- Sia il Papa cattolico Francesco, con la sua enciclica sui cambiamenti climatici, sia le più alte personalità islamiche, con la loro Dichiarazione sui cambiamenti climatici, hanno fornito il loro sostegno, chiamando a raccolta i loro miliardi di seguaci, con lo scopo di gettare delle solide basi in vista della conferenza sul clima a Parigi.
- Ora, in tutto il mondo, i leader della Fede stanno discutendo ed esaminando quali possano essere le strategie e le tattiche migliori per evitare il disastro climatico, ponendo un freno al riscaldamento globale e proteggendo le popolazioni più povere e indifese del pianeta dal continuo degrado ambientale.
- “Questo è il momento in cui le nostre forze devono mettersi all’opera. Dobbiamo essere lì, in ogni angolo del pianeta, fare tutto il possibile per diffondere ovunque questo messaggio. Noi ci crediamo. Noi ci crediamo!” – Suor Sheila Kinsey.

Nel Maggio del 1927, Charles Lindbergh, un eroico aviatore, rimase a volteggiare in aria, con il suo gracile monoplano ad un motore, nell’attesa che le decine di migliaia di spettatori parigini liberassero la pista del Le Bourget. Quando atterrò, portando così a termine la sua trasvolata atlantica in solitario, la folla esplose esultante – quel momento magico unificò persone di tutto il mondo, per la straordinaria scoperta della “possibilità” di realizzare una tale impresa.
Ottantotto anni dopo, nel dicembre del 2015, l’Aeroporto di Le Bourget è di nuovo protagonista di un importante evento storico. Delegati provenienti da 196 paesi, per la prima volta in assoluto, hanno preso parte alla XXI Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, per ridurre le loro emissioni di carbonio e per fare in modo che l’economia mondiale ponga un freno all’utilizzo dei combustibili fossili, dando così all’umanità la possibilità di sopravvivere al rapido aumento dei danni causati dal riscaldamento globale, negli anni a venire.
La conferenza ha riunito ben oltre 10.000 persone che, come durante l’atterraggio di Lindbergh, apparivano sbalorditi, eccitati ed euforici. Nonostante le previsioni pessimistiche, la storia è stata fatta. L’Accordo di Parigi – anche se implica un’adesione solo volontaria, e ancora poco chiaro sul come far rispettare gli impegni presi e raggiungere gli obiettivi – è venuto a delineare una situazione che ha oltrepassato le aspettative di molti.
Quel lampo di ottimismo ha illuminato anche gli animi dei leader religiosi di tutto il mondo, indipendentemente dalla loro presenza a Parigi. Era giunto il loro momento. Appena i partecipanti della COP21 cominciarono a festeggiare, mi precipitai verso il centro comunicazioni e fermai la prima persona che riconobbi, Joe Ware, rappresentante dell’Associazione Umanitaria Cristiana [Christian Aid], un gruppo di stampo religioso, proveniente da Londra e impegnato nella difesa dell’ambiente. Era senza fiato.
“La salvaguardia del creato è tutto ciò attorno a cui ruota questo accordo,” ha dichiarato Ware, che aveva appena finito di leggere le 31 pagine del documento. “E la salvaguardia del creato è al centro di tutte le religioni del mondo. Per troppo tempo gli ambientalisti si sono appropriati della questione. Bravi ragazzi, in realtà, ma hanno soltanto scoraggiato la gente. La chiesa si sta ora impegnando per recuperare la situazione, perfino la Chiesa Cattolica, che si è sempre mossa a passo di lumaca. Ma che ora, grazie alla guida di Papa Francesco, troviamo in prima linea”, per quanto riguarda la questione dei cambiamenti climatici.
