- Anche i farmaci, formulazioni chimiche in grado di alleviare molta della sofferenza umana, possono rappresentare inquinanti significativi, con principi attivi spesso espulsi dal corpo umano e immessi nei corsi d'acqua. L'intensità di questa contaminazione e dei suoi impatti non è stata tuttavia ben studiata.
- Uno studio pubblicato a giugno ha analizzato campioni provenienti da 1.000 siti lungo i corsi d'acqua di oltre 100 nazioni, alla ricerca di 61 ingredienti farmaceutici attivi (IFA). I risultati suggeriscono che le concentrazioni di almeno un IFA hanno superato i livelli di sicurezza per la vita acquatica in quasi il 40% dei siti analizzati a livello globale.
- Alcuni farmaci sono interferenti endocrini (IE) che imitano gli ormoni e interferiscono in modo dannoso con il sistema endocrino di vari organismi, mentre altri farmaci sono collegati alla resistenza antimicrobica (RAM), considerata oggi una delle maggiori minacce alla salute e al benessere umano.
- Nonostante la crescente consapevolezza tra gli scienziati, non esistono rapporti sistematici sull'inquinamento dei corsi d'acqua da parte dei farmaci e sugli impatti sulla salute dell’ecosistema. Attualmente, molti farmaci espulsi dall'uomo entrano direttamente nei corsi d'acqua o passano attraverso gli impianti di trattamento delle acque reflue esistenti. La risoluzione del problema avrà un costo molto elevato.
Nel 2020, mentre la pandemia da COVID-19 attirava su di sé ogni attenzione, la nostra specie ha consumato 4,5 trilioni di dosi di una miriade di farmaci. Solo in India, un farmaco, il paracetamolo, un antidolorifico usato per trattare alcuni sintomi da COVID-19, ha visto le vendite superare i 3,5 miliardi di pillole durante il 2021. Tutto ciò si è verificato mentre la pandemia spingeva affinché le grandi aziende farmaceutiche “corressero” per sviluppare e immettere sul mercato vaccini di successo, distribuendo più di 12,6 miliardi di dosi 12,6 miliardi di dosi.
Molto prima che il COVID-19 colpisse l’intera popolazione, i nuovi farmaci e quelli già esistenti venivano sfornati a un ritmo sfrenato, una tendenza destinata ad aumentare in futuro. Secondo le previsioni della società di ricerca sanitaria IQVIA, nei prossimi cinque anni le case farmaceutiche potrebbero presentare 300 nuovi farmaci.
Tuttavia, i farmaci, anche quelli che ci salvano la vita, nel posto e in dosi sbagliate possono risultare inquinanti.
Questi intrugli chimici che entrano nel flusso sanguigno umano e alleviano molte sofferenze umane finiscono spesso per immettersi nel “sistema circolatorio” della Terra, nei fiumi, nei laghi e negli estuari, con gli scienziati in gran parte ignari circa i mali potenzialmente generati in questo mondo selvaggio più esteso.
Un bilancio sull’inquinamento da farmaci
Uno studio a livello globale pubblicato quest’anno ha riportato che i fiumi di tutto il mondo, anche in Antartide, sono contaminati da prodotti farmaceutici. Alistair Boxall e colleghi hanno analizzato campioni provenienti da 1.000 siti in più di 100 Paesi, alla ricerca di 61 ingredienti farmaceutici attivi (IFA), i componenti chiave che trasformano composti semplici in farmaci.
Oggi, sono più di 4.000 gli IFA in uso. Sono tutti composti progettati per provocare una risposta biologica, per manipolare il funzionamento degli organismi viventi. Questo significa che gli IFA rilasciati nei corsi d’acqua hanno il potenziale di danneggiare l’ambiente.
I risultati iniziali del team di Boxall indicavano che le concentrazioni di almeno un IFA superavano i livelli di sicurezza per la vita acquatica in un quarto dei siti studiati. Uno studio successivo, pubblicato a giugno, suggerisce che questo numero potrebbe essere più alto, vicino al 40%, se si considera una gamma più ampia di impatti.
