- Nel delta del Mekong, la regione del Vietnam più minacciata dagli effetti destabilizzanti dei cambiamenti climatici, è attualmente in corso un esperimento di ampia portata sull’uso del suolo e dell’acqua.
- I diversi pareri sul modo di gestire il delta in una nuova era caratterizzata dall’innalzamento del livello del mare e dalla costruzione di dighe a monte dei corsi d’acqua si dividono tra il sostegno alle soluzioni favorevoli all’adattamento e il sostegno alle soluzioni più ingegneristiche.
Questo articolo è la seconda parte di un primo articolo sul futuro del delta del Mekong in Vietnam pubblicato qui.
Il delta del Mekong in Vietnam ha approssimativamente le stesse dimensioni dei Paesi Bassi, circa 41 mila chilometri quadri, e ospita 17 milioni di persone, quasi la popolazione dei Paesi Bassi. È stato forse questo a rendere il dialogo più facile.
A differenza di molti altri esperti stranieri, i neerlandesi che hanno partecipato al dialogo sul piano per il delta del Mekong (Mekong Delta Plan) sono stati pazienti e hanno illustrato molte situazioni pertinenti. Sono stati anche abili negoziatori: sebbene i funzionari del ministero dell’Agricoltura e dello sviluppo agricolo (Ministry of Agriculture and Rural Development, MARD) e del ministero dell’Ambiente e delle risorse naturali (Ministry of Environment and Natural Resources, MONRE) del Vietnam abbiano per loro natura posizioni contrastanti, i neerlandesi sono riusciti a mantenere un dialogo costruttivo con entrambe le parti vietnamite.
Il gruppo ha raggiunto un accordo secondo il quale non sarebbe stato possibile tutelare la salute sotto il profilo ambientale del vasto ed estremamente fertile delta del Mekong sviluppando “una rete ancor più complessa di opere idriche”. Alla fine del 2013, dopo quattro anni di dibattiti, gli esperti hanno firmato un piano di 126 pagine fortemente orientato alle soluzioni favorevoli all’adattamento anziché a quelle di tipo ingegneristico.
Come tutti gli esperti stranieri, i neerlandesi hanno voluto vedere progressi. Il primo ministro Mark Rutte ha visitato Hanoi nel 2014 per esortare l’attuazione di un’azione rapida. La Banca Mondiale ha promesso un prestito agevolato da 310 milioni di dollari per sostenere la raccolta di dati, la loro analisi e le conseguenti decisioni a livello regionale.
Durante la visita ad Hanoi, tuttavia, il piano per il delta del Mekong sembrava scomparso nel nulla. Secondo gli alti funzionari, il 2014 e il 2015 non erano il momento opportuno per prendere decisioni politiche di ampia portata. Il Vietnam è uno Stato a partito unico e il partito comunista stava affrontando una lotta intestina insolitamente aspra.
È stato solo nella metà del 2016 che un nuovo gruppo di dirigenti ha iniziato a prestare attenzione alle proposte degli esperti. Come sempre, non hanno condiviso i dettagli del loro dibattito interno con i media. Tuttavia, alla fine del 2017, due nuovi documenti indicavano che il partito-Stato aveva deciso di sostenere sia l’analisi prescrittiva del piano per il delta del Mekong sia una collaborazione insolitamente stretta con i “partner di sviluppo” stranieri.
Il primo di questi documenti è stato la Risoluzione governativa 120, comprensivo di una serie di orientamenti politici sullo “Sviluppo sostenibile e resiliente agli effetti del clima nel delta del Mekong in Vietnam”. La Risoluzione 120 riconosceva, in effetti, che il delta subisce le ripercussioni negative non solo dei cambiamenti climatici e delle numerose dighe costruite a monte del fiume, ma anche delle conseguenze delle decisioni governative non lungimiranti dei primi tempi. Si richiedeva urgentemente una risposta coordinata che sarebbe stata portata avanti dalle autorità nazionali in linea con i progetti indicati nel piano per il delta del Mekong.