![Sister Sheila Kinsey who runs the Justice Peace & Integrity of Creation Committee in Rome: “People are saying this is the Catholic hour; the Christian hour… We can go to the moon, for goodness sake! Why can’t we deal with [climate change]? It’s a matter of setting our priorities, establishing our values.” Photo by Justin Catanoso](http://news-mongabay-com.mongabay.com/wp-content/uploads/sites/20/2016/01/kinsey.jpg)
Due giorni dopo ero a Roma, la sede della Chiesa Cattolica. Ho preparato delle interviste per valutare un dato oggettivo di notevole rilevanza: 1,2 miliardi di cattolici, sarebbero disposti, insieme ai protestanti, agli ebrei, ai musulmani e agli induisti a mettere da parte questioni controverse, come ad esempio il matrimonio tra gay o l’aborto? Sarebbero disposti a cooperare per la questione ambientale, piuttosto che colmare semplicemente le lacune lasciate dalla gestione di quei politici che hanno largamente ignorato lo scioglimento dei ghiacciai e l’innalzamento del livello del mare, schierandosi, invece, dalla parte del profitto, del potere e delle emissione di carbonio delle grandi compagnie che estraggono petrolio, gas e carbone?
Suor Sheila Kinsey, nel suo ufficio alla Casa dei Fratelli Cristiani a Roma, dove è stata coordinatrice dell’Ufficio Giustizia, Pace & Integrità del Creato, mi ha spiegato che “ la gente sostiene che sia giunto il momento del cattolicesimo; il momento della cristianità”.
“Ci troviamo a far fronte a questioni che sono critiche per la natura umana” ha aggiunto. “Ci deve essere un modo per affrontarle insieme e per farlo nel modo giusto, per la salvaguardia del pianeta e dei diritti umani. Possiamo andare sulla luna, per l’amor del cielo! Perché non possiamo pensare di far fronte a questo? Si tratta semplicemente di stabilire quali sono le nostre priorità, ciò che è importante per noi”.
Il fattore Papa Francesco
Lo scorso giugno, Papa Francesco ha posto le basi per il successo a Parigi, nel momento in cui distribuì il suo memorabile e dibattuto documento Laudato Sì, sulla Cura della Casa Comune. Nell’enciclica di 180 pagine, la Chiesa Cattolica dichiara con determinazione, tramite il suo massimo esponente, la propria posizione riguardo la questione del clima. L’enciclica sostiene che, la continua estrazione e il costante utilizzo di combustibili fossili, causeranno la distruzione della vita sul pianeta e, il degrado ambientale che ne deriva, colpisce maggiormente i paesi più poveri e deboli, dunque, è dovere morale di ogni essere umano combattere questi mali.
Il papa non è rimasto da solo. In agosto, le più alte personalità del mondo islamico, provenienti da 20 paesi, si sono riunite per invitare l’1.6 miliardi di musulmani di tutto il mondo a sostenere fermamente gli accordi di Parigi, con la loro Dichiarazione Islamica sui Cambiamenti Climatici, che chiedeva ai governi nazionali “di mettere in atto una politica diversa, non più improntata sullo sfruttamento immorale dell’ambiente, ma che si pone, invece, come obiettivo quello di preservarlo e di elevare le condizioni delle popolazioni più povere del mondo.”
Sebbene entrambe le dichiarazioni siano state determinanti, Papa Francesco e i leader islamici, in realtà, sono giunti tardivamente alla realizzazione di un prospetto, a carattere religioso, volto alla tutela del pianeta. Alcuni gruppi rinomati, come quello di Sheila Kinsey, il Sostegno Cristiano [Christian Aid] e l’ecumenica GreenFaith, insieme a molti altri, da anni fanno pressione su chiese, sinagoghe e moschee per indurle a diminuire le loro emissioni di carbonio, a non investire ulteriormente in combustibili fossili, ed istruire le loro congregazioni ad una condotta attenta a ridurre i consumi energetici. Perfino i fondamentalisti cristiani, storicamente noti per il loro rifiuto della questione climatica, hanno visto emergere, tra le loro fila, personalità interessate alla tutela dell’ambiente, tra cui il Reverendo Richard Cizik dell’Associazione delle Chiese Evangeliche [New Evangelical Partnership] e Jim Ball della Rete Evangelica per l’Ambiente [Evangelical Environmental Network].