Secondo Boxall, professore di scienze ambientali presso l’Università di York nel Regno Unito, queste statistiche indicano una sorprendente svista scientifica. Dice di essere infastidito dal fatto che ora, decenni dopo che molti farmaci sono stati utilizzati per la prima volta, continuano a essere etichettati come “inquinanti emergenti”.
Ha affermato: «Solo negli ultimi 10-20 anni abbiamo iniziato a riconoscere che i farmaci sono in grado di danneggiare l’ambiente».
Il caso della metformina
Dei 61 IFA valutati, alcuni continuavano a comparire ripetutamente. Tra i più diffusi nei corsi d’acqua del mondo c’erano la carbamazepina, impiegata per il trattamento dell’epilessia, la caffeina, uno stimolante di uso quotidiano, e la metformina, un farmaco in prima linea per il diabete di tipo 2, prescritto dai medici e utilizzato dai pazienti di tutto il mondo.
Mongabay ha deciso di esaminare solo uno di questi tre, la metformina, non perché si distingua come inquinante particolarmente pericoloso, ma piuttosto in quanti i suoi meccanismi a livello ambientale e la nostra scarsa comprensione del suo impatto ecologico esemplificano altri farmaci altamente prescritti.
Circa il 90% delle persone a cui è stato diagnosticato il diabete soffre di diabete di tipo 2, in cui l’organismo perde progressivamente la capacità di utilizzare l’insulina, un ormone prodotto dal pancreas. Normalmente, l’insulina aiuta le cellule ad assorbire lo zucchero sotto forma di glucosio dal sangue. Avere insulina resistenza significa livelli elevati di glucosio nel sangue. Nel tempo, un eccesso di zucchero nel sangue può danneggiare organi vitali come i reni, indebolire i nervi e, in casi estremi, portare alla cecità o alla perdita degli arti.
La metformina cloridrato, o 1,1-dimetilbiguanide cloridrato, è il farmaco per il diabete attualmente più prescritto. Il meccanismo esatto con cui abbassa i livelli di glucosio è sconosciuto. Le ultime ricerche suggeriscono che agisce attivando gli enzimi nel fegato che limitano la formazione di glucosio e aumentando l’assorbimento del glucosio nell’intestino. Come molti farmaci, ha una serie di effetti collaterali che variano da paziente a paziente.
La metformina fu sintetizzata in un laboratorio di Dublino nel 1922, ma fu solo nel 1957 che il medico francese Jean Sterne ne segnalò per la prima volta le proprietà di riduzione dei livelli di glucosio. Tra gli anni ’40 e ’60 si è assistito a un’impennata nel suo utilizzo a livello globale, in concomitanza con l’esplosione dell’immissione sul mercato di nuovi farmaci, compresa la distribuzione di massa degli antibiotici.
Mentre le varie nazioni hanno approvato la metformina per il trattamento del diabete parecchio tempo fa, gli Stati Uniti lo hanno fatto solo a metà degli anni ’90. Le autorità regolatorie si sono mosse con cautela a seguito del fallimento di un altro farmaco per il diabete: la fenformina. La fenformina è stata collegata a una grave acidosi lattica, o accumulo di acido nel flusso sanguigno, che ha provocato migliaia di morti negli Stati Uniti negli anni ’60 e ’70.
Le preoccupazioni per la sicurezza umana sono rimaste comprensibilmente al centro dello sviluppo dei farmaci. Le preoccupazioni ecologiche non hanno avuto invece un ruolo significativo nell’approvazione della metformina a livello globale, e oggi i danni ambientali raramente bloccano l’approvazione di nuovi farmaci nella maggior parte delle nazioni.
Questa realtà porta gli scienziati a porsi la domanda: Quanto di un farmaco, o di una combinazione di questi inquinanti, potrebbe tradursi in un’overdose per un sistema fluviale?
La risposta è che non lo sappiamo e i dati sono purtroppo ancora insufficienti.
