- Il report pubblicato questa settimana “Stato delle piante e dei funghi 2020 a livello globale”, nato dagli sforzi collaborativi di 200 scienziati provenienti da 42 paesi, verte su di una valutazione complessiva delle piante e dei funghi da un punto di vista alimentare nonché come carburante, strumento di resilienza urbana e altro ancora.
- Nel 2019 sono state descritte 1.942 specie di piante e 1.886 specie di funghi, alcune delle quali strettamente imparentate a specie conosciute per le loro proprietà medicinali e perciò potenzialmente importanti dal punto di vista medico.
- Secondo il report, più di 7.000 piante commestibili offrono un grande potenziale come colture per il futuro in quanto rispondono a criteri quali l’essere nutrienti, resistenti e storicamente utilizzate come fonte di cibo.
- Si stima che circa il 40% delle specie di piante sia a rischio di estinzione.
Lo spazio cosmico, le profondità degli oceani e la fisica quantistica sono campi ideali per effettuare scoperte. Si tratta di aree, o meglio frontiere, inesplorate della scienza. Un’altra frontiera potrebbe però nascondersi proprio davanti ai nostri occhi, sotto ai nostri piedi o fuori dalla finestra nel regno delle piante e dei funghi.
Nel solo 2019, sono state descritte dagli scienziati 1.942 nuove specie di piante e 1.886 specie di funghi. Alcune di queste piante appartengono alla famiglia di cui fanno parte l’aglio e la cipolla, altre sono state identificate come specie selvatiche di manioca e altre ancora sono strettamente imparentate con specie conosciute per le loro proprietà mediche e perciò potenzialmente utili per la medicina.
Purtroppo, si stima che circa il 40% delle specie di piante a livello globale sia a rischio di estinzione.

Il report sullo “Stato delle piante e dei funghi 2020 a livello globale” pubblicato questa settimana da Royal Botanical Gardens, Kew (RBG Kew), verte su di una valutazione complessiva delle piante e dei funghi da un punto di vista alimentare nonché come carburante, strumento di resilienza urbana, fonte di diversità genetica, ma anche da un punto di vista commerciale e di conservazione per comprendere se le regole di protezione aiutino o ostacolino la ricerca scientifica.
Lo studio è sorto dagli sforzi collaborativi di 200 scienziati provenienti da 42 paesi. Ciascun capitolo del report si basa su nuovi studi pubblicati sul New Phytologist journal e ha come scopo quello di riportare le scoperte effettuate in una maniera che sia accessibile al lettore.
“Si tratta di una raccolta di informazioni senza precedenti” ha dichiarato Phil Stevenson a Mongabay, ricercatore del RBG Kew e principale autore del capitolo dedicato ai servizi dell’ecosistema. “Si spera che possa aiutare i singoli e i decisori politici a capire come apportare cambiamenti e come conservare”.

Nel 2019 sono state descritte dagli scienziati circa 4.000 specie di piante e funghi e, secondo il report, il Regno dei Funghi è ancora ampiamente inesplorato.
Come scrive Martin Cheek, capo ricercatore senior del team sull’Africa e il Madagascar presso il RBG Kew, “spesso le persone pensano che ogni specie sia stata individuata e classificata, ma non è così. C’è ancora un numero immenso di specie su cui non sappiamo nulla e a cui non abbiamo ancora dato un nome”.
“Nella regione in questione conosciamo circa 150.000 specie di funghi, ma pensiamo che ce ne siano in realtà tra i 2 e i 4 milioni. Il 90% delle specie fungine ha ancora bisogno di essere descritto” spiega Stevenson.
“Pensate a tutte quelle medicine importantissime che hanno avuto origine dai funghi…” continua Stevenson, “la penicillina ad esempio. Immaginate anche le meraviglie che ancora attendono di essere scoperte”.

Secondo il report, più di 7.000 piante commestibili hanno un potenziale come colture del futuro in quanto rispondono a criteri come l’essere particolarmente nutrienti, tenaci e utilizzate già nella storia come alimento. Nel complesso, l’umanità sfrutta molto poco la diversità di piante e funghi disponibili come alimento. Il 90% del fabbisogno calorico proviene da sole tre colture: il riso, il granoturco e il frumento.
“Le migliaia di specie di piante che non vengono sfruttate o sono completamente ignorate, conosciute anche come colture orfane, costituiscono l’ancora di salvezza per milioni di persone sulla Terra colpite da cambiamenti climatici senza precedenti, da una diffusa precarietà alimentare e nutritiva e, da una mancanza di potere economico” spiega Stefano Padulosi nel report, ex scienziato senior presso l’Alliance of Biodiversity International e l’International Center for Tropical Agriculture.
Padulosi aggiunge: “Dovrebbe essere un nostro dovere morale attingere da questa cesta di risorse non sfruttate per produrre cibo e realizzare sistemi di produzione più diversificati e resilienti al cambiamento per le generazioni odierne e quelle future”.