Tuttavia, è stato Papa Francesco che, con la sua eccezionale popolarità a livello mondiale e con il suo formidabile carisma, ha dato notevole visibilità a tale movimento, a carattere religioso, che spera di avere un profondo impatto sui cambiamenti climatici, la tutela delle foreste e la protezione dell’ambiente. E lo ha fatto con grande attenzione e buon senso, come mi ha spiegato il Cardinale Peter Turkson in un’intervista esclusiva a Mongabay, al Vaticano.
Turkson è originario di un paese del Ghana, noto per la sua attività estrattiva. Alcuni membri del Vaticano avevano presupposto che sarebbe stato lui il successore di Papa Benedetto XVI, piuttosto che Francesco, a causa della rapida espansione del cattolicesimo in Africa. Invece, egli presiede il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, e a lui è stato conferito dal papa l’incarico di dirigere il gravoso lavoro di documentazione, che avrebbe portato alla stesura di una bozza del Laudato Sì, con il sostegno di esperti in una miriade di settori, provenienti da tutto il mondo.
Mentre era seduto nella sua formale sala conferenze, fuori dal suo ufficio, Turkson mi colpì profondamente per il suo candore.
“Nel momento in cui subentrò Papa Francesco, la chiesa versava in pessime condizioni”, spiegò. “La questione della pedofilia [da parte di sacerdoti] era al culmine. Moltissime accuse. Egli ha istituito un’apposita commissione per far fronte al problema. Non si può dire che i mali siano spariti. Ma il suo carisma, la sua semplicità, la sua autenticità e credibilità hanno aiutato a distogliere l’attenzione da questi scandali”.
E Turkson non aveva ancora finito. Indirettamente venne a conoscenza dei motivi che avevano portato Papa Benedetto a dare, nel 2013, delle dimissioni senza precedenti: “Non si può dire che Benedetto non fece nulla. Ma lo stile di Francesco è diverso. Non apri più il New York Times ogni giorno per leggere notizie sulla pedofilia o su questo genere di scandali. E’ come se ormai fossero eventi appartenenti al passato.”
Gli scandali vengono ancora riportati, naturalmente. Ma quella di Turkson è sicuramente una valida osservazione. Francesco crede così intensamente nei danni generati dai cambiamenti climatici e alle conseguenze che si abbatteranno sui poveri del mondo, che sta diffondendo il messaggio del Laudato Sì tra tutti i suoi seguaci, facendone la massima priorità, ciò che deve unire persone di qualsiasi religione.
Gli osservatori inviati al Vaticano affermano che Francesco ha agito in questo modo perché crede fermamente che lottare contro i cambiamenti climatici sia un imperativo morale e religioso. Inoltre, l’aver assunto una posizione così decisa sulla questione, gli ha permesso di creare nuove alleanze con quei gruppi religiosi che a lungo sono stati scettici sulla questione.
Tutto ciò lo pone esattamente da quel lato della chiesa che è maggiormente orientato verso il tema della giustizia sociale – e che poco si interessa alle priorità dottrinarie di Papa Benedetto. In modo straordinario Francesco ha incentrato il suo pontificato su temi come l’attenzione per la natura – avendo cura dell’ambiente e dei poveri, affermano gli osservatori.
“Questo è ciò che viene chiamato il fattore Papa Francesco”, mi rivelò Turkson.

L’accordo sul clima di Parigi: “Insufficiente e poco chiaro”
Il giorno in cui parlai con Suor Sheila a Roma, mi invitò a partecipare al Gruppo di Lavoro Integrità del Creato. Tredici monaci internazionali, suore e leader di diverse religioni, tutti seduti attorno ad un enorme tavolo, che si scambiavano le loro opinioni su Parigi.
