Dr. Laurel A. Neme è autrice di “ANIMAL INVESTIGATORS: How the World’s First Wildlife Forensics Lab is Solving Crimes and Saving Endangered Species”. Conduce il programma “The WildLife with Laurel Neme” nel quale esplora i misteri del mondo animale con interviste a scienziati e ricercatori nel campo faunistico. |
Stephanie Vergniault e locali osservano la carcassa di un elefante. Foto per gentile concessione di SOS Elephants.
Nelle prime ore della mattina del 24 luglio 2012, almeno 30 elefanti sono stati uccisi da bracconieri nel sud ovest del Chad. La notte stessa, Stephanie Vergniault, presidentessa dell’organizzazione SOS Elephants, ha pubblicato su Facebook la descrizione di come un gruppo di uomini a cavallo, muniti di armi da guerra, abbia inseguito un branco di elefanti nelle vicinanze dell’accampamento di SOS Elephants nell’area di Chari Baguirmi. Alle prime luci dell’alba la squadra di SOS Elephants ha contato 28 carcasse, la maggior parte delle quali prive di zanne. Non c’è certezza sull’esatto numero di queste ultime perché la squadra non ha potuto continuare gli accertamenti, intimorita dalla presenza di bracconieri rifugiatisi sulla sponda opposta del fiume Chari.
Il massacro è avvenuto mentre a Ginevra si svolgeva il 62esimo incontro della Commissione permanente per la Convenzione sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora minacciate di estinzione (CITES), evento che ha attirato 350 partecipanti da tutto il mondo e i cui argomenti in cima alla lista sono proprio l’uccisione illegale di elefanti e il traffico di avorio. La Commissione permanente ha analizzato lo stretto legame tra l’aumento delle attività di bracconaggio sugli elefanti e il traffico di avorio, proponendo spunti per un miglioramento della situazione. Si è fatto riferimento, inoltre, ad un rapporto di recente pubblicazione dal titolo “Decision-Making Mechanisms and Necessary Conditions for a Future Trade in African Elephant Ivory” nel quale si esplorano la possibilità di una futura legalizzazione del commercio internazionale di avorio e la potenziale creazione di un’organizzazione per la gestione della vendita di avorio, sull’esempio del cartello di diamanti DeBeers.
Carcassa di elefante. Fotografia per gentile concessione di SOS Elephants.
Alcune comunità locali, la squadra di SOS Elephants, con base nell’accampamento, e il suo segretario generale, Raphael Djimadibaye, accortosi dell’attacco, hanno informato il capo superiore della tribù. Dopo essere stata contattata, Vergniault ha incontrato le autorità locali prima di autorizzare i soldati all’inseguimento dei bracconieri.
![]() Oumar Mamadi, Capo superiore della tribù, a protezione degli elefanti con membri della squadra di SOS Elephants.
|
Il giorno seguente l’attacco, SOS Elephants ha rinvenuto un cucciolo di elefante nella zona ed è possibile che la madre sia tra gli esemplari uccisi. La squadra di SOS Elephant ha soccorso l’elefantino abbandonato, un maschio di tre settimane ribattezzato “Toto”, portandolo all’accampamento dove è stato nutrito con latte in polvere.
Vergniault sospetta che il massacro sia opera di Ciadiani appartenenti ad una sorta di “organizzazione mafiosa di traffico d’avorio” con sede locale, la quale conta su ”l’appoggio di esponenti pubblici” e organizza “affari illegali con la manodopera cinese” della raffineria. La raffineria è una joint venture tra la China National Petroleum Corporation (CNPC), in possesso del 60% dello stabilimento, e la compagnia petrolifera di Stato, la Société des Hydrocarbures du Tchad (SHT). Ideato per raffinare il petrolio greggio proveniente da pozzi della regione del Bongor meridionale attraverso un oleodotto di 311 km, l’impianto è stato inaugurato nel giugno del 2011. Attualmente, si prevede che la produzione iniziale di 20.000 barili al giorno (bpd) possa raggiungere i 60.000 bpd per consumo interno e sub regionale.
Secondo il Fondo internazionale per la salvaguardia degli animali (Ifaw), la popolazione di elefanti nel Ciad ha subito un calo vertiginoso, passando da 4.000 esemplari a quasi 2.500 tra il 2006 e il 2010, anno dell’ultimo censimento. Data l’attuale intensità delle attività di bracconaggio, è possibile che la cifra sia scesa ulteriormente. Nello stesso periodo, gli elefanti del parco nazionale di Zakouma sono diminuti dalle 3.000 unità del 2006, alle 940 del 2008 fino a toccare la cifra attuale di 450 esemplari. Stando alle stime di Vergniault, rimangono circa 1.500 elefanti nel Ciad, tra i quali 450 vivono a Zakouma, 300 nell’aria non protetta di Chari Baguirmi-Mayo Lemie e 700 in altre parti del Paese.
Se l’intensità del bracconaggio non diminuisce, “nell’arco di tre anni non rimarrà nemmeno un esemplare di elefante nel Ciad”, afferma Vergniault. Il suo appello si rivolge a favore di una costituzione di unità anti bracconaggio permanenti e di un inasprimento delle punizioni nei confronti dei bracconieri colti nell’atto.
SOS Elephants è l’unica organizzazione non governativa attiva nel Ciad ad occuparsi della conservazione degli elefanti e del loro habitat; incorpora programmi di ricerca, informazione, conservazione e azioni anti bracconaggio e ha intessuto una rete tra le 100 e le 200 persone autoctone che hanno il compito di divulgare informazioni riguardo le attività di bracconaggio, inclusa la posizione di bracconieri ed elefanti. Recentemente, l’organizzazione ha inaugurato una sezione in Congo.