- Un nuovo report ha proposto una serie di tre interventi politici da parte dei governi che potrebbero aiutare parti dell'economia globale a decarbonizzarsi rapidamente.
- Gli autori hanno identificato tre cosiddetti green switch, o “inneschi verdi”, che hanno il potenziale non solo di ridurre le emissioni di carbonio in un settore, ma anche di innescare ulteriori punti di svolta positivi, con conseguente accelerazione della decarbonizzazione in altre industrie a elevate emissioni di carbonio.
- Tra i potenziali interventi politici, il report afferma che: un mandato per veicoli a emissioni zero potrebbe ridurre i costi delle batterie; la promozione dell'ammoniaca green nei fertilizzanti potrebbe aumentare l'utilizzo dell'idrogeno; e l'acquisto di proteine alternative per il cibo servito nelle istituzioni pubbliche potrebbe ridurre la pressione esercitata sui terreni e tagliare le emissioni agricole.
Dall’innalzamento del livello del mare alle ondate di caldo torrido, il pianeta ha un piede nella fossa climatica. Eppure, un nuovo report sostiene che tre interventi politici mirati potrebbero portare a punti di svolta positivi aiutandoci a uscire dal baratro.
Il report, prodotto da Systemiq, una società che promuove il «cambiamento dei sistemi» nell’economia globale, insieme all’Università di Exeter nel Regno Unito e al Bezos Earth Fund, si focalizza su aree che potrebbero innescare «una cascata di decarbonizzazione» in settori che rappresentano il 70% delle emissioni globali di gas serra. Il documento è stato presentato a gennaio in occasione dell’incontro annuale del World Economic Forum di Davos, in Svizzera.
Questi punti di svolta positivi o «auspicabili» possono aiutare l’umanità a «transitare il più velocemente possibile verso emissioni nette di gas serra pari a zero», ha dichiarato a Mongabay Tim Lenton, docente di cambiamenti climatici e scienza del sistema terrestre presso l’Università di Exeter e collaboratore del report.
Il report, intitolato “The Breakthrough Effect”, dall’inglese “l’effetto di svolta”, identifica tre «punti di super leva» attendibili che hanno il potenziale di ridurre le emissioni di carbonio non solo in un settore, ma di trasformarsi in una serie di punti di svolta e di sostenere una rapida decarbonizzazione in numerosi settori. Secondo Lenton, questi punti di svolta positivi si verificano quando «il feedback di rinforzo all’interno di un sistema è in grado di diventare abbastanza forte da autoalimentarsi». La prima raccomandazione riguarda un mandato per i veicoli a emissioni zero, la seconda un mandato per l’utilizzo di ammoniaca green, o ammoniaca verde, come fertilizzante e la terza l’approvvigionamento di proteine non carnee a livello pubblico.
Tutti e tre questi settori sono collegati ad altre industrie, sottolineano gli autori del report. Perciò, incanalare denaro in uno qualsiasi di essi avrebbe effetti a catena sulle emissioni difficili da abbattere. Secondo i ricercatori, un mandato per i veicoli a emissioni zero renderebbe più economica la produzione di batterie e accelererebbe lo sviluppo delle energie rinnovabili, mentre i fertilizzanti privi di carbonio darebbero un input alla crescita nell’utilizzo dell’idrogeno, e l’impiego di proteine di origine vegetale ridurrebbe notevolmente la pressione esercitata sui terreni agricoli.
Erik Faassen, esperto del Institute for European Energy and Climate Policy (IEECP), o Istituto per la Politica Energetica e Climatica Europea, non coinvolto nella stesura del report, ha affermato che queste possibili azioni sono «segnali di un cambiamento imminente».
