Andare oltre il giardino degli impollinatori

La storia di Salcido non è l’unica.

Per anni le soluzioni proposte per rispondere al declino degli insetti, solitamente formulate in termini di “api” e “impollinatori”, hanno incoraggiato la creazione di giardini “amici degli insetti” e la limitazione nell’utilizzo di pesticidi da cortile. Il messaggio implicito di questi messaggi era che tutto ciò che era necessario per far funzionare le cose erano piccole semplici azioni individuali. Gli entomologi sono vivamente in disaccordo.

“L’entità e le cause [del declino degli insetti] sono ovvie”, afferma l’entomologo Daniel Janzen dell’Università della Pennsylvania. “[Gli insetti] non necessitano di ricerca aggiuntiva. Ciò di cui hanno bisogno è un contenimento e un miglioramento [dei finanziamenti su larga scala] mediante fondi di investimento.

“Ciò di cui gli insetti hanno bisogno è di aree di conservazione protette e indisturbate … Hanno bisogno che il cambiamento climatico si interrompa e che l’aumento della popolazione [umana] cessi”, aggiunge Janzen, il quale si è dedicato alla ricerca sugli insetti del Costa Rica per più di mezzo secolo.

Gli scienziati dicono che il problema non è solamente individuale, ma sistemico. Le cause del declino degli insetti sono globali e strutturali, perciò le soluzioni necessitano di un cambiamento radicale che arrivi per la maggior parte dall’alto, alcune volte dalle fondamenta, ma che sia più grande di quanto previsto. L’applicazione di tali soluzioni radicali richiederà in cambio un impegno completo e onesto da parte di scienziati, legislatori, CEO, banchieri, esperti di politica e organizzatori comunitari.

Tuttavia, per il momento non sta avendo luogo nessuna azione a livello globale. “Sembra esserci un sacco di rumore a tal proposito, ma non di azioni a sufficienza”, ha affermato Helen Spafford, entomologa presso l’Università delle Hawaii a Manoa.

Janzen ha una visione pessimista della situazione: tutto ciò che c’è di nuovo oggi è un sacco di clamore pubblicitario e di agitazione che non porteranno, come al solito, da nessuna parte”.

Le buone notizie? Alcuni degli strumenti necessari per invertire il declino degli insetti sono già noti e tali conoscenze potrebbero essere impiegate per far fronte ad altre gravi calamità ecologiche. Ma la domanda cruciale è: Janzen ha ragione? Saremo in grado di limitare la diminuzione delle specie animali chiave in tempo?

Dare una c**** di svolta al cambiamento climatico

Gli entomologi hanno nominato tre principali motori responsabili del declino degli insetti: la distruzione dell’habitat (per la maggior parte guidata dall’agribusiness), la crisi climatica in aumento e l’utilizzo diffuso di pesticidi. Alcuni si sono addirittura spinti oltre, sostenendo come la sovrappopolazione sia alla base dei tre.

Secondo il biologo Bradford Lister del Rensselar Polytechnic Institute, co-autore dell’importante studio condotto nel 2018 responsabile dell’individuazione di un declino degli insetti 60 volte maggiore negli ultimi 40 anni in una riserva a Porto Rico, la priorità deve essere il cambiamento climatico.

“Dobbiamo ridurre le emissioni. Se non lo facciamo possiamo dire addio al futuro dei nostri figli e dei figli dei nostri figli e delle generazioni che verranno, dato che ci stiamo dirigendo verso un mondo ogni oltre modo degradato”, afferma Lister.

Il lato positivo del cambiamento climatico è che la soluzione è estremamente ovvia: smettere di utilizzare i combustibili fossili. La politica è di intralcio. Salcido spiega che “[è necessario] votare nell’immediato dei leader che riconoscano i pericoli legati al cambiamento climatico globale e che siano attivi sia sul fronte nazionale che internazionale”.

