Un frutto cade sul terreno in una foresta pluviale. Aspetta. Aspetta ancora. Dentro il frutto c’è un seme, e come la maggior parte dei semi nelle foreste tropicali, questo ha bisogno di un animale – un animale abbastanza grande – per spostarlo in un nuovo posto dove può germogliare e crescere. Ma molti potrebbero aspettare in vano. La caccia e il bracconaggio hanno decimato molte popolazioni di mammiferi e uccelli intorno ai tropici, e secondo due nuovi studi la perdita di questi importanti dispersori di semi sta mettendo a rischio la vera natura delle foreste pluviali.
“Gli animali che mangiano la frutta e disperdono i semi sono particolarmente sensibili alla caccia. Quindi nelle foreste dove si caccia si trovano diversi animali che possono disperdere semi, in particolari i semi più grandi,” ha spiegato Rhett Harrison dell’Accademia Cinese delle Scienze a mongabay.com. Monitorando una foresta protetta nel Borneo per più di 15 anni, Harrison e la sua squadra hanno constatato che la caccia eccessiva ha portato a “diffusi cambiamenti” nelle popolazioni arboree e “col tempo porterà ad un consistente declino nella diversità degli alberi,” secondo il loro studio pubblicato su Ecology Letters.
Ola Olsson della Lund University ha constatato una situazione molto simile migliaia di miglia lontano, in Nigeria. Mettendo a confronto aree non soggette a caccia con zone dove invece si caccia (nelle quali la maggior parte dei primati, compresi i gorilla, sono svaniti), Olsonn e altri ricercatori hanno scoperto che le popolazioni di piantine – ovvero i futuri alberi – erano enormemente differenti, e lo spiegano in un nuovo documento ne the Proceedings of the Royal Society B.
“La diversa composizione tra la piantine che vediamo ora porterà ad una futura composizione degli alberi che sarà diversa da quella presente, con meno alberi da frutto con semi grandi e più specie con semi dispersi dal vento,” dice Olsson.
Sebbene gli ambientalisti avessero da tempo avvisato riguardo gli effetti della deforestazione e del cambiamento climatico ai tropici, anche la caccia crescente pone un altro problema ancora largamente nascosto. Gli scienziati stanno anche tentando di calcolare le conseguenze complessive, ma alla fine questo trend della “foresta vuota” porterà ad una diminuzione della biodiversità e a foreste pluviali drasticamente diverse, anche nelle cosiddette aree protette.
Le strutture delle foreste stanno cambiando in Borneo
Un Bucerotide Orientale variopinto con frutta in Borneo. Foto di: Rhett Butler.
Quando il controllo iniziò per la prima volta al Lambir Hills National Park a Sarawak nel 1992, la maggior parte degli animali erano ancora presenti, ma l’espansione delle strade e il conseguente bracconaggio per il commercio di “carne di foresta” hanno presto decimato gli uccelli e i mammiferi del parco. Sei specie di Bucerotidi, i Presbiti di Hose (Presbytis hosei), orsi malesi (Helarctos malayanus), piccioni imperiali verdi (Ducula aenea), gibboni di Müller (Hylobates muelleri), grandi scoiattoli volanti rossi (Petaurista petaurista), e grosse volpi volanti (Pteropus vampyrus) sono tutti scomparsi prima del 2000.
“Tra il 1987 e approssimativamente il 1999 [il Lambir Hills National Park] fu defaunato fino al punto che tutti i grandi animali (che pesano più di 1 kilogrammo) sono o scarsi o sono stati estirpati,” si legge nello studio.
A differenza delle foreste temperate dove la maggior parte degli alberi dipende dal vento per far spostare la loro progenie in una nuova area, la maggior parte degli alberi tropicali fanno affidamento sugli animali per spostare i loro semi. Ciò significa che quando i dispersori primari di semi – come i mammiferi e gli uccelli che si nutrono di frutta – scompaiono, i semi cadono da un albero e aspettano là fermi. La germinazione diventa sempre meno probabile dato che molti semi traggono benefici attraversando lo stomaco di un animale. Inoltre, i semi devono spostarsi in nuovi posti per essere competitivi a lungo termine e più lontano si spostano dall’albero genitore, meglio è. Tuttavia, questo processo è ulteriormente complicato da alcune specie animali che allo stesso tempo distruggono i semi quando li mangiano, ad esempio i predatori di semi. Ci vuole tempo a sbrogliare questi legami ecologici, ed è per questo che il lungo studio di Harrison nel Borneo è così importante.
“Abbiamo esaminato specie per specie come i singoli [alberi] erano distribuiti sul terreno e come ciò è cambiato col tempo. Ovviamente se si perdono i più grossi dispersori di semi, ci si aspetta che i semi cadano più vicino all’albero madre. Tuttavia, la caccia può aver avuto un impatto anche sui predatori di semi, quindi spesso è difficile prevedere in che modo la caccia può incidere su una popolazione, “ spiega Harrison. “Nonostante ciò, siamo stati in grado di dimostrare che in media le specie i cui semi vengono dispersi dagli animali si stavano a poco a poco raggruppando.”