Il capitolo dedicato alla resilienza urbana sottolinea i benefici di ciò che secondo molti sembra essere solo una cornice decorativa: stiamo parlando di alberi e piante in città. “Quando le persone pensano alla natura non pensano alle città”, spiega Stevenson. Eppure, gli alberi che crescono nelle città puliscono l’aria, prevengono allagamenti, riducono l’impatto della pioggia, forniscono ombra e riparo, sono accumulatori di carbonio e possono regolare la temperatura. Forniscono servizi all’ecosistema sia che si trovino nelle città che nelle foreste.
“C’è tanta natura nelle città”, continua Stevenson. “Oltretutto, è proprio dove la maggior parte delle persone vive… dove è più probabile che le persone instaurino una relazione positiva con la natura… parliamo di relazioni positive critiche in quanto hanno benefici salutari sulle persone”.

I ricercatori hanno anche preso in esame il commercio delle piante e gli ostacoli nei confronti delle innovazioni che prendono ispirazione dalla natura, tra cui le problematiche che ruotano intorno alla brevettabilità dell’informazione genetica e il tenere in considerazione il contributo della conoscenza sull’utilizzo delle piante a livello locale, tradizionale e indigeno.
“Credo che sia un vero peccato che molte sostanze che derivano da piante e funghi non siano soggette a brevetti adeguati in quanto aumenterebbero il valore economico della biodiversità”, spiega Monique Simmonds, vicedirettore scientifico presso il RBG Kew. “Più persone potrebbero rendersi conto del potenziale che le piante e i funghi possiedono in quanto molti di quei brevetti verrebbero tradotti in forme di commercializzazione. Inoltre, a patto che siano in atto i sistemi appropriati, il denaro farebbe ritorno al luogo da cui la biodiversità proviene”.

Nonostante la ricchezza mondiale di piante e funghi sia indiscutibile, l’umanità è in una lotta contro il tempo per cercare questi tesori, dargli un nome e proteggerli prima che vadano persi per sempre. Alcuni sostengono il cosiddetto approccio “rapido soccorso” che prevede l’utilizzo dell’intelligenza artificiale per identificare gli hotspot di conservazione prioritari.
Viene posta sempre più enfasi sulla parola rapido, in quanto si stima che circa il 40% delle specie di piante è a rischio di estinzione ed elementi quali il cambiamento climatico e la perdita di habitat stiano accelerando aumentandone il rischio. Questa nuova stima è molto più alta rispetto a quella del 2016, in parte a causa di un nuovo sistema che corregge gli errori presenti nei dati. Questo significa che in precedenza certe aree del pianeta e gruppi di piante potrebbero essere state più o meno contabilizzate.
Tra le specie a rischio di estinzione ci sono 723 piante medicinali ma è probabile che il numero sia molto più alto. Su 25.791 piante medicinali documentate, solo 5.401 specie di piante e sei specie fungine sono state valutate per il loro stato di conservazione.
Alcuni esempi includono la Brugmansia sanguinea, una pianta tradizionalmente usata per curare disturbi circolatori e al momento indicata tra le specie estinte in natura dal IUCN. Altre specie a rischio menzionate nel report sono Nepenthes khasiana, impiegata per curare malattie della pelle, e Warburgia salutaris conosciuta per i suoi rimedi tradizionali contro raffreddore e tosse.
La specie fungina parassita e presente nel legno conosciuta come eburiko (Fomitopsis officinalis), nota per le sue potenti proprietà antimicrobiche, è già stata spinta sulla soglia dell’estinzione.

Quando perdiamo questi organismi perdiamo anche preziose medicine, alimenti e servizi all’ecosistema. È importante ricordare, spiega Alexandre Antonelli, direttore scientifico a Kew, che la natura possiede dei propri valori intrinseci indipendenti dall’uomo.
“Condividiamo questo pianeta con milioni di altre specie, molte delle quali esistono da molto prima di noi. Nonostante il fatto che una visione di sfruttamento della natura abbia radici molto profonde all’interno della nostra società, la maggior parte delle persone oggi sarebbe d’accordo sul fatto che non possediamo alcun diritto morale di eliminare una specie (anche se non ha per noi alcun beneficio nell’immediato)”, scrive Antonelli nell’introduzione del report.
“In sostanza la protezione della biodiversità deve abbracciare il nostro dovere morale di protezione del pianeta così come le nostre necessità”.
Citazione:
Royal Botanic Gardens, Kew. (2020). State of the world’s plants and fungi 2020. doi:10.34885/172
Immagine di apertura: Immagine di apertura:Mycena haematopus (Burgundydrop Bonnet) di Lukas Large tramite Flickr (CC BY-SA 2.0).
Liz Kimbrough è scrittrice per Mongabay. La trovate su Twitter @lizkimbrough
Articolo originale: https://news.mongabay.com/2020/10/worlds-plants-and-fungi-a-frontier-of-discovery-if-we-can-protect-them-report/