Il secondo documento consisteva in una legge di pianificazione rivista. A seguito delle modifiche apportate, tale legge incaricava il ministero della Pianificazione e degli investimenti (Ministry of Planning and Investment, MPI) a predisporre una pianificazione multisettoriale a livello regionale. In altre parole, chi si occupava dei progetti e i decisori politici erano incaricati di far fronte alla situazione del delta considerato nel suo insieme. Non esisteva ancora comunque alcuna identità “regionale” nella struttura amministrativa vietnamita. Sarebbe stato necessario costruire da zero le istituzioni regionali.
In via di principio, la pianificazione intersettoriale è qualcosa di positivo, ma quando i dirigenti locali e politici hanno poca esperienza a riguardo, non è così semplice portarla avanti e i ministeri vietnamiti non hanno alle spalle esperienza in materia di cooperazione. I ministeri dell’agricoltura, dell’ambiente, del trasporto, delle infrastrutture come pure altri ministeri hanno svolto per molto tempo i loro compiti senza badare molto agli obiettivi degli altri ministeri.
Creare nuove istituzioni
La Risoluzione 120 assegnava all’MPI il compito di dare vita a questo nuovo coordinamento, di far convergere i pareri degli esperti neerlandesi e vietnamiti, trasformando il piano per il delta del Mekong in un piano regionale integrato per il delta del Mekong (Mekong Delta Integrated Regional Plan) in grado di conciliare i programmi e gli stili di lavoro dei ministeri vietnamiti. Gli sforzi volti a rendere “più vietnamita” il piano per il delta del Mekong procedevano lentamente, nonostante l’avvicinarsi dei termini per la presentazione di proposte per il nuovo piano di sviluppo socioeconomico quinquennale del Vietnam.
Nell’aprile 2019, il primo ministro Nguyen Xuan Phuc ha elaborato un “piano di azione” di 38 pagine che, tra le altre cose, chiariva il suo impegno personale nella stesura di un valido piano di lavoro.
I partner di sviluppo stranieri erano comunque preoccupati. Due mesi dopo, alla vigilia di un secondo vertice del piano per il delta del Mekong, 16 organizzazioni internazionali avevano formulato una dichiarazione congiunta senza mezzi termini. In una dichiarazione in occasione del vertice, l’incaricato della Banca Mondiale Ousmane Dione aveva sottolineato che il gruppo di donatori era piuttosto allarmato: “In futuro, puntiamo a rendere disponibili 880 milioni di dollari per l’attuazione della Risoluzione 120… Qualsiasi altro sostegno al delta del Mekong sarà utile solo con istituzioni forti, un’attuazione efficace, la disponibilità di informazioni attendibili, la profusione di sforzi in favore dell’innovazione e il coinvolgimento di tutte le parti interessate”.
“Di conseguenza” aveva aggiunto Dione “è necessaria la presenza di una solida istituzione di coordinamento regionale che provveda a un coordinamento efficace ed efficiente in senso verticale e orizzontale”.
Un altro memorandum, elaborato da un’agenzia umanitaria del governo tedesco, sottolineava che il problema del coordinamento si sarebbe potuto risolvere solo se il primo ministro fosse intervenuto in modo energico per affrontare le questioni controverse (cosa che, infatti, aveva già fatto).
La politica del partito-Stato vietnamita è di rado trasparente. Il Vietnam è storicamente molto sensibile alle questioni riguardanti la sovranità e, come hanno potuto notare i consulenti stranieri, è forte la propensione a isolare la politica interna dalle ingerenze straniere.
La preoccupazione dei partner di sviluppo era comprensibile. Le decisioni prese sullo sviluppo del delta comportavano un livello di cooperazione tra esperti stranieri e decisori vietnamiti che, forse, non aveva precedenti in Vietnam. Ad ogni modo, nella metà del 2019, sembra che i partner di sviluppo siano riusciti a trovare il modo per andare avanti.
