Quanti insetti?

Spostiamoci velocemente nel 2012 quando gli scienziati annunciarono le scoperte di uno studio condotto su un singolo ettaro di foresta pluviale a Panama. Raccolsero 130.000 singoli artropodi (insetti, ragni, millepiedi, centopiedi e scorpioni) per un totale sbalorditivo di 6.144 specie.

Contestualizziamo i risultati: i mammiferi identificati a livello globale ammontano a circa 6.500. Il numero non tralascia nessuno, dal bizzarro aye-aye alla balenottera azzurra, all’elegante saola, oltre alle famiglie dalle specie più diversificate tra cui troviamo roditori e pipistrelli. Tuttavia, appena un ettaro di foresta pluviale accoglie un numero altrettanto grande di specie uniche di artropodi.

“Ci sono più specie di insetti in un raggio di 25 chilometri quadrati da casa mia [nell’Area di Conservazione di Guanacaste in Costa Rica] che in tutta l’Europa”, ha affermato l’entomologo Dott. Daniel Janzen dell’Università della Pennsylvania che studia insetti nel piccolo stato dell’America Latina dal 1960. “Il Costa Rica possiede tante specie quante in tutto il Nord America”.

Tali numeri sbalorditivi suggeriscono però una domanda inquietante: se l’abbondanza di insetti sta precipitando a livello globale, come recentemente sbandierato dai principali media, allora cosa succederà alle foreste pluviali, oasi di biodiversità, ora che sono colpite dal cambiamento climatico e invase da piantagioni di palme da olio e allevamenti di bestiame?

La risposta è che ancora non lo sappiamo. Sono stati condotti ancora troppi pochi studi sull’abbondanza degli insetti nella zona in questione, l’area in cui quasi tutte le specie di insetti vivono: i tropici.

Per valutare la situazione e farsi un’idea sulle condizioni degli insetti, Mongabay ha intervistato più di una dozzina di entomologi che hanno lavorato nelle regioni tropicali o subtropicali, tra cui l’Oceania, il Sud-Est Asiatico, l’America latina e l’Africa.

Campanello d’allarme a Porto Rico

Sebbene alcuni studi recenti abbiano investigato il declino dell’abbondanza di insetti nelle regioni temperate, ad oggi, solo un articolo ha esaminato la questione nel dettaglio ai tropici, ed è stata una rivelazione.

Nel 2013, Bradford Lister e Andres Garcia si sono recati nella foresta pluviale di Luquillo a Porto Rico per ripetere uno studio condotto nel 1976 che si era occupato di misurare la biomassa totale di artropodi presenti nella foresta, ovvero il peso totale degli insetti catturati e di altri artropodi. Hanno scoperto che nei decenni successivi le popolazioni [di artropodi] sono collassate. Le trappole adesive hanno infatti catturato fino a 60 volte meno insetti rispetto a 37 anni prima. Le reti sul terreno hanno catturato otto volte meno insetti rispetto al 1976.

Pubblicato nel 2018, l’articolo ha colpito il mondo scientifico come una bomba, specialmente a seguito della sua pubblicazione dopo uno studio del 2017 che identificava un declino pluridecennale altrettanto catastrofico tra gli insetti volanti all’interno delle riserve naturali tedesche.

L’articolo di Lister e Garcia ha inoltre preso in esame l’abbondanza di insetti in un’altra foresta tropicale, nel Messico occidentale. In questa regione la biomassa registrata grazie alle trappole adesive è crollata di otto volte tra il 1981 e il 2014. Il dato non è così drammatico come quello riportato a Porto Rico (l’intervallo temporale è più ridotto), ma è comunque inquietante e costituisce una prova del fatto che quanto osservato a Porto Rico non è un caso isolato, quanto un potenziale problema su scala planetaria.

“Porto Rico potrebbe essere più delicato rispetto ad altre regioni a causa delle sue ridotte dimensioni e del suo isolamento”, ha fatto notare Michelle D’Souza, ricercatrice post-dottorato al momento impegnata nel dirigere un progetto di campionamento di insetti in Sudafrica. Tuttavia, neppure questo spiegherebbe il declino registrato in Messico.

Lister e Garcia ritengono che il cambiamento climatico, in special modo le ondate di caldo estreme alimentate dal riscaldamento globale, stia spazzando via in massa gli insetti presenti ai tropici, persino quelli all’interno di aree protette. Tuttavia, altri entomologi attribuiscono maggiormente la colpa alla distruzione degli ecosistemi.