Dato l’impatto che il cambiamento climatico sta già avendo sul declino degli insetti ai tropici, Lister è estremamente interessato a garantire l’esistenza di luoghi sicuri dove gli insetti possano resistere all’aggravarsi del surriscaldamento globale. “Stiamo riflettendo su ciò che ci vorrà per garantire agli insetti aree protette con corridoi che possano metterle in contatto tra loro e la creazione di microhabitat”, aggiunge Salcido. Ciò richiede la protezione di ambienti diversificati, come per esempio aree ad alta quota che possano fornire agli insetti un rifugio dalle temperature elevate.

Ovviamente persino le aree protette potrebbero non contare nulla se, come scrive Janzen in modo provocante: “Non diamo una c**** di svolta al cambiamento climatico”.

Ricercatori analizzano il contenuto di pesticidi nel terreno. Foto di Peggy Greb/USDA.

Più consapevolezza sui pesticidi

La gestione dei pesticidi richiede un approccio più sottile. Alcuni entomologi, ad esempio, sono preoccupati che il divieto di un insetticida possa semplicemente portare gli agricoltori a indirizzarsi verso sostanze chimiche più tossiche. Altri ricercatori chiedono una regolamentazione più rigida mentre sono alla ricerca di alternative più creative per il controllo dei parassiti.

“Le pratiche legate ai pesticidi necessitano di essere prese in esame molto attentamente, non solo per gli effetti devastanti che hanno sugli insetti, ma anche sugli interi ecosistemi”, afferma la Dott.ssa Patricia Henriquez, entomologa presso l’Università Mayor in Argentina. “Il loro utilizzo dovrebbe essere limitato e, quando consentito, sostituito da pratiche sostenibili.

L’UE è senza dubbio la più aggressiva quando si parla di pesticidi. Quest’anno ha vietato tre pesticidi neonicotinoidi molto discutibili da ogni utilizzo nelle coltivazioni sulla base di una grande quantità di dati che provano come i neonicotinoidi abbiano da tempo un impatto sulle api e altri impollinatori.

L’ecologo Hans de Kroon della Radboud University, co-autore di un importante studio del 2017 sul declino dell’abbondanza di insetti in Germania, definisce il divieto dell’utilizzo di neonicotinoidi un “passo importante” e un’occasione per studiare come la massa di insetti sta rispondendo.

Axel Ssymank, entomologo presso l’Agenzia Federale Tedesca per la Conservazione della Natura, ritiene che il controllo dei pesticidi all’interno dell’UE ha bisogno di essere ancora più forte, a tal punto da prevedere un divieto totale all’interno delle aree protette e delle aree agricole adiacenti. Appoggia inoltre il divieto “completo dell’impiego di pesticidi che includa la concia dei sementi”. Oggi molte sementi sono conciate con neonicotinoidi i quali si diffondono attraverso la pianta mentre questa si accresce. I pesticidi, sostiene invece Ssymank, dovrebbero solamente essere impiegati nel caso venga individuato un insetto parassita.

Spostandoci altrove, il Bhutan si è impegnato a diventare la prima nazione al mondo a coltivare cibo esclusivamente biologico che prevede il divieto completo di pesticidi. Tuttavia, non è stato ancora fissato nessun termine per la transizione.

Non tutti gli entomologi sono del tutto a favore del divieto. Il Dott. Martins impegnato ad aiutare gli agricoltori del Kenya per un utilizzo moderato dei pesticidi, afferma che “la questione chiave è farlo in modo intelligente”. Martins sostiene che i paesi in via di sviluppo con popolazioni in rapida crescita, come il Kenya, devono come prima cosa focalizzarsi sulla “sicurezza del cibo e sulla sicurezza nutrizionale”. Ma ciò non significa spruzzare pesticidi a casaccio.

