- Ripetute ricerche sul “dark web” hanno rilevato tracce minime di prodotti illegali derivanti da specie selvatiche.
- Secondo i conservazionisti, questa notizia è preoccupante, perché suggerisce che i trafficanti sono felici di vendere prodotti derivanti da animali selvatici su siti internet convenzionali e conosciuti come eBay, dove possono contare sull’alto volume di transazioni e sulla mancanza di regolamentazioni per mascherare la loro attività.
- Regolamentare il commercio di animali selvatici su siti come eBay può essere complesso, perché riesce difficile stabilire la legalità delle transazioni.
- L’apprendimento automatico – o “machine learning”, cioè lo sviluppo di sistemi computerizzati in grado di monitorare e sorvegliare le transazioni online – sembra essere promettente per l’applicazione sul web “di superficie”, ma attualmente viene ostacolato dalla mancanza di interesse nel problema da parte degli operatori del mercato online.
Al di sotto della superficie facilmente accessibile del web, si nasconde la “darknet” (o “dark web”), un hub riservato a scambi anonimi che spesso trattano merci illegali come narcotici e pedopornografia. In uno studio pubblicato nel 2016 su Conservation Biology, i ricercatori hanno scandagliato gli angoli oscuri della rete alla ricerca di prodotti di origine animale commerciati illegalmente, come corna di rinoceronte o avorio. Ma non hanno trovato quasi nulla.
Un anno dopo gli studiosi hanno ripetuto la ricerca. Ancora una volta, non hanno trovato altro che piccole tracce di commercio illegale di animali selvatici sulla darknet. Per i conservazionisti, la notizia era preoccupante.
“I criminali possono fare affari sulla rete “di superficie” senza venire accusati, nella maggior parte dei casi, di alcun crimine,” ha spiegato Julio Hernandez-Castro, coautore dello studio ed esperto di sicurezza informatica presso l’Università del Kent, in Gran Bretagna. “Per questo motivo, non si sentono costretti a trasferire le loro attività sulla darknet, come invece sono obbligati a fare altri criminali che vendono droga o armi.”
Il dark web
La maggioranza degli utenti di internet vede solo la punta dell’iceberg digitale, siti indicizzati e facilmente accessibili attraverso motori di ricerca come Google o Bing. Questo strato della rete, altrimenti noto come “la superficie”, contribuisce solo al 5% della profondità totale di internet. Al di sotto si nasconde il dark web.
Utilizzando domini senza permesso, l’identità e la posizione degli utenti vengono nascoste e la comunicazione tra di essi rimane segreta. L’accesso è possibile solo attraverso server quali The Onion Router [router a cipolla, N.d.T.] o TOR, così chiamato perché l’anonimità viene garantita seppellendo i dati dell’utente sotto strati di codice criptato. Come precisato nello studio del 2016, anche se fosse possibile rovistare nel dark web 10.000 indirizzi al secondo, ci vorrebbero 3,8 migliaia di miliardi di anni per poterli catalogare tutti.
I mercati neri come Silk Road e AlphaBay sono fioriti grazie a queste condizioni, permettendo così ai trafficanti la compravendita di qualsiasi articolo.
Nonostante questo, setacciando 9.852 articoli in vendita sulla darknet, Hernandez-Castro e colleghi hanno trovato solo un prodotto di origine selvatica: un cactus San Pedro (Echinopsis pachanoi), una pianta finita nei flussi del traffico di droga per le sue proprietà allucinogene.
Un rapporto dell’Interpol dell’anno scorso ha rilevato nella darknet “prove circoscritte ma evidenti” di commercio di prodotti di origine animale di specie in via di estinzione come corno di rinoceronte, avorio e parti di tigre.
Tuttavia, lo sfruttamento eccessivo rimane la seconda causa di declino e estinzione di specie a livello mondiale. Il traffico illegale di specie selvatiche frutta alla criminalità organizzata transnazionale tra i 19 e i 26,5 miliardi di dollari l’anno ed è, tra i commerci illegali, il quarto settore piú redditizio al mondo, dopo droga, traffico di esseri umani e contraffazione.
