- Uno studio pubblicato lo scorso febbraio sulla rivista Trends in Ecology & Evolution esamina gli effetti dell’inquinamento da microplastica negli oceani mondiali sulla megafauna che si nutre attraverso il filtraggio dell’acqua, quali i misticeti, le mante e gli squali balena.
- I grandi filtratori marini devono filtrare tonnellate di acqua al giorno per potere assumere abbastanza plancton e con esso nutrienti. Ciò vuol dire che queste specie finiscono con l’ingerire la microplastica sia direttamente dall’acqua inquinata che indirettamente attraverso l’assunzione del plancton contaminato.
- Le particelle di microplastica così ingerite possono bloccare l’assorbimento delle sostanze nutritive e danneggiare l’apparato digerente delle specie filtratrici, mentre le tossine e altri inquinanti organici persistenti (POPs) presenti nella plastica possono con il tempo accumularsi nei corpi della fauna marina alterandone i processi biologici quali la crescita e la riproduzione fino a comprometterne fertilità.
Anche se a livello mondiale si è sempre più consapevoli dei problemi creati dallo inquinamento prodotto dalla grande quantità di plastica negli oceani del nostro pianeta e si stanno prendendo dei provvedimenti per affrontare la questione, la ricerca più recente sta gettando luce sugli effetti dannosi di tale inquinamento sulla fauna marina.
Uno studio pubblicato lo scordo mese sulla rivista Trends in Ecology and Evolution, ad esempio, spiega come le specie marine , quali i misticeti, le mante, gli squali balena siano colpiti dalla microplastica. Gli animali che si nutrono di plancton e di prede attraverso il filtraggio dell’acqua marina vanno incontro a rischi eccezionalmente alti di esposizione alla plastica negli oceani perchè molti di questi animali si trovano nelle acque più inquinate al mondo, quali ad esempio la Baia del Bengali, il Golfo del Messico, il Mare Mediterraneo e il Triangolo dei Coralli, un’area geografica che giace nelle acque tra l’Indonesia, la Malaysia, la Papua Nuova Guinea e le Filippine.
Uno studio del 2016 ad opera della Fondazione Ellen MavArtgur ha scoperto che oltre 8 milioni di metri di tonnellate di rifiuti in plastica vanno a finire quotidianamente negli oceani, il che è equiparabile a un camion dell’immondizia pieno di plastica buttato nell’oceano ogni minuto. Inoltre, secondo questo studio, se si continua su questa strada l’inquinamento da plastica potrà colpire i nostri oceani con una incidenza quattro volte maggiore della attuale entro il 2050, al punto che la plastica nei nostri oceani arriverà a pesare più della somma di tutti i pesci. Per fare fronte a tale problema, oltre 40 paesi hanno aderito alla campagna delle Nazioni Unite del Programma Ambientale CleanSeas, che è stata lanciata lo scorso anno combattendo l’uso della microplastica nelle due più grandi fonti di spazzatura plastica marina: l’industria cosmetica e i prodotti di plastica usa e getta come le buste.
Tuttavia, secondo Elitza Germanov, ricercatrice della Fondazione Megafauna Marina e dottoranda della Università Murdoch in Australia, mentre vi è un crescente corpo di ricerca sul come la microplastica colpisca gli ambienti marittimi, pochi studi hanno specificatamente considerato come ne siano colpiti i grandi filtratori marini.
‘Stiamo ancora cercando di capire l’ampiezza del problema’ ha dichiarato in una intervista. Germanov, autore principale dello studio The Trends in Ecology & Evolution. E ancora: ‘Comunque sia è ormai chiaro che la contamazione da microplastica ha la potenzialità di ridurre ulteriormente il numero demografico di queste specie, di cui molte vivono a lungo riproducendosi sempre meno’.
Le specie filtatrici come gli squali balena e le mante devono ingurgitare da centinaia a migliaia di metri cubi di acqua al giorno per catturare abbastanza plankton da soddisfare i propri fabbisogni nutritivi. Ciò significa che queste specie ingurgitano la microplastica sia direttamente attraverso l’acqua inquinata che indirettamente attraverso il consumo della preda di plankton contaminato.
‘Le stime sulla quantità di plastica ingerita giornalmente dalla megafauna variano enormemente a seconda della area e delle abitudini alimentari, da un minimo di 100 pezzi per gli squali balena nel Golfo di California fino a un massimo di migliaia di pezzi per le balenottere nel Santuario Pelagos’, fanno notare Germanov e co-autori nel loro studio. E aggiungono: ‘attualmente non si possiedono stime sulla quantità di plastica ingerita dalla megafauna filtratrice nel Golfo del Messico, nella Baia del Bengali e nel triangolo dei Coralli nè sulla quantità di plastica ingerita dalle mobule in qualsiasi parte del mondo.’
Le particelle di microplastica possono bloccare l’assorbimento dei nutrienti e danneggiare l’apparato digerente dei filtratori marini, mentre le tossine e gli inquinanti organici persistenti (POPs) trovati nella plastica possono con il tempo accumularsi nei corpi della fauna marina, alterandone i processi biologici quali la crescita e la riproduzione fino a comprometterne fertilità. Le tossine che con il tempo si sono accumulate nei grossi animali marini che si nutrono attraverso il filtraggio delle acque possono anche essere trasmesse da madre a figlio. Tali conseguenze costituiscono un grave pericolo per queste specie la cui sopravvivenza è già fortemente minacciata.
