- Un nuovo studio apporta un contributo significativo al crescente numero di ricerche da cui si evince che il riconoscimento dei diritti fondiari delle popolazioni indigene e la cooperazione con esse possono favorire notevolmente gli sforzi per la conservazione.
- Un team internazionale di ricercatori ha creato una cartina che rappresenta le terre gestite o possedute dalle popolazioni indigene di tutto il mondo, che a sua volta ha consentito loro di valutare "fino a che punto si intrecciano i valori della conservazione a livello mondiale e la gestione delle popolazioni indigene".
- I ricercatori hanno stabilito che le popolazioni indigene hanno diritti di proprietà e utilizzo o di gestione su oltre un quarto della superficie terrestre del pianeta — circa 38 milioni di chilometri quadrati o 14,6 milioni di miglia quadrate — suddiviso in 87 paesi e che include circa il 40 percento di tutte le aree protette terrestri della Terra.
Un nuovo studio apporta un contributo significativo al crescente numero di ricerche da cui si evince che il riconoscimento dei diritti fondiari delle popolazioni indigene e la cooperazione con esse possono favorire notevolmente gli sforzi per la conservazione.
Gli autori dello studio, guidati dal professor Stephen Garnett della Charles Darwin University in Australia, hanno scritto nella rivista Nature Sustainability che “la carenza di dati affidabili sulle terre delle popolazioni indigene in molte parti del mondo ha ripercussioni non solo sulla protezione dei loro diritti ma anche sulla conservazione e sulla gestione di una proporzione significativa della biodiversità terrestre del pianeta”.
Garnett e il suo team hanno cercato di far fronte a tale divario di conoscenze con la creazione di una cartina che rappresenta la superficie terrestre gestita o di proprietà delle popolazioni indigene di tutto il mondo e che, a sua volta, ha consentito loro di valutare “fino a che punto si intrecciano i valori della conservazione a livello mondiale e la gestione delle popolazioni indigene” e di “fornire una prima stima della sovrapposizione tra le terre delle popolazioni indigene e le aree protette”.
Pur riconoscendo che i diritti delle popolazioni indigene sulle aree acquatiche e terrestri che appartengono loro per tradizione sono sempre più percepiti come un obbligo etico, gli autori dello studio affermano che, stando ai risultati, è anche fondamentale raggiungere gli obiettivi in materia di conservazione a livello locale e globale come pure che i partenariati tra le popolazioni indigene e i governi porterebbero notevoli benefici agli sforzi di conservazione in favore della biodiversità, degli ecosistemi e dei paesaggi a priorità elevata.
Secondo lo studio, circa 370 milioni di persone in tutto il mondo “si definiscono come indigene, discendono da popolazioni che abitavano un paese prima della conquista o della colonizzazione e conservano almeno alcune delle loro pratiche sociali, economiche, culturali e politiche”. I ricercatori hanno stabilito che le popolazioni indigene hanno diritti di proprietà e utilizzo o di gestione su oltre un quarto della superficie terrestre del pianeta — circa 38 milioni di chilometri quadrati o 14,6 milioni di miglia quadrate — suddiviso in 87 paesi e che include circa il 40 percento di tutte le aree protette terrestri della Terra.
Nello studio, Garnett e i suoi coautori scrivono che “i nostri risultati provano che le popolazioni indigene gestiscono o hanno diritto di gestire almeno 37,9 milioni [di chilometri quadrati] di terre in quasi tutti i paesi continentali in America, intorno al polo artico, nella maggior parte delle terre boschive del sud e sud-est asiatico, in Africa e in modo particolare nei pascoli e nei deserti nonché nelle foreste e in tutti i paesi dell’Oceania, comprese molte piccole nazioni insulari”. La cartina che hanno creato mostra che l’Africa ha il più alto tasso di paesi con popolazioni indigene e che l’Europa-Asia occidentale presenta il tasso più basso.
In una dichiarazione. Garnett ha affermato che “conoscere l’estensione delle terre con cui le popolazioni indigene conservano un legame per tradizione è di importanza cruciale per diversi accordi sul clima e in materia di conservazione”. “È stato solo dopo aver raccolto le migliori informazioni pubblicate relative alle terre delle popolazioni indigene che ci è stato possibile valutare veramente la straordinaria portata della costante influenza delle popolazioni indigene”.