Nonostante la sua portata globale, l’indagine innovativa del team di Boxall ha rilevato l’impronta degli IFA in soli 471 milioni di persone, senza valutare alcun danno specifico. Il pianeta ospita quasi 8 miliardi di esseri umani, con nuovi farmaci che arrivano sul mercato, e nei corsi d’acqua ogni anno.
Sulle tracce dei farmaci in India
L’aumento della popolazione umana dalla Seconda Guerra Mondiale in poi si è tradotto in una maggiore richiesta di farmaci in tutto il mondo, soprattutto nei Paesi in cui il reddito è aumentato più di recente. Questo ha portato a un aumento dell’inquinamento farmaceutico anche nelle aree recentemente urbanizzate e un tempo incontaminate. Altri denominatori comuni della crescente contaminazione sono la facilità di accesso e l’ampia approvazione dei farmaci a livello globale.
L’India, ad esempio, è oggi il terzo produttore farmaceutico al mondo per volume, tanto da meritarsi il soprannome di “farmacia del mondo”. In particolare, funge da centro di produzione di farmaci generici (versioni che sostituiscono le formulazioni più costose non più protette da brevetto). I farmaci più economici che ne derivano sono prontamente disponibili sul mercato interno indiano e vengono spediti in tutto il mondo. Secondo una stima, circa il 40% delle formulazioni generiche vendute negli Stati Uniti sono fornite dall’India.
Sebbene la maggior parte delle persone colleghi i rifiuti sanitari agli ospedali, le strutture mediche non sono, in realtà, la fonte più significativa di inquinamento farmaceutico. È vero sì che gli impianti di produzione dei farmaci generano rifiuti contenenti IFA, ma è l’utilizzo domestico la fonte di gran lunga maggiore di contaminanti farmaceutici.
Il che ci riporta alla metformina. L’India ospita il secondo maggior numero di persone affette da diabete dopo la Cina: 80 milioni in totale, più dell’intera popolazione francese. Nella capitale indiana, Delhi, una città di quasi 20 milioni di abitanti, si stima che il 25-33% dei residenti abbia il diabete e molti di loro fanno sicuramente uso di metformina
Coloro che assumono questo farmaco onnipresente per il diabete inquinano inconsapevolmente la loro fonte d’acqua vitale, il fiume Yamuna, un affluente del Gange, che irriga gran parte delle colture dell’India settentrionale.
«Qualsiasi cambiamento nell’utilizzo dei farmaci da parte di una società influenza ciò che vediamo in un fiume», ha spiegato Boxall. Questo perché molti composti farmaceutici, tra cui la metformina, passano attraverso il corpo umano senza perdere la loro potenza e non vengono metabolizzati completamente. In effetti, più di due terzi di una dose di metformina possono finire intatti nelle urine o nelle feci.
E la maggior parte passa attraverso gli impianti di trattamento delle acque reflue.
Secondo la principale agenzia indiana per il controllo dell’inquinamento, le acque reflue sono il contaminante numero uno dei corsi d’acqua del Paese. L’India fatica anche a garantire il trattamento primario delle acque reflue domestiche. Le grandi città e i centri abitati generano circa 30 miliardi di litri (7,9 miliardi di galloni) di acque reflue al giorno. Solo circa un quinto di questi viene trattato.
Delhi è un’eccezione in questo senso, è in grado infatti di trattare l’80% dei suoi rifiuti. Tuttavia, secondo i dati del governo, 24 dei 34 impianti di trattamento delle acque reflue della capitale non soddisfacevano gli standard di trattamento delle acque reflue nel 2021. Lo Yamuna riceve la maggior parte delle acque reflue della megalopoli.
Nonostante siano tra le strutture meglio equipaggiate dell’India per la gestione dei rifiuti, gli impianti di trattamento delle acque reflue della capitale non sono progettati per estrarre i contaminanti farmaceutici. I ricercatori hanno rilevato un cocktail di 22 IFA, tra cui la metformina, in campioni di acqua di fiume raccolti nella regione della capitale. Nel nuovo studio, Delhi presentava alcune delle più alte concentrazioni medie di IFA al mondo, insieme ad Addis Abeba, Etiopia; La Paz, Bolivia; e Lahore, Pakistan.
