Ai tropici le specie di insetti sono più diversificate, ma godono di scarsa attenzione da parte dei ricercatori, con il risultato che molte specie non sono ancora state descritte dal mondo scientifico. Tuttavia, secondo gli entomologi l’abbondanza di insetti è colpita dal cambiamento climatico, dalla distruzione dell’habitat e dall’introduzione dell’agribusiness industriale che fa un utilizzo pesante di pesticidi.Nel 2018, una ripetizione dello studio condotto nel 1976 a Porto Rico, il quale si occupò di misurare la biomassa totale di artropodi all’interno di una foresta pluviale, ha scoperto come nei decenni successivi le popolazioni siano collassate. Le trappole adesive hanno catturato fino a 60 volte meno insetti rispetto ai 37 anni precedenti, mentre le reti a terra ne hanno catturati 8 volte in meno che nel 1976.Gli stessi ricercatori hanno anche valutato l’abbondanza di insetti all’interno di una foresta tropicale nel Messico occidentale. Qui l’abbondanza di biomassa riportata dalle trappole adesive è diminuita di otto volte tra il 1981 e il 2014. Ricercatori provenienti dal Sud-est asiatico, dall’Australia, dall’Oceania e dall’Africa hanno tutti espresso a Mongabay la propria preoccupazione per un possibile declino degli insetti.In risposta ai timori dovuti ai declini registrati ai tropici sono stati avviati nuovi studi, tra cui troviamo la Arthropod Initiative (Iniziativa Artropode) e il Global Malaise Trap Program (in italiano Programma di cattura del malessere globale). Eppure, tutti questi studi sono colpiti dal medesimo tragico problema: la carenza di fondi e la mancanza di interesse da parte di fondazioni, gruppi di conservazione e governi. Negli ultimi mesi è imperversato un dibattito tra i principali media e tra ricercatori sull’eventualità di un’apocalisse di insetti a livello globale. Per valutare la gamma di opinioni scientifiche e meglio determinare ciò che sappiamo e ciò che non sappiamo e, cosa più importante, ciò che dovremmo fare in proposito, Mongabay ha intervistato 24 entomologi e altri scienziati in più di 12 paesi che lavorano nei sei continenti. Questa costituisce la terza parte di una serie esclusiva in 4 puntate scritta da Jeremy Hance, senior contributor per Mongabay. Cliccate qui per leggere la parte 1 e la parte 2. All’inizio degli anni ’80, lo scienziato Terry Erwin ossessionato di coleotteri, decise di contare il numero di specie dell’ordine Coleoptera, a cui appartengono scarafaggi e curculioni, presenti nella canopia della foresta tropicale. Erwin stava cercando di dare una risposta ad un quesito molto importante: a quanto ammonta il numero totale di specie viventi sulla Terra? Secondo lo scienziato gli scarafaggi, una delle superfamiglie presenti sul pianeta, costituivano proprio il punto di partenza per rispondere alla domanda. Erwin si recò quindi a Panama e scelse 19 alberi appartenenti alla medesima specie, Luehea seemannii. Le bombardò di pesticidi attraverso un metodo ben conosciuto da entomologi e disinfestatori e soprannominato “fogging” (nebulizzazione). Erwin identificò ben 988 specie differenti di scarafaggio contando gli individui morti. Quindi, attraverso una serie di calcoli, lo scienziato stimò quanti di quegli scarafaggi potessero essere endemici di Luehea seemannii e quante specie di alberi tropicali potessero esserci al mondo e così dicendo, fino a che concluse che potevano esistere 30 milioni di specie di artropodi tropicali al mondo. Oggi la maggior parte degli scienziati ha notevolmente ridotto tale stima, indicando il numero totale di specie di piante e animali al mondo intorno agli 8 milioni o più. Nonostante questo valore sia più ridotto, il lavoro di Erwin si è rivelato fondamentale per due motivi: ha mostrato come la diversità degli insetti nelle foreste pluviali tropicali fosse molto più grande di quella che chiunque aveva immaginato e, che le foreste pluviali erano tra i luoghi con la maggiore biodiversità sul pianeta. In altre parole i tropici sono il regno degli insetti.