- I cittadini dei paesi che sponsorizzano le imprese di estrazione mineraria in acque profonde hanno scritto a diversi governi e all'International Seabed Authority, esprimendo la loro preoccupazione verso le difficoltà che le loro nazioni potrebbero dover affrontare per controllare tali imprese e verso i danni all'oceano di cui si renderanno responsabili.
- La responsabilità è una questione centrale nel campo dell’industria mineraria – rischiosa e ancora a livello embrionale – d'alto mare. La prima compagnia che trivellerà il fondo dell'oceano, la DeepGreen/The Metals Company, dipende dalle sponsorizzazioni dei piccoli stati insulari del Pacifico il cui PIL collettivo è un terzo del suo valore.
- Secondo gli scienziati, l'estrazione mineraria causerà con ogni probabilità danni diffusi, ma quando si tratta di estrazione in acque profonde la definizione legale di danno ambientale è ancora da definirsi.
Pelenatita Kara viaggia regolarmente nelle isole Tonga, la sua casa nel Pacifico, per educare i pescatori e gli agricoltori sull’estrazione nei fondali marini. Per molte delle persone che incontra si tratta di un termine ancora sconosciuto. Prima che Kara iniziasse ad apparire nei programmi radiofonici, poche persone sapevano che il loro governo aveva sponsorizzato una compagnia per estrarre minerali dal fondo del mare.
«È come parlare a un tongano di quanto sia fredda la neve», dice. «Inconcepibile».
Il Civil Society Forum di Tonga, dove Kara lavora, e diverse altre organizzazioni del Pacifico, hanno scritto a diversi governi e all’Autorità Internazionale dei Fondali Marini (ISA) per esprimere la loro preoccupazione che le loro nazioni possano essere responsabili dei danni ambientali nella zona ricca di minerali Clarion-Clipperton, una distesa di oceano tra le Hawaii e il Messico.
«Il Pacifico è attualmente il laboratorio per l’esperimento di estrazione mineraria dai fondali profondi a livello globale», hanno scritto i gruppi all’ISA, l’organismo affiliato all’ONU incaricato di regolare l’industria nascente. In qualità di stato che sponsorizza una società di estrazione mineraria dei fondali marini, Tonga ha accettato di assumersi una quantità significativa di responsabilità in questa industria che può minacciare ecosistemi a malapena conosciuti. Se qualcosa dovesse andare storto, Kara è preoccupata che le responsabilità di Tonga potrebbero superare la sua capacità di coprire le spese. Se nessuno potrà pagare per rimediare ai danni, sottolinea Greenpeace, sarà ancora peggio.
«La mia preoccupazione è che qualsiasi responsabilità legata all’estrazione in alto mare sia semplicemente troppo per noi», dice Kara.
Un altro stato insulare del Pacifico, Nauru, ha notificato a giugno all’ISA come un appaltatore che attualmente sponsorizza stia richiedendo i primi permessi, a livello mondiale, di sfruttamento minerario in acque profonde. La notizia ha fatto scattare la “regola dei due anni”, che obbliga l’ISA a considerare la richiesta entro quel periodo, indipendentemente dal fatto che le norme e i regolamenti di sfruttamento siano stabilite per allora.
Tra le regole che potrebbero non essere decise entro la scadenza c’è la responsabilità: Chi è responsabile se qualcosa va storto? Gli stati sponsor come Nauru, Tonga e Kiribati – che sponsorizzano gli appaltatori di proprietà della DeepGreen canadese, ora The Metals Company – sono tenuti a “garantire il rispetto” delle norme e dei regolamenti ISA. Se un appaltatore viola le regole dell’ISA, ad esempio causando un danno maggiore del previsto agli ecosistemi oceanici, l’appaltatore può essere ritenuto responsabile se lo stato sponsor ha fatto tutto il possibile per far rispettare le leggi nazionali.
Tuttavia, non è ancora chiaro come questi paesi possano convincere l’ISA di aver fatto rispettare le regole, né come possano dimostrare di essere in grado di controllare gli appaltatori quando l’azienda è di proprietà straniera. La responsabilità degli stati promotori di finanziare potenzialmente miliardi di dollari in pulizia ambientale dipende dalle definizioni legali di termini come “danno ambientale” e “controllo effettivo”, termini poco chiari oggi come potrebbero esserlo tra due anni.
Vi sono una miriade di problemi che potrebbero verificarsi nell’area di estrazione: I pennacchi di sedimenti (dall’inglese plumes) potrebbero viaggiare per migliaia di chilometri e ostacolare la pesca, oppure il danno potrebbe diffondersi nelle aree in cui operano altre compagnie. Gli scienziati non conoscono tutte le possibili conseguenze legate a queste attività dato che stiamo parlando di ecosistemi ancora poco conosciuti. L’ISA ha proposto la creazione di un fondo per aiutare a coprire i costi, ma ciò che non è chiaro è chi dovrà riempirlo.
«Le dimensioni delle aree colpite sono così grandi che il recupero ambientale non è semplicemente fattibile», dice Craig Smith, professore emerito di oceanografia all’Università delle Hawaii, che ha lavorato con l’ISA dalla sua nascita nel 1994. «Ripristinare decine o centinaia di migliaia di chilometri quadrati sarebbe probabilmente più costoso della stessa operazione di estrazione».
Nauru esprime le sue preoccupazioni
Poco più di dieci anni fa, prima che Nauru accettasse di sponsorizzare un permesso per l’estrazione mineraria in acque profonde, il governo temeva di ritrovarsi responsabile del pagamento di eventuali danni associati. Il governo scrisse al Tribunale Internazionale per il Diritto del Mare, esprimendo le sue preoccupazioni sulla responsabilità in cui poteva incorrere. In qualità di stato patrocinatore senza esperienza nell’estrazione in alto mare e con un piccolo budget per sostenerla, la delegazione voleva assicurarsi che l’ONU non desse la priorità ai paesi ricchi nel tracciare questa nuova frontiera dell’estrazione mineraria. Nauru e altri paesi “in via di sviluppo”, sostenevano che avrebbero dovuto avere la stessa opportunità di beneficiare dell’estrazione mineraria di altri paesi con più esperienza in progetti ad elevato capitale.
Gli stati sponsor come Nauru sono tenuti a garantire che i loro appaltatori rispettino la legge, ma, ha scritto la delegazione, «in realtà nessuna quantità di misure prese da uno stato sponsor potrebbe mai “assicurare la conformità” di un appaltatore quando l’appaltatore è un’entità separata dallo stato».
L’estrazione nei fondali marini comporta dei rischi – ambientali, finanziari, commerciali, politici – che gli stati promotori sono tenuti a monitorare. Secondo la richiesta di Nauru del 2010, «purtroppo non è possibile per gli stati in via di sviluppo adempiere alle loro responsabilità nella stessa misura degli stati sviluppati». Se gli standard di queste responsabilità variassero a seconda delle capacità degli stati, ha scritto la delegazione di Nauru, sia i paesi poveri che quelli ricchi potrebbero avere la loro possibilità di sfruttare i metalli preziosi racchiusi nelle profondità oceaniche.
«Secondo quanto riportato, gli stati più poveri e meno sviluppati, dovrebbero fare meno in termini di supervisione in quanto non dispongono delle risorse e capacità adeguate», spiega Don Anton, consulente legale del tribunale durante la decisione per conto dell’IUCN, l’autorità mondiale per la conservazione.
Il tribunale non si trovò d’accordo all’emettere un parere finale l’anno successivo. Ogni stato sponsor di una compagnia di estrazione in alto mare sarebbe stato tenuto a sostenere i medesimi standard di diligenza e le misure che “garantiscono la conformità”. Gli esperti legali hanno considerato bene la decisione, in quanto ha impedito agli appaltatori di cercare sponsorizzazioni in stati che ponevano requisiti inferiori sulle loro attività. Tuttavia, secondo Anton, paesi con budget limitati come Nauru si sono trovati di fronte a due sole scelte quando hanno preso in considerazione l’estrazione in acque profonde: Sponsorizzare completamente un appaltatore oppure evitare del tutto il business.
Secondo la decisione del tribunale, «non si può venir meno alle proprie responsabilità come stato sponsor facendo appello alla propria limitata capacità finanziaria o amministrativa», dice Isabel Feichtner, professoressa di diritto all’Università di Würzburg in Germania. «E questo naturalmente solleva la domanda: Fino a che punto un piccolo stato in via di sviluppo può davvero controllare un appaltatore che potrebbe disporre di un solo ufficio in quello stato?»
Nauru aveva appena iniziato a sponsorizzare una società privata per esplorare le ricchezze minerarie in fondo al mare nella zona Clarion-Clipperton. La Nauru Ocean Resources Inc. (NORI), inizialmente una filiale della Nautilus Minerals canadese, trasferì la sua proprietà a due fondazioni di Nauru, mentre il fondatore di Nautilus rimase nel consiglio di amministrazione di NORI. Come stato in via di sviluppo, Nauru ha affermato che questo tipo di partnership pubblico-privato era l’unico modo per unirsi all’esplorazione mineraria.
nel consiglio di amministrazione di NORI. Come stato in via di sviluppo, Nauru ha affermato che questo tipo di partnership pubblico-privato era l’unico modo per unirsi all’esplorazione mineraria accettò ufficialmente di sponsorizzare NORI.
Controllo
In seguito alla decisione del tribunale, l’Unione Europea ha riconosciuto che sarebbe stato un compito arduo scrivere le prime regole al mondo di estrazione mineraria in acque profonde per governare compagnie a migliaia di chilometri di distanza da parte di paesi con poca capacità di condurre ricerche.
L’UE, i cui stati membri sponsorizzano l’esplorazione mineraria, ha iniziato nel 2011 un progetto da 4,4 milioni di euro (5,1 milioni di dollari) per aiutare gli stati insulari del Pacifico a sviluppare codici di estrazione mineraria. Tuttavia, nel 2018, quando la maggior parte degli stati aveva finito di redigere i regolamenti nazionali, il Pacific Network on Globalization (PANG) ha indicato che tali codici «non proteggevano a sufficienza i diritti delle popolazioni indigene o l’ambiente in linea con le leggi internazionali». Inoltre, in alcuni casi i paesi hanno promulgato la legislazione prima che gli attori della società civile fossero a conoscenza dell’esistenza di una legislazione, ha dichiarato il direttore esecutivo della PANG Maureen Penjueli.
«Nella nostra regione, la maggior parte della legislazione presuppone un impatto molto piccolo, quindi non c’è motivo di ampie consulte», afferma. «Come nella maggior parte delle legislazioni, si tiene conto solo di dove avviene l’estrazione mineraria, non dove si sentono gli effetti».
Per Kara, le leggi di estrazione mineraria sono una cosa, mentre l’applicazione è un’altra. Secondo le regole sull’esplorazione mineraria in alto mare, gli stati sponsor devono avere un “controllo effettivo” sulle compagnie che sponsorizzano, ma l’ISA non ha definito esplicitamente cosa questo significhi. Per esempio, il contratto di esplorazione per la Tonga Offshore Mining Limited (TOML) riporta che se il “controllo” cambia, deve trovare un nuovo stato sponsor. Quando DeepGreen acquisì TOML all’inizio del 2020 dopo che Nautilus presentò istanza di fallimento, l’ISA dichiarò che il governo tongano concesse il trasferimento e non fu necessario rivalutare il passato della società.
Kara si domanda se Tonga possa controllare adeguatamente TOML, la sua gestione e le sue attività. TOML è registrata a Tonga, ma la sua gestioneè composta da dipendenti australiani e canadesi della DeepGreen. È di proprietà della società canadese. Da quando DeepGreen ha acquisito TOML, l’unico cittadino tongano all’interno dell’azienda non figura più tra i ruoli di gestione.
«Non è sufficiente essere incorporati nello stato sponsor. Lo stato sponsor deve anche essere in grado di controllare l’appaltatore e questo solleva la questione sulla capacità di controllo», dice Feichtner.
Quando il Civil Society Forum di Tonga e altri hanno scritto all’ISA, questi hanno sostenuto come il Canada dovrebbe essere lo sponsor statale di TOML, dato che TOML è di proprietà di una società canadese. In risposta, l’ISA ha scritto che il governo tongano “non ha voce in capitolo” nei cambiamenti di gestione, e che quindi non si rendeva necessario alcun cambiamento.
«Di tutto il lavoro che stanno facendo nella zona, non credo ci sia qualche tongano seduto a fare la cosiddetta convalida e ad accertarsi di ciò che viene fatto. Stiamo prendendo tutto per buono», dice Kara. Con le poche risorse a disposizione per rintracciare le persone che vivono in Canada o in Australia, Kara è preoccupata che Tonga non sarà in grado di ritenere le compagnie straniere responsabili dei problemi che potrebbero sorgere.
Fondendosi con una società con sede negli Stati Uniti, DeepGreen è diventata The Metals Company e sarà responsabile nei confronti degli azionisti negli Stati Uniti. Gli Stati Uniti, tuttavia, non hanno firmato la convenzione delle Nazioni Unite che guida l’ISA, e come tale non sono vincolati dai regolamenti ISA, l’unica autorità che disciplina l’attività di estrazione mineraria in alto mare.
«Quello che penso sia abbastanza chiaro è che “controllo effettivo” significhi controllo economico e non normativo», spiega Duncan Currie, avvocato che opera da consulente per gruppi di conservazione sul diritto oceanico. «Ovunque questo sia, non è a Tonga».
Rischis
Il 7 settembre, la delegazione di Tonga al vertice di conservazione globale dell’IUCN in Francia si è unita all’80% delle agenzie governative che hanno votato per una mozione che chiede una moratoria sull’estrazione mineraria in acque profonde fino a quando non si saprà di più sugli impatti e le implicazioni delle politiche.
«In qualità di scienziato la loro decisione mi rincuora», dice Douglas McCauley, professore di scienze oceaniche all’Università della California, Santa Barbara. «Il passaggio di questa mozione riconosce le ricerche svolte dagli scienziati di tutto il mondo che dimostrano come l’estrazione mineraria oceanica sia semplicemente troppo rischiosa per il pianeta e per le persone».
Il governo di Tonga continua a sponsorizzare a TOML un permesso di esplorazione mineraria. Secondo le ultime informazioni, Tonga e TOML hanno concordato che l’azienda pagherà 1,25 dollari di royalties per ogni tonnellata di noduli estratti. Secondo gli scenari presentati all’ISA da un gruppo del Massachusetts Institute of Technology, questo ammonterebbe ad appena lo 0,16% del valore delle attività che il paese sponsorizza. Le royalties pagate all’ISA e poi distribuite ai paesi potrebbero essere di circa 100.000 dollari.
Il contratto di Nauru con NORI stabilisce che la compagnia non è tenuta a pagare l’imposta sul reddito. DeepGreen ha indicato nei depositi alla U.S. Securities and Exchange Commission che le royalties non saranno finalizzate finché l’ISA non avrà completato il codice di sfruttamento delle risorse. Con la regola dei due anni, NORI prevede di richiedere un permesso minerario, indipendentemente da quando il codice sarà redatto.
«L’unico beneficio economico sostanziale [Nauru] potrebbe derivare dal pagamento delle royalties, non ancora specificate. Se qualcosa va male, incorre potenzialmente in questa enorme responsabilità», spiega Feichtner.
Come NORI, TOML ha iniziato la sua attività come filiale di Nautilus Minerals, uno dei primi estrattori di minerali in mare profondo del mondo. Poco prima che il progetto di Nautilus nelle acque della Papua Nuova Guinea fallisse e lasciasse il paese con 157 milioni di dollari di debiti, i suoi azionisti crearono DeepGreen.
«Temo che Tonga sarà un’altra Papua Nuova Guinea», dice Kara. «Se inizieranno a scavare nelle profondità oceaniche e dovesse succedere qualcosa, non avremo né le risorse né le competenze [per sistemare le cose] […] abbiamo bisogno di monitorare quello che stanno facendo».
DeepGreen ha dichiarato che sta dando agli stati “in via di sviluppo” come Tonga l’opportunità di beneficiare dell’estrazione dei fondali marini senza assumersi il rischio commerciale e tecnico. DeepGreen non ha risposto alle richieste di commento di Mongabay.
«Sto ancora cercando di comprendere il loro punto di vista. Personalmente, ritengo che DeepGreen stia usando gli isolani del Pacifico per promuovere la loro immagine. Continuo a pensare che il loro obiettivo non siamo noi ma gli azionisti», dice Kara.
Kara dubita che i minerali sul fondo dell’oceano siano necessari per abbandonare l’uso dei combustibili fossili. In una lettera a un giornale tongano, Kara ha scritto: «L’estrazione in alto mare è un residuo lasciato dagli approcci economici estrattivi degli anni ’60 e ’70. Non ha posto nel mondo moderno. Non va di pari passo con un’economia blu sostenibile. Come gli isolani del Pacifico già sanno – e la scienza sta appena iniziando a comprendere – le profondità oceaniche sono connesse alle acque meno profonde e alle barriere coralline così come alle lagune. Ciò che succede nelle profondità [oceaniche] si ripercuote ovunque».
Immagine di apertura: Un sommergibile ispeziona un camino idrotermale appena scoperto. Immagine per gentile concessione del NOAA Office of Ocean Exploration and Research, 2016 Deepwater Exploration of the Marianas.
Audio dal podcast di Mongabay: La biologa Diva Amon studia le profondità oceaniche e condivide ciò che sappiamo (e non sappiamo) sulla biodiversità in fondo all’oceano. Ascolta l’audio (in inglese):
Articolo originale: https://news-mongabay-com.mongabay.com/2021/10/deep-seabed-mining-is-risky-if-something-goes-wrong-who-will-pay-for-it/