- Una nuova e lungimirante ricerca afferma che la deossigenazione degli oceani è la più grande minaccia per la sopravvivenza delle barriere coralline, forse ancor più dell'acidificazione e dell'incremento della temperatura degli oceani.
- L'ossigeno negli oceani di tutto il mondo è diminuito del 2% a partire dalla metà del secolo scorso, in gran parte a causa del cambiamento climatico, dei deflussi agricoli e dei rifiuti prodotti dagli esseri umani.
- Sono sempre di più le ricerche che analizzano il fenomeno della deossigenazione in mare aperto ma sono pochi gli studi sugli effetti della riduzione di ossigeno sulle barriere coralline presenti lungo le zone costiere in aree tropicali e questa ricerca inizia a fare luce su tale aspetto.
- L'autore principale e i suoi colleghi stanno attualmente raccogliendo dati sulla Grande barriera corallina al largo della costa della Heron Island al fine di comprendere gli effetti della deossigenazione sulle barriere coralline dell'area.
In marzo, la Grande barriera corallina dell’Australia è stata soggetta all’episodio di sbiancamento più esteso di sempre. Il sessanta per cento della barriera corallina ha subito uno sbiancamento da moderato a grave e alcuni coralli potrebbero non riuscire più a riprendersi.
Tale sbiancamento è stato causato dal cambiamento climatico che in febbraio ha portato a un insolito riscaldamento delle acque in cui si trova la Grande barriera corallina e ha danneggiato il delicato rapporto simbiotico tra i coralli e le alghe che ne permettono la sopravvivenza. In genere, quando la temperatura del mare aumenta, i coralli sono sottoposti a stress ed espellono le alghe dai loro tessuti. Senza tali alghe, i coralli diventano bianchi come fantasmi e muoiono lentamente di fame.
I sistemi corallini devono però far fronte a un’altra grave minaccia, che potrebbe essere più pericolosa dell’aumento della temperatura e dell’acidificazione dell’acqua marina. Secondo David Hughes, principale autore di una nuova ricerca pubblicata su Nature Climate Change, i coralli e gli altri organismi che vivono nella Grande barriera corallina potrebbero anche subire le ripercussioni della deossigenazione e ciò potrebbe sostanzialmente impedire alla barriera corallina di riprendersi.
“Sappiamo che gli effetti nocivi del riscaldamento e della deossigenazione influiscono probabilmente gli uni sugli altri”, ha dichiarato Hughes, ricercatore presso la University of Technology Sydney’s Climate Change Cluster, a Mongabay. Ha spiegato che con il riscaldamento dell’acqua, i coralli e gli altri organismi hanno bisogno di più ossigeno per respirare. Ma l’acqua calda contiene meno ossigeno rispetto all’acqua fredda. Siccome i coralli e gli altri organismi faticano a trovare l’ossigeno necessario, consumano più ossigeno in tale ricerca.
“Quando si verificano episodi di sbiancamento simili a causa dell’elevata temperatura dell’acqua, è sicuramente possibile che la risposta allo stress delle comunità coralline sia influenzata anche dalla deossigenazione”, ha dichiarato Hughes. “L’altro aspetto da considerare è il fatto che la morte dei coralli causata dallo sbiancamento (o di qualsiasi altro organismo che si trova nell’acqua) comporta anch’essa un consumo di ossigeno a causa dell’attività dei batteri sulla materia organica in decomposizione e ciò innesca un effetto a catena”.
Secondo una relazione dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (International Union for Conservation of Nature, IUCN), l’ossigeno negli oceani di tutto il mondo è diminuito del 2% dalla metà del XX secolo. I deflussi agricoli e i rifiuti prodotti dagli esseri umani svolgono un ruolo rilevante nella riduzione dei livelli di ossigeno negli oceani ma la causa principale è il cambiamento climatico.
Sono sempre più numerose le ricerche che analizzano gli effetti della deossigenazione in mare aperto e in ambienti con acqua fredda, ma si sa ancora poco sulla deossigenazione nei sistemi delle barriere coralline presenti lungo le zone costiere in ambienti tropicali. Questa ricerca esamina gli studi esistenti in ambito biologico, ecologico e geochimico e giunge all’ipotesi che la riduzione dei livelli di ossigeno possa contribuire al declino delle barriere coralline ma fa altresì notare che è necessario intensificare notevolmente lo studio in tale ambito.