Nonostante lo studio condotto a Porto Rico abbia dato dei risultati scioccanti, è da anni, afferma Janzen, che si osservano dati simili. Janzen e la Dott.ssa Winnie Hallwachs, amica e collega entomologa, hanno recentemente scritto un articolo pubblicato su Biological Conservation che pare un elogio scientifico a un mondo ormai perduto.

Con un dettaglio straziante il loro articolo, a volte carico di gergo scientifico e altre insolitamente poetico, descrive come la crescente imprevedibilità delle stagioni delle piogge, l’aumento di ondate di caldo estreme e la siccità, tutte dovute al riscaldamento globale, abbiano cancellato l’abbondanza di insetti che caratterizzava l’Area di Conservazione di Guanacaste in Costa Rica negli anni ’80.

“Sono scomparse le ragnatele che decenni fa impigliavano quelle foglie. È scomparso il luccichio notturno sulle foglie riflesso dalle centinaia di occhi del ragno lupo (famiglia Lycosidae)”, scrivono Janzen e Hallwachs. Effettivamente tra il 1992 e il 2014 il numero di bruchi raccolti annualmente dai tassonomisti presso i propri siti di studio sono crollati di circa la metà e il numero non fa che diminuire.

Contare il declino degli insetti alla cieca

Ogni volta che Mongabay domanda come gli insetti se la stiano passando all’interno delle aree di studio, quasi tutti gli entomologi occupati nelle regioni tropicali e subtropicali rispondono allo stesso modo: non lo sappiamo con certezza, ma in generale non bene.

“Possediamo davvero poche informazioni sull’andamento delle popolazioni di insetti [nel Sud-Est Asiatico], così come nella maggior parte del pianeta”, afferma il Dott. Owen Lewis, entomologo ed ecologo presso l’Università di Oxford, il quale ha condotto studi in Borneo. “In teoria, per ottenere tali informazioni, avremmo dovuto ripetere regolarmente i campionamenti presso le medesime aree di studio impiegando gli stessi metodi durante anni o decenni”. Un riferimento di base manca quasi ovunque dato che non sono stati compiuti studi di questo tipo.

Molti entomologi hanno citato lo studio condotto a Porto Rico come motivo di preoccupazione; alcuni hanno fatto riferimento a conversazioni con Janzen; altri hanno condiviso degli aneddoti; ma solo pochi hanno iniziato a condurre studi sulle popolazioni necessari a ottenere una visione più accurata e completa. Tali studi non sembrano essere stati la prassi nel campo dell’entomologia che manca di specie carismatiche che apportano fondi alla scienza quali rinoceronti e giaguari.

“Non c’è stata motivazione”, precisa Janzen. “Le persone semplicemente non spendono soldi per condurre ricerche di questa natura alla cieca. Quale sarebbe stato il punto? Chi e per quale motivo avrebbe pagato le spese nel corso dei decenni?” Si è domandato Janzen per poi fornire una sua risposta personale: “Nessuno lo avrebbe fatto”.

La ricerca sugli insetti, siano essi tropicali che di zone temperate, si è invece focalizzata principalmente sulle scoperte; ha fornito nomi a nuove specie e ne ha descritto la storia naturale e l’ecologia. La mancanza di dati però, come concorda la maggior parte degli scienziati: è ovviamente qualcosa di serio che sta succedendo in questo momento.

“Risulta che gli insetti [tropicali] sono colpiti persino nelle regioni che sono state impattate in minor misura dall’agricoltura”, afferma D’Souza facendo riferimento al Sudafrica dove, in base a quanto riportato da altri ricercatori, l’abbondanza di insetti sembra stia precipitando. “Ciò che speravamo fosse un evento circoscritto a poche regioni sembra invece essere un problema ampiamente diffuso”.

Scomparsa degli habitat

I ricercatori affermano che vi sono due motivi per cui è ragionevole aspettarsi enormi perdite di abbondanza e diversità di insetti tropicali: la distruzione delle foreste e il cambiamento climatico. Vengono citate altre minacce, tra cui pesticidi e specie invasive, ma meno di frequente e con minor enfasi.

“Poiché il clima ai tropici si sta scaldando e le foreste tropicali stanno registrando i più alti tassi di deforestazione, è probabile che gli insetti non se la passeranno bene”, sottolinea Danielle Salcido, dottoranda occupata nello studio di insetti neotropicali presso l’Università del Nevada.

