- In un articolo pubblicato sulla rivista Trends in Plant Science si afferma con decisione che i vegetali non hanno una coscienza.
- L'articolo mette in dubbio la validità di studi ampiamente dibattuti secondo i quali le piante di mimosa (Mimosa pudica) e di pisello (Pisum sativum) mostrano comportamenti finalizzati all'apprendimento che implicano la presenza di una coscienza.
- I vegetali non hanno né un cervello né niente di analogo, sottolineano gli autori, e per avere una coscienza è necessario un cervello strutturalmente complesso.
- Monica Gagliano, secondo cui i vegetali mostrano comportamenti finalizzati all'apprendimento, respinge questa tesi affermando che i criteri utilizzati per determinare l'esistenza della coscienza animale non possono essere applicati in modo acritico ai vegetali e che l’articolo non si basa su prove concrete.
In un periodo storico in cui ci si chiede se sia imminente la creazione di robot dotati di coscienza, gli scienziati continuano a trovarsi davanti a un mistero di lunga data: i vegetali hanno una coscienza?
Un nuovo articolo pubblicato sulla rivista Trends in Plant Science intende mettere fine al dibattito una volta per tutte. “Stiamo affermando che la probabilità che i vegetali abbiano una coscienza è sostanzialmente pari a zero” ha dichiarato a Mongabay in un’e-mail Lincoln Taiz, coautore e professore emerito di biologia molecolare, cellulare e dello sviluppo presso la University of California, a Santa Cruz..
Si tratta dell’ultimo “round” di un acceso dibattito nato con la pubblicazione di studi a cui è stata data ampia copertura mediatica secondo i quali i vegetali mostrerebbero comportamenti finalizzati all’apprendimento. Monica Gagliano, ecologa dell’evoluzione presso la University of Western Australia, è uno dei principali sostenitori dell’idea secondo la quale i vegetali potrebbero avere una coscienza e lo afferma a seguito dei suoi esperimenti con piante di mimosa (Mimosa pudica) e di piselli (Pisum sativum), che hanno suscitato vivo interesse e molte polemiche.
Nel 2014, il suo team ha pubblicato dei risultati secondo i quali «le piante di mimosa “imparano” a non piegare le foglie se ricevono stimoli per varie volte senza subire danni. Nel 2016, la ricercatrice e i suoi colleghi hanno pubblicato un documento in Scientific Reports della rivista Nature relativo all'”apprendimento associativo dei vegetali”, basato su esperimenti con le piante di piselli che avrebbero mostrato comportamenti “appresi”.
Gagliano ha respinto la posizione di Taiz con una risposta via e-mail, sottolineando che “è importante notare che nella scienza, le opinioni non valgono molto, ma possono essere preziose (e forse corrette) se ben informate, equilibrate e basate sulle migliori ricerche sperimentali disponibili. L’articolo è carente sotto quasi tutti questi aspetti”.
Taiz cita il lavoro di Gagliano nella pubblicazione solo per avvertire che le conclusioni di quest’ultima sono state esposte in modo affrettato. “Quello che rileviamo nei vegetali è in realtà una risposta adattativa”, affermano Taiz e i suoi colleghi, aggiungendo che gli studi non sono stati abbastanza rigorosi e che era necessario ripeterli.
L’argomentazione contraria alla tesi secondo cui le forme di vita vegetali sarebbero dotate di intelligenza si fonda principalmente su due punti. In primo luogo, siccome per avere una coscienza anche gli animali devono disporre di una certa complessità strutturale a livello cerebrale, come possono i vegetali avere una coscienza se non hanno nemmeno un cervello? Non hanno nemmeno i neuroni, sottolineano gli oppositori della tesi in questione. In secondo luogo, i comportamenti osservati nella flora possono essere spiegati in altro modo, senza ricorrere alla coscienza.
L’articolo si rifà ampiamente al lavoro del biologo evoluzionista Jon M. Mallatt e del neuroscienziato Todd E. Feinberg, che ha studiato l’evoluzione della coscienza negli animali e ha scoperto che solo i vertebrati (compresi i pesci), gli artropodi (come gli insetti e i granchi) e i cefalopodi (ad es. i polpi e i calamari), dispongono della struttura biologica per avere una coscienza.
Secondo Gagliano il loro lavoro è stato adattato ai vegetali in modo ingiustificato.
“Fa riferimento in modo selettivo a un’ipotesi (avanzata da Feinberg e Mallat sull’evoluzione della coscienza – negli animali) e la utilizza come premessa per affermare un preconcetto ontologicamente riduzionista riguardante la coscienza (nei vegetali)”, ha affermato.
