- Secondo un nuovo rapporto del Programma Ambientale delle Nazioni Unite, il mondo attualmente affronta tre "emergenze" ambientali: il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità e l’inquinamento atmosferico e idrico.
- Il Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres ha detto che dovremmo vedere la natura come "un alleato", non come un nemico, nella ricerca di uno sviluppo umano sostenibile.
- Il rapporto parte da delle valutazioni che quantificano le emissioni di carbonio, la perdita di specie e le contaminazioni da agenti inquinanti per elaborare ciò che gli autori chiamano azioni concrete da parte di governi, aziende private e individui che aiuteranno ad affrontare questi problemi.
Secondo un rapporto pubblicato il 18 febbraio dal Programma Ambientale delle Nazioni Unite (UNEP), i leader mondiali, le aziende private e gli individui devono adottare un approccio coordinato per affrontare tre calamità ambientali che affliggono la Terra in questo momento.
Il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità e l’inquinamento atmosferico e idrico sono il risultato di ciò che il Segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ha affermato essere stati “una produzione e un consumo insostenibili”, che minacciano la salute umana e il sistema globale alla base della nostra società.
“Senza l’aiuto della natura, non potremo prosperare né sopravvivere; per troppo tempo abbiamo condotto una guerra insensata e suicida contro la natura”, ha detto Guterres ai giornalisti al rilascio del rapporto, “Making Peace with Nature“. “È ora che impariamo a vedere la natura come un alleato che ci aiuterà a raggiungere il traguardo di uno sviluppo sostenibile”, riferendosi a 17 obiettivi che mirano a ridurre la povertà entro il 2030.
Il rapporto dell’UNEP rileva che l’innovazione umana ha portato a un’incredibile aumento della ricchezza negli ultimi decenni. L’economia mondiale è cinque volte la dimensione che aveva 50 anni fa. In questo lasso di tempo, gli esseri umani hanno triplicato sia l’estrazione di risorse naturali che la produttività delle terre coltivate.
Ma questa prosperità ha avuto un prezzo, il cui onere è stato sostenuto dagli 1,3 miliardi di persone più povere del mondo. La temperatura media globale sta è attualmente sulla buona strada per raggiungere un aumento di 3 ° Celsius (5,4 ° Fahrenheit) rispetto ai livelli preindustriali, principalmente a causa del carbonio che l’attività umana ha già rilasciato nell’atmosfera. Abbiamo eliminato il 10% della copertura forestale mondiale dal 1990, eliminando un meccanismo primario per tenere sotto controllo la quantità di carbonio nell’atmosfera e rimuovendo l’habitat per un numero incalcolabile di specie.
Un ottavo delle piante e degli animali del mondo – circa 1 milione di specie in tutto – è minacciato dall’estinzione, secondo una ricerca del 2019 della Piattaforma Intergovernativa di Scienza e Politica delle Nazioni Unite sulla Biodiversità e i Servizi Ecosistemici (IPBES), dato che le foreste e altri ecosistemi sono stati rimossi per far posto all’agricoltura, alle città e all’estrazione di risorse. Anche la caccia e la pesca sia legali che illegali per la medicina tradizionale e per l’alimentazione hanno contribuito a ridurre il numero delle specie. E gli scienziati stanno attualmente rilevando un rapido calo del numero di insetti, probabilmente come effetto collaterale di un clima che cambia, di carichi chimici più elevati e dei cambiamenti nei loro habitat.
L’industrializzazione e l’intensificazione dell’agricoltura che hanno contribuito a innescare il boom economico globale hanno anche contaminato l’aria e l’acqua da cui dipendiamo. Questo inquinamento uccide prematuramente milioni di persone ogni anno, ancora una volta principalmente tra le file dei più poveri del mondo.
La perdita di biodiversità, l’inquinamento chimico e il cambiamento climatico rappresentano tre delle nove “linee di planetarie” che gli scienziati hanno proposto per la prima volta nel 2009 come un modo per valutare i rischi che le attività umane comportano per il “Sistema Terra”. I dati relativi a ciascuno di essi, come la concentrazione di CO2 nell’atmosfera per il cambiamento climatico, forniscono una prova istantanea del fatto che abbiamo superato le soglie critiche. Queste informazioni potrebbero dirci quanto siamo vicini a destabilizzare pericolosamente il pianeta e con esso lo “spazio operativo sicuro per l’umanità”, come lo hanno definito gli autori del documento del 2009.
