- Il governo francese ha adottato una strategia nazionale volta a combattere le importazioni non sostenibili note per essere le maggiori responsabili della deforestazione.
- L'Unione Europea è uno dei maggiori importatori di prodotti agricoli come la soia, l'olio di palma, la carne bovina, il cacao e la gomma, ritenuti responsabili di circa l'80 per cento di tutta la deforestazione.
- Cresce sull'Unione Europea la pressione ad agire, dato che si sta avvicinando rapidamente la scadenza del suo obiettivo di ridurre la deforestazione tropicale di almeno il 50 per cento entro il 2020.
Se chiedete a qualcuno quali prodotti contribuiscono alla distruzione delle foreste, la maggior parte probabilmente citerà l’olio di palma, la carne bovina o la soia. Per questo motivo, la notizia che la Francia ha adottato una strategia nazionale per combattere l’importazione della deforestazione suona promettente, non ultimo perché punta a fermare la deforestazione causata dall’importazione di “prodotti agricoli e forestali non sostenibili” entro il 2030.
L’Unione Europea è uno dei maggiori importatori di olio di palma (17 per cento del totale delle importazioni), soia (15 per cento), gomma (25 per cento), carne bovina (41 per cento), granturco (30 per cento), cacao (80 per cento) e caffé (60 per cento). Secondo delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), quasi l’80 per cento di tutta la deforestazione è causato dall’agricoltura. Analogamente, uno studio pubblicato a settembre ha individuato i maggiori responsabili della deforestazione nelle materie prime (27 per cento), nell’industria forestale (26 per cento) e nell’agricoltura itinerante (24 per cento).

Accusata di essere complice non solo nelle pratiche di deforestazione, ma anche nell’abuso dei diritti umani, l’Unione Europea e i suoi stati membri desiderano ridurre l’impatto delle loro attività commerciali. L’obiettivo della nuova strategia francese, annunciata a novembre, è definito sul sito web ufficiale del governo francese come quello di “incoraggiare tutti i gruppi coinvolti (produttori, imprese, investitori e consumatori) a modificare le proprie abitudini in modo da ridurre la deforestazione.”
Vengono anche elencati una serie di provvedimenti, inclusi 60 milioni di euro all’anno in “contributi allo sviluppo”, per aiutare i Paesi e le regioni esportatori ad offrire un prodotto più sostenibile, contrastare la deforestazione e implementare progetti di riforestazione.
Ulteriori iniziative includono la creazione di un marchio “zero deforestazione” per prodotti destinati ai consumatori, la promozione di alternative all’importazione di proteine vegetali e l’introduzione di un limite ai biocarburanti derivanti da materie prime agricole.
La strategia della Francia costituisce tuttavia solo un pezzo di un puzzle molto più grande che l’Unione Europea sta cercando di comporre. L’immagine finale mostra una foresta rigogliosa, ricca di biodiversità e il commercio sostenibile di legname e prodotti agricoli, ma i politici fanno ancora fatica a capire quale posto abbiano nel puzzle i pezzi raffiguranti veicoli alimentati a biocarburante, una fiorente industria della carne e montagne di belle scatole di cioccolatini.
È tempo di agire
L’obiettivo del 2030 non è il primo ad essere stato stabilito per quanto riguarda la deforestazione. Nel 2008 l’Unione Europea promise di fermare la deforestazione globale entro il 2030 e di diminuire la deforestazione tropicale di almeno il 50 per cento entro il 2020. L’EU è inoltre vincolata dall’obiettivo di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite a porre fine alla deforestazione entro il 2020 e nel 2014 ha firmato la Dichiarazione di New York sulle Foreste, che promette di dimezzare la deforestazione entro il 2020 e si impegna ad eliminarla totalmente entro il 2030.

Con l’avvicinarsi di queste scadenze, l’Unione Europea è messa sotto pressione da più parti, inclusi i suoi stessi Stati membri. Il gruppo responsabile della Dichiarazione di Amsterdam, tra i cui partecipanti figurano Francia, Gran Bretagna, Germania, Italia, Paesi Bassi e Norvegia, ha firmato una lettera aperta in cui si invita ad agire. Molti gruppi ambientalisti e analisti, come la ONG per la selvicoltura europea Fern, il comitato di controllo Environmental Investigation Agency e Greenpeace, sostengono che siano necessari impegno legislativo e applicazione delle regole.
Un approfondito studio di fattibilità commissionato dalla Commissione Europea riguardante le opzioni per l’intensificazione dell’azione dell’Unione Europea contro la deforestazione definisce, in effetti, un nuovo intervento legislativo come l’opzione che “dovrebbe avere il maggiore impatto sul conseguimento dell’obiettivo” – ma precisa anche che richiederà grande sforzo e un grande impiego di tempo da parte dell’UE.
L’iniziativa dell’UE “Deforestazione e degrado forestale – intensificare l’azione dell’Unione Europea”, per la quale si stanno attualmente svolgendo le consultazioni pubbliche, dà forse un’indicazione di come stanno le cose: questa, come sottolineano le note, è un’ “iniziativa non legislativa”. Non tutti però sono disposti ad aspettare di vedere se questo metodo funzionerà. A dicembre, per esempio, l’Assemblea nazionale francese ha assunto una posizione di rottura con il governo al fine di approvare un provvedimento di legge dove si dichiara che l’olio di palma non può più essere considerato un biocarburante.
Tuttavia, mentre i Paesi dell’UE fanno a gara per distanziarsi dai beni associati alla deforestazione, sulla scia dell’aumento della sensibilizzazione pubblica, i Paesi produttori fanno di tutto per mantenere fiorenti le proprie esportazioni. Per alcuni, questo significa aderire agli standard di conservazione e sostenibilità sempre più richiesti dagli importatori UE; per altri, significa cercare clienti meno preoccupati dell’impatto della deforestazione. Alcuni riescono a fare entrambe le cose.
In ciascun Paese produttore la situazione è differente. In Guyana, gli operatori forestali stanno lavorando per ottenere una licenza secondo l’iniziativa dell’UE Forest Law Enforcement, Governance and Trade (EU FLEGT), nella speranza di promuovere il proprio commercio del legname.
In Liberia è stato implementato un sistema di accordi di gestione forestale su base comunitaria, che è stato poi però “sequestrato” dalle imprese forestali. Di fronte al calo dei prezzi dell’olio di palma, l’Indonesia, il maggior produttore mondiale di questo tipo di merce, ha recentemente reso obbligatoria l’introduzione, nel gasolio venduto a livello nazionale, del 20 per cento di biocombustibile prodotto localmente.
Data la complessità del quadro globale e i molti responsabili della deforestazione, lo studio di fattibilità commissionato dalla CE sottolinea la necessità di un approccio coerente e onnicomprensivo: “Un pacchetto di azioni che si rivolga sia all’offerta, che alla domanda, che alla dimensione finanziaria, che si basi sull’attuale operato dell’UE e che rafforzi gli impegni dei governi e del settore privato volti ad eliminare la deforestazione e altre importanti iniziative internazionali.”
Immagine nel banner: Legname destinato alla produzione di carbone, tagliato illegalmente nei pressi di Katha, Myanmar settentrionale. Immagine di Nathan Siegel per Mongabay.