Bambini portano un cartello commemorativo di due bambini uccisi nel 2003, a quanto si riporta, da un impiegato della compagnia proprietaria della diga di Santa Rita. Nel cartello si legge “Sono esempi della lotta per la vita e la terra.” Credit fotografico: Peoples’ Council of Tezulutlán.
Secondo le accuse di gruppi di advocay, un progetto per la produzione di energia idroelettrica dalle acque del fiume Icbolay in Guatemala ha finito per generare gravi abusi di diritti umani.
La diga Santa Rita, da 24 megawatt di energia, dovrebbe essere realizzata nel dipartimento centrale di Alta Verapaz. E’ sostenuta dalla Banca Mondiale e da altre banche europee, così come dal governo guatemalteco. Nonostante i sospetti abusi, il proprietario della diga è stato autorizzato dal CDM (Clean Development Mechanism – meccanismo di sviluppo pulito) previsto dalla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (United Nations Framework Convention on Climate Change- UNFCCC), a generare crediti di carbonio per l’elettricità che la diga dovrebbe produrre. I crediti verrebbero negoziati nell’ambito del Sistema Europeo di scambio delle emissioni (European Union’s Emission Trading System). Il progetto, in una nazione attualmente sconvolta dai disordini politici conseguenti alla corruzione del governo, è emblematico dei tentativi in corso di stimolare una riforma del CDM.
Sin da quando, nel 2008, la costruzione della diga di Santa Rita è stata assegnata alla compagnia guatemalteca Hidroeléctrica Santa Rita S.A, il progetto è stato accompagnato da controversie e attualmente è sospeso. I gruppi difensori dei diritti umani affermano che la diga è stata approvata nonostante la mancanza di un preventivo consenso, libero e informato, delle comunità indigene dei Maya Q’eqchi´e Poqomchí che vivono nell’area in cui la diga dovrebbe essere realizzata. Questi gruppi sostengono che la costruzione della diga priverà le comunità della terra e limiterà l’accesso al fiume Icbolay, da cui dipendono per l’acqua potabile e per l’agricoltura, non dando niente in cambio. Affermano che la maggior parte delle comunità non ha accesso all’elettricità ma il progetto non la porterà loro, alimentando invece la griglia nazionale.
“La compagnia è la principale violatrice di diritti umani, collettivi e individuali, della regione” ha dichiarato a mongabay.com Maximo Ba Tiul, portavoce del Consiglio del Popoli Tezulutlán, un gruppo indigeno attivista del Guatemala che si oppone alla diga.
Secondo quanto riportato dal gruppo di Tiul in alcune interviste e da altri, proteste pacifiche e blocchi posti in essere dalle comunità sarebbero degenerati in violenze, tra cui svariati omicidi, evizioni forzate e l’arresto illegale dei leader della comunità.
Nel 2013 ad esempio, secondo quando dichiarato alla stampa da gruppi attivisti, un impiegato della Hidroeléctrica Santa Rita S.A, proprietaria del progetto, avrebbe sparato a due bambini Maya di 11 e 13 anni, uccidendoli. A quanto si dice l’assalitore stava cercando lo zio dei bambini, David Chen, un attivista in lotta contro la diga Santa Rita, precedentemente sfuggito a un tentativo di rapimento.
L’uccisione dei bambini ha creato scalpore. Secondo quanto riportato dai giornali, 17 organizzazioni locali hanno emesso un comunicato stampa il giorno degli omicidi ritenendo “la compagnia Hidroeléctrica Santa Rita e il governo responsabili per la violazione dei diritti della popolazione e per aver provocato conflitti nell’area”.
Sempre secondo i gruppi di difesa dei diritti, successivamente, nell’Aprile del 2004, un proprietario terriero locale, legato alla Hidroeléctrica Santa Rita S.A, e le sue guardie di sicurezza hanno aperto il fuoco contro membri della comunità indigena locale che stavano partecipando a una cerimonia religiosa, uccidendo una persona e ferendone cinque. Alcuni mesi dopo, in Agosto, oltre 1500 poliziotti sono entrati nella regione, scatenando un attacco con gas lacrimogeni contro circa 200 famiglie indigene radunatesi in una protesta pacifica contro la diga. Tre donne e due uomini sono anche stati fermati illegalmente e umiliati dai poliziotti, secondo una lettera inviata in Ottobre da più di venti organizzazioni locali e internazionali di difesa di diritti umani al Rappresentante speciale dell’ONU dei diritti delle popolazioni indigene.