Rodrigo de Castro Amédée Péret, un Monaco francescano originario del Brasile, fa notare che mentre i media si sono mostrati molto ottimisti riguardo l’Accordo di Parigi, soprattutto per l’impegno, preso per la prima volta in assoluto, di ridurre la deforestazione, “il documento è da ritenere insufficiente e poco chiaro.”
E’ stato fissato l’obiettivo di abbassare le temperature di un altro mezzo grado Celsius per il 2100, ma non è stato pianificato come, spiega il monaco. L’intero documento è basato sulla propria responsabilità, nessuna formula vincolante o sanzione, per le singole nazioni, nel caso in cui non dovessero raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni. E i fondi finalizzati ad aiutare i paesi maggiormente a rischio, ad adeguarsi all’innalzamento del livello del mare, per fare un esempio, sono in arretrato di miliardi.
“Il fatto di avere un’enciclica papale dietro questo documento, è sicuramente buono,” afferma Péret, il cui gruppo monastico ha lottato contro l’attività estrattiva illegale nei paesi del Terzo Mondo. “Ma dobbiamo restare vigili. Dobbiamo fare affidamento sulla responsabilità dei paesi. I diritti umani sono a rischio. E modificare l’abitudine al consumismo sarà un’impresa ardua.”
“Troppi ricchi ancora rifiutano la realtà dei cambiamenti climatici,” sostiene Suor Sheila.
Marcia Lee, che coordina le attività di tutela dell’ambiente per un ordine francescano a Detroit, ammonisce, “non si tratta di una questione politica. Ma dovremo combattere una dura battaglia contro i nostri governi per fare in modo che tutto si concretizzi.”
Gli altri presenti attorno al tavolo, provenienti dall’ Indonesia, dalle Filippine, dal Ghana e dall’Australia, erano più ottimisti.
“C’è un modesto numero di persone che sono pronte ad ascoltare e ad agire,” afferma Suor Maamalifur Poreku, con le Suore Missionarie di Nostra Signora d’Africa. “ Affinché i cambiamenti avvengano, dobbiamo pensare ad un approccio dal basso verso l’alto. Tanto per cominciare, dovremmo perdere l’abitudine ad utilizzare le buste di plastica, per esempio. Questa è un’azione che possiamo compiere. Rendere gli altri consapevoli della nostra fede e del nostro modo di agire. Se la gente comune agisce con consapevolezza, qualcosa cambierà.”
Questo è il barlume di speranza che troviamo nel punto in cui si incontrano la fede e l’interesse per l’ambiente. Suor Sheila afferma che la chiave di tutto è l’educazione. Laddove i grandi della fede pregheranno intensamente e agiranno in maniera coerente, servendosi del Laudato Sì come loro guida, le congregazioni ne saranno inspirate e seguiranno a loro volta l’esempio. Gli ordini di partenza cattolici – provvisti di particolareggiate linee guida — stanno attualmente percorrendo verso il basso la gerarchia ecclesiastica, dai vescovi del livello diocesano ai sacerdoti per giungere fino alle scuole cattoliche e le congregazioni a livello locale.
“Questo è il momento in cui le nostre forze devono mettersi all’opera,” mi dice Suor Sheila. “noi abbiamo bisogno di essere lì, in ogni angolo del pianeta, fare tutto il possibile per diffondere ovunque questo messaggio. Noi ci crediamo. Noi ci crediamo.”
![Rev. Fletcher Harper an Episcopal priest and executive director of GreenFaith, Interfaith Partners for Action for the Earth: “Religious groups are going to start speaking out more about [climate change]. We need a commitment nationally to create millions of new [green] jobs. We need solar panels and wind turbines. We have to retrofit buildings… around the world. That’s how jobs are created. That’s how you lift the poor out of poverty. Photo by Justin Catanoso](http://news-mongabay-com.mongabay.com/wp-content/uploads/sites/20/2016/01/harper.jpg)
“La gente ha bisogno di speranza”
Alto e magro, facilmente riconoscibile in una folla, il Reverendo Fletcher Harper è direttore esecutivo dell’associazione Green Faith Partner Interreligiosi per l’Azione in favore del Pianeta. Ha gestito la nota organizzazione, con sede ad Highland Park, nel New Jersey, per una decina d’anni.
