui si relaziona alla sopravvivenza umana, entro la fine dell’anno. Si tratta del risultato di un’indagine su circa 15.000 studi condotti da 145 ricercatori. Le prospettive per le specie con cui condividiamo il pianeta – e da cui dipendiamo – sono terribili, secondo gli autori.
Sulla terraferma, il numero di specie si è ridotto in media del 20 percento, soprattutto negli ultimi 120 anni. I gruppi sensibili di animali sono stati colpiti in modo particolarmente duro, con il 40% di anfibi e circa un terzo rispettivamente di coralli e mammiferi marini che si trovano di fronte a una possibile estinzione.
“Questa perdita è un risultato diretto dell’attività umana e costituisce una minaccia diretta per il benessere umano in tutte le regioni del mondo”, ha detto Josef Settele, agro-ecologista e co-direttore del rapporto, nella dichiarazione dell’IPBES.
Con una popolazione di 7,6 miliardi, gli umani hanno svolto un ruolo importante in questo declino, dal modo in cui usiamo la terra e gli oceani, tramite l’agricoltura e la pesca, al disboscamento, le miniere e ad altri tentativi di raccogliere risorse naturali da ecosistemi sensibili, il report ha sottolineato. L’allevamento e l’agricoltura su larga scala, ad esempio, si sono fatti strada attraversato le foreste dell’Amazzonia e del Sud-Est asiatico, provocando la perdita di 1 milione di chilometri quadrati di foresta tropicale a partire dal 1980.
Le temperature globali più calde hanno letteralmente “spremuto” alcune specie fuori dai loro habitat tradizionali; le sostanze chimiche che usiamo inquinano l’aria e l’acqua; e le specie invasive superano e spazzano via la fauna selvatica natia, tutte cose che hanno lasciato il segno sulla biodiversità della Terra.
“È estremamente importante notare che, collettivamente, significative forze distruttive derivano dalle azioni di popolazioni povere che vivono ai margini della società e cercano di sopravvivere spesso con poca scelta, se non preoccuparsi al minimo dell’impatto ambientale”, Thomas Lovejoy, un biologo della George Mason University e “padrino della biodiversità“, ha scritto sulla rivista Scientific Advances il 6 maggio.
Ma nel plasmare il mondo secondo la nostra volontà, gli umani hanno paradossalmente indebolito proprio le fondamenta su cui poggia la nostra stessa esistenza, affermano gli autori.
“Gli ecosistemi, le specie, le popolazioni selvatiche, le varietà locali e le razze di piante e animali addomesticati stanno diminuendo, deteriorando o scomparendo”, ha detto Settele. “La rete essenziale e interconnessa della vita sulla Terra sta diventando sempre più piccola e sempre più logorata”.
Circa solo un terzo dell’oceano rimane relativamente privo di segni degli impatti umani, secondo il report. La ricerca ha rivelato che circa il 60 per cento delle risorse ittiche in tutto il mondo sono spinte sull’orlo della sostenibilità, e il 33 per cento non è in grado di far fronte alla pressione che sta attualmente subendo. Secondo Louisa Casson della campagna Protect the Oceans di Greenpeace, queste cifre dimostrano che l’uso umano dell’oceano è poco lungimirante.
“I nostri oceani sostengono tutta la vita sulla Terra. Eppure la maggior parte della collaborazione internazionale si è concentrata sul modo migliore di sfruttare la vita marina e questo prezioso ambiente condiviso “, ha detto Casson in una dichiarazione di Greenpeace. “Invece di saccheggiare i mari per ottenere profitti a breve termine, i Governi dovrebbero mettere l’equità e la sostenibilità al centro del loro approccio agli oceani”.
Molti commentatori affermano che i risultati del report, sebbene non inaspettati, dimostrano la necessità di un’azione urgente.
“Il rapporto IPBES afferma senza mezzi termini che la nostra risposta globale alla protezione dei sistemi naturali deve essere più forte e assertiva che mai”, ha dichiarato John Robinson, vicepresidente esecutivo per la conservazione e la scienza presso la Wildlife Conservation Society. “La natura sta crollando a causa delle attività umane e dobbiamo rispondere come una comunità globale e assumerci la responsabilità personale sul modo in cui consumiamo, votiamo e viviamo, e dobbiamo pressare i Governi a intraprendere azioni significative”.
“Il rapporto IPBES sullo stato globale della biodiversità è scioccante, ma non del tutto sorprendente”, ha detto in una dichiarazione Andrew Norton, direttore dell’International Institute for Environment and Development, un gruppo di esperti con sede a Londra. “La domanda è quante più prove e ripetuti avvertimenti ci vorranno affinché i Governi, le aziende e le istituzioni finanziarie si accorgano dell’urgenza e agiscano?”
Se da un lato abbiamo bisogno cercare più energia sostenibile e fonti di cibo, Norton ha anche sottolineato il ruolo che i gruppi indigeni potrebbero svolgere nel sostenere la biodiversità.
“È importante che il rapporto metta in luce le popolazioni indigene e il ruolo chiave delle comunità locali”, ha affermato. L’abbondanza di specie sta diminuendo più lentamente nelle terre indigene rispetto alla maggior parte degli altri luoghi.
“È fondamentale prestare maggiore attenzione al rafforzamento dei diritti delle comunità indigene e locali di gestire la terra e le risorse in modo sostenibile e nel resistere alla pressione dello sviluppo esterno, salvo che non sia nel loro interesse”, ha continuato Norton. “Devono essere in grado di svolgere un ruolo attivo in tutti gli sforzi per conservare la biodiversità, e allo stesso tempo va protetto il loro diritto a usare la natura”.
“La combinazione di prove scientifiche e conoscenze locali e indigene rende questo rapporto molto più ricco”, ha detto Anne Larigauderie, segretaria esecutiva dell’IPBES, in una dichiarazione del Forest Peoples Programme.
In realtà, ha detto Lakpa Nuri Sherpa dell’Asia Indigenous Peoples Pact (Patto dei popoli indigeni dell’Asia), coltivando il legame tra il mondo naturale e gli esseri umani, le comunità indigene potrebbero rappresentare una potente forza nel rallentare l’accelerazione della perdita di specie, che gli autori del report si aspettano continuerà fino alla metà del 21esimo secolo.
“Interagiamo con la natura ogni giorno, e pensiamo attentamente a come gestiamo le nostre risorse – abbiamo relazioni spirituali e sacre con le nostre risorse naturali, il che significa che dobbiamo gestire le nostre terre in modo sostenibile così da poterle trasmetterle alla prossima generazione “, ha affermato Lakpa, secondo la dichiarazione del Forest Peoples Program. “I popoli indigeni non vedono la natura come separata dalle persone”.
Immagine in copertina di una tartaruga embricata alle Maldive, foto di Andrey Armyagov/Shutterstock.com.
Citazioni
Lovejoy, T. E. (2019). Eden no more. Science Advances, 5(5), eaax7492. doi:10.1126/sciadv.aax7492
Articolo originale: https://news-mongabay-com.mongabay.com/2019/05/unprecedented-loss-of-biodiversity-threatens-humanity-report-finds/