“Piccole creature che governano il mondo”

Agli umani piace pensare che siamo noi a governare il mondo, siamo cultori della nostra onnipotenza. Ma, mentre noi plasmiamo e progettiamo – costruiamo, creiamo confusione e distruggiamo – secondo gli scienziati noi non siamo i dominatori supremi del mondo. Quel ruolo spetta chiaramente agli insetti, “le piccole creature che governano il mondo”, come disse nel 1987 E.O. Wilson, l’entomologo mondiale per eccellenza.

Gli insetti possono essere piccoli, ma sono forti e sovrabbondanti. C.B. Williams, entomologo ed ecologo britannico, stimò la popolazione di insetti, in un dato periodo, essere pari a un milione di miliardi. Sono ovunque, in cielo e terra – intimamente associati ad ogni cosa.

Gli insetti si prendono cura di ogni centimetro quadrato di terreno; arieggiano e fertilizzano; degradano i miliardi di frammenti di detriti organici e rifiuti che altri residenti del pianeta Terra producono smaltendo di tutto, dalla lettiera di foglie allo sterco di elefante. Gli insetti sono i riciclatori per eccellenza, digeriscono il legno morto e i cadaveri. Inoltre, si trovano alla base della catena alimentare, costituendo cibo per decine di migliaia di uccelli, mammiferi, rettili, anfibi, pesci – e, di conseguenza, noi. Più di 300.000 piante conosciute sono impollinate da animali, la maggior parte di questi sono insetti.

Si stima che tutti gli artropodi del mondo, un gruppo che include insetti, aracnidi, millepiedi, centopiedi e crostacei, pesino 17 volte di più rispetto ai 7,5 miliardi di umani presenti sulla Terra.

Rimuovete questa enorme massa di insetti striscianti, svolazzanti e scattanti – comprendenti circa il 90% di tutte le specie animali – e vi ritroverete a fissare negli occhi una vera e propria crisi ecologica planetaria. I rifiuti si accumulerebbero, il terreno perderebbe i nutrienti senza che avvenga un ricambio, gli animali patirebbero la fame e, potenzialmente, centinaia di migliaia di specie vegetali scomparirebbero. L’estinzione perseguiterebbe la terra come una bestia famelica e il futuro dell’umanità sarebbe a rischio.

“Pensate a un pasto privato di colture impollinate dal vento – il pane continuerebbe ad esserci, ma frutta e verdura e, la maggior parte della carne, andrebbero perse,” ha affermato Axel Ssymank, entomologo dell’Agenzia Federale Tedesca per la Conservazione della Natura, il quale ha sottolineato per esempio come il cacao “dipenda esclusivamente dall’impollinazione di minuscoli moscerini.” Immaginate: un mondo senza questi sconosciuti e invisibili moscerini è un mondo senza cioccolato – e lo è per sempre.

“Potremmo non sempre vedere o capire i modi intricati in cui gli insetti mettono e tengono insieme gli ecosistemi, ma sappiamo abbastanza per capire che anche se non vediamo i loro ruoli … essi sono la chiave,” dice Michelle Trautwein, esperta di mosche e assistente curatrice di entomologia presso la California Academy of Sciences.

“L’apocalisse degli insetti è arrivata,” ha dichiarato Brooke Jarvis in un articolo del New York Times Magazine alla fine del 2018. Il pezzo ha dato uno sguardo dietro le quinte a uno studio sulla Germania che riportava dati concreti riguardo a qualcosa che i ricercatori avevano segnalato aneddoticamente per anni. Questa ricerca innovativa aveva scoperto che in tutta la Germania gli insetti volatori erano precipitati del 75% in appena 27 anni in 63 riserve naturali.

Facciamo chiarezza: non si trattava di una storia sulla sindrome da spopolamento degli alveari, o sul declino degli impollinatori, sulla diminuzione o estinzione di una specie in particolare, o persino di un’intera famiglia di insetti. La ricerca tedesca ha mostrato che l’abbondanza di tutte le specie di insetti volatori – vespe, mosche, farfalle, api, libellule, coleotteri, ecc. – era precipitata drasticamente. O forse drasticamente non è abbastanza potente come termine: meglio rapidamente.

