- Gli investimenti vietnamiti nel Delta del Mekong hanno contribuito a trasformare il paese in uno dei principali esportatori di riso e, successivamente, in un colosso della manifattura industriale.
- Oggi, tuttavia, la politica del “prima il riso” non è più sostenibile perché il cambiamento climatico minaccia la fertile regione del Delta del Mekong nel Sud del Vietnam.
- Negli ultimi anni i decisori politici hanno discusso su come difendere la regione agricola più importante del paese dagli effetti dell’innalzamento dei mari e dalla costruzione di dighe a monte.
- Questo è il primo di due articoli sul futuro del Delta del Mekong vietnamita.
In un qualunque elenco dei luoghi minacciati dal cambiamento climatico, il vasto e fertile Delta del Mekong si trova tra le prime posizioni. Eppure, come scrissi per Mongabay quattro anni fa, l’innalzamento dei mari e i mutamenti dei modelli meteorologici non sono le uniche minacce alla favolosa fecondità del delta.
La spasmodica costruzione di dighe a monte nel Laos, in Cina e sulle Alture Centrali del Vietnam ha soppresso gli allagamenti annuali che fino a poco tempo fa portavano grandi quantità di sedimenti nutritivi al delta respingendo le acque salmastre. E poi c’è l’inerzia istituzionale: il Vietnam è lento nell’abbandonare una politica che da quattro decenni si concentra sulla massimizzazione della produzione di riso.
Tale lentezza è probabilmente dovuta al fatto che la politica del “prima il riso” ha funzionato molto bene alla fine del secolo scorso, quando la nazione, alla ricerca di guadagni dall’esportazione, investì pesantemente in dighe e canali per controllare gli allagamenti annuali affinché i contadini potessero avere due, talvolta tre raccolti di riso all’anno.
Questi investimenti hanno garantito la sicurezza alimentare della nazione. Verso la fine degli anni ‘90, il Vietnam ha insidiato il primo posto detenuto dalla Thailandia di maggiore esportatore mondiale di riso. I guadagni derivanti dalle esportazioni del riso, reinvestiti nell’industria manifatturiera, hanno accelerato la trasformazione del paese in un produttore molto competitivo di beni per i mercati mondiali.
Non c’è da stupirsi, dunque, del fatto che i pianificatori, i politici e, in particolare, il Ministero dell’ Agricoltura e dello Sviluppo Rurale, il MARD, abbiano riconosciuto troppo tardi che la politica del “prima il riso” stesse diventando non sostenibile, e nemmeno si siano accorti che i pesanti investimenti in dighe e canali, progettati e costruiti per massimizzare la produzione risicola, riducevano la resilienza idrogeologica del delta e la capacità dei contadini di trarre profitti dai cambiamenti dell’ambiente naturale.
Epure, quando ho visitato il delta nell’estate del 2016 per varie settimane, era già chiaro che le cose dovevano cambiare. Il quarto e ultimo dei miei resoconti del 2016 si chiudeva con una nota di speranza: gli alti funzionari ad Hanoi e nel Delta stavano studiando una proposta che era emersa da anni di discussione tra esperti olandesi e vietnamiti.
Nota come “Piano del Delta del Mekong”, tale proposta prevedeva la sostituzione di misure di adattamento a “una serie sempre più complicata di lavori idraulici”. La sua chiarezza è impressionante. In breve:
- Riconoscere che l’innalzamento del livello dei mari, le dighe a monte e i cambiamenti del ritmo annuale delle stagioni secche e umide rendono insostenibile gli sforzi del regime per produrre sempre più riso.
- Pianificare un ritiro strategico e ordinato; non provare a difendere ogni piccolo tratto di riva. Riconsiderare i tre raccolti di riso nel delta superiore. Costruire canali attorno al cuore del delta, la parte che si trova circa a 1,5 metri sul livello attuale del mare. Realizzare un grande canale per spostare l’acqua dal ramo superiore del Mekong verso sud e verso ovest. Conservare l’acqua dolce ripristinando gli acquiferi e costruendo riserve, compresi bacini idrici stagionali dietro gli sbarramenti di mare nelle aree costiere.