Dark web contro web di superficie
Per Hernandez-Castro e il suo gruppo, l’assenza evidente del commercio di specie selvatiche dalla dark web suggerisce che i trafficanti si accontentano di nascondersi in bella vista sulla rete di superficie utilizzando siti di vendita all’asta come eBay. Dal momento che il commercio online non viene monitorato attentamente, i trafficanti contano semplicemente sul mero volume delle transazioni per mascherare la loro attività.
“Questa situazione è molto triste…la portata del commercio sulla darknet è, per ora, strettamente correlata all’efficacia del monitoraggio sul web di superficie,” spiega Hernandez-Castro. “E dunque molto, molto limitata.”
Regolamentare il commercio di specie selvatiche può essere complesso anche sui mercati relativamente aperti del web di superficie, perché la legalità delle vendite è difficile da stabilire. Hernandez-Castro spiega che le specie protette in base alla Convenzione sul commercio internazionale delle specie a rischio (CITES), ad esempio, non possono essere vendute legalmente senza un permesso. Esistono anche regolamenti emanati dall’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) e leggi nazionali da tenere in considerazione, che complicano ulteriormente l’inquadramento in termini legali di ciascuna vendita.
“Non si tratta solo della CITES, che è ciò di cui si parla maggiormente in relazione al commercio illegale di specie selvatiche,” dice David Roberts, coautore e ricercatore all’Università del Kent. “I permessi emanati dalla CITES diventano essenzialmente nulli se il commercio non è in conformità con la legge nazionale.”
Da quando internet ha ottimizzato il commercio transnazionale, la questione della legalità di ciascuna transazione può rimanere ingarbugliata nelle leggi dei paesi dell’acquirente e del venditore. Per le agenzie di controllo, questo significa setacciare laboriosamente ogni transazione individuale alla ricerca di qualsiasi cosa che possa infrangere leggi nazionali o internazionali. È anche importante considerare l´origine ultima del prodotto: l’avorio presente in un oggetto di antiquariato proviene dalle zanne di una specie di elefante a rischio o dalle ossa di una specie meno minacciata?
“Il tutto è ancora più difficile quando si tratta di commercio online, dato che si ha a disposizione solo un telefono per capire se si tratti di avorio e, successivamente, se faccia capo a prima o dopo la CITES,” spiega Roberts.
Monitorare il commercio online di specie selvatiche
Per distinguere tra commercio legale e illegale, Hernandez-Castro e Roberts hanno proposto un’applicazione di “machine learning”, o apprendimento automatico. Questo comporta insegnare a programmi informatici a riconoscere degli schemi e ad intercettare le transazioni che presumibilmente infrangono le restrizioni.
In effetti, grazie ad un sistema automatizzato creato dai ricercatori, il gruppo è riuscito a individuare, con una precisione del 93 per cento, avorio illegale di elefante su aste eBay di oggetti d’antichità. Nonostante il potenziale dimostrato dal loro prototipo, i due hanno avuto difficoltà a trovare i finanziamenti necessari per svilupparlo come strumento per l’applicazione delle regole.
“Non c’è abbastanza interesse né risorse sufficienti per poter vigilare efficacemente sui mercati,” dice Hernandez-Castro.
La politica di eBay sui prodotti animali e di origine selvatica proibisce le vendita di animali da compagnia e altri animali vivi, con alcune eccezioni tra cui insetti e molluschi usati come cibo o esca. Chiunque desideri vendere parti di animali, pelli o pellami è invitato a contattare lo United States Fish and Wildlife Service e a ”seguire le leggi in vigore”, ma il commercio di qualunque specie inclusa nell’Appendice I della CITES (compresi elefanti, tigri e rinoceronti) è vietato.
“Il fatto che alcuni studenti, dopo solo 10 minuti di formazione, riescano con facilità a trovare avorio di elefante mostra come i sistemi [di eBay] non siano efficaci come dovrebbero,” sostiene Hernandez-Castro.