Lo studio non aveva trovato una causa diretta del perché di tale declino, ma gli scienziati credono che il drastico crollo sia legato all’intensificazione dell’agricoltura (inclusa la perdita delle zone umide, della copertura delle colture e delle siepi che un tempo sostenevano gli insetti nelle zone agricole d’Europa), insieme alla perdita dell’habitat e all’utilizzo di pesticidi. I ricercatori non hanno puntato il dito al cambiamento climatico, ma altri lo hanno fatto, specialmente ai tropici.

Ciò che gli scienziati sanno è l’urgenza con la quale dobbiamo rispondere a questi nuovi dati. “Dobbiamo agire nell’immediato. Un mondo senza insetti è inimmaginabile,” ha dichiarato Hans de Kroon, co-autore dello studio ed ecologo delle piante presso la Radboud University in Olanda. “Non è assolutamente ammissibile rimanere con le mani in mano e dire, “bè, sapete, abbiamo bisogno di un po’ più di informazioni.”

Per anni gli entomologi hanno discusso tra di loro a proposito di strani avvenimenti: parabrezza di auto non più ricoperti da insetti morti, trappole per insetti per scopi di ricerca con sempre meno esemplari e, come Martins indica, cene nella savana più tranquille.

“Non c’è nulla di nuovo a proposito del declino,” afferma Daniel Janzen, che studia insetti ai tropici dagli anni 60 insieme all’Università della Pennsylvania. “Ciò che oggi è nuovo sono il clamore pubblicitario e la preoccupazione.”

Janzen, che ora ha 80 anni, potrebbe essere chiamato la Cassandra del Declino degli Insetti; ha parlato di questa minaccia più a lungo di chiunque altro, con poche persone che hanno dato retta ai suoi avvertimenti.

Tuttavia, lo studio condotto in Germania non poteva essere ignorato dato che si è basato su studi meticolosi condotti da entomologi amatoriali dal 1989, fornendo i primi dati concreti che dimostravano un declino generale su vasta scala dell’abbondanza di insetti ovunque i ricercatori guardassero.

Imparare a contare

Una parte del motivo per cui lo studio tedesco è una novità e, salta all’occhio, risiede nel fatto che ha preso in esame qualcosa che noi umani abbiamo a lungo ignorato. Fin dall’inizio della scienza all’Illuminismo, la ricerca sugli insetti si è focalizzata quasi esclusivamente sull’identificazione di nuove specie, sulla comprensione delle loro connessioni ecologiche e sulla descrizione delle loro bizzarre storie naturali (pensate alle cicale che trascorrono 17 anni sottoterra prima di emergere per solo un paio di settimane; oppure alle strutture sociali altamente specializzate delle formiche dove esiste un’unica regina che le comanda tutte; o alle effimere in cui la schiusa, l’accoppiamento e la morte avvengono in meno di 24 ore).

“Il problema principale è che solitamente ecologi ed entomologi non contano gli insetti,” afferma Vojtech Novotny, entomologo presso la University of South Boemia in Repubblica Ceca e specializzato in insetti della Papua Nuova Guinea. Sebbene gli scienziati possano contare le specie, continua Novotny, “con il passare del tempo le informazioni quantitative sugli insetti … o grandi taxa di notevole importanza sono incredibilmente rare.”

Nel passato, quando veniva monitorato il numero degli insetti, la ricerca si focalizzava spesso esclusivamente sulle specie carismatiche, o gruppi di specie nei paesi benestanti, come per esempio la farfalla monarca negli Stati Uniti. Raramente, se non mai, gli scienziati hanno contato intere popolazioni appartenenti alla classe Insecta in un ambiente più esteso, come ha fatto invece la ricerca del 2017.

Lo studio condotto in Germania non era destinato a essere l’ultimo. Nel 2018 è stato pubblicato un altro articolo che ha preso in esame una parte diversa del mondo, con implicazioni senza dubbio più spaventose. Un gruppo di ricercatori fece ritorno a Porto Rico presso una riserva protetta e replicò uno studio sulla biomassa degli artropodi (la misura della massa totale degli organismi) condotto negli anni 70. Scoprirono che la biomassa totale di artropodi era diminuita da 10 a 60 volte rispetto a 40 anni fa. Gli scienziati si accorsero inoltre in modo preoccupante, ma non di certo sorprendente, che gli uccelli, le lucertole e le rane che dipendevano dagli insetti avevano visto il loro numero precipitare in risposta al declino delle prede stesse.

