- Nutrire le scimmie per ragioni religiose e culturali tra le comunità dello Sri Lanka centro-settentrionale, sta trasformando questi animali in parassiti che razziano cucine e fattorie.
- Laddove c’è disponibilità di cibo umano, le popolazioni delle scimmie sono aumentate, a differenza di quei gruppi di scimmie che invece si affidano ad una dieta più naturale.
- Le soluzioni proposte a lungo termine, prevedono la creazione di habitat esclusivi che supportino tutto il biota, oltre alla sensibilizzazione del pubblico, secondo quanto affermano i ricercatori.
Alcuni abitanti delle zone rurali Polonnaruwa nello Sri Lanka centro-settentrionale, non avevano la minima idea del perché le scimmie facessero costantemente irruzione nelle loro cucine e frugassero nei bidoni della spazzatura. Tutto ciò che sapevano era che i primati intelligenti e birichini stavano rubando il cibo dalle loro cucine, danneggiando le loro case e attaccando i raccolti.
Per secoli, gli abitanti dei villaggi dello Sri Lanka hanno vissuto un rapporto equilibrato con le scimmie. Gli abitanti dei villaggi inseguivano le scimmie che tentavano di fare irruzione e le scimmie rispettavano gli umani. Il successo delle irruzioni era minimo, e le popolazioni delle scimmie erano stabili.
Ciò che è cambiato negli ultimi 30 anni, è stato soprattutto l’aumento dei turisti, che lasciano avanzi di cibo nell’ambiente, specialmente nei luoghi di pellegrinaggio, e danno da mangiare alle scimmie – trasformandoli essenzialmente in animali nocivi per gli abitanti dei villaggi. La proliferazione di pensioni e hotel ha contribuito al problema dell’eccesso di rifiuti ambientali a causa della loro inefficace gestione. Elefanti, scimmie, maiali, pavoni, corvi e ratti sono attratti da fonti alimentari umane.
Le scimmie, in particolare, si stavano trasformano in parassiti, e cacciarle via era diventato un rituale quotidiano per gli abitanti dei villaggi.
Una nuova ricerca suggerisce ora che questo atteggiamento da parte dell’uomo, combinato ad una serie di altri fattori, ha contribuito alla crescita delle comunità delle scimmie nella zona, e all’aumento della frequenza dei conflitti uomo-scimmia, o HMC. I risultati, secondo quanto affermano gli autori, possono contribuire alla creazione di normative per attenuare gli episodi futuri di HMC.
“Ciò che la gente non sembra capire, è che gli scarti di cibo gettati nel giardino o destinati all’alimentazione di animali domestici, hanno attirato le scimmie”, secondo quanto sostenuto dal primatologo Wolfgang Dittus, autore principale della ricerca, che è stata pubblicata sulla rivista Folia Primatologica, e direttore del Smithsonian Primate Biology Program nello Sri Lanka.
“Poiché le colture e gli alberi da frutto sono disponibili stagionalmente, gli avanzi di cibo che quotidianamente vengono scartati, sembrano avere una grande attrattiva”, ha affermato Dittus. “I primati fanno meno fatica ad aspettare gli avanzi di cibo o a fare irruzione in una cucina, piuttosto che dover cercare la stessa quantità di cibo per due o tre giorni.”
La ricerca attinge dalle registrazioni di mezzo secolo relative alle crescenti situazioni di conflitto tra umani e primati nello Sri Lanka, e registra le percezioni che le persone hanno dei primati, in 13 località vicino a Polonnaruwa, e le loro relazioni con i primati, con cui condividono l’habitat nei villaggi rurali delle zone più aride.
Si concentra su quattro specie —il macaco dal berretto (Macaca sinica),l’entello dal ciuffo (Semnopithecus priam), il langur dalla faccia viola(Semnopithecus vetulus) e il lori grigio (Loris lydekkerianus nordicus) — considerando inoltre delle soluzioni al conflitto tra uomo e scimmia.
La densità delle scimmie nella zona arida variava da meno di un esemplare per chilometro quadrato, nelle regioni aride con scarsa vegetazione, a più di 100 esemplari per chilometro quadrato, nelle regioni più umide, dove la vegetazione era più abbondante e diversificata. Fondamentalmente, la densità delle scimmie era maggiore nei siti in cui i primati avevano accesso al cibo di origine umana, o antropogenico.
I residenti si lamentavano meno dei macachi e dei languri grigi, meno dei languri dalla faccia viola e ancora meno dei loris, e questi indizi rappresentano dei fattori chiave quando li consideriamo come degli animali nocivi.