Mike Carson, un dirigente di eBay, ha recentemente preso le difese delle attività della sua azienda in merito al traffico di specie selvatiche, sottolineando come quest’anno oltre 25.000 articoli di merce illegale siano stati rimossi con successo dal sito. Carson sostiene che eBay ha cominciato a collaborare con alcuni esperti del Fondo Internazionale per la Protezione degli Animali (IFAW) per formare il personale sulle tecniche di individuazione, mentre i loro dirigenti hanno indirizzato a luglio alla Commissione Europea una lettera a supporto di un divieto totale di commercio dell’avorio in tutta l’Unione Europea.
Sebbene frustrato dal tasso di cambiamento, Hernandez-Castro ha ammesso che un miglioramento era almeno stato fatto.
“Ad essere onesti, quando abbiamo condotto il nostro primo studio…l’avorio di elefante costituiva il 7 per cento degli articoli cercati, ora si aggira intorno all’1-2 per cento.”
L’ ennui sulla rete può rendere possibile il commercio illegale, ma Roberts crede che i conservazionisti abbiano fallito nel bloccare la criminalità relativa alle specie selvatiche quando questa ha varcato la soglia tecnologica.
“L’ordine del giorno è focalizzato sul far rispettare le regole con uomini sul campo e la richiesta di riduzioni, cose che, secondo la mia opinione, dimostrano di avere poco successo,” dice Roberts. “Il commercio online trova posto in uno spazio fumoso tra l’applicazione di regole e la richiesta di riduzioni e, per questo motivo, passa inosservato quando si tratta di finanziare la ricerca e gli interventi.”
Intere specie sono, allo stesso modo, passate inosservate a causa di un regolamento eccessivamente preoccupato per la fauna carismatica come tigri e rinoceronti, sostiene Roberts.
Dalla sua formazione come botanico, Roberts prende ad esempio le cycas in Sudafrica: piante che non guadagnano la stessa attenzione pubblica e che sono scomparse silenziosamente attraverso il commercio di specie selvatiche. “Le cycas sono preistoriche,” ha detto. “Sono piante ‘architettoniche’ e per questo la gente le vuole per giardini, campi da golf, hotel…Le cycas vengono vendute per migliaia di euro e ora il risultato è che tre specie sono estinte allo stato naturale, sette contano meno di 100 esemplari e 25 sono in grave pericolo di estinzione. Una specie [di cycas] è diminuita da 9.600 a 390 esemplari nel giro di pochi anni. Ora, provate a immaginare la stessa diminuzione per una specie carismatica.”
Philip Muruthi, vice presidente per la protezione delle specie presso la African Wildlife Foundation (AWF), difende tuttavia la fissazione con le tigri e i rinoceronti comune alle organizzazioni non governative che combattono il traffico di specie selvatiche, insistendo sul fatto che “bisogna essere pragmatici e focalizzare gli sforzi.”
“Si dovrebbe aumentare gli sforzi e allo stesso tempo continuare a seguire le tracce dei prodotti di maggior valore e più trafficati, come pangolini, corna di rinoceronte, avorio d’elefante e legname prezioso,” ha detto.
Ma Roberts sostiene che finché le specie più popolari e le soluzioni più fotogeniche continueranno a ricevere la maggior parte dell’attenzione e delle risorse, insegnare ai computer a regolare le attività dei mercati online rimarrà un’idea difficile da vendere.
“Nessun finanziatore sembra voler raccogliere questa palla,” ha detto.
CITATIONS
• Harrison, J. R., Roberts, D. L., & Hernandez‐Castro, J. (2016). Assessing the extent and nature of wildlife trade on the dark web. Conservation Biology, 30(4), 900-904.
• Hernandez-Castro, J., & Roberts, D. L. (2015). Automatic detection of potentially illegal online sales of elephant ivory via data mining. PeerJ Computer Science, 1, e10.
• INTERPOL. (2017). Illegal Wildlife Trade in the Darknet. INTERPOL Global Complex for Innovation.
• Roberts, D. L., & Hernandez-Castro, J. (2017). Bycatch and illegal wildlife trade on the dark web. Oryx, 51(3), 391-399.
Immagine d’intestazione: Il pangolino – un parente del formichiere, le cui scaglie sono utilizzate nella medicina tradizionale cinese – è il mammifero piú trafficato illegalmente al mondo. Foto di Rhett A. Butler/Mongabay.