“Semplicemente le persone non se lo aspettavano,” ha dichiarato Bradford Lister, primo autore e biologo presso l’Istituto Politecnico Rensselar di New York. “Si trattava di una connessione nascosta all’ulteriore eventuale degrado delle foreste pluviali tropicali.”

Lo studio svolto in Porto Rico ha ricondotto il repentino declino al cambiamento climatico. I ricercatori hanno ipotizzato che ondate di calore senza precedenti hanno spazzato via quasi del tutto i gruppi di insetti tropicali.

L’associazione tra questi due studi, uno proveniente dall’Europa temperata e l’altro dai tropici a Porto Rico, entrambi condotti in aree protette, ha lasciato molte perplessità sul fatto che il declino fosse effettivamente su scala globale – e che colpisse le specie appartenenti a tutte le famiglie.

“Ciò che stiamo misurando,” dice Helen Spafford, entomologa e precedente collaboratrice con l’Università delle Hawaii, “è solamente la punta dell’iceberg.”

La questione si fa controversa

Ad aprile un nuovo articolo ha fatto colpo. Si tratta di un meta-studio che ha analizzato i risultati provenienti da 73 studi sugli insetti a livello globale i cui autori sostengono come l’abbondanza degli insetti stia precipitando ad un tasso annuale di 2,5% rispetto alla biomassa globale totale. I risultati dell’articolo si sono rivelati vantaggiosi per i principali mezzi di comunicazione, principali mezzi di comunicazione <a href="https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S2351989419301386?dgcid=raven_sd_aip_email" qui, qui e qui).

Gli scienziati criticavano l’articolo per molteplici ragioni: per aver esclusivamente cercato articoli “sul declino degli insetti” e non sulle popolazioni in aumento; per aver confuso estirpazione con estinzione; per aver mischiato dati statistici provenienti da un vasto assortimento di studi differenti; e in particolar modo per aver tratto delle conclusioni globali su larga scala su qualcosa che secondo l’opinione di tutti soffre di una drastica carenza di dati relativi agli insetti. Lo studio è stato infine definito da molti come allarmista.

Secondo Tyson Wepprich, ricercatore associato post-dottorato dell’Università Statale dell’Oregon che studia farfalle in Ohio, “il mio rimprovero nei confronti dell’articolo risiede nel fatto che gli autori hanno raggruppato insieme degli studi con protocolli molto differenti e hanno elaborato una la loro stima di declino effettuando la media tra studi che misuravano diversi parametri.”

Trautwein ha definito il meta-studio “opportunistico”, ma non necessariamente in maniera negativa. “Gli studi che hanno messo insieme non erano il massimo. Non tutti si focalizzavano sulla domanda che lo studio si poneva, ma allo stesso tempo si trattava degli unici dati che erano disponibili al momento. Si tratta di una stima decente considerando ciò di cui oggi disponiamo.” Trautwein sostiene che l’articolo dovrebbe essere visto come “una bandiera rossa” nei confronti del declino degli insetti.

La controversia che ha caratterizzato il meta-studio è stata indubbiamente aggravata dalla relazione effettuata dal giornale Guardian, ampiamente letta e pubblicizzata sui social media; ha dichiarato che, come riportato dall’articolo stesso, il declino annuale della biomassa degli insetti pari a 2,5% “suggerisce come questi potrebbero scomparire nel giro di un secolo.” La relazione sembra sostenere che l’intera classe mondiale Insecta potrebbe essere spazzata via già entro il 2120 (anche se un costante declino annuo del 2,5% non sarebbe mai pari a zero).

Quasi tutti i 24 entomologi e scienziati intervistati da Mongabay per questa serie sono in disaccordo con l’idea che gli insetti si estingueranno completamente. Pedro Cardoso, professore di ecologia presso l’Università di Helsinki e primo autore di un articolo che critica il meta-studio, ha definito le argomentazioni esposte nell’articolo del Guardian “assurde”; Tratwein le ha definite “inverosimili”; mentre Janzen le ha chiamate “stupide e sciocche.”

I ricercatori sottolineano che gli insetti sono in circolazione da almeno 400 milioni di anni – un periodo sei volte più lungo rispetto ai primati. Sono sopravvissuti a quattro estinzioni di massa (noi non ne abbiamo affrontata ancora una – nonostante molti concordino sul fatto che noi stessi stiamo causando la sesta).