Il suo collarino sacerdotale e la felpa color porpora hanno catturato la mia attenzione durante l’incontro sul clima. Harper, un sacerdote episcopale, era molto richiesto, continuamente al telefono. Ma poco prima che venne firmato l’accordo sul clima di Parigi, egli accettò di essere intervistato dai media riguardo il ruolo che la sua organizzazione, fondata sulla fede, aveva avuto dal 1992, con il suo impegno nella tutela dell’ambiente.
“Negli ultimi 18 mesi, abbiamo lanciato una campagna chiamata Le Nostre Voci, volta a sollevare le voci dei grandi della fede, a sostegno di un valido accordo a Parigi,” mi disse Harper. “Ci occupiamo di una grande varietà di situazioni, come la formazione alla leadership, sia per il clero che per i leader laici.”
La GreenFaith sostiene di aver conseguito anche altri risultati pratici. Ha installato tra le comunità del New Jersey dei progetti per l’energia solare. Esorta all’utilizzo dei mezzi di trasporto pubblici per inquinare di meno. È uscita vincitrice in una causa contro un inceneritore che stava violando gli standard di emissioni, e che ha dovuto pagare una sanzione di $850.000.
Parlare con Harper, anche soltanto per pochi minuti, riesce a farti rendere conto del vasto potenziale delle comunità religiose di tutto il mondo, che Papa Francesco prospetta lavorare insieme, diventando un tutt’uno, per prendersi cura della “nostra casa comune” – a partire dall’azione della gente comune, ai pannelli solari, fino ad arrivare alle aule di giustizia.
Harper non è un idealista. E’ un pragmatico. Egli sa che solo un tipo di carisma, come quello emanato da Papa Francesco, può portarci lontano. Specialmente in America, dove coloro che rifiutano la questione del clima rappresentano ancora una vasta moltitudine – in particolare tra i cristiani conservatori.
“Il rischio più grande dell’enciclica, di cui il papa è assolutamente consapevole, è il fatto che essa non è abbastanza,” mi rivela Harper. Abbiamo bisogno di gente per ottenere dei risultati. Questo è il motivo per cui ci stiamo impegnando con grande dedizione alla formazione della leadership.”
“Ma perfino la formazione non è abbastanza”, ci dice. Se vogliamo salvare il mondo dal riscaldamento globale, tutti noi dobbiamo cambiare. Ognuno di noi. Dobbiamo utilizzare meno energia. Dobbiamo utilizzare meno plastica. Dobbiamo eleggere politici che non politicizzano una realtà scientifica scadente. Dobbiamo cambiare il nostro modo di vivere.
“Abbiamo bisogno di un’economia che sia attenta all’ambiente,” afferma Harper. I vari gruppi religiosi stanno cominciando a parlare di più della questione dei cambiamenti climatici. Abbiamo bisogno di un impegno a livello nazionale, per creare milioni di nuove occupazioni [per l’ambiente]. Abbiamo bisogno di pannelli solari e di turbine eoliche. Dobbiamo modificare gli edifici di tutto il paese e di tutto il mondo. Ecco come possono essere create nuove opportunità di lavoro. Ecco come possiamo risollevare i poveri dalla miseria.
“Inoltre, i discorsi apocalittici devono finire. La gente ha bisogno di speranza. Martin Luther King Jr., non disse “Ho un incubo”. Al contrario, disse “Ho un sogno”. Ecco come possiamo smuovere le persone. Ecco come possiamo indurre al cambiamento.”
Justin Catanoso è il direttore di giornalismo alla Wake Forest University e ha partecipato alla COP21 a Parigi per Mongabay. La sua relazione sui cambiamenti climatici è stata supportata dal centro per l’Energia, l’Ambiente e la Sostenibilità alla Wake Forest e dal Pulitzer Center sul Crisis Reporting di Washington, D.C.