- Secondo gli scienziati le attività estrattive in alto mare potrebbero influire sui cetacei a causa dell'inquinamento acustico, che potrebbe interferire con i loro processi di comunicazione.
- Un team di esperti ritiene che le valutazioni di impatto di tali attività siano state incentrate sulle specie presenti sul fondale anziché sugli animali di dimensioni considerevoli che transitano nelle aree in cui sono previste le attività estrattive e che sia necessario svolgere urgentemente ricerche per capire il potenziale impatto sui cetacei.
- Una società estrattiva afferma tuttavia che il potenziale impatto prodotto sui cetacei dalle attività previste è valutato con l'esame dei dati acustici raccolti durante il suo recente test estrattivo nella zona di frattura di Clarion-Clipperton, che saranno analizzati insieme ai dati ambientali di riferimento relativi a un periodo di tre anni.
- Le attività estrattive in acque profonde internazionali potrebbero iniziare quest'anno dopo che lo Stato insulare di Nauru nel Pacifico, favorevole alle operazioni dell'affiliata di una compagnia estrattiva canadese, ha chiesto di accelerare l'autorizzazione delle attività estrattive.
Secondo gli esperti per i quali è necessario svolgere con urgenza ricerche in merito, l’avvio potenzialmente imminente delle attività estrattive in acque profonde internazionali potrebbe influire su balene, delfini e focene, segnatamente sotto il profilo dell’ inquinamento acustico.
In un nuovo articolo pubblicato sul sito web di Frontiers in Marine Science, alcuni scienziati che operano per la University of Exeter, i Greenpeace Research Laboratories e la Oregon State University sostengono che le attività estrattive proposte in alto mare produrrebbero probabilmente una serie di rumori con frequenze pari a quelle utilizzate dai cetacei per comunicare, il che può potenzialmente portare a cambiamenti in tali animali riguardanti il loro comportamento.
Gli autori affermano che la maggior parte delle valutazioni del potenziale impatto prodotto dalle attività estrattive in acque profonde sulla biodiversità si è focalizzata su “specie legate ai fondali e non animali di dimensioni considerevoli in transito” come le balene e i delfini. Ciò è in parte dovuto alla scarsità di dati sui cetacei nelle aree destinate alle attività estrattive, afferma l’autore principale Kirsten Thompson, specialista in scienze marine presso la University of Exeter nel Regno Unito.
“I cetacei sono un gruppo di animali molto eterogeneo e la maggior parte di ciò che sappiamo di loro deriva da studi svolti maggiormente vicino alla costa e alle isole presenti in alto mare”, scrive Thompson a Mongabay via e-mail. “Le ricerche in mare aperto sono difficili e il fatto che siano state ampiamente tralasciate nelle valutazioni di impatto delle attività estrattive è proprio un indice di quanto poco sappiamo delle specie che vivono in tali aree”.
Le attività estrattive in acque profonde potrebbero iniziare nell’immediato futuro
Le attività estrattive in acque profonde internazionali non sono ancora iniziate ma i membri dell’Autorità internazionale per i fondali marini (ISA), ente normativo legato alle Nazioni Unite, si stanno adoperando per definire le norme che ne consentano l’avvio nell’immediato futuro (forse già quest’anno). Una delle forme proposte di attività estrattive sui fondali riguarderebbe i noduli polimetallici, rocce ricche di metalli contenenti nickel, cobalto, rame, titanio e terre rare presenti nelle pianure sommerse in acque profonde. Con i paesi che si sforzano di ridurre le emissioni di gas a effetto serra, si registra una crescita della domanda di tali materiali destinati alle tecnologie di energia rinnovabile come le turbine eoliche, i pannelli solari e le batterie delle auto elettriche. Secondo una relazione del 2021 dell’Agenzia internazionale dell’energia, tali minerali sono attualmente estratti sulla terra ferma ma ne è carente la quantità ai fini del conseguimento della transizione energetica.
I soggetti favorevoli alle attività estrattive in acque profonde ritengono che tali attività consentiranno un’offerta di metalli sostanziale e necessaria per la transizione verso fonti energetiche rispettose del clima. Aggiungono che l’attività estrattiva sui fondali marini sarà molto meno distruttiva delle attività estrattive svolte sulla terra ferma.
Chi vi è contrario ritiene tuttavia che si sappia troppo poco sugli habitat in acque profonde e sulle specie che vi abitano ai fini di una valutazione adeguata dell’impatto che le attività minerarie in acque profonde possono avere sugli oceani. Ritengono inoltre che, in base alle conoscenze attuali, tali attività estrattive sembrano poter causare danni irreparabili agli antichi ecosistemi marini che contribuiscono a sostenere tutte le forme di vita del pianeta.
Nel giugno 2021, lo Stato insulare di Nauru nel Pacifico, favorevole alle operazioni di un’affiliata dell’azienda canadese The Metals Company (TMC), ha fatto ricorso a una “norma dei due anni” prevista nella convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS) per esortare l’ISA a consentire l’avvio delle attività estrattive in acque profonde entro due anni a prescindere dalle norme in vigore al termine di tale periodo. Gli esperti ritengono che tale autorizzazione possa dare il via alle attività della TMC e aprire la strada ad altre società nonché agli Stati che appoggiano l’avvio delle attività estrattive negli oceani di tutto il mondo.