Il piano generale integrato regionale dell’MPI sarà ufficialmente varato nel gennaio 2021. Tutti gli elementi lasciano supporre che si tratterà di uno sviluppo del piano per il delta del Mekong del 2013.
In un’altra decisione governativa del marzo 2019, il primo ministro Phuc ha approvato un piano quinquennale per il MARD che rispetta in modo fedele quanto stabilito nel piano per il delta del Mekong. Successivamente, in giugno, il primo ministro ha caldeggiato la creazione del Consiglio per il coordinamento dello sviluppo del Mekong. Il presidente di tale Consiglio è un vice primo ministro, il suo vicepresidente è il ministro della Pianificazione e vari alti funzionari guidano le delegazioni delle 13 suddivisioni amministrative del delta (12 province e la città di Can Tho) e di cinque ministeri nazionali.
I ministeri danno solitamente orientamenti ai loro sottoposti di livello provinciale. Possono attendersi che i nuovi consigli regionali rispettino fedelmente le decisioni prese ad Hanoi.
Affinché il consiglio regionale del delta funzioni in modo efficace, sarà comunque necessario prevedere notevoli sforzi nella creazione dell’istituzione. Avrà presumibilmente sede a Can Tho, il cuore del delta, anziché nella lontana Hanoi. Il consiglio deve disporre di personale in grado di analizzare dati complessi e preparare relazioni che tengano aggiornati in modo coordinato i membri del Consiglio. Sembra che il testo del progetto dell’MDRP sottolinei l’uso di “sistemi con dati integrati, sistemi di informazione e di sostegno dei processi decisionali” per promuovere “investimenti che favoriscano le trasformazioni e siano resilienti al clima” per i quali la Banca Mondiale offre ingenti quantità di denaro.
Il 14 luglio 2020 è stato pubblicato un quadro di riferimento, 71 pagine di “orientamenti di sviluppo” ai fini del piano regionale integrato per il delta del Mekong. Il documento è di facile lettura e, per il sottoscritto, convincente. È senza dubbio sostenuto da un’ampia serie di dati. Tuttavia, sembra per lo più il risultato del lavoro di stranieri che operano in virtù di un contratto stipulato tra il governo vietnamita e una società di consulenza olandese, la Royal HaskoningDHV. Ipotizzando che le parti agiscano con le migliori intenzioni e che vi sia un vero accordo sugli obiettivi del piano regionale integrato per il delta del Mekong, i vietnamiti e i loro consulenti stranieri si scontreranno inevitabilmente sui dettagli. A questo punto, la cosa più saggia che i consulenti stranieri possono fare è ricordare ai vietnamiti che saranno loro a dover convivere con le conseguenze delle decisioni prese.
Lavorare con l’acqua
Il 2020 è stato un altro anno difficile per il clima nel Sudest asiatico. Le piogge sono state di gran lunga sotto la media in gran parte della regione. Nel delta del Mekong, la siccità causata dal fenomeno meteorologico di El Ninõ è stata aggravata da un secondo anno caratterizzato da una bassa portata d’acqua in molti rami del fiume, fenomeno che viene ampiamente attribuito al contenimento delle acque dietro le nuove dighe a monte.
Sul confine occidentale del delta, i lavori relativi alla prima fase del progetto Cai Lon-Cai Be sono in anticipo rispetto alle scadenze previste. Gli esperti di mia conoscenza ritengono che il progetto segni la fine di un’era. Un tempo gli ingegneri del MARD specializzati in idrologia governavano il delta. Secondo gli esperti, i tecnocrati dell’acqua hanno vinto la loro ultima battaglia ma nel frattempo hanno perso la guerra.
Credo comunque che questo non sia ancora certo. La costruzione di sbarramenti genera profitti; ogni progetto crea tanti posti di lavoro ben retribuiti. L’esportazione del riso forse non paga adeguatamente i contadini ma paga bene le aziende statali che comprano a basso prezzo e vendono a un prezzo elevato. I ministeri, come il MARD e il ministero delle Infrastrutture, sono soliti dare ordini ai loro sottoposti a livello provinciale e possono attendersi che i consigli regionali eseguano quanto deciso ad Hanoi. Le pressioni e gli incentivi dei tecnocrati dell’acqua e dei loro alleati del MARD metteranno alla prova il nuovo consiglio regionale del delta.