Non c’è da stupirsi che la perdita dell’habitat sia la principale preoccupazione per la maggior parte degli entomologi intervistati: all’incirca un quarto della foresta pluviale Amazzonica, la più grande e diversificata al mondo, è scomparsa. Il Congo, che ospita la seconda foresta pluviale per estensione al mondo, ha visto scomparire tra il 2000 e il 2014 un’area di circa le dimensioni della Florida E il Borneo, la terza isola più grande al mondo, ha perso metà della sua copertura forestale in appena 60 anni.

In effetti in nessun altro luogo se non nel Sud-Est Asiatico le foreste sono state colpite così duramente. L’Indonesia si aggiudica il titolo di leader della distruzione delle foreste a livello globale battendo persino il Brasile. “Siamo convinti che le popolazioni di molte specie [di insetti] nel Sud-Est Asiatico stenteranno a sopravvivere”, afferma Lewis, nonostante la scarsità di dati. Aggiunge inoltre che la conversione delle foreste per l’industria agroalimentare, “in special modo in piantagioni di palme da olio”, significa “portare le specie di insetti che dipendono dalle foreste al crollo”.

Alcune specie potrebbero assistere ad un aumento rapido delle popolazioni, come per esempio quelle che ben sopravvivono negli ambienti disturbati, ma le altre ne soffriranno. “Pochi vincitori e numerosi vinti”, conclude Lewis.

Anche gli entomologi africani indicano la distruzione dell’habitat come il problema più urgente per eccellenza. L’entomologo Mervyn Mansel dell’Università di Pretoria riporta che le specie di insetti di cui si occupa, i crisopidi, molti endemici del Sudafrica, sono minacciati dalla perdita dell’habitat. Tuttavia, aggiunge Mansel, è impossibile estendere tali risultati ad altre famiglie di insetti.

Mensel sostiene che “un simile problema è estremamente difficile da poter valutare su scala generale. Alcuni gruppi di insetti stanno probabilmente scomparendo a causa dell’eccessiva urbanizzazione e della distruzione dell’habitat, viceversa altri gruppi di insetti stanno invece prosperando grazie alle condizioni favorevoli instaurate dall’uomo”.

Il Dott. Dino Martins, entomologo e direttore esecutivo del Centro Ricerca Mpala, afferma di aver notato un declino di insetti nel suo paese nativo, il Kenya, ma non esistono ancora dati concreti. Tuttavia, sostiene che la perdita dell’habitat sia il principale fattore all’opera nell’Africa Orientale, in special modo a causa della scomparsa di alcune piante in particolare: “Se perdiamo le piante endemiche è ovvio che le specie endemiche di insetti che vivono su di esse, che le impollinano e che le parassitano, scomparirebbero”.

Tuttavia, non è detto che tutti i paesi tropicali stiano assistendo a tassi di declino uniformi. Il Dott. Vojtech Novotny, entomologo della University of South Bohemia, studia insetti della Papua Nuova Guinea e afferma di non aver notato nessuna perdita. “Se dovessi fare delle speculazioni, non mi aspetterei di assistere ad un grave declino qui [in Papua Nuova Guinea]”. Ciò potrebbe essere dovuto al fatto che, a differenza di molti paesi tropicali, la Papua Nuova Guinea possiede ancora una copertura forestale primaria significativa. La situazione potrebbe però cambiare dato che il disboscamento illegale sta colpendo il paese come una vera e propria epidemia.

“Ovunque gli umani abbiano aumentato esponenzialmente il loro numero, ovunque abbiano disboscato ecosistemi naturali per scopi propri e ovunque abbiano fatto uso pesante di pesticidi, le specie di insetti e la densità delle popolazioni nella fascia neotropicale sono gradualmente crollate nell’ultimo secolo”, spiega Janzen. Aggiunge inoltre che al momento il cambiamento climatico “piuttosto che essere confinato in aree limitate o in regioni, sta invece avendo un impatto ovunque”.

Un esemplare di Eucera nigrescens (long-horn bee) del Kenya. Foto di Dino Martins.

Cambiamento climatico: il riscaldamento è acceso

Mentre fino ad oggi la maggior parte degli entomologi ha visto la perdita dell’habitat come il fattore chiave del declino degli insetti, ora vedono il riscaldamento globale come uno sterminatore emergente a livello globale.