“Cosa succede quando sei ammalato? … Vai dal dottore a farti visitare e ciò che ottieni è una diagnosi … Quando una pianta è malata ciò che immediatamente facciamo è iniziare a versarle delle sostanze chimiche, spesso senza nemmeno identificare il problema”, afferma Martins, Direttore Esecutivo del Centro di Ricerca Mpala in Kenya.

Il primo approccio che Martins utilizza con gli agricoltori è l’educazione: “gli faccio vedere un afide o una mosca bianca attraverso una lente di ingrandimento o un microscopio. Lo sguardo sui loro volti è di assoluto stupore e sgomento dato che non si erano resi conto che un afide è una piccola creatura che vive con la sua famiglia”. Una volta che le persone acquisiscono questa consapevolezza diventa molto più facile sostenere la seconda parte della conservazione, quella in cui si parla dell’utilizzo di pesticidi, [ma] uccideranno gli insetti? Uccideranno il suolo? Uccideranno noi stessi? Quali sono gli effetti che ne derivano? Possiamo farlo meglio? Possiamo farlo in modo più economico? E come lo facciamo a lungo termine?”

La chiave, spiega Martins, consiste nel trovare dei modi per aumentare la resa delle colture mentre diminuiamo l’impiego di pesticidi. Martins sostiene che attraverso l’educazione e l’assistenza le regioni agricole possono giocare un ruolo vitale nell’offrire una dimora agli insetti senza dover rinunciare alla produttività. “Lavoro addirittura in delle fattorie in cui i livelli di diversità degli insetti sono maggiori rispetto alle aree naturali adiacenti”, svela Martins.

Gli agricoltori “hanno bisogno di ascoltare i consigli degli scienziati invece che seguire le indicazioni delle compagnie che vendono i prodotti chimici per puro profitto”, conclude l’ecologo Francisco Sanchez-Bayo dell’Università di Sydney. “La nuova Rivoluzione Verde ha bisogno di essere veramente verde nel senso più moderno della parola e non in quello di un tempo che si focalizzava sulle sostanze chimiche”.

Land sparing versus land sharing

Delle tre maggiori minacce che colpiscono direttamente gli insetti la perdita dell’habitat è stata definita come il problema al momento più imminente. Le soluzioni per la conservazione dell’ecosistema sono grossomodo incentrate su due approcci: il land sparing vs il land sharing.

Il land sparing sostiene che dovremmo interamente industrializzare l’agricoltura ovunque questa sia praticata per massimizzare i raccolti al fine di risparmiare quanta più terra possibile per gli ecosistemi nativi. Il land sharing è invece a favore di una matrice di aree selvagge e di un’agricoltura ecosostenibile. Probabilmente entrambi gli approcci sono necessari.

Janzen enfatizza la necessità di conservare e ripristinare i grandi ecosistemi: “non riuscirei nemmeno ad immaginare un’area di conservazione [più piccola] di 50.000 ettari [193 miglia quadrate]”, ma un tale approccio “richiede denaro, molto denaro”.

“Hotspot di biodiversità come la foresta pluviale primaria … dovrebbero ricevere subito attenzione, ma la nostra seconda priorità dovrebbe essere la rigenerazione degli ecosistemi danneggiati”, afferma Michelle D’Souza, ricercatrice e direttrice del Programma Kruger Malaise, un importante studio sugli insetti condotto presso il Parco Nazionale Kruger in Sudafrica.

L’entomologo ed ecologo Owen Lewis dell’Università di Oxford è d’accordo sul fatto che la distruzione dell’habitat debba essere fortemente limitata, ma aggiunge che sono contemporaneamente necessarie soluzioni che “permettano agli insetti di sussistere” nelle zone agricole e nelle piantagioni. “La conservazione e il ripristino di aree forestali lungo i fiumi e su ripidi pendii all’interno delle piantagioni di olio di palma è una strada possibile”, afferma il Dott. Lewis facendo riferimento al suo lavoro in Borneo.