Ma gli stessi Mallat e Feinberg non sono d’accordo.
“Siamo pienamente d’accordo con quanto affermano in merito al fatto che la coscienza necessiti di reti cellulari complesse per una rapida elaborazione delle informazioni e, di fatto, ciò significa che sono necessari i neuroni e il cervello, di cui i vegetali sono sprovvisti”, hanno dichiarato a Mongabay con una dichiarazione congiunta. Hanno esposto le loro idee in due libri: The Ancient Origins of Consciousness (2016) [ndT: volume che affronta argomenti quali la nascita della coscienza, la sua evoluzione e il modo in cui il cervello crea le esperienze soggettive] e Consciousness Demystified (2018) [ndT: volume che spiega come l’esperienza soggettiva possa essere spiegata dai processi evolutivi e dalla struttura cerebrale].
Sembrano inoltre concordare con Taiz sul fatto che azioni come il movimento per raggiungere fonti di cibo o per evitare danni sono comportamenti adattivi. Azioni riflesse altamente complesse non attestano l’esistenza della coscienza. Per i due autori, avere una coscienza comporta «una complessità neurale, l’utilizzo di molti sensi complessi per costruire rappresentazioni mappate (“immagini mentali”) del mondo in cui avviene il comportamento dell’essere vivente, l’apprendimento di nuove azioni complesse tramite l’esperienza, oppure l’auto-somministrazione di antidolorifici per evitare il dolore».
Taiz e i suoi colleghi sostengono inoltre che i vegetali non hanno bisogno della coscienza perché non conferisce loro alcun vantaggio evolutivo. “Sono perfettamente in grado di svolgere le loro funzioni fisiologiche grazie ad adattamenti genetici ed epigenetici, senza alcuna necessità di ricorrere a una coscienza”, scrivono. A loro avviso, disporre di un cervello o di meccanismi analoghi a quelli di un cervello sarebbe oneroso per i vegetali, in quanto ne ridurrebbe inutilmente l’energia senza benefici reali.
Il dibattito sulla coscienza dei vegetali ha ricadute sugli umani, ad esempio in merito al dubbio che la neurobiologia dei vegetali sia o meno una scienza valida. Ha senso fare ricerca per una disciplina che studia la coscienza dei vegetali se la sua stessa esistenza è in questione? La Society for Plant Neurobiology è stata fondata nel 2005 e, l’anno successivo, in un articolo del 2006 veniva annunciata la nascita della “neurobiologia vegetale” come nuovo ramo della biologia vegetale. Nel 2009, nonostante le critiche, l’organizzazione ha cambiato il suo nome in Society of Plant Signaling and Behavior (ndT: il nome fa esplicito riferimento ai segnali e al comportamento dei vegetali).
Il dibattito non è una mera questione di semantica. Rivela fratture più profonde nel campo delle scienze biologiche su questioni fondamentali tra cui: cos’è il cervello? E cosa significa avere una coscienza? Questo è il modo in cui Gagliano contestualizza la questione. “Quando noi, in qualità di scienziati, accettiamo una particolare idea, senza domande (per esempio, l’idea che la coscienza sia un processo che dipende esclusivamente dalla struttura e dal modo di funzionare del cervello) siamo inclini a pregiudizi e rischiamo di basare i nostri ragionamenti su presupposti errati”, ha detto.
Citazioni:
Taiz, L., Alkon, D., Draguhn, A., Murphy, A., Blatt, M., Hawes, C., … Robinson, D. G. (2019). Plants neither possess nor require consciousness. Trends in Plant Science. doi:10.1016/j.tplants.2019.05.008
Gagliano, M., Vyazovskiy, V. V., Borbély, A. A., Grimonprez, M., & Depczynski, M. (2016). Learning by association in plants. Scientific Reports,6(1). doi:10.1038/srep38427
Gagliano, M., Renton, M., Depczynski, M., & Mancuso, S. (2014). Experience teaches plants to learn faster and forget slower in environments where it matters. Oecologia,175(1), 63-72. doi:10.1007/s00442-013-2873-7
Immagine del banner: foglie sul ramo di una pianta della foresta pluviale illuminato da un raggio di sole. Immagine di Rhett A. Butler
Malavika Vyawahare è una scrittrice di Mongabay. È presente su Twitter: @MalavikaVy
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Articolo originale: https://news-mongabay-com.mongabay.com/2019/07/are-plants-conscious-the-debate-rages-on/