- Una nuova ricerca ha rilevato che, negli ambienti acquatici, l'interazione tra gli inquinanti organici e le microplastiche può decuplicare la tossicità di queste ultime.
- I ricercatori hanno scoperto che alcune microplastiche sottoposte artificialmente all'azione degli agenti atmosferici tendono ad assorbire e rilasciare più sostanze inquinanti rispetto alle microplastiche appena formatesi e costituiscono un pericolo per la salute umana se vengono ingerite.
- All'inizio di marzo vari paesi hanno concordato di avviare i negoziati per un trattato mondiale che faccia fronte a tutto il ciclo di vita della plastica al fine di eliminare il pericolo che rappresenta per l'ambiente e la salute umana.
Le particelle di plastica minuscole, grandi quanto semi di papavero, potrebbero di per sé sembrare innocue. Quando però a una quantità così limitata di plastica si aggiungono gli inquinanti organici, la tossicità del mix chimico così formato può aumentare in modo esponenziale.
Una nuova ricerca pubblicata su Chemosphere esamina attentamente le interazioni tra le microplastiche (frammenti di plastica con dimensioni inferiori a 5 millimetri) e i composti organici in tracce (Trace Organic Compounds, TrOC) rilevati in pesticidi, medicinali e prodotti cosmetici quando si trovano in ambienti acquatici. Sebbene le microplastiche e i TrOC possano non essere eccessivamente tossici per gli esseri umani quando sono isolati, i ricercatori hanno rilevato che quando tali materie entrano in contatto tra loro nell’acqua, la tossicità della plastica può aumentare di dieci volte.
L’interazione tra le microplastiche e i TrOC potrebbe facilmente avvenire negli impianti di trattamento delle acque reflue, ha dichiarato l’autore principale dello studio Andrey Ethan Rubin, dottorando presso la Tel Aviv University (Israele).
“Fondamentalmente, nessuno di tali impianti può trattare in modo completo le materie organiche, soprattutto le materie organiche molto resistenti”, ha dichiarato Rubin a Mongabay in un’intervista. “Persino qui in Israele, sono molto elevate le quantità di antibiotici e altri medicinali che vengono rilasciati nell’ambiente dagli impianti di trattamento delle acque reflue”.
Un altro recente studio ha inoltre dimostrato che molti impianti di trattamento delle acque reflue non riescono a eliminare i minuscoli frammenti di microplastica. Alla fine, tali frammenti vengono rilasciati in fiumi e corsi d’acqua, e si accumulano in sedimenti.
Lo studio, svolto da Rubin e dalla co-autrice Ines Zucker, esperta di trattamento delle acque e di nanotecnologia presso la Tel Aviv University, ha avuto come obiettivo la simulazione di situazioni ambientali reali attraverso la miscelazione di particelle di polistirene grandi solo 1 micrometro (vale a dire la dimensione minore per le microplastiche) e un agente antibatterico denominato triclosan (o TCS). Alcune microsfere sono state lasciate “incontaminate” mentre altre sono state sottoposte artificialmente all’azione degli agenti atmosferici con l’utilizzo di carbossile e soluzioni amminiche. Se le microsfere sono trattate con il carbossile si riproduce il processo di degradazione cui può essere soggetta la plastica nell’ambiente quando è ad esempio esposta alla luce solare e soggetta ad attrito.
I ricercatori hanno in particolare rilevato che sono state le microplastiche carbossilate ad assorbire più TrOC e a divenire pertanto più tossiche. I ricercatori hanno inoltre scoperto che, diversamente dalle microplastiche trattate con soluzioni amminiche, quelle carbossilate sarebbero in grado di “desorbire” o rilasciare gli agenti inquinanti nel corpo umano. Siccome la maggior parte della plastica nell’ambiente si è trovata esposta a qualche tipo di agente atmosferico, le microplastiche che inquinano il nostro pianeta potrebbero essere caratterizzate da pericolosi livelli di tossicità, con un conseguente rischio per la salute umana se tali plastiche vengono ingerite attraverso l’acqua o i prodotti alimentari contaminati.
“Sul nostro pianeta sono presenti ingenti quantità di sostanze chimiche e dobbiamo essere consapevoli di tale problema”, ha affermato Rubin. “Nel nostro studio, abbiamo semplicemente analizzato un tipo di polimero di polistirene e un tipo di inquinante organico e li abbiamo [usati] come modello. Tuttavia, nell’ambiente sono presenti centinaia o persino migliaia di agenti inquinanti nonché vari tipi di plastica e tutti possono interagire tra loro”.
Secondo Bethanie Carney Almroth, ricercatrice nel settore delle microplastiche e dell’ecotossicologia presso l’università di Göteborg in Svezia, che non ha preso parte a questa ricerca, il nuovo studio contribuisce a spiegare le interazioni tra le microplastiche e i TrOC che possono portare a un aumento della tossicità. Ha tuttavia precisato che, solitamente, gli esseri umani non si trovano a contatto con gli agenti chimici alle concentrazioni utilizzate dai ricercatori per i loro esperimenti.