L’entomologo Vojtech Novotny della University of South Bohemia, studioso di insetti in Papua Nuova Guinea, esorta al divieto completo di tutti i biocarburanti “in particolare [per le coltivazioni] ai tropici” dato che creano “una domanda incessante di … terreno agricolo”. Inoltre, aggiunge che dovremmo “promuovere dei metodi agricoli più intensivi” incluso l’utilizzo di colture geneticamente modificate; un suggerimento alquanto controverso. “Abbiamo bisogno di nutrire la specie umana e più resa otteniamo per area, più spazio resterà alla natura”, afferma Novotny.

Gli entomologi che lavorano in Europa, probabilmente il contenente più fortemente sviluppato, vedono una maggiore necessità di pratiche agricole “ecosostenibili”. Ssymank afferma che l’Europa necessita di una “totale riorganizzazione dell’agricoltura in maniera sensibile” al fine di evitare una perdita di biodiversità.

Sanchez-Bayo concorda che “gli agricoltori devono ripristinare il paesaggio piantando alberi e siepi attorno ai loro campi e fiori tra le colture per incoraggiare gli impollinatori e beneficiare gli insetti che controllano e evitano la diffusione dei parassiti”.

Secondo Henriquez, una strategia che potrebbe frenare la richiesta di più terreni agricoli è quella di affrontare in modo decisivo gli sprechi alimentari: “Non abbiamo bisogno di produrre più cibo, abbiamo bisogno di essere più efficienti e ridurre lo spreco”.

Lister afferma che è anche il momento di prendere sul serio la conservazione diretta degli insetti impiegando l’allevamento in cattività e istituendo delle aree protette ad essi destinate. “La conservazione degli insetti ha fatto passi da gigante negli ultimi 20 anni”, riporta Lister.

Tutte queste misure, sia la lotta al cambiamento climatico, che la riduzione dell’utilizzo di pesticidi o la protezione di aree naturali e la rigenerazione dei terreni agricoli, farebbero molto di più che aiutare gli insetti. Proteggerebbero altre specie animali, immagazzinerebbero carbonio, ridurrebbero la contaminazione idrica e molto altro ancora. Le soluzioni che promuovono l’abbondanza degli insetti si intrecciano bene con le soluzioni avanzate per i nostri altri problemi ecologici globali.

Spafford conclude che “è necessario un impegno coordinato e internazionale per proteggere i sistemi viventi sulla terra che forniscono aria, acqua e cibo di cui abbiamo bisogno per sopravvivere”.

Ma non sarà facile cambiare rotta. La deforestazione, il cambiamento climatico e l’abuso di pesticidi “sono tutti e tre verità non piacevoli che costituiscono una maledizione per il mondo benestante e, di nessun interesse per i seguaci di [Jair] Bolsonaro [e le nazioni tropicali che governano] e le classi superiori che sopravvivono grazie ad esse”, scrive Janzen riferendosi al presidente di destra del Brasile e al leader di sinistra del Venezuela, entrambi noti per le loro politiche antiambientaliste.

Sovrappopolazione (ma non di insetti)

Secondo Lister esiste un profondo e cupo dilemma: “Stiamo superando di almeno il 60-70% la capacità di carico del pianeta. Ciò significa che abbiamo bisogno di 1.6-1.7 Terre per supportare la popolazione umana attuale. Se come previsto [entro la fine di questo secolo] il numero raggiungerà i 9-10 miliardi di abitanti avremo bisogno di almenoun’altra Terra.”

Molti entomologi ed ecologi sostengono che alla base di tutti i nostri problemi ambientali ci sia la realtà inconfutabile, ma raramente discussa, che al momento siamo 7.5 miliardi di esseri umani, sei miliardi in più rispetto al 1900. Tuttavia, l’esplosione demografica resta un argomento perlopiù intoccabile, ma un problema al quale esistono soluzioni comprovate.