Germanov ha dichiarato: ‘È fondamentale capire gli effetti dell’inquinamento da microplastica sui giganti oceanici dal momento che quasi metà delle mante, due terzi degli squali che si cibano di filtri e oltre un quarto dei misticeti sono nell’elenco della IUCN tra le specie sotto minaccia la cui conservazione va prioritizzata.
Germanov e altri co-autori sottolineano come la ricerca debba ancora confermare che la megafauna filtratrice sarebbe esposta ai POPs e ad altre tossine associate alla plastica attraverso l’assunzione della microplastica. Infatti, i metodi convenzionali che vengono di solito usati per studiare le abitudini alimentari della fauna, come ad esempio l’apertura dello stomaco per esaminarne il contenuto, non sono adatti a quelle specie la cui sopravvivenza è già in pericolo; per queste ultime occorre invece usare un approccio più indiretto. Germanov ha affermato in una intervista con Mongabay: ‘Molti studi si sono ora rivolti alle biopsie dal momento che gli spiaggiamenti sono rari e la pesca di specie in via di estinzione è considerata illegale o non etica. Germanov e altri co-autori del suo studio hanno elaborato metodi alternativi che sono a disposizione dei ricercatori: ‘dal momento che i metodi analitici per individuare le tossine continuano ad aumentare, è possibile analizzare piccole quantità di tessuto ottenute in maniera non letale (come ad esempio, attraverso le biopsie) e condurre dei test per ricercare la presenza di sostanze chimiche associate alla plastica, come gli ftalati, gli organobromini, e i composti specifici dei POP permettendo così di studiare la correlazione tra la microplastica presente nel terreno dei filtratori e l’esposizione dei loro organismi a tali tossine’.
Sabina Weiss, ufficiale delle pubbliche relazioni per la Fondazione Megafauna Marina, ha fatto notare in una email indirizzata a Mongabay che mentre va ancora confermata una definitiva correlazione causale tra l’ingerimento della plastica e la conseguente esposizione alla tossina nella megafauna marina, precedenti pubblicazioni e studi di laboratori in uccelli marini (Teuten et al. 2009) e piccoli pesci (Rochman et al 2014) hanno già dimostrato questa correlazione’.
La co-autrice dello studio, Maria Cristina Fossi della Università di Siena in Italia, è stata tra i primi scienziati a studiare i grandi filtratori marini e la loro esposizione all’inquinamento da microplastica. Fossi e colleghi hanno rinvenuto in media 0,7 oggetti di plastica per cubo metrico di acqua nella penisola del Messico Baia di California, terreno alimentare importante per gli squali balena in pericolo. Secondo le loro stime, gli squali balena del mare di Cortez (altresì noto come Golfo di California, il corpo di acqua che separa il Messico continentale dalla Baia di California) fagociterebbero più di 170 oggetti di plastica al giorno. Secondo i loro calcoli inoltre, le balenottere del mediterraneo consumerebbero migliaia di particelle di microplastica al giorno.
Ha dichiarato Fossi in un intervista: ‘I nostri studi sugli squali balena nel mare di Cortez e sulle balenottere del Mediterraneo hanno confermato l’esposizione alle tossine chimiche, il che suggerisce che i filtratori marini assumono la microplastica dal loro terreno di nutrimento. L’esposizione a queste tossine associate alla plastica pone una minaccia maggiore alla salute di questi animali dal momento che ne può alterare gli ormoni che regolano tra le altre cose la crescita e lo sviluppo fisico, il metabolismo e le funzioni riproduttive’.
Mentre la precedente ricerca di Fossi e colleghi aveva scoperto che i grandi filtratori marini quali le balenottere, gli squali balena e gli squali elefanti sono esposti alle tossine associate alla plastica che risulterebbe ingerita, Germanov ha dichiarato in una intervista con Mongabay che non vi è traccia di plastica nello stomaco o nelle viscere delle specie contaminate da POP.
Secondo Germanov è chiaro a questo punto che, dal momento che la produzione di plastica è destinata ad aumentare globalmente, occorre una maggiore ricerca sull’impatto dell’inquinamento da plastica negli oceani mondiali. Germanov suggerisce che la ricerca futura dovrebbe concentrarsi sulle regioni costali dove l’inquinamento da microplastica si sovrappone ai terreni di nutrimento e riproduzione delle specie in pericolo.
Ha affermato infatti: ‘Molte aree sono zone cruciali per la biodiversità e l’importanza economica derivata dalla pesca e dal turismo marittimo. Puntare su queste attività con il supporto del governo e della industria locali farà sì che gli sforzi per mitigare la minaccia dell’inquinamento da plastica siano sostenuti al massimo’.
CITAZIONI
• Germanov, E. S., Marshall, A. D., Bejder, L., Fossi, M. C., & Loneragan, N. R. (2018). Microplastics: No small problem for filter-feeding megafauna. Trends in Ecology & Evolution. doi:10.1016/j.tree.2018.01.005
• Rochman, C. M., Kurobe, T., Flores, I., & Teh, S. J. (2014). Early warning signs of endocrine disruption in adult fish from the ingestion of polyethylene with and without sorbed chemical pollutants from the marine environment. Science of the Total Environment, 493, 656-661. doi:10.1016/j.scitotenv.2014.06.051
• Teuten, E. L., Saquing, J. M., Knappe, D. R., Barlaz, M. A., Jonsson, S., Björn, A., … & Ochi, D. (2009). Transport and release of chemicals from plastics to the environment and to wildlife. Philosophical Transactions of the Royal Society of London B: Biological Sciences, 364(1526), 2027-2045. doi:10.1098/rstb.2008.0284