Studi come quelli pubblicati dal team di Boxall stanno colmando un’importante lacuna. Le zone del pianeta che finora hanno ricevuto meno attenzione nella mappatura dell’inquinamento farmaceutico, Sud America, Africa sub-sahariana e parti dell’Asia meridionale, risultano essere tra le più colpite.
Lagos in Nigeria, la città più popolosa dell’Africa sub-sahariana, è un altro “punto caldo” dell’inquinamento, con 26 composti farmaceutici rilevati nel fiume Odo-Iya Alaro. «Non ci sono restrizioni su chi può aprire una farmacia», ha spiegato Charles Obinwanne Okoye, biologo ambientale dell’Università della Nigeria, «e le persone possono facilmente acquistare farmaci senza prescrizione medica».
«È innanzitutto un problema di gestione dei rifiuti», ha affermato Okoye, con sistemi di trattamento delle acque reflue tristemente inadeguati nei Paesi in cui l’impiego dei farmaci sta crescendo esponenzialmente.
Le prime prove dell’impatto ambientale dei prodotti farmaceutici
Le stesse proprietà che rendono i farmaci così utili nell’organismo bersaglio, uomo o bestiame, possono trasformarli in pericolosi inquinanti ecologici, soprattutto nei corsi d’acqua dove altri utenti sono esposti.
A valle del fiume Yamuna a Delhi, gli abitanti degli insediamenti utilizzano l’acqua per le loro necessità quotidiane, in alcuni casi anche per bere. L’acqua del fiume viene inoltre impiegata per irrigare le colture, con un livello di farmaci che potrebbe contaminare l’approvvigionamento alimentare.
L’esposizione diretta può essere pericolosa anche per la fauna selvatica. In studi clinici, la trota (Salmo trutta) mostra un comportamento simile alla dipendenza da metanfetamina, comunemente nota come meth. Ma la dipendenza dei pesci dalle droghe illecite non è l’unico problema.
Alcuni farmaci sono un sottoinsieme di una classe più ampia di sostanze chimiche chiamate interferenti endocrini (IE), che imitano gli ormoni e interferiscono con il sistema endocrino. Queste sostanze chimiche si trovano in qualsiasi cosa, dalle bottiglie di plastica ai pesticidi, e sono utilizzate anche nei farmaci.
Anche la metformina può rientrare in questa categoria. Sebbene il farmaco per il diabete non assomigli strutturalmente ai classici IE, è sempre più riconosciuto che «l’alterazione del sistema endocrino può avvenire attraverso meccanismi diversi dal classico legame con i recettori endocrini». Secondo alcuni studi, la metformina è in grado di produrre «cambiamenti ampi e sconosciuti» in pesci, mammiferi e invertebrati.
Gli scienziati hanno scoperto che quando il pesce Pimephales promelas è esposto a livelli di metformina equivalenti a quelli presenti nelle acque reflue, gli individui maschio mostrano segni di femminilizzazione. Altri maschi sono insolitamente piccoli e il farmaco ha un impatto sulla riproduzione dei pesci. Altri studi non hanno invece rilevato effetti simili nella specie.
Gli interrogativi sugli effetti a basso dosaggio
Alcuni esperti sostengono che, quando si tratta di IE, dosi maggiori non equivalgono a effetti maggiori. Non esiste una semplice correlazione uno-a-uno tra il dosaggio e gli effetti. Di conseguenza, la logica convenzionale per la determinazione dei limiti di sicurezza per gli inquinanti ambientali potrebbe non applicarsi agli IE. In alcuni casi, un basso dosaggio può produrre effetti molto diversi rispetto alle concentrazioni studiate negli esperimenti di laboratorio.