“Le differenze tra le specie e gli habitat, in ecologia, sono considerazioni importanti da valutare, quando si propongono soluzioni all’HMC, e proprio la mancanza di comprensione, da parte del pubblico, delle cause che stanno alla base dell’HMC, ha ostacolato la ricerca di soluzioni”, ha dichiarato Dittus.
L’80% degli abitanti dei villaggi intervistati, ha espresso la preferenza per il trasferimento delle fastidiose scimmie dalle loro proprietà alle aree protette, mentre l’1% ha espresso la volontà di eliminarle. Dittus sostiene che queste risposte riflettono una mancanza di comprensione dell’ecologia delle popolazioni dei primati e dei vari fattori scatenanti.
Con la riduzione degli habitat, si assiste ad una conseguente riduzione delle fonti alimentari naturali per la fauna selvatica, sostituite da altre più antropogeniche.
Secondo quanto rilevato dalla ricerca “le fonti alimentari naturali come i fichi (Ficus spp.), si trovavano raramente sulle proprietà degli uomini, e le scimmie ne erano attratte solo se avevano foglie o frutti giovani.”
Gli abitanti dei villaggi concordarono sul fatto che ciò che avrebbe potuto attirare degli animali selvatici nelle loro proprietà, erano alimenti di origine umana, come colture, alberi da frutto e negozi di cibi cotti e crudi, scarti destinati ad animali domestici e immondizia commestibile, nonché acqua proveniente da scarichi aperti, rubinetti o pozzi che perdono.
Per alcune persone, nutrire le scimmie è considerato un atto meritorio. Le scimmie sono considerate da molti come rappresentanti della divinità indù Hanuman, e quindi godono di un significato culturale e religioso non concesso a molte altre specie di animali selvatici. Ciò nonostante la ricerca sostiene che l’atto di nutrirli per una dimostrazione di fede, ha contribuito all’aumento della popolazione dei primati.
Inoltre “non solo nelle zone di conflitto il numero di scimmie è aumentato, ma il loro raggio d’azione si è esteso, disperdendosi principalmente fuori dalla foresta, per invadere progressivamente un numero sempre maggiore di abitazioni umane.”
Dittus ha affermato che “l’ ‘abitazione umana’ era fino a pochi anni prima, disabitata. Era la zona boschiva che le scimmie non avevano ancora invaso, ma che, con l’incursione umana e la conversione in proprietà ricche di cibo, ha cominciato ad attirare le scimmie – verso quella che inizialmente era un’area boschiva non occupata da quel gruppo.”
Alla ricerca di una soluzione
Mentre i residenti più colpiti erano convinti che traslocare le scimmie sarebbe stata la soluzione per porre fine al problema, Dittus sostenne al contrario che non sarebbe stata una soluzione pratica.
Nella vicina India, che presenta un problema simile, la pratica di catturare e trasferire le scimmie per ridurre il problema dell’HMC in una zona critica, è citata come esempio utile. Lo studio però rileva l’assenza di una verifica empirica sul reale destino delle scimmie traslocate, o sul conseguente impatto sull’uomo e sulla fauna selvatica indigena, nei siti di traslocazione. Una delle preoccupazioni principali, ha dichiarato Dittus, è che tali trasferimenti probabilmente avranno luogo all’interno della zona arida, in cui è difficile trovare abitazioni e campi coltivati dagli umani: “Questi non sono habitat adatti ai primati o ad altre specie, perché non favoriscono l’adattamento e la sopravvivenza delle specie”.
Egli sostiene che per raggiungere obiettivi di conservazione a lungo termine e controllare il comportamento dei fastidiosi animali, la pratica migliore è quella di destinare degli habitat esclusivamente alle scimmie. Sebbene le persone pensassero che le aree protette fossero la soluzione migliore per le scimmie, la conservazione di habitat adatti e la creazione di habitat esclusivi per tutte le specie, sarebbe la soluzione migliore, sostiene Dittus.
“Le persone comprendono il loro patrimonio culturale, ma ciò che hanno bisogno di comprendere, è anche il loro patrimonio naturale, che può, a sua volta, accrescere la consapevolezza sugli atteggiamenti da mettere in atto per evitare che le scimmie si trasformino in animali nocivi”.
Fonte:
Dittus, W., Gunathilake, S., & Felder, M. (2019). Assessing Public Perceptions and Solutions to Human-Monkey Conflict from 50 Years in Sri Lanka. Folia Primatologica, 90(2), 89-108. doi:10.1159/000496025
Immagine banner di un momento di tolettatura dei macachi, gentilmente concessa da Barney Wilczak.
Articolo originale: https://news-mongabay-com.mongabay.com/2019/05/for-sri-lanka-villagers-monkey-business-feeds-off-human-actions/