Secondo gli esperti il miglior modo per combattere la sovrappopolazione non è né la guerra, né la fame, né le malattie. Ciò che già sappiamo funzionare è dare supporto alle donne a livello globale: assicurarsi che siano istruite (le donne istruite fanno statisticamente meno figli) e che ricevano ovunque un’assistenza sanitaria di qualità, inclusi contraccettivi e pianificazione familiare.

Negli ultimi 50 anni i tassi di fertilità sono calati nella maggior parte del mondo. Tuttavia, tali tassi sono ancora insostenibilmente alti in una regione: l’Africa Sub-Sahariana, come fa notare Novotny. Egli richiede una soluzione economica per il declino degli insetti sia in tale regione che altrove: “assicurarsi che i paesi in via di sviluppo, in particolare l’Africa, aumentino il reddito personale pro capite di 2.000-3.000 dollari, un reddito che ha causato ovunque [a livello globale] un declino delle dimensioni della famiglia.” Gli umani tendono ad avere meno figli nel momento in cui ottengono o superano necessità basilari, quali la nutrizione, le cure sanitarie, l’istruzione e l’assistenza agli anziani.

Lister fa riferimento al traguardo raggiunto in Cina che ha recentemente annunciato come la sua popolazione raggiungerà un plateau entro un decennio e poi inizierà a diminuire per via del minor numero di figli per donna. “Alleluia” dice Lister, “era da anni che non sentivo una notizia del genere!”.

Il Piano Delta, un esempio dall’Olanda

I primi dati concreti che hanno suggerito un’apocalisse degli insetti provengono da uno studio del 2017 che aveva scoperto come le popolazioni di insetti alati fossero diminuite del 75 percento in 27 anni all’interno di aree naturali in Germania. I vicini olandesi hanno preso quei dati a cuore e, ad appena due anni dalla pubblicazione, si stanno muovendo con azioni per migliorare la vita degli insetti.

“Il nostro studio … è stato uno shock [in Olanda], era su ogni programma televisivo, su tutti giornali” ha detto Hans de Kroon, co-autore tedesco e ricercatore in Olanda.

De Kroon e colleghi sono stati persino invitati a parlare presso il parlamento olandese. Un giornalista locale si è poi messo in contatto con il capo di una potente organizzazione agricola per chiedere la sua opinione. De Kroon riporta che la sua risposta riguardo all’apocalisse degli insetti è stata la seguente: “non favorisce i nostri profitti … siamo molto preoccupati della situazione”. Incoraggiati dalla risposta, i ricercatori si sono messi in contatto con l’organizzazione agricola per creare un’alleanza proficua che potrebbe portare ad un cambiamento su larga scala nel modo in cui gli olandesi producono le colture e allevano il bestiame.

Il risultato è stato il Piano Delta per il Recupero della Biodiversità un progetto rivoluzionario olandese che ha ricevuto approvazione da Carola Schouten, il Ministro nazionale dell’Agricoltura, della Natura e del Cibo. Altrettanto importante è il fatto che il Piano è supportato sia dagli scienziati che dall’agribusiness.

De Kroon riporta che sono stati previsti “diversi milioni” di Euro “per cambiare il modo in cui pratichiamo l’agricoltura e per migliorare la qualità del nostro paesaggio”.

Il Piano include numerosi incentivi per incoraggiare i produttori a impiegare dei metodi agricoli che siano ecosostenibili e si impegna a cambiare le leggi per aiutare gli insetti. Propone inoltre di creare dei corridoi tra le riserve naturali; riciclare i nutrienti per avere un suolo sano; una nuova attenzione nei confronti di un controllo naturale dei parassiti; e assicurarsi che le infrastrutture lascino più biodiversità di quanto ne distruggano.

“È necessario un cambiamento sistematico per poter raggiungere questi obiettivi, il che significa che i costi e benefici della biodiversità devono essere internalizzati”, riporta il Piano.