Questo effetto a basso dosaggio si manifesta anche in un’altra classe di farmaci legata alla resistenza antimicrobica (RAM). Gli agenti patogeni che causano malattie, tra cui batteri, virus e funghi, possono evolvere nel corpo umano e in natura per resistere ai farmaci antibiotici progettati per colpirli. Ciò avviene principalmente attraverso l’esposizione a composti medici sviluppati per ucciderli, con un sottoinsieme della popolazione patogena sopravvissuta che ha maggiori probabilità di essere immune all’antibiotico, un tratto evoluto trasmesso alla progenie.
Il sulfametossazolo è un antibiotico e un promotore della crescita del bestiame. È anche un comune inquinante. Oggi la sua efficacia è ampiamente compromessa, con bersagli batterici sempre più resistenti.
È importante notare che non sono necessari livelli tossici di antibiotici per produrre una resistenza antimicrobica significativa. Anche dosi più basse, come quelle potenzialmente presenti nei corsi d’acqua, possono dare origine alla resistenza, dando ai microbi la possibilità di familiarizzare e adattarsi a una minaccia.
Questa “pandemia silenziosa” di superbatteri sta distruggendo l’arsenale medico di antibiotici realizzato durante decenni. Uno studio commissionato dal governo britannico ha stimato che il numero di morti per infezioni da RAM potrebbe raggiungere i 10 milioni all’anno entro il 2050. La resistenza antimicrobica sta già avendo un peso molto significativo in India, dove l’accesso all’assistenza sanitaria è scarso. Più di 50.000 neonati muoiono ogni anno per infezioni resistenti ai farmaci.
Muoversi alla cieca verso il nostro futuro farmacologico
Nonostante il loro potenziale nocivo, gli IFA sono rimasti finora poco studiati e poco regolamentati.
«Gli inquinanti farmaceutici sono un esempio di sostanze chimiche preoccupanti che non rientrano nell’ambito dei trattati internazionali esistenti che si applicano ai prodotti chimici e ai rifiuti», ha dichiarato Mirella Miettinen, specialista in diritto ambientale presso la University of Eastern Finland. Miettinen è la ricercatrice principale del progetto SUDDEN, che mira a ridurre i rischi ecologici derivanti dal ciclo di vita dei prodotti farmaceutici.
Nonostante la crescente consapevolezza degli scienziati, non esistono rapporti sistematici sull’impatto dei farmaci sulla salute dell’ambiente. Ciò è particolarmente vero nei Paesi in cui si registra una crescita costante dell’uso di farmaci, associata a una cattiva gestione dei rifiuti. Ma non si tratta di una lacuna limitata alle economie “farma-emergenti”, come vengono chiamate nel gergo dell’industria Paesi come la Cina, l’India e il Brasile.
Boxall afferma che dei circa 2.000 farmaci in uso in Europa, i dati sugli effetti ecologici sono disponibili per meno di un quinto. La Svezia è un paese pioniere su questo fronte. Nel 2005 la nazione scandinava ha istituito un sistema di classificazione ambientale per i prodotti farmaceutici.
L’analisi dei rischi e dei benefici effettuata dagli enti regolatori dell’UE durante l’approvazione di un nuovo medicinale non prende in considerazione il rischio ambientale, ha osservato Miettinen. La FDA statunitense, invece, ha la facoltà di rifiutare i richiedenti che non forniscono informazioni sufficienti sugli effetti ambientali di un nuovo farmaco. Una moltitudine di eccezioni all’approvazione significa che le valutazioni ambientali non costituiscono la norma per l’applicazione di nuovi farmaci.
Esperti come Miettinen sostengono che le autorità di regolamentazione dovrebbero sempre considerare l’impatto ambientale quando approvano nuovi farmaci e limitare l’uso di un medicinale che comporta un maggior rischio ambientale.
Allo stesso modo, è necessario controllare l’eccessiva prescrizione e l’uso improprio di farmaci. Sono inoltre necessarie molte più ricerche sull’impatto dei singoli farmaci e delle interazioni tra diversi farmaci nei corsi d’acqua di tutto il mondo.