Un cartello chiede giustizia nel corso di un corteo funebre in onore di tre indigeni presuntamente uccisi durante un’operazione del governo guatemalteco nell’Agosto 2014. Credit fotografico: Peoples’ Council of Tezulutlán. |
Secondo la lettera, scontri di questo genere sono costati la vita a 7 persone e hanno provocato il ferimento di 70. Inoltre 30 persone sono state arrestate illegalmente, 30 case bruciate completamente e diverse famiglie sono state obbligate a lasciare le loro case e cercare rifugio altrove, sempre secondo la lettera.
Dighe, miniere e altri progetti con un pesante impatto ambientale e il sostegno dei governi stanno ottenendo un attento riesame e l’attenzione del pubblico in Guatemala, dove accuse di violenza e intimidazioni legate ai nuovi progetti infrastrutturali sono molto diffuse. Recentemente il paese ha visto massicce proteste contro un’ondata di scandali per corruzione che hanno portato alle dimissioni di numerosi vertici governativi, tra cui anche il Vice Presidente Roxana Baldetti, il Ministro dell’Ambiente e delle Risorse Naturali Michelle Martínez, il Ministro per l’Energia e le Miniere Edwin Rodas e il Ministro dell’Interno Mauricio López Bonilla.
Consultazioni sommarie
Il Consiglio dei popoli Tezulutlán e altri gruppi di difesa dei diritti sottolineano come il governo e l’agenzia CDM dell’ONU abbiano approvato la costruzione della diga di Santa Rira senza consultare in maniera appropriata le comunità locali.
Nel 2014, molto tempo dopo l’emersione di sospetti abusi dei diritti umani, il consiglio del CDM dell’ONU ha registrato l’impianto idroelettrico, dando al progetto un’aura verde e permettendo alla Hidroeléctrica Santa Rita S.A di guadagnare crediti da compensazione negoziabili nel mercato europeo delle emissioni di carbonio che dovrebbe consentire ai paesi di ridurre le proprie emissioni e raggiungere gli obiettivi in materia.
L’impianto idroelettrico ha un costo stimato di 67 milioni di dollari, secondo il documento di progetto. Secondo Carbon Market Watch, organizzazione belga che analizza il mercato delle emissioni di carbonio, il progetto è finanziato da un fondo di private equity partecipato dalla Banca Mondiale e da quattro istituzioni di sviluppo europee— la tedesca DEG (Deutsche Investiontions unt Entwicklungsgesellshaft), l’olandese FMO (Financierings-Maatschappij voor Ontwikkelingslanden), la spagnola AECID (Agencia Española de Cooperación Internacional para el Desarrollo) e la svizzera SIFEM (Swiss Investment Fund for Emerging Markets).
Le regole del CDM richiedono che i responsabili del progetto consultino le comunità locali coinvolte e prendano in considerazione i loro commenti. Nel caso della diga Santa Rita la consultazione, secondo i gruppi di difesa dei diritti umani, sarebbe stata sommaria.
In una lettera inviata nel Maggio 2014 al Comitato Esecutivo del CDM, il Consiglio dei Popoli Tezulutlán affermava che il processo di consultazione pubblica del progetto comunicava solo con un ristretto numero di membri della comunità, la maggior parte dei quali già favorevoli al progetto. Inoltre il gruppo ha fatto notare che la consultazione coinvolgeva solo nove delle oltre trenta comunità che sarebbero in realtà toccate dal progetto idroelettrico Santa Rita. In incontri delle comunità 24 di queste, secondo la lettera, avrebbero rigettato il progetto.
Il Comitato Esecutivo del CDM ha analizzato le accuse sollevate dai gruppi di interesse locale. In effetti, secondo Carbon Market Watch, questa è stata la prima volta in cui il CDM ha formalmente rivisto un progetto sulla base all’accusa che le consultazioni locali sarebbero state condotte in maniera inappropriata. Tuttavia, in una lettera di risposta datata 5 giugno 2014, il Comitato Esecutivo ha concluso che il progetto era “rispettoso dei necessari requisiti del CDM, compreso il processo di consultazione delle parti locali coinvolte”.