Lewis afferma che “il cambiamento climatico è un cambiamento molto più insidioso che nel lungo andare potrebbe causare altrettante estinzioni”. E potrebbe affettare gli insetti in modi differenti: attraverso l’intensificarsi di eventi climatici estremi (ondate di caldo più frequenti e di maggiore durata e improvvisi diluvi). Al tempo stesso, come descrivono Janzen e Hallwachs presso i loro siti di studio, le foreste tropicali e pluviali che un tempo vedevano un’umidità quasi costante, si stanno ora seccando a causa delle ondate di caldo crescenti e dei lunghi periodi di siccità.

“È importante tenere a mente che piccoli aumenti di temperatura hanno enormi effetti negativi sugli insetti tropicali”, fa notare Salcido.

In Kenya Martins esprime un’altra preoccupazione: ovvero che il cambiamento climatico potrebbe “sconvolgere l’equilibrio” esistente tra piante e insetti.

“Stiamo impattando il sistema [climatico] a tal punto da danneggiare la produttività e le interazioni tra le specie”, spiega Martins. I fiori sbocciano in anticipo o in ritardo e non c’è nessuno pronto ad impollinarli, oppure nel momento in cui gli insetti fanno la loro comparsa la fioritura non è ancora avvenuta.

Dato che sappiamo così poco sui cicli di vita degli insetti tropicali, sappiamo ancora meno su come le famiglie e le specie rispondono al cambiamento climatico. Alcune ricerche suggeriscono però che non ci saranno novità positive: uno studio del 2018 ha mostrato come ondate di caldo simulate in laboratorio (5-7 °C sopra le temperature ottimali per 5 giorni) abbiamo decimato lo sperma dei maschi dello scarafaggio della farina. Gli autori hanno inoltre scoperto che “ondate di caldo consecutive hanno reso i maschi quasi del tutto sterili”. Se tale studio dovesse riprodursi in campo, il cambiamento climatico potrebbe trasformare intere popolazioni di insetti maschio in eunuchi.

Il problema dei pesticidi

Nonostante i pesticidi non siano in cima alla classifica di ogni scienziato impegnato ai tropici, costituiscono una preoccupazione costante.

L’ecologo e specializzato in pesticidi Francisco Sanchez-Bayo dell’Università di Sydney sostiene che le sostanze tossiche possano giocare un ruolo molto più grande nei cali registrati nei paesi in via di sviluppo ai tropici rispetto che nel mondo industrializzato.

“L’utilizzo di pesticidi è aumentato a livello mondiale ad un tasso allarmante, principalmente a causa del fatto che i paesi in via di sviluppo acquistano tonnellate di sostanze chimiche senza troppi controlli”, afferma Sanchez-Bayo.

I pesticidi sono tipicamente meno regolamentati e vengono impiegati in maniera più azzardata nei paesi in via di sviluppo dove i contadini sono spesso inesperti e privi di protezioni. Il Brasile, il consumatore numero uno al mondo per l’utilizzo di pesticidi, ci fornisce un ottimo esempio: il governo di destra di Jair Bolsonaro sta al momento lanciando sul mercato centinaia di pesticidi non testati e potenzialmente tossici, con risultati senza dubbio scontati: a marzo di quest’anno il paese in questione dell’America Latina ha riportato la morte di mezzo miliardo di farfalle durante un periodo di tre mesi.

Salcido afferma che la deforestazione guidata dall’agribusiness unita ai pesticidi, sono come “degli tsunami che stanno spazzando via l’intera comunità di organismi”.

“Le cose stanno diventando più uniformi”, fa notare Salcido. “Per me è come ridurre i colori o gli strumenti che un artista ha a disposizione per creare un’opera d’arte. Inizi eliminando i colori; l’artista può ancora creare la sua opera d’arte, ma se questa sia bella quanto avrebbe potuto esserlo resta fonte di dibattito”.

Mancanza di capacità

La scarsità di conoscenza scientifica e di capacità di ricerca mettono ulteriormente in pericolo gli insetti tropicali. L’entomologo ed ecologo Manu Saunders dell’Università del New England in Australia, sottolinea come gli insetti australiani siano poco conosciuti e studiati; per il momento gli scienziati hanno descritto solamente il 20-30% degli insetti del continente. La media a livello mondiale è la stessa, ma ci lascia piuttosto sorpresi considerato che l’Australia è un paese industrializzato con università di primo livello.