Prima di reagire, i governi si sono a lungo concentrati sul tasso ottimale di riscaldamento tollerabile, che secondo la visione di Lenton era «basato sulla folle idea che conoscessimo davvero le conseguenze delle nostre azioni». Ma i punti di svolta funzionano in entrambi i sensi. Gli scienziati hanno avvertito che se non si riuscirà a limitare l’aumento medio della temperatura globale a 1,5° Celsius (2,7° Fahrenheit) rispetto ai livelli preindustriali, si verificheranno danni irreversibili ai sistemi di supporto alla vita sulla Terra, noti anche come punti critici o punti di non ritorno.
Che si tratti del deperimento e morìa della foresta amazzonica, del collasso della calotta glaciale della Groenlandia o di uno spostamento del monsone dell’Africa occidentale, queste soglie critiche, se superate, rischiano di «intrappolarci in un cambiamento climatico che si autoalimenta», avvertono gli autori del report.
I punti di svolta positivi, continuano gli autori, sono necessari per tenere a bada quelli catastrofici.
Allontanarsi dai combustibili fossili
Il primo dei tre «punti di super leva» del report prevede che i governi rendano obbligatori le vetture a emissioni zero (ZEV) nel trasporto su strada di veicoli leggeri, imponendo alle case automobilistiche di garantire che le ZEV costituiscano una quota crescente delle vendite di automobili. Il report sottolinea che ciò spingerebbe i prezzi delle ZEV verso il basso e aumenterebbe la domanda, «potenziando così i circuiti di feedback come forza di mercato dominante».
«Versioni di questa politica si sono dimostrate molto efficaci in California, Cina e nelle province canadesi del Quebec e della Columbia Britannica», affermano gli autori, aggiungendo che il mandato sulle ZEV non comporta alcuna spesa pubblica, ma si basa sulla riallocazione del capitale industriale. Le ZEV sono veicoli elettrici che funzionano a batterie ricaricabili oppure auto che funzionano a idrogeno invece che a combustibile, anche se queste ultime non sono ancora diventate ad uso di massa.
Secondo il report, imponendo l’obbligo delle ZEV i governi potrebbero generare un punto di svolta nella produzione di batterie. I ricercatori affermano che l’adozione di veicoli elettrici al 60% delle vendite totali di automobili entro il 2030 porterebbe a decuplicare il volume della produzione di batterie rispetto ai livelli attuali e, di conseguenza, a ridurre i costi delle batterie del 60% entro tale data. Questo, aggiungono gli autori, ridurrebbe a sua volta il costo dell’energia solare ed eolica e delle soluzioni di stoccaggio dell’energia.
«Aumentando rapidamente la produzione di batterie, con conseguenti miglioramenti tecnologici e di costo, i veicoli elettrici potrebbero sostenere la transizione verso l’energia pulita e la decarbonizzazione di altri settori che necessitano di elettricità pulita e a basso costo», scrivono gli autori. Aggiungono inoltre che saranno fondamentali anche altri tipi di supporto, tra cui investimenti nelle infrastrutture di ricarica.
Nel trasporto su strada di veicoli pesanti, batterie più economiche e più performanti potrebbero anche aumentare la competitività dei camion elettrici, aggiunge il report, «anticipando il momento in cui supereranno i camion a benzina o diesel».
Lenton, tuttavia, ha affermato che un simile mandato potrebbe incontrare una forte opposizione politica. Ha citato il tentativo dei legislatori repubblicani dello Stato americano del Wyoming di approvare una risoluzione per eliminare gradualmente la vendita di tutti i nuovi veicoli elettrici entro il 2035. La risoluzione è stata bocciata.
«Si possono verificare contraccolpi da parte dei politici in carica in particolari settori, e alcuni governi possono essere deboli», ha affermato Lenton. «Questo spesso risale all’ideologia politica dominante: ci affideremo al laissez-faire, dal francese “lasciate fare”, ovvero lasciare che il mercato decida tutto, nel qual caso siamo spacciati, oppure abbiamo intenzione di avvalerci di fondi pubblici per il nostro bene collettivo?».