- Accettare che, per quel terzo dell’area attuale del delta che si trova a un livello inferiore, la soluzione migliore sarebbe l’economia dell’acqua salata. Lasciar perdere la coltivazione del riso in quest’area. Ricreare le barriere di mangrovia e riprogettare i metodi di acquacoltura attuali.
- Ancorare l’economia del delta all’agroindustria. Preoccuparsi di ottenere maggiore valore da raccolti più piccoli e più differenziati. Produrre contributi localmente. Assicurare che i contadini possano accedere a prestiti per costruire competenza. Trattenere maggior valore creando marchi per prodotti di qualità e immettendoli sul mercato attraverso cooperative.
Una decisione pragmatica
L’ autunno scorso, mentre ero chiuso in casa in California per la pandemia, ho letto sui media vietnamiti dell’inizio dei lavori per il progetto Cai Lon-Cai Be. Il CLCB rappresenta la risposta del Ministero della Agricoltura all’infiltrazione delle acque salmastre nei campi di riso che si estendono a perdita d’occhio lungo il lato occidentale del Delta del Mekong.
Quando il progetto CLCB fu concepito, l’innalzamento dei mari, le falde acquifere esaurite e i cambiamenti climatici e atmosferici non erano ancora una minaccia ricorrente per l’economia agricola del Delta. Il CLCB, che fu scritto all’interno del piano quinquennale del 2010 del Vietnam, era solo un altro grande lavoro per gli ingegneri idrogeologici del ministero, il gruppo che aveva domato il ritmo annuale delle esondazioni annuali del Mekong.
Anni dopo, il primo ministro vietnamita approvò una cifra equivalente a 142 milioni di dollari per la prima fase del progetto. Subito i media locali riportarono che un’impresa legata al MARD avrebbe iniziato a costruire canali artificiali giganteschi canale per prevenire che l’acqua salata contaminasse 346 mila ettari di risaie.
I media vietnamiti riportarono anche un diffuso scetticismo sul progetto CLCB. Un esperto indipendente accusò il MARD, tra l’altro, di usare la paura degli impatti dei cambiamenti climatici come spauracchio per influenzare l’opinione pubblica a favore di una “soluzione” fin troppo ingegneristica su cui era stata fatta poca ricerca. Un professore sostenne che il problema non era l’acqua salmastra quanto l’ossessione del MARD per il riso al posto di altre coltivazioni e allevamenti di gamberetti e pesce che si adattassero alle condizioni locali.
Nguyen Ngoc Tran, che negli anni ‘80 guidò un’indagine determinante dell’idrologia del delta, accusò il MARD di aver ignorato la risoluzione governativa 120. Si riferiva alle linee guida “Sviluppo sostenibile e resiliente al clima del Delta del Mekong” che erano state prodotte nel novembre 2017 dopo una estesa discussione tra i più importanti leader vietnamiti.
Secondo Tran, la risoluzione 120 propendeva per risposte intelligenti, flessibili e “a favore della natura” ai cambiamenti del clima. Il progetto CLCB, invece, avrebbe investito in “misure strutturali” che non era possibile invertire facilmente.
“Se continuiamo a porre pezze qua e là prima di esser sicuri che la nostra soluzione sia giusta” sosteneva Tran “faremo semplicemente un danno ancora maggiore al nostro ambiente.”
Un alto funzionario del MARD gli rispose che, dal suo punto di vista, gli esperti universitari avrebbero dovuto aiutare il ministero a mitigare gli effetti negativi, qualora ce ne fossero, invece di opporsi all’intero progetto di irrigazione CLPB.
Era questa, mi sono chiesto, la prova che il Piano del Delta del Mekong era solo una discussione piena di speranza? Quindi, ho contattato via email alcuni degli esperti locali che avevo incontrato quattro anni prima.
Niente affatto, hanno risposto. Parallelamente al progetto di idro-ingegneria del CLCB si stavano già implementando elementi importanti del MDP.
In quel terzo sopraelevato dell’area del delta, i contadini del Quadrangolo di An Giang e della Piana dei Giunchi sono contentissimi che siano stati abbandonati i tre raccolti di riso. Gli alti sbarramenti sono stati abbattuti ed è stata ripristinata una piana alluvionale di acqua dolce.
