- Secondo un nuovo studio, nei prossimi due decenni oltre 500 dighe saranno costruite, o sono già in fase di costruzione, all’interno di aree protette.
- Lo studio rivela che esistono già più di 1.200 dighe di grandi dimensioni dentro aree protette.
- Gli autori incoraggiano fortemente i Governi ad evitare la costruzione di dighe all’interno, o in prossimità, di aree protette, ma di prendere invece in considerazione energie rinnovabili come quelle eolica e solare.
- I ricercatori esprimono preoccupazioni riguardo gli attuali passi indietro nelle protezioni ambientali, specialmente nel corso della pandemia di COVID-19.
Centinaia di dighe sono in progettazione all’interno di aree protette sparse in tutto il mondo, una prospettiva che minaccia le persone, piante ed animali che fanno affidamento sulle acque di importanza vitale dei fiumi a flusso libero.
Secondo un’analisi globale senza precedenti pubblicata sulla rivista Conservation Letters, 509 dighe, ovvero il 14% delle totali attualmente in realizzazione, o pianificate nei prossimi due decenni, dovrebbero essere costruite dentro aree protette.
“L’alto numero di dighe pianificate all’interno di aree protette è allarmante,” afferma Michele Thieme, autore principale dello studio e scienziato specializzato in acque dolci presso il WWF. “I fiumi sono la linfa vitale degli ecosistemi. Qualsiasi politica che miri a preservare la natura, deve dare la priorità al libero flusso dei fiumi.”
Per calcolare questo numero, i ricercatori hanno sovrapposto i dati delle dighe in progettazione presi dal database Global Dam Watch a quelli delle mappe del Database mondiale delle aree protette. Utilizzando il Global Reservoir and Dam Database(GRanD), il team ha inoltre identificato 1.249 grandi dighe già esistenti all’interno di aree protette.

In tutto il mondo, i fiumi non sono più quelli di una volta. Uno studio del 2019 ha rivelato che due-terzi dei fiumi più lunghi del mondo non scorrono più liberamente. Questi lunghi fiumi (oltre i 1.000 km) sono bloccati da dighe o altri tipi di infrastrutture. Questa frammentazione blocca il flusso dell’acqua e di sedimenti che trasportano nutrienti verso gli habitat a valle, alterando così gli ecosistemi e impedendo la migrazione e la riproduzione dei pesci e di altre specie di acqua dolce.
Tra il 1970 e il 2014 le popolazioni di mammiferi, uccelli, pesci, rettili e anfibi di acqua dolce sono diminuite dell’83%. I pesci migratori di acqua dolce sono diminuiti del 76%. Le dighe e altre infrastrutture sono tra le maggiori cause di questo declino.
La costruzione di dighe può avere conseguenze disastrose per le comunità locali, e raramente i reali costi socio-ambientali delle dighe vengono valutati in anticipo. Secondo la Commissione mondiale sulle dighe, negli ultimi sessant’anni le dighe di grandi dimensioni hanno costretto 40-80 milioni di persone a lasciare le proprie terre.
Secondo le stime di International Riversil complesso della diga di Belo Monte nell’Amazzonia brasiliana, ha causato il trasferimento di circa 20.000 persone. Dopo l’installazione della diga di Tucuruí, sempre in Brasile, l’attività della pesca è diminuita del 60% e 100.000 residenti a valle sono stati colpiti dalla perdita della pesca, di altre attività e dalle inondazioni di terreni agricoli. Sul fiume Omo in Etiopia, la costruzione di una diga ha portato a trasferimenti e perdita di mezzi di sostentamento per i gruppi indigeni. E l’elenco potrebbe continuare.

Il controverso progetto della diga di Kaliwa nelle Filippine è uno di quelli individuati dallo studio come “in costruzione”. La struttura minaccia i domini ancestrali di gruppi indigeni nonché un parco naturale che serve da santuario e rifugio per animali selvatici. Potrebbe inoltre contaminare l’acqua potabile, mettere in pericolo specie endemiche e costituire una minaccia di inondazioni per l’agricoltura e le comunità di pescatori.
In Croazia e Slovenia, diverse dighe pianificate lungo i fiumi Mura e Drava sconfinano in aree protette. Le dighe hanno lo scopo di fornire elettricità e protezione dalle inondazioni, ma implicano anche una serie di problemi, tra cui la perdita di habitat per i pesci, l’erosione del letto del fiume, cambiamenti nel flusso delle acque e impatti sulla pesca e le attività locali, secondo il WWF.