Amore per l’ammoniaca green
Composta da azoto e idrogeno, l’ammoniaca è comunemente utilizzata nella produzione di fertilizzanti. È tipicamente prodotta da combustibili fossili e per questo ha suscitato interesse in termini di soluzione del problema climatico. Se prodotta a partire da idrogeno green, generato dalla scissione delle molecole d’acqua in idrogeno e ossigeno utilizzando energia rinnovabile, potrebbe diventare “verde” a sua volta. Secondo il report, se i governi imponessero l’uso di questa ammoniaca verde nella produzione di fertilizzanti agricoli, si potrebbe dare il via alla crescita dell’economia dell’idrogeno, riducendone i costi e ampliandone l’uso per immagazzinare energia e alimentare le navi.
«Ad esempio, l’attuazione di un mandato che prevede la miscelazione di ammoniaca verde al 25% nella produzione di fertilizzanti potrebbe generare una domanda di quasi 100 GW [gigawatt] di elettrolizzatori per la produzione di idrogeno, che ridurrebbero i costi di capitale di circa il 70% sulla base degli attuali tassi di apprendimento», affermano gli autori del report, soprattutto perché i prodotti agricoli devono soddisfare le esigenze di una popolazione in crescita. Gli elettrolizzatori per la produzione di idrogeno sono macchine che scindono l’acqua in ossigeno e idrogeno.
L’ammoniaca green può essere spedita a un costo relativamente basso, e può quindi essere prodotta dove i costi dell’idrogeno sono i più bassi.
«Inoltre, non è necessaria alcuna conversione del settore finale, poiché gli impianti di fertilizzazione consumano già ammoniaca», aggiunge il report. Tuttavia, gli autori non sono altrettanto fiduciosi come per il mandato ZEV, indicando la produzione di idrogeno come «un’industria nascente con dati storici limitati ai suoi casi d’uso».
«Sarebbe comunque economicamente sensato provarci», ha spiegato Lenton, soprattutto quando il prezzo dei fertilizzanti convenzionali a base di combustibili fossili è così alto. «È incoraggiante che ci siano governi che hanno visto come questa sia una prima nicchia sensata per l’idrogeno green», ha aggiunto, invitando a un «approccio maggiormente orientato verso un’analisi rischio-opportunità nei confronti della situazione climatica».
Secondo il report, la bozza della strategia dell’India sull’idrogeno, ad esempio, richiede una produzione minima di ammoniaca green del 5% per il settore dei fertilizzanti nazionali entro il 2023-2024 e del 20% entro il 2027-2028.
Gli autori affermano che l’obbligo all’impiego dell’ammoniaca green dovrebbe essere combinato a adeguati meccanismi di finanziamento per evitare un aumento dei prezzi dei raccolti che «colpirebbe in modo sproporzionato le popolazioni più vulnerabili».
Niente più proteine animali
Il terzo punto di svolta? Rendere pubblica la fake meat, o “finta carne”.
Sulla base di quanto riportato nel report, i governi dovrebbero acquistare pubblicamente proteine alternative per il cibo servito presso istituzioni pubbliche come ospedali, prigioni, scuole e uffici governativi. Il report osserva che avvicinare un maggior numero di consumatori a prodotti ricchi di proteine provenienti da piante, alghe o carne coltivata in laboratorio aumenterebbe rapidamente la domanda e ridurrebbe i costi, aiutando i produttori a realizzare economie di scala e modificando al contempo le norme sociali sul consumo di carne.
Secondo il rapporto Outlook 2021-2030 della FAO (Food and Agriculture Organization), la crescita del consumo globale di carne dovrebbe aumentare del 14% entro la fine di questo decennio, con un conseguente aumento delle emissioni di gas serra. Per contrastare questo fenomeno, i ricercatori stimano che l’introduzione di proteine non animali nelle istituzioni pubbliche potrebbe raddoppiare la quota di mercato prevista fino al 20% nel 2035, e battere le proteine animali in termini di costi.