“Ci sono insetti che vivono nelle bocche dei vulcani, in profondità nelle grotte, sui ghiacciai delle vette più alte, in sorgenti termali che dissolverebbero un mammifero se dovesse anche solo pensare di entrarci,” spiega Martins. “Non dovremmo spingerci troppo oltre e sostenere che spazzeremmo via tutti gli insetti. Non credo che potremmo nemmeno cominciare a provarci.” Oppure, come molti entomologi mi hanno riferito: l’essere umano si estinguerà molto prima che lo facciano gli insetti.

Tuttavia, quando ho contattato Francisco Sanchez-Bayo, primo autore del controverso meta-studio ed ecologo con una specializzazione in pesticidi presso l’Università di Sydney, la sua posizione era a favore di quanto riferito dal Guardian, sottolineando come il giornalista “non disse che gli insetti sarebbero potuti scomparire ‘del tutto.’” Ha precisato che il giornalista stava semplicemente facendo deduzioni sulla base dei dati forniti dall’articolo: se portata avanti in modo costante, una riduzione della biomassa annua degli insetti del 2,5%, porterebbe il numero degli insetti quasi a zero. Tuttavia, Sanchez-Bayo ha aggiunto che tali estrapolazioni dovrebbero essere considerate “con cautela.”

Sanchez-Bayo ha inoltre difeso la sua ricerca evidenziando come tutti gli studi analizzati nell’articolo “abbiano preso in esame tutte le specie appartenenti a un taxon, indipendentemente dal fatto che fossero in aumento, stabili o in declino … Non un singolo studio si è focalizzato esclusivamente sulle specie in declino.” Inoltre, ha aggiunto che più della metà degli studi esaminati dal meta-studio erano stati “reperiti da fonti citate da altri articoli.”

Il nocciolo della questione

Sotto alcuni aspetti, l’acceso dibattito su questo particolare mega-studio è accademico e senza dubbio una distrazione. Indipendentemente dal fatto che gli insetti possano scomparire ad un tasso annuo dell’1 o del 2,5%, o di qualche valore intermedio, si tratta comunque di un evento estremamente catastrofico. Anche se alcuni scienziati mettono in dubbio le tremende conclusioni esposte nell’articolo, nessuno di essi afferma che non dovremmo preoccuparcene o sederci e non fare nulla.

È qui che giace il nocciolo della questione: quando a ciascuno di essi si domanda come giudicherebbero su una scala da 0 a 10 – con 10 il valore peggiore – la crisi di abbondanza degli insetti, i valori ricevuti da Mongabay da parte di ricercatori provenienti dai 6 continenti cadono tra 8 e, ebbene sì, 10.

Ciononostante, non tutti sono totalmente convinti della storia del drastico declino degli insetti. Manu Saunders, studente post-dottorato ed entomologo ed ecologo presso l’Università del New England in Australia, non è pronto ad attribuire un valore alla crisi o a definirla “globale”, spiegando che semplicemente non ne sappiamo ancora a sufficienza. “Sulla base della conoscenza scientifica sull’ecologia degli insetti in generale e di studi sulle popolazioni degli insetti, non esistono prove certe sul loro declino a livello globale.” Saunders afferma che al momento è meno preoccupata del declino degli insetti rispetto alla nostra “limitata comprensione di ciò che questi cambiamenti significano, dato che conosciamo veramente poco della maggior parte delle specie di insetti.”

Detto questo, tutti tranne uno degli scienziati intervistati per questa vicenda crede che, per quanto limitata, la ricerca attuale suggerisca qualcosa, o forse più di qualcosa, e cioè che gli insetti si stanno decimando, potenzialmente nella maggior parte delle famiglie di insetti e tendenzialmente in tutto il mondo. Un articolo pubblicato su Science nel 2014, esaminando il declino di tutte le specie animali, ha concluso che le popolazioni di invertebrati, tra cui gli insetti, sono precipitate del 45% in 40 anni. Si tratta di un valore inferiore rispetto al declino annuale pari al 2,5% nominato nella meta-analisi, ma è pur sempre sconcertante e scioccante.