Eva Filzmoser, direttore di Carbon Market Watch, ha definito la decisione del CDM di prendere seriamente le consultazioni locali una “pietra miliare.” Ha, però, raccontato a mongabay.com che il comitato del CDM non ha spiegato in che modo il reclamo fosse stato preso in esame. Afferma, ad esempio, che una comunicazione del comitato del CDM dichiarava che il progetto rispondeva a tutti i requisiti del CDM perché l’autorità nazionale designata aveva rassicurato il comitato in tal senso. Il comitato del CDM sembra aver basato la sua approvazione esclusivamente su uno scambio di corrispondenza con i funzionari responsabili del progetto, secondo quanto Carbon Market Watch e altri gruppi hanno scritto nella loro lettera di Ottobre indirizzata al Rappresentante Speciale dell’ONU.
La mancanza di consultazioni per grandi progetti a impatto ambientale è comune in Guatemala, affermano i difensori dei diritti indigeni. Quando Dinah Shelton, la Rappresentante Speciale dei diritti delle Popolazioni Indigene dell’ONU, visitò il paese nel 2013, espresse in un comunicato stampa le sue preoccupazioni che “le attuali licenze per le attività minerarie e gli impianti idroelettrici siano state rilasciate senza che lo Stato avesse prioritariamente implementato libere e informate consultazioni delle comunità indigene interessate, come sarebbe obbligato a fare dai correnti trattati internazionali firmati dal Guatemala.”
Il problema più generale di progetti “verdi”
Quello di Santa Rita non è però un caso isolato di progetti qualificati come “verdi” coinvolti in violazioni dei diritti umani. Un certo numero di altri progetti energetici approvati dal CDM in Guatemala e altre nazioni risultano parimenti implicati, secondo la raccolta di casi studio del 2003 di Carbon Market Watch.
Secondo reportage giornalistici e gruppi di difesa dei diritti, ad esempio, almeno altri due progetti idroelettrici in Guatemala violavano diritti umani per non aver ottenuto il consenso informato delle comunità indigene interessate e usando violenza ed evizioni forzate contro le proteste delle comunità. Tra questi vi sarebbero la diga da 85 megawatt di Palo Viejo nella municipalità di San Juan Cotzal e la diga da 94 megawatt di Xacbal nella municipalità di Chajul.
Un mese dopo aver affermato che la diga di Santa Rita aveva applicato correttamente le regole di consultazione delle parti locali interessate, il CDM in un incontro del suo comitato esecutivo del luglio 2014 ha deciso di cambiare tali regole. Il cambiamento fa seguito alle crescenti critiche nei confronti di processi di consultazione inadeguati in molti progetti approvati dal CDM. Le nuove regole hanno ridefinito l’estensione delle consultazioni locali – ad esempio stabilendo il gruppo minimo di parti che dovevano essere coinvolte nelle consultazioni, come le queste devono essere condotte e quali informazioni devono essere messe a disposizioni delle parti interessate.
“In linea di principio questo è un grande passo avanti” ha dichiarato Filzmoser. “Sfortunatamente non tiene conto della necessità di un meccanismo di verifica della conformità o di un panel investigativo nel caso in cui gli obblighi nazionali o internazionali non siano rispettati.”
“Al momento il CDM non ha un meccanismo di reclamo, cosa che speriamo venga cambiata nell’ambito della riforma del CDM in occasione dei prossimi negoziati dell’UNFCCC che inizieranno a Bonn l’1 di giugno” ha aggiunto Filzmoser, riferendosi ai negoziati relativi alla convenzione dell’ONU sul cambiamento climatico (United Nations Framework Convention on Climate Change).
Con il Guatemala come sempre perturbato da subbugli all’interno del governo e disordini sociali e le regole del CDM in mutamento, le comunità di Alta Verapaz potrebbero vedere aprirsi un’opportunità nella loro lotta per una cancellazione definitiva della diga di Santa Rita.