Secondo quello studio e un documento aggiornato del 2015 sulle linee di confine planetarie, la Terra ha superato il limite di sicurezza per il cambiamento climatico. Anche la perdita di biodiversità e in particolare della diversità genetica è ben oltre il limite di sicurezza, il che mette potenzialmente a rischio l’integrità della biosfera.
Ma nonostante le tristi statistiche che rivelano il bilancio umano dell’inquinamento chimico nell’acqua e nell’aria, gli scienziati non dispongono ancora di dati completi sulle sostanze chimiche prodotte dall’uomo e rilasciate nell’ambiente, sulla loro persistenza e sul pericolo che rappresentano per il sistema globale.
Attingendo a recenti valutazioni volte a cogliere l’ampiezza e la portata di queste tre “emergenze” ambientali, gli autori del rapporto UNEP si sono proposti di definire cosa è necessario fare per affrontarle.
Nella prefazione, gli autori principali del report Ivar Baste e Robert Watson scrivono che “i risultati delle valutazioni sono interconnessi e si sommano a un’emergenza planetaria senza precedenti”. Baste lavora per l’Agenzia norvegese per l’ambiente e Watson presiede l’IPBES.
“Le emergenze ambientali che sono state delineate nel rapporto derivano tutte direttamente dal consumo eccessivo di risorse da parte dell’umanità, dalla sovrapproduzione di rifiuti e dalla priorità del guadagno a breve termine che porta a ripercussioni negative a lungo termine”, ha affermato in conferenza stampa Inger Andersen, direttore esecutivo dell’UNEP. “Ma non tutto è perduto.”
Fungendo da traccia per l’azione, il rapporto invita i governi a smettere di sovvenzionare la produzione di combustibili fossili che emettono carbonio e l’agricoltura industriale, per reindirizzare invece quei fondi verso mezzi di sussistenza sostenibili che non esercitano la stessa pressione sul clima.
Andersen ha affermato che mettere un prezzo sul carbonio emesso da paesi e aziende potrebbe aiutare a stimolare un allontanamento da pratiche dannose e una tensione verso emissioni di carbonio pari a zero entro il 2050.
“Noi … sappiamo – siamo onesti – che tassare l’inquinamento funziona”, ha detto.
Per affrontare la perdita di biodiversità si richiederà un’espansione della rete di aree protette in tutto il mondo e un miglioramento della loro sorveglianza, della selezione della posizione e della loro interconnessione tra terra e mare.
Ci sono segnali di progresso. Il 19 febbraio, gli Stati Uniti hanno fatto il loro ritorno ufficiale agli accordi sul clima di Parigi. La mossa di unirsi alle altre 125 nazioni che hanno firmato l’accordo nel 2015 ha simboleggiato un cambiamento nella politica ambientale per gli Stati Uniti, il paese con le seconde più alte emissioni di carbonio, dopo la Cina. Questo porterà anche a un sostegno finanziario per uno sviluppo rispettoso del clima dagli Stati Uniti e da altri paesi industrializzati alle nazioni più povere.
Per il 2021 sono previsti nuovi incontri globali sulla biodiversità e sul cambiamento climatico; questo sottolinea la necessità di uno sforzo mondiale per affrontare le sfide delineate nel rapporto dell’UNEP.
Guterres ha espresso una nota di speranza, nella convinzione che l’ingegnosità umana è all’altezza del compito.
“Questo rapporto mostra che abbiamo le conoscenze e le capacità per affrontare queste sfide”, ha detto. Tuttavia, ha affermato che gli sforzi per ridurre le emissioni di carbonio, arginare le contaminazioni da agenti inquinanti nel sistema globale ed elevare la protezione della biodiversità devono ricominciare nel 2021.
“È davvero un anno in cui o ce la faremo o perderemo”, ha detto Guterres.
Didascalia dell’immagine banner: Rana Hylomantis lemur in Costa Rica. Foto di Rhett A. Butler / Mongabay.
CITAZIONI:
Rockström, J., Steffen, W., Noone, K., Persson, Å., Chapin III, F. S., Lambin, E., … & Foley, J. (2009). Planetary boundaries: exploring the safe operating space for humanity. Ecology and Society, 14(2).
Steffen, W., Richardson, K., Rockström, J., Cornell, S. E., Fetzer, I., Bennett, E. M., … & Sörlin, S. (2015). Planetary boundaries: Guiding human development on a changing planet. Science, 347(6223). doi:10.1126/science.1259855
Articolo originale: https://news-mongabay-com.mongabay.com/2021/02/u-n-report-lays-out-blueprint-to-end-suicidal-war-on-nature/