Questo raggruppamento rende difficile per gli alberi non solo iniziare una nuova popolazione più lontano, ma anche evitare di competere con altri membri della loro specie. Analogamente alla ricerca di Olsson in Nigeria, Harrison ha scoperto che gli alberi i cui semi sono dispersi dagli animali stanno venendo a poco a poco sostituiti da quelli che dipendono dal vento.
“A lungo andare ciò significa che le foreste dove la caccia è molto diffusa diventeranno meno diversificate. Tuttavia, è da sottolineare che il processo è lento. Nel nostro studio abbiamo rilevato un calo del 2 percento della diversità degli alberi su un periodo pari a 15 anni,” spiega Harrison.
La perdita di primati si traduce in una perdita di alberi
Un maschio di drillo (Mandrillus leucophaeus). Foto di: Ola Olsson.
Sarà anche un altro continente, ma le foreste tropicali in Nigeria stanno subendo lo stesso andamento di quelle in Borneo, secondo una nuova ricerca. Qui, la perdita di primati – a causa della caccia – non ha lasciato a certi alberi alcun posto dove andare.
“I primati, specialmente le grandi scimmie, sono estremamente sensibili alla caccia, a causa dei loro cicli vitali con bassi tassi di riproduzione e lunga aspettativa di vita,” spiega Olsson. “Perciò, la caccia decima rapidamente i primati, e i primati sono coloro che disperdono i semi di molti alberi nelle foreste.”
Le foreste della Nigeria ospitano una grande varietà di primati, incluso lo scimpanzé del Nigeria-Camerun (Pan troglodytes
ellioti), il drillo (Mandrillus leucophaeus), il cercopiteco nasobianco maggiore (Cercopithecus nictitans), the monamonkey (Cercopithecus mona), il Cercopiteco mona (Cercopithecus erythrotis), e il gorilla del Cross River (Gorilla gorilla diehli), la specie più a rischio in Africa. Altri probabili dispersori di semi includono i roditori, i Cefalofini e i potamocheri.
Qui, invece che confrontare la stessa foresta a distanza di 15 anni, i ricercatori hanno osservato le differenze tra le foreste con primati e quelle in cui i primati sono stati per lo più sterminati.
“Nelle foreste protette, dove ci sono ancora primati, le comunità di piantine sul suolo della foresta è simile alla comunità di alberi maturi nella stessa foresta. Le specie dai grandi semi dispersi dai primati costituiscono la maggior parte degli alberi sia in termini di steli che di specie,” spiega Olsson. “Al contrario, nei siti cacciati le comunità di piantine sono diverse. Tra le piantine ci sono molti meno alberi da frutto i cui semi sono dispersi dai primati, anche se la composizione degli alberi maturi è la stessa che nelle foreste protette.”
Il problema dei pachidermi
Elefanti delle foreste nel fiume Mbeli, Nouabalé-Ndoki National Park, Congo. Foto di: Thomas Breuer.
Lo spargimento dei semi non è proprio solo dei primati, dei roditori e degli uccelli. Uno dei più importanti spargitori di semi nei tropici è l’animale di terra più grosso del mondo: l’elefante. Una recente ricerca ha evidenziato il ruolo di entrambi gli elefanti asiatici e africani nel disperdere i semi. Infatti uno studio di quest’anno ha scoperto che il calo del numero di elefanti delle foreste (Loxodonta cyclotis) nel Gabon stava portando ad un calo di oltre una dozzina di specie con possibilità di un’eventuale estinzione.
“Certe specie di piante che si sono evolute insieme alla mega-fauna, come gli elefanti, hanno sviluppato dei frutti e dei semi adattati a questi grandi vettori per lo spargimento dei semi,” ha detto a mongabay.com David Beaune dell’Istituto Max Planck per l’Antropologia Evoluzionaria. “Se non possiamo sostituire gli elefanti, allora la riproduzione di queste specie è fortemente compromessa.”
Ma gli elefanti delle foreste stanno rapidamente scomparendo a causa dei bracconieri, che sono impegnati a fornire avorio illegale all’Asia dell’Est. Un recente studio in PLoS ONE ha scoperto che il 62 per cento degli elefanti delle foreste è stato massacrato dai bracconieri in soli dieci anni.
Mentre gli elefanti delle foreste dovrebbero essere presenti anche nelle foreste della Nigeria, Olsson dice che “sono veramente pochi.”
Sebbene meno ricerche siano state fatte sugli elefanti asiatici (Elephas maximus), gli esperti dello spargimento dei semi sono convinti che anche questi giochino un ruolo troppo grande. Anche i rinoceronti potrebbero essere tra i maggiori dispersori di semi, ma sono scomparsi nella maggior parte delle foreste tropicali a causa di una combinazione tra un bracconaggio senza sosta e la perdita dell’habitat. Come le foreste si sono svuotate di mammiferi e uccelli di media misura, molte si sono prima svuotate della mega-fauna.