Nella zona centrale del Delta, il MARD non insiste più a chiedere ai contadini di coltivare una varietà di riso primaverile; invece, possono coltivare raccolti che resistono all’acqua salmastra che ora risale fino a 80 chilometri dalla foce del fiume. Tuttavia, i frutteti soffrono ed e sempre più urgente avere a disposizione acqua dolce tutto l’anno.
E nel terzo più basso del delta, continua l’accesa discussione tra coloro che insistono nel voler preservare vasti tratti di risaie e coloro che credono che l’agricoltura da acqua salmastra sia fondamentale per la prosperità della striscia costiera. Il MDP propende fortemente a ripristinare le foreste di mangrovie lungo la linea costiera del delta e, dietro questa barriera “morbida”, a dare priorità all’allevamento di gamberi ad alto valore aggiunto.
L’acqua dolce è ora una risorsa che scarseggia nel Delta del Mekong. Vicino la costa, le falde acquifere sono drasticamente esaurite e, dietro le chiuse, i canali sono inquinati. Nell’area centrale, poi, l’acqua superficiale è salmastra per gran parte dell’anno. Perciò molta pianificazione punta a intrappolare l’acqua dolce nelle aree a monte durante la stagione piovosa per mandarla nei settori assetati a valle durante la stagione secca.
Le mie fonti, professori dell’Università di Can Tho, un consulente ambientale indipendente, e persone espatriate che fanno parte dell’IUCN, sostengono che c’è un considerevole consenso informale per il MDP. A livello locale e ai livelli più alti del governo vietnamita, si ritiene che il progetto presenti idee valide per un adattamento flessibile agli stress ai cui la fertilità regionale è sottoposta. Anche se il MDP rappresenta una rottura netta con la pratica stabilita e ha un genitore straniero, la sua logica si è dimostrata convincente.
Per i vietnamiti e i loro colleghi olandesi, il processo del MDP non riguarda solo l’ambiente, ma anche come un ambiente deteriorato indebolisca l’economia del delta e il suo sviluppo sociale. La ricerca scientifica recente conferma che già nel 2016 “il MDP era davvero stato influente nell’introdurre nuovi modi di considerare sia i problemi del delta che le strategie di trasformazione per lo sviluppo dell’agroalimentare. Sono cambiate le mentalità a tutti i livelli del sistema di pianificazione, sebbene il cambiamento, a livello locale, resti molto limitato. Tuttavia, l’implementazione è fragile.”
Ciò che allora pareva più dubbio e resta incerto ancora oggi è se l’approccio che gli esperti hanno incoraggiato possa essere reso compatibile con il rigido stile di pianificazione dall’alto verso il basso della politica vietnamita. Quanto rigido? Si prenda come esempio il CLCB, progetto concepito circa 15 anni fa. Ho chiesto alle mie fonti come mai, se sono tutti d’accordo che non sia più adatto alle circostanze attuali, non sia stato ritirato.
“Francamente,” mi ha detto uno di loro, “abbiamo preso una decisione pragmatica. Il primo stadio del CLCB era stato finanziato. Era partito. Piuttosto che continuare a combatterci contro e perdere, abbiamo deciso che era più importante fare pressione per l’integrazione del MDP nel prossimo piano quinquennale.”
(Fine prima Parte)
Immagine Banner: Palafitta di contadini in una risaia allagata nel Delta del Mekong. Foto Daniel Hoherd/Flickr
Dal 2008 David Brown, diplomatico statunitense in pensione, ha scritto moltissimo sulle questioni di politica pubblica in Vietnam. Per la redazione di questi articoli sul Delta del Mekong, ha ricevuto una grande assistenza da molti professionisti esperti del posto. Ogni errore di interpretazione deve essere attribuito all’autore e non alle sue fonti. Brown accetta volentieri domande pertinenti sui suoi articoli per Mongabay. (il suo indirizzo è: [email protected]).
Articolo originale: https://news-mongabay-com.mongabay.com/2020/12/analysis-how-vietnam-came-to-embrace-a-new-vision-of-the-mekong-deltas-future/ Traduzione: Terre sotto vento. Revisione: Nadia Petrecca.