“Sotto il profilo del paradigma di rischio, i livelli di esposizione utilizzati per le cellule (100 milioni per millilitro) sono probabilmente più elevati rispetto a quelli cui sono esposti gli esseri umani”, ha affermato Carney Almroth. “Non sappiamo pertanto quanto sia pertinente la concentrazione utilizzata. Se però prendiamo la ricerca per ciò che è, non importa quanto sia pertinente tale dato in quanto ci permette comunque di comprendere meglio i meccanismi delle interazioni in esame”.
La plastica e gli altri agenti chimici prodotti dagli esseri umani si sono diffusi nella biosfera terrestre in modo così pervasivo che, secondo gli scienziati, abbiamo superato una soglia critica (o confine planetario) per quanto riguarda il numero di nuovi elementi, di tipo chimico/biologico, rilasciati nell’ambiente. Secondo la teoria dei confini planetari teoria dei confini planetari “confini” associati ai processi o sottosistemi biofisici del pianeta che consentono all’umanità di vivere in sicurezza sulla Terra. Secondo tale teoria, l’umanità può prosperare se non supera tali confini. Quando però viene oltrepassato un confine, può risultarne compromesso l’ambiente globale che ha offerto all’umanità un habitat stabile per almeno gli ultimi 10.000 anni.
Una nuova relazione di cui è co-autrice Carney Almroth indica che il superamento del confine planetario riguardante i nuovi elementi si è verificato poiché la velocità alla quale l’industria sviluppa e produce nuovi elementi è superiore alla capacità dei governi di valutare i rischi e monitorarne le ripercussioni. Nonostante, secondo le stime, siano circa 350.000 different types i vari tipi di sostanze chimiche artificiali in circolazione nei mercati di tutto il mondo, la plastica è divenuta uno degli agenti inquinanti più diffusi e dannosi del mondo. Si ritiene che, attualmente, produciamo oltre 300 milioni di tonnellate di plastica ogni anno, vale a dire quasi il peso di tutta la popolazione mondiale.
I rifiuti di plastica hanno invaso tutto il mondo. Se ne nota la presenza anche in luoghi remoti, come la fossa delle Marianne (il punto oceanico più profondo) e il polo Nord. La nuova ricerca ha inoltre dimostrato che le microplastiche sono presenti nell’atmosfera e persino nel suolo.
“[Notiamo] la presenza di un’ingente quantità di plastica nell’ambiente”, ha dichiarato Rubin. “Sebbene non tossica in concentrazioni molto ridotte, il fatto che sia così [diffusa] in tutto il mondo è estremamente preoccupante”.
Gli scienziati affermano da anni che l’inquinamento causato dalla plastica è dannoso per l’ambiente, la flora e la fauna selvatiche e il benessere dell’umanità ma, fino a poco tempo fa, il mondo non disponeva di una politica internazionale globale per far fronte al problema. Ciò tuttavia è cambiato all’inizio di marzo quando 175 paesi hanno concordato di elaborare un trattato mondiale per far fronte all’inquinamento causato dalla plastica attraverso il controllo della produzione e dei rifiuti di plastica. Il quadro adottato riguarderà tutto il ciclo di vita della plastica, dall’estrazione allo smaltimento e al riciclaggio, vale a dire tutte le fasi che comportano altresì il rilascio di elevate quantità di gas a effetto serra nell’atmosfera. Una relazione ha persino suggerito che la plastica sia destinata a soppiantare il carbone in termini di emissioni di carbonio e di accelerazione dei cambiamenti climatici.
“Sono necessari interventi ambiziosi per affrontare la moltitudine di problemi causati dalla plastica e dai prodotti chimici”, ha dichiarato Carney Almroth. “È questo ciò che ci sta suggerendo la scienza”.
Immagine del banner: ricercatore che preleva campioni di microplastiche da un corso d’acqua dolce. Immagine di Florida Sea Grant tratta da Flickr (CC BY-NC-ND 2.0).
Citazioni:
Drummond, J. D., Schneidewind, U., Li, A., Hoellein, T. J., Krause, S., & Packman, A. I. (2022). Microplastic accumulation in riverbed sediment via hyporheic exchange from headwaters to mainstems. Science Advances, 8(2), eabi9305. doi: 10.1126/sciadv.abi9305
Persson, L., Carney Almroth, B. M., Collins, C. D., Cornell, S., De Wit, C. A., Diamond, M. L., … Hauschild, M. Z. (2022). Outside the safe operating space of the planetary boundary for novel entities. Environmental Science & Technology. doi:10.1021/acs.est.1c04158
Rockström, J., Steffen, W., Noone, K., Persson, Å., Chapin III, F. S., Lambin, E., … Foley, J. (2009). Planetary boundaries: Exploring the safe operating space for humanity. Ecology and Society, 14(2). Retrieved from https://www.ecologyandsociety.org/vol14/iss2/art32/
Rubin, A. E., & Zucker, I. (2022). Interactions of microplastics and organic compounds in aquatic environments: A case study of augmented joint toxicity. Chemosphere, 289, 133212. doi:10.1016/j.chemosphere.2021.133212
Elizabeth Claire Alberts è una scrittrice della redazione di Mongabay. Seguila su Twitter @ECAlberts.
Articolo originale: https://news-mongabay-com.mongabay.com/2022/03/microplastics-plus-organic-pollutants-equals-10-times-the-toxicity-study-finds/