La ricerca di un equilibrio tollerabile permetterà a tutte le parti di trarre insegnamenti. Il conseguimento di buoni risultati dipenderà soprattutto dalla capacità degli attori di livello regionale di stringere e mantenere alleanze fondate su una chiara visione degli interessi locali.
Un primo indicatore della capacità del regime vietnamita di adattare le proprie politiche a situazioni più sfavorevoli consisterà nel modo in cui sceglie di difendere la costa del delta.
In via di principio, il MARD sta abbandonando gli obiettivi fissati per il riso e l’uso del suolo e sta offrendo ai contadini più flessibilità nella scelta delle colture, al fine di promuovere la politica di “convivenza con gli allagamenti e l’acqua salmastra”. Tuttavia, ciò che il MARD sa fare meglio è costruire alti sbarramenti e paratoie, cioè applicare approcci ingegneristici alla gestione dell’acqua come il progetto Cai Lon-Cai Be varato lo scorso anno sulla costa Sudoccidentale del delta.
Secondo il piano per il delta del Mekong, il riso non è più adatto alle regioni costiere del delta, zona in cui il crescente livello del mare e il calo dell’acqua dolce delle falde acquifere hanno portato in molti casi a un abbassamento del terreno al di sotto del livello dell’alta marea per cui, nella stagione secca, l’acqua salmastra penetra molto nell’entroterra e nella stagione delle piogge i fiumi non trasportano più grandi quantità di sedimenti.
Anziché innalzare e rafforzare l’attuale sistema malandato di sbarramenti costieri, anziché prosciugare falde acquifere e moltiplicare le paratoie che intrappolano l’acqua inquinata, il piano per il delta del Mekong prevede il ripristino di foreste di mangrovie per vari chilometri tra l’entroterra e la costa. Tali alberi che tollerano l’acqua salata e riescono a intrappolare i sedimenti forniranno inoltre l’habitat per i gamberi selvatici. Inoltre, nella barriera rigenerata di mangrovie, la terra un tempo dedicata alla coltivazione del riso sarà trasformata in laghetti e servirà a incrementare la produzione di gamberi. È un buon obiettivo ma ancora lungi dall’essere conseguito.
Nel decennio in cui il governo olandese ha condiviso con il Vietnam per la prima volta la propria esperienza nella gestione degli allagamenti, il piano per il delta del Mekong si è trasformato in un esperimento sull’utilizzo del suolo e dell’acqua su vasta scala. Vale la pena osservarlo, e non solo per capire se il Vietnam sia capace di scelte che massimizzano i benefici ambientali ed economici a lungo termine. Gli attenti osservatori possono anche trarre senz’altro insegnamenti applicabili, nel giusto contesto politico, alla gestione dei vari scenari causati dai cambiamenti climatici.
Immagine nel banner: traffico di barche nel delta del Mekong. Foto di Jean-Marc Astesana fornita tramite Flickr (CC BY-SA 2.0).
Dal 2008 David Brown, diplomatico USA in pensione, ha scritto moltissimo sulle questioni di politica pubblica in Vietnam. Mentre scriveva questi articoli sul delta del Mekong, ha ricevuto preziosi contributi da parte di molti esperti che operano in loco. Qualsiasi errore di interpretazione deve essere attribuito all’autore e non alle sue fonti. Brown è lieto di ricevere domande serie sui suoi articoli redatti per Mongabay (il suo indirizzo è [email protected]).
Articolo originale: https://news-mongabay-com.mongabay.com/2020/12/analysis-years-in-the-making-vietnams-mekong-delta-policy-takes-the-long-view/ Traduzione: Terre sotto vento. Revisione: Davide Fezzardi.