Conoscere quali sono questi impatti non sarà comunque sufficiente. Prendiamo ad esempio la metformina. È un farmaco essenziale in prima linea; i consumatori e gli operatori sanitari non possono sostituirlo facilmente con una versione “più green”. Per farlo, un’azienda dovrebbe trovare economicamente vantaggioso produrne una altrettanto efficace, testarla in sicurezza e renderla disponibile: un processo lungo e costoso.
«Abbiamo bisogno di varie azioni a diversi livelli per affrontare il problema», ha detto Miettinen, tra cui «la creazione di incentivi per lo sviluppo di composti con una migliore biodegradabilità».
Quando i farmaci entrano nel mercato e nel nostro corpo, tenerne traccia diventa molto più complicato.
La regolamentazione dell’inquinamento nei siti di produzione è facilmente raggiungibile e i quadri di riferimento per il controllo dei rifiuti industriali spesso includono i produttori farmaceutici. «L’industria farmaceutica è un’industria fortemente inquinante che rientra nella categoria rossa», ha dichiarato Gopal Krishna, attivista ambientale con sede in India. «Si tratta di industrie che generano rifiuti pericolosi».
Gli ospedali sono nella posizione ideale per svolgere il trattamento degli IFA prima che entrino nel flusso delle acque reflue pubbliche. Diverse tecnologie di rimozione degli IFA sono attualmente in fase di sperimentazione negli ospedali, molti dei quali in Europa.
I rifiuti domestici sono invece molto più difficili da trattare. Per i Paesi più industrializzati, ciò significa un completo adeguamento delle infrastrutture per le acque reflue. Per i Paesi meno industrializzati, il processo dovrebbe iniziare con la costruzione di impianti per il trattamento dei rifiuti, con i costruttori che si affrettano a installare tecnologie all’avanguardia per il trattamento delle acque, alcune delle quali oggi considerate troppo costose anche per i Paesi più ricchi.
Anche in questo caso la metformina fornisce un buon esempio. È già onnipresente nella rete idrica, anche in paesi industrializzati come il Regno Unito e gli Stati Uniti, perché i metodi di trattamento convenzionali non riescono a rimuoverla.
Il Radboud University Medical Center dei Paesi Bassi ha collaborato con l’azienda olandese VitalFluid per testare i metodi di estrazione dei residui farmaceutici dalle acque reflue ospedaliere. I ricercatori si sono affidati a un processo di ossidazione avanzato che aumenta l’ossigeno e l’azoto reattivi. Anche in questo caso, la metformina si è dimostrata un inquinante difficile da estrarre.
«Soluzioni come i filtri a carbone attivo o i trattamenti con ozono degradano molti più farmaci», spiega Boxall. «Il problema è che sono costose».
L’installazione di sistemi di questo tipo su larga scala comporterà una spesa notevole per i contribuenti. Più di dieci anni fa, l’adeguamento di un singolo impianto di trattamento canadese per gestire i rifiuti organici e i farmaci è costato più di 300 milioni di dollari. Lo scorso luglio, il governo di Delhi ha approvato un piano da 18,55 miliardi di rupie (230 milioni di dollari) per ripulire il fiume Yamuna. Le autorità prevedono di utilizzare questo denaro per posare nuove linee fognarie, costruire 10 nuove unità di trattamento delle acque reflue e adeguare sei impianti di trattamento delle acque reflue esistenti.
È chiaro che il raggiungimento dell’obiettivo di una valutazione completa e di una gestione efficace dell’inquinamento farmaceutico mondiale è ancora molto lontano.
Mongabay ha contattato le principali case farmaceutiche che commercializzano la metformina a livello globale, tra cui Pfizer, Johnson & Johnson, Merck & Co. e Bristol Myers Squib, ma non ha ricevuto alcuna risposta al momento della pubblicazione.
Immagine di apertura: Una varietà di farmaci in fiale e un flacone per flebo. Immagine del National Cancer Institute via Unsplash (dominio pubblico).
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Articolo originale: https://news-mongabay-com.mongabay.com/2022/09/humans-are-dosing-earths-waterways-with-medicines-it-isnt-healthy/