- I ricercatori si sono a lungo interrogati sul perché le foreste tropicali contengano specie così diverse di piante e animali.
- Un nuovo studio, esaminando la distribuzione di un albero comune a Panama, ha trovato conferma di un'ipotesi vecchia di decenni.
- Questa tesi sostiene che quando una specie diventa più comune, i suoi predatori naturali ne limitano la diffusione, creando così diversità.
- Immagini satellitari relative a un periodo di 10 anni hanno fornito le prove necessarie per dimostrare la validità di questa idea.
Le foreste tropicali sono ecosistemi incredibilmente diversi, e gli ambientalisti si sono sempre chiesti perché.
Una nuova ricerca che studia uno specifico albero panamense – l’Handroanthus guayacan, famoso per la sua fioritura gialla- ha fornito una risposta. Ma la conclusione è controintuitiva. Invece di crescere più abbondante nelle aree in cui è comune, l’albero ha effettivamente aumentato il proprio numero nelle zone in cui è raro.
Recentemente, i ricercatori della Brown University e della University of California, Los Angeles, hanno pubblicato le loro scoperte negli Proceedings of the National Academy of Sciences. Allo scopo di indagare sulla popolazione a lungo termine di questo albero a Barro Colorado, un’isola di 15,5 chilometri quadrati nel Canale di Panama, hanno usato immagini satellitari ad alta risoluzione.
Usando questi dati riguardanti un periodo di tempo di 10 anni, hanno confermato un’ipotesi scientifica che circolava, ma non era mai stata provata, da decenni. Sviluppatasi nei primi anni ’70, è chiamata l’ipotesi Janzen-Connell in nome degli ambientalisti Daniel Janzen e Joseph Connell, che hanno proposto l’idea in modo indipendente. L’ipotesi sostiene che l’alta diversità è una risposta ai predatori. Procacciando il cibo in modo efficiente, i predatori cercheranno i loro cibi preferiti in aree dove le risorse sono abbondanti, piuttosto che in luoghi in cui queste risorse sono scarne.
“Se sei un roditore che mangia semi”, ha spiegato James Kellner, ambientalista presso la Brown University e primo autore dello studio, “andrai nel luogo in cui puoi trovare una grande macchia dell’albero o della pianta che produce i semi che desideri. Si tratta di ottenere il miglior risultato con il minimo sforzo.”
Di conseguenza, i semi hanno più possibilità di maturare e diventare piante adulte se non ci sono altri semi in giro da sfruttare per i ricercatori di cibo.
“Si chiama classico feedback negativo”, ha detto Kellner. “È un meccanismo che impedisce a una specie di diventare comune. E nei luoghi in cui è rara, dovrebbe sfuggire alla scoperta da parte dei suoi nemici e quindi la popolazione ha più possibilità di aumentare di dimensioni”.
Tuttavia, testare questa ipotesi si è dimostrato difficile. Esaminare la probabilità che una giovane pianta possa diventare adulta può richiedere decenni, o secoli. Combinare tutto questo sta alla base della sfida di trovare specie in ambienti così diversi.
“Devi essere in grado di osservare molti chilometri quadrati in un ragionevole lasso di tempo, e non è possibile farlo direttamente da terra”, ha detto Kellner.
Per aggirare questi limiti, Kellner e il suo collega, l’ecologista Stephen Hubbell dell’Università della California, Los Angeles, hanno usato immagini satellitari dell’albero Handhaanthus guayacan. Ogni anno, per pochi giorni, gli alberi adulti di questa specie producono un fiore giallo brillante. Il fiore è così distinto e onnipresente che è facilmente visibile – anzi, “spunta fuori” – nelle immagini satellitari.
“È come se per alcuni giorni all’anno l’albero avesse un cartello segnaletico e mi stesse dicendo dove si trova”, ha spiegato Kellner.
Studiando queste immagini, i ricercatori hanno identificato 1.006 alberi adulti presenti sull’isola. Quindi, ripercorrendo un periodo di 10 anni, hanno rintracciato il numero e le posizioni degli esemplari adulti. In particolare, sono stati in grado di identificare quando e dove i nuovi alberi si sono uniti alla popolazione adulta già esistente. Hanno così scoperto che era più probabile che nuovi esemplari apparissero in aree che contenevano densità inferiori di Handhaanthus guayacan, proprio come predetto dall’ipotesi di Janzen-Connell.
Liza Comita, ambientalista dell’Università di Yale, non coinvolta nello studio, ha definito il progetto “davvero innovativo”. “Hanno fatto uso del telerilevamento per tracciare il “reclutamento” di alberi adulti su grandi scale spaziali, il che è davvero difficile da ottenere a terra”, ha spiegato Comita.
Kellner prevede applicazioni diffuse e veramente “rivoluzionarie” per la tecnologia di telerilevamento alle domande in ambito ambientale. L’applicazione di questa tecnologia “fornirà nuove linee di prova su vecchi problemi e anche nuove linee di sostegno a problemi che non abbiamo ancora identificato”, ha concluso.
Citazioni
- Kellner, J.R. and Hubbell, S.P. (2018). Density-dependent adult recruitment in a low-density tropical tree. Proceedings of the National Academy of Sciences, 115 (44). 11268-11273. doi:10.1073/pnas.1800353115.