A seguito della richiesta di Nauru, l’ISA ha previsto una serie di incontri affinché le norme sulle attività estrattive siano definite entro due anni e tali attività possano iniziare. Sebbene alcuni Stati membri dell’ISA siano favorevoli a procedere in tal senso, altri, tra cui la Francia, il Cile, la Nuova Zelanda e Palau, hanno chiesto una moratoria, una “pausa preventiva” o persino il divieto totale delle attività estrattive in acque profonde. Molti scienziati esperti di conservazione e società come Renault, Rivian, BMW e Samsung SDI si oppongono anch’essi alle attività estrattive in acque profonde.
“Sensibile al rumore”
Secondo il nuovo articolo, i cetacei “producono e rilevano suoni in alcuni range di frequenze specifici” per fini comunicativi riguardanti l’alimentazione, le interazioni sociali e la riproduzione. Gli autori sostengono tuttavia che le attività estrattive in acque profonde potrebbero compromettere tali comportamenti con la trasmissione di diversi suoni di origine antropica a varie frequenze (dalle attrezzature utilizzate per l’estrazione, l’azionamento e il monitoraggio delle attività estrattive) attraverso un cosiddetto processo di “mascheramento acustico”. I suoni a bassa frequenza, quale il rumore prodotto dalle navi in superficie potrebbero percorrere centinaia di chilometri nell’oceano, influenzando potenzialmente i cetacei presenti in un’ampia area. Gli autori ritengono “ragionevole prevedere” che l’attività estrattiva con finalità commerciale avvenga per 24 ore al giorno.
La relazione richiama in particolare l’attenzione sulla zona di frattura di Clarion-Clipperton, area di 4,5 milioni di chilometri quadrati nell’oceano Pacifico destinata alle attività estrattive in acque profonde, che costituisce l’habitat per 30 specie di cetacei, ivi compresi i capodogli (Physeter macrocephalus), le balenottere comuni (Balaenoptera physalus) e le balenottere azzurre (Balaenoptera musculus) in pericolo di estinzione. Le balene dal becco, note per essere estremamente sensibili ai suoni di origine antropica, quali i sonar militari, vivono anch’esse nell’area.
“Tali balene [dal becco] elusive sono le vere sommozzatrici delle profondità abissali della famiglia delle balene e probabilmente si nutrono alla profondità in cui potrebbero avvenire le attività estrattive”, afferma Thompson.
Nel settembre 2022, la TMC e la sua partner di attività, AllSeas, hanno svolto un test sulle attività estrattive nella zona di frattura di Clarion-Clipperton per la raccolta di circa 14 tonnellate di noduli. Il test è stato oggetto di polemiche dopo che gli scienziati incaricati di monitorarne lo svolgimento hanno lasciato trapelare un video che mostra lo scarico di sedimenti sulla superficie oceanica, sollevando domande relative all’impatto ambientale delle attività estrattive. Una relazione del 2020 ha suggerito che lo scarico di materiale possa essere distruttivo a livello ambientale a causa della dispersione di sedimenti e metalli dissolti. In una risposta pubblicata sul suo sito web, la TMC ha definito l’incidente un “caso di rilevanza limitata” che “non poteva arrecare danni all’habitat marino”.
L’amministratore delegato della TMC, Gerard Barron, ha anch’egli dichiarato a Mongabay che la società sta verificando il rumore generato e i potenziali effetti sui cetacei mediante lo sviluppo di un “modello acustico subacqueo convalidato”, creato in collaborazione con gli esperti di HR Wallingford, gruppo che si occupa di ingegneria e idraulica ambientale, e la Scottish Association of Marine Science. In una e-mail inviata a Mongabay, ha altresì aggiunto che la società ha raccolto dati acustici durante le sue recenti attività estrattive di verifica nella zona di frattura di Clarion-Clipperton, che provvederà ad analizzare insieme ai dati ambientali di riferimento relativi a un arco temporale di tre anni per elaborare la dichiarazione di impatto ambientale che la TMC è tenuta a presentare all’ISA al fine di chiedere la licenza per le attività estrattive svolte per finalità commerciali.
Secondo Barron, “i dati raccolti durante le prove pilota del sistema di raccolta ci consentiranno di comprendere gli eventuali impatti sui mammiferi marini e, se necessario, il modo in cui possiamo ottimizzare il nostro sistema per mitigare tali impatti. Ha aggiunto che la società si sta adoperando per garantire che le sue attività “restino entro soglie rispettose per l’ambiente”.
La società segnala che la dichiarazione di impatto ambientale della TMC sarebbe resa pubblica se, alla fine, l’azienda chiedesse di iniziare le attività estrattive.
Thompson, della University of Exeter, ritiene importante garantire la presenza di valutazioni scientifiche sottoposte a revisione tra pari relative al rumore generato dalle attività estrattive e al loro impatto sui cetacei, ma che tali valutazioni non sono ancora state pubblicate.