Saunders attribuisce la colpa della carenza di dati a quella che lei definisce “tempesta perfetta”: parliamo di scarso interesse pubblico, di pochi fondi, di assenza di corsi a livello universitario e di pochi giovani studenti che scelgono questo percorso professionale “spesso a causa dell’assenza di fondi e quindi di lavoro”. L’entomologa afferma che non esistono ricerche sulle dinamiche di popolazioni [di insetti] in Australia.

L’entomologa Helen Spafford, originaria dell’Università delle Hawaii presso Manoa, sostiene che l’Oceania è colpita da una carenza di fondi destinati alla ricerca sugli insetti, e sottolinea che nel paese le popolazioni stiano calando a “causa della distruzione dell’habitat, del cambiamento a livello ambientale e della presenza di specie invasive”. Le specie invasive di insetti costituiscono un problema simile a quello dei mammiferi nelle piccole nazioni insulari; le specie invasive hanno la tendenza ad invadere le isole a scapito delle specie native.

Eppure, aggiunge Spafford, in Oceania “i finanziamenti e le competenze” continuano a diminuire lasciando la maggior parte del paese all’oscuro su ciò che sta accadendo agli artropodi. “Il problema cruciale è che i cambiamenti che stiamo osservando si stanno verificando ad un ritmo così rapido che è difficile trovare una soluzione prima che le condizioni cambino di nuovo”.

Nonostante l’Africa, con i suoi 54 stati e 1,2 miliardi di persone, sia il secondo continente più grande al mondo, è probabilmente quello in cui gli insetti vengono censiti e studiati con minor frequenza. Nell’intero continente ci sono solo un paio di società entomologiche e i ricercatori sono concentrati nei paesi più sviluppati come il Sudafrica. In luoghi ricchi di biodiversità quali il bacino del Congo, gli entomologi sono alquanto rari.

D’Souza riferisce che nell’Africa Sub-Sahariana sono state descritte circa 100.000 specie di insetti, ma presume che il vero valore sia almeno sei volte maggiore, il che significa che gli entomologi sono all’oscuro di almeno l’85% delle specie presenti.

Ricerche in corso

Grazie in parte al recente campanello d’allarme circa il declino dell’abbondanza di insetti a livello globale, è possibile che molto presto una maggior quantità di dati concreti potrebbe incominciare a trapelare dai tropici.

L’esperto di ragni Cahyo Rahmadi dell’Istituto delle Scienze indonesiano menziona le ricerche in corso sull’Isola di Giava presso il Parco Nazionale Gunung Halimun. I ricercatori che tra il 2000 e il 2001 avevano condotto le prime ricerche nel parco per determinare gli andamenti stagionali degli insetti, hanno fatto di nuovo ritorno per condurre un’indagine più approfondita che potrebbe rivelare come gli insetti se la stiano passando 20 anni più tardi.

Salcido è al momento impegnata in studi in Centro e Sud America: “In accordo con alcuni dei risultati preliminari ottenuti dai nostri siti di ricerca ai tropici, gli insetti sembrano essere [colpiti] da un destino simile” a quello rilevato a Porto Rico. Tuttavia, ciò non significa che tutte le famiglie di insetti siano in declino ovunque: Salcido si riferisce ad un sito di studio ad alta quota sulle Ande in cui le popolazioni dell’ordine Lepidoptera, che include falene e farfalle, sono stabili.

Janzen è ora impegnato nella missione di catalogare ogni singola specie del Costa Rica per poi utilizzare le conoscenze ottenute per educare i cittadini del paese. Se “procuraste 100 milioni di dollari al Costa Rica da poter spendere in 10 anni col fine di facilitare l’auto-emergenza di una nazione tropicale colta dal punto di vista biologico, potreste assistere a ciò che si può effettivamente realizzare se alle persone stessero davvero a cuore gli insetti”, afferma Janzen.

Come parte del suo lavoro Janzen ha suggerito di impiegare il DNA barcoding per ogni specie in ciascun paese del Centro America, utilizzando un metodo sviluppato da Paul Hebert presso il Centro per la Biodiversità Genomica (CBG), per poi rendere tali dati disponibili al pubblico per l’istruzione e l’utilizzo.

