- Dalla fornitura di aria e acqua pulite alla regolazione della temperatura, le foreste tropicali degradate forniscono servizi ecosistemici apprezzati dalle comunità malesi, rivela una nuova ricerca.
- I ricercatori hanno scoperto che i servizi ecosistemici maggiormente preferiti dalle comunità tendono ad avere valore ecologico. Ciò evidenzia come ci sia una comunanza di interessi tra i gruppi indigeni e la conservazione, sfruttabile attraverso progetti comunitari.
- Lo studio perviene nel mezzo di una spinta governativa a convertire centinaia di ettari di foreste degradate del Sabah in piantagioni di alberi.
- Le foreste, persino quelle disboscate, procurano servizi unici legati alla cultura indigena, quali l’attività di caccia, che non possono essere sostituiti dalle piantagioni di alberi, spiegano i ricercatori.
Nonostante siano etichettate come ‘degradate’, le foreste disboscate o comunque sia contaminate dall’attività umana, possono pur sempre fornire un valore immenso. Secondo una nuova ricerca svolta nel Borneo Malese, infatti, le foreste tropicali degradate regolano la temperatura circostante e filtrano le sostanze inquinanti dall’aria e dall’acqua, apportando diversi vantaggi che sono apprezzati dalle comunità locali.
Lo studio, pubblicato su Environmental Science & Policy, ha previsto la somministrazione di un questionario a 80 partecipanti provenienti da tre villaggi indigeni del distretto di Tongod, nello stato del Sabah, che abitavano nelle vicinanze delle foreste degradate. Il questionario verteva sui servizi ecosistemici, chiedendo agli intervistati di indicare quali fossero i più importanti vantaggi apportati dalla natura al genere umano.
Dalla caccia alla protezione dai venti e alla fornitura di piante medicinali, lo studio ha rivelato che gli abitanti tendono ad attribuire importanza ai servizi ecosistemici in modo diverso a seconda dell’età, del genere, della occupazione lavorativa, della etnicità e della distanza dalla foresta disboscata.
Comunque sia, hanno fatto notare i ricercatori, tutti gli intervistati hanno indicato come maggiormente importanti cinque servizi ecosistemici fondamentali: la pulizia dell’aria e dell’acqua, la regolazione della temperatura, la prevenzione delle erosioni e delle alluvioni.
A differenza di servizi quali la caccia e la fornitura di legna e piante medicinali, che non contribuiscono necessariamente alla salute della foresta, quei cinque servizi hanno un valore ecologico, ha dichiarato in una intervista a Mongabay Nastasia Boul Lefeuvre, prima autrice dello studio e ricercatrice presso l’ETH di Zurigo, in Svizzera.
“Ciò mi ha colto di sorpresa”, ha affermato Boul Lefeuvre. “Infatti, nell’ambito della conservazione si dice spesso che la prospettiva delle comunità locali e la loro valutazione delle foreste differiscono drasticamente dalle conclusioni scientifiche…si parla molto di conflitti di interesse e del conseguente bisogno di trovare compromessi.
“E invece, lo studio ha rivelato che i cinque servizi ecosistemici individuati come i più importanti dai membri della comunità coincidono nettamente con i servizi che hanno un valore ecologico, dimostrando così una netta comunanza di interessi”.
‘Non si può assolutamente sostituire una foresta con una piantagione di alberi’.
Lo studio perviene nel mezzo di una spinta da parte delle autorità malesi verso la conversione di circa 600.000 ettari (1,5 milione di acri) di foresta degradata del Sabah in piantagioni di alberi.
I sostenitori di tale mossa sostengono che la forestazione e lo stabilimento delle piantagioni contribuirebbero ad accelerare lo sviluppo economico procurando lavori alle comunità locali. D’altra parte però, