- La seconda conferenza delle Nazioni Unite, svoltasi a Lisbona tra il 27 giugno e il 1° luglio, si è incentrata sulla protezione delle forme di vita sott’acqua, secondo l’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite n. 14.
- Originariamente programmata per il 2020, la conferenza è stata posticipata a causa della pandemia da Covid-19.
- Seppur le nazioni, le NGO (organizzazioni non-governative) ed altri enti si sono assunti centinaia di impegni di conservazione, tra cui la promessa di espandere le aree marine protette, di porre fine alle pratiche di pesca distruttiva e di finanziare gli sforzi di conservazione, gli esperti avvertono che vi è ancora molto da fare per proteggere i nostri oceani.
- Le coalizioni di piccoli pescatori e le popolazioni indigene, intanto, hanno espresso la propria preoccupazione per essere stati esclusi da importanti dialoghi sulla conservazione.
LISBONA — La conferenza delle Nazioni Unite sugli oceani (UNOC, UN Ocean Conference) si è conclusa a Lisbona il 1° luglio dopo cinque giorni interi di discussioni ed eventi incentrati sul raggiungimento di un obiettivo comune: l’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile dell’ONU n.14 (SDG14), che mira a proteggere la vita sott’acqua. Mentre i rappresentanti governativi, le NGO (organizzazioni non governative) ed altri enti si sono assunti centinaia di impegni a favore della conservazione, gli esperti hanno dichiarato che c’è ancora molto lavoro da fare per proteggere i nostri oceani.
L’SDG14 è stato suddiviso in 10 traguardi: ridurre l’inquinamento dei mari; proteggere e restaurare gli ecosistemi; ridurre l’acidificazione degli oceani; garantire che la pesca sia condotta in maniera sostenibile; preservare aree costali e marine; porre fine ai finanziamenti di pratiche di pesca dannose; aumentare i benefici economici derivanti dall’uso sostenibile delle risorse marine; espandere la conoscenza scientifica, la ricerca e la tecnologia relative alla salute degli oceani; sostenere i piccoli pescatori; attuare e far rispettare il diritto internazionale relativo al mare. Alcuni di questi obiettivi dovevano essere raggiunti nel 2020, altri entro il 2030.
Peter Thomson, segretario generale dell’ONU e inviato speciale per l’oceano, ha dichiarato durante la conferenza stampa del 25 giugno che il raggiungimento di questi obiettivi è fondamentale per “la nostra sopravvivenza sul pianeta”.
“Non si può avere un pianeta sano senza l’oceano e la salute dell’oceano volge a un declino inesorabile”, ha affermato Thomson, aggiungendo: “comunque sia, ho notato un’“ondata di positività” poiché le nazioni, ora consapevoli della gravità della situazione, hanno rivolto la loro attenzione agli sforzi di conservazione.

La Conferenza delle Nazioni Unite sull’Oceano (UNOC) di quest’anno, co-ospitata dal Portogallo e dal Kenya, originariamente programmata per il 2020, è stata posticipata a causa della pandemia da COVID-19. Più di 6.000 partecipanti da oltre 150 paesi hanno presenziato alla conferenza, secondo gli organizzatori, tra cui 24 capi di stato e di governo. Questa è stata la seconda conferenza dell’ONU sugli oceani; la prima si è svolta a New York nel 2017.
I Rappresentanti hanno adottato una dichiarazione chiamata la Dichiarazione di Lisbona, che delinea una serie di azioni su base scientifica necessarie per fronteggiare “l’emergenza globale degli oceani”, tenendo conto anche delle difficoltà che la loro attuazione può comportare per le piccole isole e per le nazioni in via di sviluppo.
Secondo gli organizzatori, i Partecipanti alla conferenza hanno registrato quasi 700 impegni, tra cui molti paesi hanno annunciato nuove misure di protezione all’interno delle loro zone economiche esclusive (EEZ), che sono aree oceaniche che si estendono per 200 miglia nautiche (370 chilometri) dalle coste di ogni nazione. Per esempio, Zac Goldsmith, ministro britannico della regione del Pacifico, ha annunciato che oltre 100 nazioni si sono impegnate a proteggere il 30% dei loro oceani entro il 2030 entrando a far parte della Coalizione ad alta ambizione per la natura e le persone. L’obiettivo di proteggere il 30% delle terre e dei mari mondiali entro la fine del decennio è anche un traguardo della Convenzione della Diversità Biologica dell’ONU (CBD).
Diversi paesi hanno annunciato nuove aree marine protette (le MPA). Ad esempio, la Colombia ha ampliato la zona vietata nel Santuario del Malpelo, habitat critico per molte specie marine, compresi gli squali bianchi e i tonni, e ha creato 3 nuove MPA ed aree di gestione marina (MMA). Queste nuove espansioni, se pienamente attuate, permetteranno alla Colombia di raggiungere l’obiettivo di proteggere il 30% delle sue acque otto anni prima della scadenza del 2030.
Altri annunci hanno riguardato la promessa del Guatemala di creare o espandere otto MPA per includervi il 13% delle EEZ della nazione, la promessa dell’Uruguay di espandere l’attuale MPA in un santuario per balene e delfini e la mossa del Portogallo di espandere le sue MPA nell’Arcipelago delle Azzorre e Madera.

Un gruppo di organizzazioni filantropiche, tra cui la fondazione Bezos Earth Fund e l’organizzazione Filantropie di Bloomberg, si è impegnato ad investire un totale di 1 miliardo di dollari negli sforzi di conservazione degli oceani, compresi la creazione delle MPA e di altre aree protette, nel corso dei prossimi otto anni. Questo impegno, secondo una dichiarazione delle organizzazioni, equivale presso a poco a tutti i finanziamenti filantropici che si sono dedicati alle MPA e alle aree protette nell’ultimo decennio.
Lance Morgan, biologo marino presso l’Istituto per la Conservazione Marina, un’organizzazione non-governativa con sede a Seattle sul Lance Morgan, biologo marino presso l’Istituto per la Conservazione Marina, un’organizzazione non-governativa con sede a Seattle sul cui Atlante della Protezione Marina sono tracciate le MPA globali, ha dichiarato di sentirsi incoraggiato dai tanti annunci sulle MPA, aggiungendo però che potrà volerci del tempo per la completa attuazione di queste aree.
“Una delle distinzioni evidenti nell’atlante nel corso degli anni è che va bene fare un annuncio, ma occorre anche passare alle fasi di implementazione e designazione”, ha dichiarato a Mongabay Morgan in un’intervista tenuta a Lisbona.
E ha aggiunto: “Siamo consapevoli che si tratta di un processo. A volte occorrono dai cinque ai 10 anni dall’attuazione delle MPA pima di vedere i benefici della biodiversità, che comunque sono il risultato di buone normative e di metodi di gestione efficaci”.

Altri impegni chiave si sono concentrati sulla lotta contro le pratiche di pesca distruttive. Per esempio, la Tailandia ha dichiarato che smetterà di rilasciare licenze di pesca commerciale ai pescarecci a strascico. Una coalizione delle NGO ha svelato un nuovo atlante per tracciare la pesca a strascico illegale nelle regioni protette del Mediterraneo. La Norvegia, inoltre, ha annunciato che diventerà il primo paese europeo a condividere i suoi dati di tracciamento delle navi con il Global Fishing Watch, una piattaforma tecnologica sulla trasparenza della pesca.
I Partecipanti hanno formato nuove alleanze all’UNOC, compresa un’alleanza delle nazioni per la moratoria sulle attività minerarie in acque profonde, un’attività molto controversa in cui le società minerarie userebbero attrezzature industriali per estrarre metalli ricercati dal fondo del mare, potenzialmente causando danni ambientali su larga scala.
Minna Epps, Direttore del team oceanico dell’IUCN, l’autorità mondiale per la conservazione della natura, pur riconoscendo il gran progresso fatto alla conferenza, soprattutto per quanto riguarda la mobilizzazione delle risorse, ha fatto notare che ulteriori azioni sono ancora necessarie per raggiungere determinati traguardi di conservazione.
“Ritengo che durante la pandemia, la gente abbia avuto il tempo per fermarsi, pensare, ricaricarsi e rivalutare tutto”, ha dichiarato Epps a Mongabay in un’intervista a Lisbona. E ha aggiunto: “Perciò, in una certa misura, alcuni di questi obiettivi sono un po’ datati, perché in realtà siamo spinti da ambizioni più grandi. Tuttavia, non credo che qualcosa di veramente valido possa scaturire dalla sola ambizione o dal senso del dovere, piuttosto occorrono quell’amore e quella devozione di cui la gente parla e che si possono sicuramente percepire qui”.

Agli eventi collaterali svoltisi durante l’UNOC, però, le coalizioni di piccoli pescatori e le popolazioni indigene hanno espresso la propria preoccupazione riguardo all’esclusione dei loro gruppi da importanti discussioni e negoziati.
“Non hanno alcun accesso, nemmeno linguistico, alle sessioni plenarie”, ha dichiarato a Lisbona in un’intervista a Mongabay Vivienne Solís Rivera, rappresentante della CoopeSoliDar, organizzazione con sede a Costa Rica per i diritti umani e la conservazione. E ancora: “Dunque, come si può avere un dialogo senza comunicare con l’altra parte? Ritengo che i leader abbiano la grande responsabilità di riuscire ad aprire un dialogo vero e trasparente con le comunità che possiedono quelle risorse che vogliamo conservare”.
Felicito Nuñez, dalla popolazione indigena dei Garifuna nell’Honduras, ha affermato che gli indigeni sono gli unici a possedere le conoscenze su come conservare le risorse naturali, eppure nessuno li consulta in merito alla gestione di quei luoghi naturali che queste genti hanno abitato per anni.
Gli sforzi di conservazione “non funzioneranno senza i popoli che hanno quelle conoscenze”, ha dichiarato a Mongabay Nuñez. E ancora: “Mentre gli insegnamenti accademici si possono trovare ovunque, la connessione con la natura la si può trovare solo nella popolazione nativa”.
E ha aggiunto: “Non possono prendere delle decisioni al posto nostro; dovrebbero venire e sedersi con noi…noi siamo quelli che vivono vicino all’oceano, perciò ritengo che debbano venire da noi prima di prendere qualunque decisione”.

Laura Meller, consigliere di Greenpeace del Polo Nord, ha fatto notare che, mentre alla conferenza si sono fatti “un gran parlare” e “tante promesse”, il successo finale dell’UNOC si misurerà ad agosto, quando i membri dell’ONU si raduneranno nuovamente per negoziare l’attesissimo trattato d’alto mare. Questo accordo fornirebbe un quadro giuridico per la protezione del 30% delle acque internazionali. Nell’ultima riunione di marzo, i negoziatori non sono riusciti a raggiungere un consenso.
“Questa sarà l’ultima volta in cui politici di alto livello si raduneranno prima di quei negoziati”, ha dichiarato a Mongabay Meller in un’intervista a Lisbona, aggiungendo: “Il loro compito qui sarà quello di parlare tra loro per individuare un terreno comune, gettando le basi su cui sarà possibile ottenere un forte risultato nei negoziati di agosto”.
Foto di banner:Tartaruga marina nell’oceano. Foto di cortesia della WCS del Guatemala.
Elizabeth Claire Alberts è una giornalista di Mongabay. Seguitela su Twitter @ECAlberts.
Articolo originale: https://news-mongabay-com.mongabay.com/2022/07/u-n-ocean-conference-ends-with-promises-is-a-sea-change-coming/