«Questo libererebbe circa 400-800 milioni di ettari di terra dall’uso per la produzione di carne, pari al 7-15% della terra totale attualmente dedicata all’agricoltura», spiega il report. Ciò lascerebbe più terra a disposizione per lo stoccaggio naturale di carbonio, allentando la pressione verso il disboscamento delle foreste per le piantagioni di colture e i pascoli del bestiame, e riducendo le emissioni degli allevamenti di animali ad alto contenuto di metano.
Secondo Faassen, le alternative che «rendono più difficile l’esistenza di tecnologie e processi inquinanti “vecchi” e collaudati, [creeranno] spazio per l’emergere di nuovi processi più adatti allo scopo».
Per ottenere una maggiore diffusione delle proteine alternative, spiega il report, è necessario che queste siano all’altezza del sapore e della consistenza di quelle animali. Ma, aggiungono gli autori, le proteine di origine vegetale, un settore valutato circa 30 miliardi di dollari l’anno, sono già tecnologicamente molto avanzate.
Lenton ritiene che questo mandato risieda in parte nelle mani dei governi. In Paesi come il Regno Unito, ha spiegato, i politici «in linea generale non penserebbero neanche lontanamente di dire alla gente cosa può o non può mangiare». Ma non è una causa persa, ha aggiunto, poiché le scuole si stanno orientando in modo proattivo verso alimenti a base vegetale.
«Possiamo dimostrare con prove evidenti in ambito sanitario che mangiare meno carne rossa è meglio per la salute, per non parlare del pianeta», ha dichiarato Lenton.
Eppure, come per l’idrogeno, il mercato della “finta carne” è ancora agli inizi.
«La sfida principale è rappresentata dalla generale imprevedibilità delle innovazioni che questi “punti di super leva” dovrebbero apportare», ha affermato Faassen. «Il problema di un cambiamento dirompente è che, per sua natura, è molto difficile da… pianificare».
Il punto di “extra super leva”
Lenton, che si definisce «un misto tra ottimista e pragmatico», si è detto positivo sulla transizione alle rinnovabili, dal momento che le fonti di energia a bassa emissione di carbonio hanno iniziato a chiudere le centrali a combustibili fossili prima ancora del loro termine di vita.
Secondo uno studio pubblicato a gennaio dal gruppo di ricerca Ember, ad esempio, nel 2022 l’eolico e il solare hanno rappresentato un quinto dell’elettricità dell’Unione Europea, superando per la prima volta il gas.
Lenton ha affermato che il collaboratore dello studio Simon Sharpe, del gruppo Climate Champions, ha descritto l’opzione della leva dell’energia pulita «come Sisifo che nella mitologia greca deve spingere il masso su per la collina. Quando si cerca di cambiare una fonte di energia, bisogna spingere il masso su per il pendio, ma a un certo punto si arriva in cima alla collina e il masso inizia a rotolare giù dall’altro lato in questo nuovo mondo di energia rinnovabile».
Successivamente, con la riduzione dei costi, si rafforzano gli incentivi per un’ulteriore elettrificazione da fonti rinnovabili.
Un’idea semplice. Lenton ha dichiarato che il denaro pubblico per i sussidi all’estrazione dei combustibili fossili e i crediti d’imposta potrebbero essere spostati «in modo più deciso» verso le energie rinnovabili.
«Forse, è questo il punto di “extra super leva”» spiega Lenton, «[ovvero di] movimenti di capitali privati e pubblici per spingere la transizione alle rinnovabili sempre più rapidamente».
«Il cambiamento sarà confuso e caotico», ha detto Faassen, «e sicuramente non lo faremo nella maniera corretta. Eppure, questo non significa che sia impossibile e che non avverrà».
Immagine di apertura: Un orso polare sulla banchisa, di Hans-Jurgen Mager via Unsplash.
Articolo originale: https://news-mongabay-com.mongabay.com/2023/03/three-small-steps-for-mankind-one-giant-leap-for-the-climate/