“Uno dei messaggi chiave della ricerca è il fatto che dobbiamo veramente capire ciò che chiamiamo “soglie subletali” che hanno ripercussioni sugli organismi prima della loro morte”, ha affermato Hughes. “Negli ecosistemi con acqua fredda, sappiamo che il comportamento, la velocità di sviluppo e il successo riproduttivo degli animali come pure la loro predisposizione alle malattie sono tutti elementi influenzati da variazioni di ossigeno molto ridotte. Abbiamo quindi validi motivi per sospettare che lo stesso valga per le barriere coralline ma, semplicemente, non disponiamo ancora di dati in merito”.
Hughes ritiene che la deossigenazione degli oceani possa essere la minaccia più immediata per la sopravvivenza delle barriere coralline.
“Quando si verificano simili fenomeni di deossigenazione molto intensi… i coralli non riescono a respirare e quando un organismo non riesce a respirare, muore molto rapidamente”, ha detto Hughes. “Da questo punto di vista, ciò può rappresentare una minaccia per le barriere coralline più immediata di quanto non sia il riscaldamento”.
“Immagino che lo stesso valga per gli esseri umani”, ha aggiunto. “Pensiamo alla ‘regola del tre’: è possibile sopravvivere per tre settimane senza cibo, per tre giorni senza acqua ma solo tre minuti senza ossigeno. Lo stesso tipo di ragionamento vale per le barriere coralline. L’assenza completa di ossigeno è un indicatore fondamentale relativo alle barriere coralline in un momento specifico, più importante della temperatura e dell’acidificazione”.
Hughes e i suoi colleghi stanno attualmente raccogliendo dati al largo della costa della Heron Island sulla Grande barriera corallina per comprendere meglio gli effetti della deossigenazione sulla barriera corallina dell’isola. I sensori di ossigeno erano già stati posizionati quando si è verificato lo sbiancamento di massa e, per questo motivo, Hughes prevede di ottenere dati interessanti. Tuttavia, né Hughes né i suoi colleghi sono ancora ancora in grado di andare a prendere i sensori a causa della crisi generata dalla COVID-19.
“Al momento, non possiamo sapere con certezza quando potremo recuperare i dati”, ha affermato Hughes.
Un modo per tenere a freno la deossigenazione consiste nel migliorare la gestione dei terreni e dei deflussi agricoli, specialmente dove le barriere coralline sono molto vicine, ha dichiarato Hughes. Tuttavia, il modo più efficace per fermare la deossigenazione degli oceani consiste nel ridurre le emissioni di carbonio a livello globale. Potrebbe trattarsi di una sfida insormontabile ma Hughes ritiene che la crisi legata alla COVID-19 porti a un cambiamento di paradigma significativo.
“Mostra chiaramente che in presenza di un problema di portata mondiale tutti noi possiamo collaborare”, ha affermato Hughes. “Se riuscissimo ad applicare lo stesso approccio [in modo simile a quanto accade con la COVID-19] per contrastare il cambiamento climatico, avremmo una buona possibilità di risolvere veramente il problema”.
Citazione:
Hughes, D. J., Alderdice, R., Cooney, C., Kühl, M., Pernice, M., Voolstra, C. R., & Suggett, D. J. (2020). Coral reef survival under accelerating ocean deoxygenation. Nature Climate Change, 10, 296-307. doi:10.1038/s41558-020-0737-9
Immagine nel banner: sistema di barriere coralline lungo la costa settentrionale del Mozambico, uno dei quasi 300 sistemi di barriere coralline nell’Oceano Indiano occidentale esaminato dai ricercatori della Wildlife Conservation Society e di altre organizzazioni nel corso di uno studio durato dieci anni incentrato sulle varietà dei coralli e sullo sbiancamento. Autore della foto: Emily Darling/WCS.
Articolo originale: https://news-mongabay-com.mongabay.com/2020/04/ocean-deoxygenation-could-be-silently-killing-coral-reefs-scientists-say/