Soluzioni?
Un cacciatore in Colombia. La caccia eccessiva sta diventando sempre di più una preoccupazione anche in Amazzonia. Foto di: Rhett A. Butler.
Dato quello che c’è in ballo – l’estinzione degli alberi delle foreste pluviali e un completo rimescolamento degli alberi tropicali con conseguenze ignote – come si può fermare la troppa caccia permettendo alle importanti specie spargitrici di semi di riprendersi?
Olsson afferma che in Nigeria la crescita della popolazione regionale sta giocando “un ruolo enorme” nelle questioni ambientali del paese.
“Un maggior numero di persone in aree come queste fa sì che ci sia una maggiore pressione sulla zona e sulle rimanenti foreste protette e intatte,” dice. “Sfortunatamente, sapere ciò non suggerisce una soluzione semplice.”
Secondo i dati 2012 del CIA World Factbook, la Nigeria è 22esima nel mondo per crescita della popolazione su un totale di 231 paesi e territori con un tasso di crescita pari al 2,55 per cento annuo. Gli esperti della crescita della popolazione hanno da tempo iniziato a sostenere i diritti e l’educazione per le donne, così come l’accesso ai contraccettivi come alcuni dei metodi migliori per arrestare la sovrappopolazione.
“L’unica risposta semplice che ho è che le aree protette hanno bisogno di un’adeguata protezione. Tutti i nostri siti sono protetti, in un modo o nell’altro, ma la caccia è ancora presente in alcuni,” dice Olsson. “A parte ciò, la risposta deve essere così complicata come la domanda.”
Secondo Olsson il problema in Nigeria è un misto di povertà e cultura.
“I cacciatori sono persone povere con scarso accesso alle proteine, e hanno poche opzioni,” dice. “Tuttavia, la caccia ha anche a che fare con i modi e le possibilità di vendere la carne su un mercato. Abbiamo in corso un progetto dove esaminiamo i mezzi di sostentamento di persone che vivono nei villaggi attorno alle foreste, e li interroghiamo sulla loro economia domestica, dieta e modo di vivere. Speriamo di essere in grado di fare un rapporto su quel progetto tra qualche mese.”
Alcuni programmi hanno cercato di arrestare la caccia concentrandosi sul fornire fonti domestiche di proteine, come i polli, con successo variabile. In alcune parti del mondo il commercio della ”carne di foresta” si è spostato oltre il livello di sussistenza nella foresta fino ad un mercato urbano, che vende carne selvatica a prezzi più alti che quelli domestici. La gente la compra perché è una novità, come status symbol o perché, per i rifugiati contadini, il gusto ricorda loro la propria casa. Come molti altri problemi ambientali, il commercio della carne selvatica è diventato un mix complesso di approccio culturale e economia locale.
Ma il problema è diventato così grande da privare alcune aree protette a livello internazionale dei loro animali. I turisti potrebbero viaggiare migliaia di chilometri per vedere una foresta pluviale per poi trovarla praticamente vuota. Nel frattempo, gli animali che vengono cacciati si stanno portando via con sé intere specie arboree.
“Ovviamente dobbiamo fare un lavoro migliore per proteggere le foreste tropicali dalla caccia. In molte aree protette nei tropici c’è poco rispetto della legge, e questo deve cambiare, “ dice Harrison. “Probabilmente bisognerà anche reintrodurre delle specie in molte aree, specialmente specie che sono buoni spargitori di semi.”
Per le comunità attorno al Lambir National Park ciò potrebbe richiedere un cambiamento culturale, dice Harrison.
“Alcune comunità amano semplicemente cacciare e lo continueranno a fare anche quando le specie diventeranno rare.”
CITATION:
David Beaune, Barbara Fruth, Loïc Bollache, Gottfried Hohmann, François Bretagnolle. Doom of the elephant-dependent trees in a Congo tropical forest. Forest Ecology and Management 295 (2013) 109–117.
Edu O. Effiom, Gabriela Nun˜ez-Iturri, Henrik G. Smith, Ulf Ottosson, and Ola Olsson. Bushmeat hunting changes regeneration of African rainforests. Proceedings of the Royal Society B. 2013 280, 20130246.
Rhett D Harrison, Sylvester Tan, Joshua B. Plotkin, Ferry Slik, Matteo Detto, Tania Brenes, Akira Itoh, and Stuart J. Davies. Consequences of defaunation for a tropical tree community. Ecology Letters, (2013). doi: 10.1111/ele.12102
Maisels F, Strindberg S, Blake S, Wittemyer G, Hart J, et al. (2013) Devastating Decline of Forest Elephants in Central Africa. PLoS ONE 8(3): e59469. doi:10.1371/journal.pone.0059469