“I risultati dello studio sono allarmanti, ma corrispondono alla nostra esperienza, in cui abbiamo osservato un drammatico aumento di dighe costruite in aree estremamente delicate,” ha scritto in un’email a Mongabay Josh Klemm, direttore delle politiche presso International Rivers, e non coinvolto nello studio.
“Ad esempio, la China Ex-Im Bank dovrebbe finanziare la diga di Koukoutamba in Guinea, che comporterebbe la morte di fino a 1.500 scimpanzé occidentali già in grave pericolo di estinzione. La diga verrebbe costruita in mezzo a un parco nazionale che è stato creato solo nel 2017 appositamente per proteggere gli scimpanzé.”
Per evitare tali catastrofi, gli autori incoraggiano fortemente i Governi a non costruire dighe all’interno, o in prossimità, di aree protette o dove potrebbero interrompere fiumi che scorrono liberamente. Thieme si riferisce alle dighe pianificate nella regione balcanica di Adria e quelle lungo l’arco dell’Himalaya orientale nel Sud-Est asiatico (i puntini arancioni sulla mappa del WWF sopra) che si sovrappongono ad aree che ancora hanno una connettività fluviale relativamente alta.
Laddove esistono già dighe e forniscono servizi di valore, gli autori raccomandano che queste strutture siano ridotte per permettere i passaggi dei pesci e ripristinare i regimi di flusso ambientale.

“Non siamo un’organizzazione anti-dighe,” afferma Thieme, “Ma sosteniamo fortemente una pianificazione preventiva in modo da poter ridurre al minimo gli impatti e i danni.”
I Governi dovrebbero prima cercare altre forme di energia alternativa come quella eolica e solare, che stanno diventando più vantaggiose economicamente. Ma laddove sia necessario costruire una diga, la selezione consapevole del luogo rappresenta il passo più importante ed efficace da compiere verso un futuro di dighe a basso-impatto, secondo molti.
Gli autori sostengono anche la rimozione di dighe in modo da ricollegare le vie per le specie e ripristinare il flusso di sedimenti. Anche la creazione di aree protette che includano protezioni per i fiumi a flusso libero in aree ad alta biodiversità, rappresenta un’importante priorità. Pochi siti protetti al mondo comprendono protezioni per interi bacini idrografici a flusso libero.

“L’esistenza di aree protette non è stata sufficiente ad evitare la costruzione di dighe distruttive,” ha detto Klemm. “Questa è una della ragioni principali per cui noi e i nostri partner sosteniamo, e stiamo attivamente cercando, una protezione legale permanente dei fiumi che venga sancita nella legislazione nazionale.”
La designazione di “area protetta” non è “blindata” nei confronti delle dighe. Lo studio ha identificato 40 casi in cui le protezioni di aree protette sono state ridotte per far spazio a dighe esistenti. L’allentamento delle restrizioni, la riduzione di aree protette, o la completa eliminazione di protezioni per queste aree, sono noti come eventi PADDD e la maggior parte, secondo uno studio del 2019, sono legati a infrastrutture.
La creazione della diga di Hetch Hetchy all’interno del Parco Nazionale di Yosemite è stata il risultato di revisioni regolamentari da parte del Governo statunitense ed è il primo evento PADDD segnalato nello studio.
La maggior parte degli eventi PADDD identificati nello studio sono avvenuti in Brasile. Ad esempio, nel 2010 la protezione di 10 aree è stata rimossa, mentre altre quattro sono state declassate per far spazio alla centrale idroelettrica di Jirau. L’impianto argina il fiume Madeira, uno dei più grandi affluenti dell’Amazzonia, alterandone il flusso, costringendo gruppi di indigeni a spostarsi e influenzando importanti attività di pesca.

La prospettiva di costruire altre dighe desta allarmi sulla gestione di queste aree protette. I ricercatori esprimono preoccupazioni riguardo i continui passi indietro nelle protezioni, specialmente nel corso della pandemia di COVID-19.
“È troppo presto per dire se questi passi indietro siano aumentati durante la pandemia,” ha scritto in un’email a Mongabay, Rachel Golden Kroner, coautrice dello studio e scienziata sociale presso il Betty and Gordon Moore Center for Science. “Tuttavia, sappiamo che queste decisioni stanno andando avanti in un momento in cui il pubblico è comprensibilmente distratto e non può partecipare adeguatamente ai processi decisionali.”
D’altra parte, la pandemia crea opportunità per maggiori normative e protezioni. I Governi dovrebbero sfruttare i piani di ripresa economica per sostenere la tutela, proteggere la terra, e investire in programmi come i pagamenti per servizi ecosistemici, spiega Golden Kroner.
“La pandemia ha bloccato la costruzione di dighe in tutto il mondo, ed è improbabile che molti progetti interrotti verranno mai portati a termine,” ha affermato Klemm.
“Dopo anni di declino per via dei costi in aumento e di alternative più economiche, il settore idroelettrico è già alle strette, e la ripresa post-COVID rappresenta un’opportunità concreta per compiere una rottura netta con il passato.”
Citazioni:
Thieme, M. L., Khrystenko, D., Qin, S., Golden Kroner, R. E., Lehner, B., Pack, S., … Mascia, M. B. (2020). Dams and protected areas: Quantifying the spatial and temporal extent of global dam construction within protected areas. Conservation Letters, e12719. doi:10.1111/conl.12719
Immagine di copertina di uno scimpanzé, foto di Cameron Zohoori via Flickr. (CC BY-NC 2.0)
Articolo originale: https://news-mongabay-com.mongabay.com/2020/08/more-than-500-dams-planned-inside-protected-areas-study/