Se l’attuazione del Piano Delta verrà messo in atto appieno, l’Olanda potrebbe costituire un terreno di prova cruciale per superare l’Apocalisse degli insetti.

“Sono speranzoso che possiamo imparare dalle lezioni che gli insetti stanno cercando di insegnarci e cambiare il modo in cui facciamo le cose”, dice Martins.

Vedere gli insetti in modo diverso

Nel testo di E.O. Wilson del 2006 La Creazione. Un appello per salvare la vita sulla Terra, l’entomologo più celebre al mondo scrive di un mondo senza più insetti:

Nel bel mezzo dei primi decenni di una carestia diffusa, la popolazione umana precipita ad una piccola frazione del suo livello originale. Le guerre per il controllo delle risorse in declino, la sofferenza e il tumultuoso decadimento verso un’età oscura di barbarie non avrebbero precedenti nella storia dell’umanità. Aggrappati alla sopravvivenza in un mondo devastato e, intrappolati in un’era ecologica buia, i sopravvissuti offrono preghiere per il ritorno delle erbacce e degli insetti.

Io azzarderei un’ipotesi: questa ipotetica società privata di insetti non è un mondo che nessuno di noi vuole; nemmeno il CEO di Monsanto, né la lobby Cargill, né coloro che disboscano il Congo, o gli investitori che buttano milioni per gli allevamenti di bestiame in Amazzonia o per le piantagioni di palme da olio a Sumatra Amazzonia o per le piantagioni di palme da olio a Sumatra.

Se a Martins fosse data l’opportunità di parlare con i leader del Kenya gli domanderebbe: “Come vogliamo vivere? Vogliamo vivere in modo sostenibile? Vogliamo del cibo che sia nutriente? Vogliamo un terreno sano? Foreste e paludi funzionali? Se la risposta è sì … allora direi che dovremmo veramente tenere conto … della biodiversità degli insetti che rendono tutto questo possibile”. Aggiunge inoltre: “è un approccio che abbiamo utilizzato [con successo] con gli agricoltori e lo estenderei anche ai decisori politici”.

Quando Homo sapiens è comparso sulla scena circa 250.000 mila anni fa, siamo entrati in un mondo che era già governato dalla super-abbondante e ultra-diversificata famiglia degli insetti. La situazione non è cambiata, ogni cosa dai nutrienti nel suolo alla gestione dei rifiuti alla catena alimentare, rimane sulle spalle di queste piccole e operose creature.

Eppure, gli insetti sono molto di più che meccanici ecologici, sono creature splendide, bellissime, maestose, strane, brutte, spaventose, buffe, devastanti e di valore. Sono la natura stessa che si manifesta in migliaia di miliardi.

“Gli insetti ci offrono una comprensione profonda delle meraviglie della natura e delle meraviglie dell’universo”, dice Martins. “Se li perdiamo, perdiamo la capacità di vedere. Di vedere e di imparare e di capire noi stessi e il mondo intorno a noi. Direi che abbiamo bisogno degli insetti più di quanto loro hanno bisogno di noi”.

Citazioni:

Sánchez-Bayo, F., Wyckhuys, K.A.G., Worldwide decline of the entomofauna: A review of its drivers, Biological Conservation. 232, 2019, 8–27.

Hallmann, C.A., Sorg, M., Jongejans, E., Siepel, H., Hofland, N., Schwan, H., Stenmans, W., Müller, A., Sumser, H., Hörren, T., Goulson, D., de Kroon, H., 2017. More than 75 percent decline over 27 years in total flying insect biomass in protected areas. PLoS One 12, e0185809.

Lister, B.C., Garcia, A., 2018. Climate-driven declines in arthropod abundance restructure a rainforest food web. Proc. Natl. Acad. Sci. https://doi.org/10.1073/pnas. 1722477115.

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Articolo originale: https://news.mongabay.com/2019/06/the-great-insect-dying-how-to-save-insects-and-ourselves/

Articolo pubblicato da Maria Salazar
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