Janzen sostiene che la cosiddetta “alfabetizzazione biologica” dovrebbe essere insegnata così come “normalmente l’educazione insegna l’alfabetizzazione”, ma a chiunque, non solamente agli eletti della società.

La Arthropod Initiative e il Programma Global Malaise Trap

Gli entomologi hanno citato più e più volte un progetto globale che sarebbe potenzialmente in grado di far luce su ciò che sta accadendo ai tropici: la Arthropod Initiative (l’Iniziativa Artropode).

La Arthropode Initiative, frutto dell’ingegno di Yves Basset, sta raccogliendo dati attraverso lo Smithsonian Institute, dove Basset lavora, da siti di studio in giro per il mondo. Al momento il programma ha siti di monitoraggio a Panama, in Tailandia (dal 2008), in Papua Nuova Guinea, in Equador e Cina, con la speranza di espandersi molto presto nel Gabon, a Singapore e nelle Filippine.

“Presso i siti in questione possediamo dati in abbondanza per ciascuna specie di insetto”, riferisce Basset. Nel frattempo, sta anche compiendo misurazioni per stimare la biomassa di ciascuna specie così come la biomassa totale.

I ricercatori coinvolti nel programma concordano nel sostenere che l’iniziativa necessita di alcuni anni aggiuntivi prima che i trend siano effettivamente evidenti, ma Basset riporta che i primi dati mostrano “come alcune specie stiano aumentando mentre altre stiano collassando”.

Tali andamenti, afferma Basset, dipendono dai taxa. “E’ come se mettessimo insieme orsi polari e elefanti e parlassimo delle minacce che colpiscono le rispettive dinamiche di popolazioni”.

La Arthropod Initiative non è l’unico programma globale a livello tropicale che sta compiendo passi avanti. Martins e D’Souza, rispettivamente in Kenya e in Sudafrica, stanno conducendo degli studi regionali con il Programma Global Malaise Trap Programma Global Malaise Trap.

D’Souza afferma che il suo lavoro nel Parco Nazionale Kruger in Sudafrica è “uno dei primi progetti che sta campionando e rilasciando dati sia sulla ricchezza di specie [di insetti] che sull’abbondanza ad una velocità e risoluzione [sorprendenti] rese possibili dall’impiego di sistemi di identificazione del DNA”. Al momento il gruppo di ricerca di D’Souza ha individuato 9.000 specie dal campionamento di 180.000 esemplari all’interno del Kruger, poco più piccolo dello stato di Israele per estensione. La ricercatrice si aspetta che il Kruger ospiti approssimativamente 20.000 specie di insetti.

Il programma Global Malaise Trap raccoglie campioni catturati grazie alle cosiddette trappole del malessere o malaise traps, delle strutture a forma di tenda utilizzate la maggior parte delle volte per catturare insetti volanti (la stessa tipologia impiegata nel 2017 in Germania in uno studio sull’abbondanza). Il programma, che monitora 158 siti in 33 paesi, ha raccolto 2 milioni di campioni dal 2012 e ha unificato tutti i dati attraverso il sistema online Barcode of Life Data. Mentre il programma è ora focalizzato sul comprendere la biodiversità degli insetti, dati futuri potrebbero monitorare l’andamento delle popolazioni.

Kate Perez, Capo delle Operazioni sul Campo e delle Raccolte per CBG, afferma che “il programma ha molte potenzialità nello studio del declino degli insetti”. Tuttavia, il declino non è al momento la priorità: il programma si sta invece espandendo in nuove regioni per ottenere una visione più completa sulla diversità degli insetti a livello globale. Perez fa comunque notare come alcuni partner abbiano campionato nuovamente i loro siti fornendo potenziali andamenti sull’abbondanza.

Il Dott. Hans de Kroon, ecologo presso l’Università olandese Radboud e co-autore dello studio del 2017 condotto in Germania, sostiene che gli entomologi impegnati ai tropici dovrebbero prendere esempio dalla ricerca condotta nelle zone temperate. I “tedeschi sono stati a dir poco perfetti nel modo in cui hanno impostato il programma di monitoraggio e hanno documentato meticolosamente ogni singola cosa, conducendo le misurazioni in maniera altamente standardizzata. Questo è il motivo per cui potremmo utilizzarlo in maniera ottimale nelle nostre analisi … [e] se non si possiedono documentazioni storiche si possono [comunque] fare dei confronti interessanti”.