“Le stime da sole non ci raccontano tutta la storia. Sono come dei trailer cinematografici – ti fai un’idea, ma devi guardare l’intero film per capire cosa sta succedendo,” dice Danielle Salcido, dottoranda presso l’Università del Nevada che studia gli insetti neotropicali. Detto semplicemente, anche se le stime globali forniscono informazioni, esse non ci forniscono i dettagli su quali popolazioni di specie di insetti siano in declino, in aumento o stabili; in altre parole la meta-ricerca semplicemente non è in grado di catturare l’intera complessità della natura.

Il motivo per cui non possiamo più aspettare

Data la carenza di dati sulle famiglie di insetti (ad esempio non c’è stata quasi nessuna ricerca sull’abbondanza delle formiche), gran parte dell’attuale crisi in corso di svolgimento rimane avvolta nel mistero. Eppure, questo è ciò che sappiamo: può seriamente esserci qualcosa di catastrofico che non va nel mondo abitato dagli insetti, un mondo in gran parte invisibile ai nostri occhi. E, secondo gli entomologi, questo sarebbe sufficiente per agire nell’immediato.

Trautwein aggiunge: “penso che restare aggrappati al dibattito sulla legittimità o meno di questi studi, su quanto grave possa essere la situazione, significhi semplicemente perdere del tempo prezioso.”

“Non c’è nulla di male nel prendere sul serio questi studi e nel credere che siamo ad un punto in cui siamo stati messa in guardia sulla necessità di essere più prudenti e riflessivi sul come procedere d’ora in avanti.”

Secondo Martins, la preoccupazione che scaturisce dai suoi pasti nella savana ormai solitari, non è tanto rivolta alla mancanza dei suoi piccoli indesiderati ospiti, quanto all’umanità.

“Viviamo ancora essenzialmente nell’era degli insetti,” dice Martins. “Se continuiamo a complicare le cose, saranno gli insetti ad avere l’ultima parola.”

Questa è la prima parte alla serie esclusiva in 4 puntate scritta da Jeremy Hance, senior contributor per Mongabay.

Citazioni:

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Sánchez-Bayo, F., & Wyckhuys, K. A. G. (2019). Worldwide decline of the entomofauna: A review of its drivers. Biological Conservation, 232, 8-27). doi:j.biocon.2019.01.020

Hallmann, C. A., Sorg, M., Jongejans, E., Siepel, H., Hofland, N., Schwan, H., . . . Kroon, H. D. (2017). More than 75 percent decline over 27 years in total flying insect biomass in protected areas. Plos One, 12(10). doi:10.1371/journal.pone.0185809

Lister, B. C., & Garcia, A. (2018). Climate-driven declines in arthropod abundance restructure a rainforest food web. Proceedings of the National Academy of Sciences, 115(44). doi:10.1073/pnas.1722477115

Ollerton, J., Winfree, R., & Tarrant, S. (2011). How many flowering plants are pollinated by animals? Oikos, 120(3), 321-326. doi:10.1111/j.1600-0706.2010.18644.x

Bar-On, Y. M., Phillips, R., & Milo, R. (2018). The biomass distribution on Earth. Proceedings of the National Academy of Sciences, 115(25), 6506-6511. doi:10.1073/pnas.1711842115

Komonen, A., Halme, P., & Kotiaho, J. S. (2019). Alarmist by bad design: Strongly popularized unsubstantiated claims undermine credibility of conservation science. Rethinking Ecology, 4, 17-19. doi:10.3897/rethinkingecology.4.34440

Wagner, D. L. (2019). Global insect decline: Comments on Sánchez-Bayo and Wyckhuys (2019). Biological Conservation, 233, 332-333. doi:10.1016/j.biocon.2019.03.005

Cardoso, P., Branco, V. V., Chichorro, F., Fukushima, C. S., & Macías-Hernández, N. (2019). Can we really predict a catastrophic worldwide decline of entomofauna and its drivers? Global Ecology and Conservation, 20. doi:10.1016/j.gecco.2019.e00621

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Immagine di apertura: Farfalla postino, Heliconius erato o melpomene. Foto di Rhett Butler/Mongabay.

Articolo originale: https://news-mongabay-com.mongabay.com/2019/06/the-great-insect-dying-a-global-look-at-a-deepening-crisis/

Articolo pubblicato da Maria Angeles Salazar
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