I ricercatori hanno usato 127 fonti di dati per redigere la cartina, compresi gli archivi delle terre appartenenti a popolazioni indigene riconosciute da Stati, sistemi di mappatura partecipativa di pubblico accesso, dati dei censimenti e pubblicazioni accademiche. In una dichiarazione, il dott. Ian Leiper della Charles Darwin University, che ha organizzato molti dei dati della mappatura, ha affermato: “non siamo sorpresi che ciò non sia mai stato fatto prima”. “Ci sono voluti tre anni per rintracciare le fonti credibili di dati sparse in tutto il mondo”.
Il co-autore dello studio James Watson della Wildlife Conservation Society (WCS) e della University of Queensland in Australia ha detto che uno dei risultati particolarmente significativi della ricerca è stato il grado con cui lo sviluppo non ha intaccato le terre controllate dalle popolazioni indigene. Secondo lo studio circa metà dell’ambiente terrestre mondiale può essere classificato come dominato dall’uomo. Sulla base di tale misura dell’influenza umana, i ricercatori hanno stimato che le terre delle popolazioni indigene costituiscono il 37 percento di tutte le aree naturali terrestri rimanenti sulla Terra.
“Abbiamo scoperto che circa due terzi delle terre delle popolazioni indigene sono essenzialmente aree naturali”, ha affermato Watson. “Vale a dire più del doppio della proporzione per le altre terre”.
I dati su cui si è basato il team di ricerca non ha messo in luce il contesto giuridico dei 7,8 milioni di chilometri quadrati di terre delle popolazioni indigene che si sovrappone alle aree protette, né il motivo per cui le popolazioni indigene utilizzano tali terre. Ma secondo gli autori, nello studio, “ne risulta tuttavia che il grado di sovrapposizione spaziale rende le popolazioni indigene importanti attori mondiali nella gestione delle aree protette”.
I ricercatori aggiungono che mentre i contributi delle popolazioni indigene a favore delle reti delle aree nazionali protette sono stati talvolta forniti con un consenso libero, preliminare e informato, in molte regioni le “aree protette sono state istituite sulle terre delle popolazioni indigene senza consenso e, a volte, hanno portano a conflitti, svantaggi sociali e alla necessità di trasferirsi altrove”.
Secondo Neil Burgess, co-autore dello studio e ricercatore presso il Centro delle Nazioni Unite per il monitoraggio della tutela ambientale mondiale (Environment World Conservation Monitoring Centre) nel Regno Unito, ciò aiuta a dimostrare quanto sia importante stare al fianco delle popolazioni indigene per i governi e le ONG che operano a favore della conservazione. “Questa nuova ricerca mostra l’enorme potenziale di ulteriori partenariati di collaborazione tra le popolazioni indigene, chi si occupa di conservazione e i governi”, ha affermato in una dichiarazione. “Ciò dovrebbe apportare benefici rilevanti per la conservazione di terreni, ecosistemi e geni preziosi dal punto di vista ambientale per le generazioni future”.
Ma gli accordi di partenariato devono essere effettuati rapidamente, perché molte terre delle popolazioni indigene subiscono troppa pressione per essere sviluppati. Per esempio, John E. Fa, coautore e ricercatore del Centro per la ricerca forestale internazionale nonché professore presso la Manchester Metropolitan University nel Regno Unito ha dichiarato: “dove lavoro in Africa centrale, le popolazioni indigene sono sinonimo di foreste pluviali tropicali nelle condizioni migliori. Ma il cambiamento sta avvenendo velocemente. Dare potere alle popolazioni indigene sarà fondamentale per conservare tali foreste”.
Zsolt Molnár della Piattaforma intergovernativa di politica scientifica per la biodiversità e i servizi ecosistemici (“Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services”, IPBES) ha affermato che le cartine delle terre indigene aiuterebbero a fornire informazioni per le attività di valutazione dello stato e delle tendenze di conservazione della biodiversità, dei servizi a favore degli ecosistemi e dello sviluppo sostenibile. Molnár ha aggiunto che l’IPBES ha cercato in particolare una panoramica sull’influenza delle popolazioni indigene sulla natura e sulla conservazione.
“Con queste nuove cartine capiamo che comprendere le prospettive delle popolazioni indigene e il loro contributo a favore della conservazione è essenziale quando si tratta di negoziare accordi locali o globali per la conservazione”, ha detto Molnár.
CITAZIONE
• Garnett, S. T. et al. (2018). A spatial overview of the global importance of Indigenous lands for conservation. Nature Sustainability. doi:10.1038/s41893-018-0100-6
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