Tali confronti sull’abbondanza degli insetti in assenza di dati storici potrebbero ad esempio includere un tipo di ricerca che è già stata compiuta per uccelli e mammiferi: confrontare simultaneamente popolazioni di specie di insetti esistenti all’interno di habitat molto degradati, come per esempio le piantagioni di palme da olio o gli allevamenti di bestiame, con foreste primarie e secondarie limitrofe.

La risposta potrebbe essere nel congelatore

Janzen e Hallwachs esprimono grande preoccupazione per il futuro degli insetti nel loro articolo scritto nel 2019: “Così come stiamo perdendo gli ecosistemi delle valli interne sommerse da bacini idroelettrici o distrutti dall’agricoltura industriale, allo stesso modo perderemo molte delle comunità di insetti che ancora oggi risiedono nella foresta pluviale a causa degli incendi nelle montagne tropicali”.

Eppure, anche se i media finalmente danno l’allarme sul declino degli insetti, gli entomologi stanno affrontando una verità molto triste: è difficile ottenere fondi e ancor più mantenerli. “Abbiamo bisogno di attirare sponsor e patrocinatori, ma fino ad ora abbiamo fallito nel farlo”, ammette Basset della Arthropod Initiative.

Pochi finanziatori o fondazioni mostrano interesse per la conservazione e lo studio degli insetti; anche la maggior parte delle grandi organizzazioni per la conservazione e i governi si tirano indietro.

Persino il Dott. Bradford Lister, co-autore dello studio di grande successo condotto a Porto Rico, afferma di non essere sicuro di avere abbastanza fondi per poter continuare i suoi monitoraggi nel paese stesso e in Messico. “Dobbiamo tornarci nuovamente per capire cosa sta accadendo agli insetti. E oltre a ciò, ci piacerebbe anche ottenere nuovi [dati] numerici ai tropici”, aggiunge Lister. Ma soprattutto “dobbiamo ottenere fondi”.

Entro l’autunno Lister spera di potersi assicurare un finanziamento che duri 4-5 anni in modo da poter continuare a condurre ricerche durante tutto il 2021. Ma senza denaro questo non potrà accadere. Nel frattempo, le specie di insetti di cui il suo team si occupa restano in attesa di essere studiate.

“Mentre cerco fondi per condurre le mie analisi, qui, nel mio congelatore, possiedo enormi [raccolte] di insetti frutto del biomonitoraggio degli ultimi cinque anni; come minimo 700.000 insetti congelati appartenenti ad almeno 200.000 specie (circa 3 dollari a insetto)”, ha scritto Janzen in una mail. “A chi importa veramente a tal punto da essere disposto a sovvenzionare un simile servizio pubblico?”

A chi è che effettivamente interessa?

Questa è la seconda parte della serie esclusiva in 4 puntate scritta da Jeremy Hance, senior contributor per Mongabay. Cliccate qui per leggere la parte 1 e la parte 2. Per pubblicare nuovamente questo articolo guardate qui.

Citazioni:

Sánchez-Bayo, F., Wyckhuys K.A.G., Worldwide decline of the entomofauna: A review of its drivers, Biological Conservation. 232, 2019, 8–27.

Hallmann, C.A., Sorg, M., Jongejans, E., Siepel, H., Hofland, N., Schwan, H., Stenmans,

W., Müller, A., Sumser, H., Hörren, T., Goulson, D., de Kroon, H., 2017. More than 75

percent decline over 27 years in total flying insect biomass in protected areas. PLoS One 12, e0185809.

Lister, B.C., Garcia, A., 2018. Climate-driven declines in arthropod abundance restructure a rainforest food web. Proc. Natl. Acad. Sci. https://doi.org/10.1073/pnas. 1722477115.

Janzen, D.H., Hallwachs, W., 2019. Perspective: where might be many tropical insects? Biol. Conserv. 233, 102–108.

Sánchez-Bayo, F., Wyckhuys, K.A.G., Sales, K., Vasudeva, R., Dickinson, M. E., Godwin, J. L., Lumley, A. J., Michalczyk, L., … Gage, M. J. G. (2018). Experimental heatwaves compromise sperm function and cause transgenerational damage in a model insect. Nature Communications, 9, 4771. https://doi.org/0.1038/s41467-018-07273-z

Articolo originale: https://news.mongabay.com/2019/06/the-great-insect-dying-the-tropics-in-trouble-and-some-hope/

Articolo pubblicato da Maria Salazar
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