- Secondo lo studio, gli investimenti necessari ad assicurare i diritti fondiari alle comunità indigene sarebbero modesti ma potrebbero generare profitti di milioni di dollari in termini economici, ambientali e sociali: una manna non solo per le comunità locali ma anche per il clima di tutto pianeta.
- Lo studio rivela che, tra il 2000 e il 2012, il tasso annuo di deforestazione all’interno delle foreste i cui diritti di proprietà erano stati garantiti agli indigeni sono stati molto inferiori rispetto al tasso in aree esterne.
- Lo studio sostiene che “i benefici economici stimati per un periodo di 20 anni ammontano a: 54-119 miliardi di dollari per la Bolivia, 523-1.165 miliardi per il Brasile e 123-277 miliardi per la Colombia.”
Rappresentanti delle popolazioni indigene di Africa, Asia e America Latina hanno preso parte ai negoziati sul clima di Parigi organizzati dalle Nazioni Unite lo scorso dicembre per presentare una ricerca secondo la quale dei territori nel Bacino dell’Amazzonia, nella repubblica Democratica del Congo (DRC), in Indonesia e nella regione mesoamericana, per tradizione appartenenti agli indigeni, contengono più del 20 per cento dell’anidride carbonica stoccata in superficie da tutte le foreste tropicali della Terra.
I rappresentanti delle popolazioni indigene erano a Parigi per richiedere il titolo di proprietà a tutti gli effetti delle proprie terre e la fine della criminalizzazione degli attivisti indigeni, definendo le misure legali per tutelare i loro diritti sulle terre ancestrali come “la strada più conveniente verso le soluzioni ai negoziati sul clima.”
Infatti, è stato dimostrato che assicurare agli indigeni e ad altre comunità locali i diritti legali di proprietà sulle foreste non solo contribuisce alla diminuzione della deforestazione e delle emissioni di anidride carbonica, ma può anche migliorare concretamente la capacità delle foreste di stoccare l’anidride carbonica stessa.
I costi per concedere e mantenere il diritto di proprietà delle superfici forestali indigene sono stati poco studiati, e nemmeno sono stati confrontati con i benefici. Adesso però, per la prima volta, un nuovo studio del World Resources Institute (WRI) è riuscito a quantificare il valore economico che deriva dall’assicurare i diritti di proprietà fondiaria alle comunità che popolano e proteggono le foreste pluviali dell’Amazzonia.
Secondo questo studio, garantire i diritti di proprietà fondiaria alle comunità indigene richiederebbe investimenti modesti, ma porterebbe guadagni di miliardi di dollari in termini economici, ambientali e sociali: una manna non solo per le comunità locali, ma per il clima di tutto il pianeta.
I paesi oggetto d’indagine sono Colombia, Brasile e Bolivia, poiché contengono un’area significativa di foresta amazzonica e i governi hanno formalmente riconosciuto il diritto alla terra a molte popolazioni indigene. Lo studio è stato realizzato su analisi costi-benefici già condotte dal WRI su proprietà legali di foreste comunitarie in territori indigeni dell’Amazzonia brasiliana e su concessioni di foreste comunitarie nella Riserva della biosfera Maya in Guatemala.
Lo studio rivela che, tra il 2000 e il 2012, il tasso di deforestazione all’interno delle foreste i cui diritti di proprietà appartengono agli indigeni sono stati molto inferiori rispetto a quelli in aree esterne: in Bolivia sono stati inferiori di 2,8 volte, in Brasile di 2,5 e in Colombia di due volte.
L’analisi costi-benefici condotta dal WRI ha scoperto che la tutela dei diritti di proprietà delle foreste indigene è un investimento a basso costo ma dai grandi benefici. “I benefici economici stimati per un periodo di 20 anni sono: 54-119 miliardi di dollari per la Bolivia, 523-1.165 miliardi di dollari per il Brasile e 123-227 miliari di dollari per la Colombia,” riferisce il rapporto. Questo significa che i costi ammontano, al massimo, all’un per cento dei benefici complessivi, sottolinea il WRI.
Lo studio riporta che “dal punto di vista finanziario, investire nella tutela del diritto di proprietà degli indigeni sulle superfici forestali rappresenta anche una misura efficace contro i cambiamenti climatici, se paragonata ad altri sistemi di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica: i costi della tutela dei diritti di proprietà sono dalle 5 alle 29 volte inferiori ai costi stimati di una centrale elettrica a carbone e dalle 7 alle 42 volte inferiori a quelli di una centrale elettrica a gas.”
Senza dubbio, non tutti i benefici si possono misurare in dollari o, almeno, non in maniera diretta. Le foreste sono una fonte primaria di mezzi di sussistenza e nutrimento per le popolazioni indigene e altre comunità di tutto il pianeta, da Africa e Asia fino all’America Latina e ad altri luoghi. I benefici socio-economici di terre indigene e comunitarie comprendono la creazione di posti di lavoro, reinvestimenti comunitari in sanità e programmi di istruzione e una riduzione dei conflitti. “Per molte comunità, le terre comunitarie hanno un valore storico, culturale e spirituale, forniscono sicurezza, uno status, un’identità sociale e una base per relazioni politiche,” precisa il WRI nel rapporto.
E poi ci sono i benefici per l’ambiente: le foreste indigene e comunitarie, oltre al sequestro del carbonio, forniscono diversi servizi ecosistemici come la regolazione dei cicli idrologici, la ritenzione di elementi nutritivi e l’impollinazione. Il WRI ha scoperto che le foreste di proprietà legale delle comunità, che secondo il gruppo di ricerca rappresentano quasi un ottavo del totale complessivo delle foreste del pianeta, contengono circa 37,7 miliardi di tonnellate di anidride carbonica, ovvero 29 volte più delle emissioni emesse da tutti i veicoli per il trasporto passeggeri della Terra.”
“Queste scoperte costituiscono valide ragioni economiche per i governi, per le agenzie di finanziamento per i cambiamenti climatici e per altri partner finanziari a investire nella tutela dei diritti di proprietà degli indigeni sulle superfici forestali in America Latina e, su scala più ampia, nella tutela dei diritti fondiari comunitari in tutto il mondo,” concludono gli autori del rapporto del WRI, raccomandando di stabilire leggi fondiarie che tutelino il diritto fondiario comunitario, di eliminare impedimenti amministrativi e di altro tipo che ostacolino la registrazione e il riconoscimento formale di terreni comunitari, di fare della concessione del diritto di proprietà delle foreste comunitarie una strategia contro il cambiamento climatico e di utilizzare fondi internazionali per il clima e lo sviluppo per favorire la registrazione e la tutela dei diritti fondiari comunitari.
“Assicurare il diritto di proprietà indigeno e comunitario sulle superfici forestali è una soluzione a basso costo che può aiutare i governi a raggiungere gli obiettivi stabiliti con gli impegni nazionali di riduzione delle emissioni di anidride carbonica (NDC),” scrivono gli autori, riferendosi ai piani d’azione nazionali che ciascun paese ha sottoposto alle Nazioni Unite prima dei negoziati sul clima di Parigi.