“Sappiamo che l’inquinamento acustico negli oceani costituisce già un problema per i cetacei e l’avvio di un nuovo tipo di attività che dovrebbe durare 24 ore su 24, 7 giorni su 7 creerebbe inevitabilmente maggiore rumore di origine antropica se le attività estrattive in acque profonde dovessero continuare”, sostiene Thompson. “Nonostante la mancanza di informazioni, sembra che l’attività estrattiva su scala industriale possa presto iniziare in uno dei pochi habitat del pianeta ancora inviolati”.
Secondo la relazione, il rumore non costituisce l’unico aspetto che potrebbe influire negativamente sui cetacei. Questi ultimi potrebbero altresì risentire dei pennacchi di sedimenti generati dai mezzi per le attività estrattive sui fondali, come pure dello scarico di sedimenti che potrebbero “rendere più torbide le colonne d’acqua e causare lo spostamento di agenti contaminanti”. Gli autori esprimono altresì preoccupazione sulle future attività estrattive in acque profonde che possono interessare le montagne sottomarine, le quali sono ricche dei metalli necessari per le tecnologie delle energie rinnovabili.
“Le montagne sottomarine sono ora note come importanti habitat in alto mare per alcune popolazioni di cetacei che si alimentano o si riuniscono attorno ad esse ma non disponiamo ancora delle conoscenze fondamentali su tali fragili ecosistemi”, afferma Solène Derville, coautrice della relazione e scienziata specialista di mammiferi marini della Oregon State University. “Alla luce di ciò, è molto complesso valutare la portata degli impatti che le attività estrattive sulle montagne sottomarine possono avere sugli animali che vivono e si nutrono intorno a tali strutture”.
Gli autori aggiungono che sono necessarie ulteriori ricerche per comprendere il modo in cui i pennacchi generati dalle attività minerarie e il degrado delle montagne sottomarine possono influire sui cetacei.
Valutazioni “urgentemente necessarie”
Naomi Rose, scienziata esperta di mammiferi marini presso l’Animal Welfare Institute, che non ha partecipato allo studio in esame, ritiene “assolutamente assurdo” continuare le attività estrattive in acque profonde.
In un’e-mail rivolta a Mongabay, Rose afferma che “l’impatto potrebbe essere considerevole anche sui cetacei, in quanto è già stato dimostrato che le specie che si immergono periodicamente a profondità così elevate (ad esempio le balene dal becco) sono particolarmente sensibili ai disturbi di carattere acustico mentre si trovano in immersione”. “Ad ogni modo, l’impatto sui cetacei è la preoccupazione minore nelle acque profonde. Tutto l’insieme delle specie che costituiscono gli ecosistemi bentonici [dei fondali marini] sarà danneggiato e distrutto dalle attività estrattive in acque profonde”.
Rose ritiene che, quantomeno, “dovrebbero essere svolte valutazioni ambientali significative” prima di autorizzare le attività minerarie. “Ciò vale sicuramente per qualsiasi attività umana in habitat ancora integri ma, in tale caso, sono necessarie con urgenza”, aggiunge.
Thompson afferma che tali valutazioni, che richiederebbero analisi approfondite dei cetacei nelle aree oggetto di attività minerarie, sarebbero “difficili da un punto di vista logistico e pertanto costose” ma fattibili.
“Possiamo ricorrere all’acustica, a metodi molecolari, ad analisi visive nonché, potenzialmente, a rilevazioni da remoto per individuare le specie presenti nelle aree in acque profonde destinate alle attività estrattive”, afferma. “Tali analisi richiederanno tempo ma abbiamo bisogno di tali informazioni dettagliate prima di procedere con eventuali attività estrattive commerciali”.
Thompson ritiene che non si debba procedere con le attività estrattive in acque profonde se mancano conoscenze adeguate riguardanti il modo in cui tali attività possono influire sui cetacei.
“Una volta avviate le attività estrattive”, sostiene, “sarà difficile fermarle”.
Immagine del banner: branco di megattere. Immagine di Kyle Mortara ottenuta tramite Flickr (CC BY-NC 2.0).
Elizabeth Claire Alberts è una scrittrice della redazione di Mongabay. Seguila su Twitter @ECAlberts.
Citazioni:
Thompson, K. F., Miller, K. A., Wacker, J., Derville, S., Laing, C., Santillo, D., & Johnston, P. (2023). Urgent assessment needed to evaluate potential impacts on cetaceans from deep seabed mining. Frontiers in Marine Science, 10. doi:10.3389/fmars.2023.1095930
Drazen, J. C., Smith, C. R., Gjerde, K. M., Haddock, S. H., Carter, G. S., Choy, C. A., … Yamamoto, H. (2020). Opinion: Midwater ecosystems must be considered when evaluating environmental risks of deep-sea mining. Proceedings of the National Academy of Sciences, 117(30). doi:10.1073/pnas.2011914117
Articolo originale: https://news-mongabay-com.mongabay.com/2023/02/potential-impact-on-whales-overlooked-as-deep-sea-mining-looks-set-to-start/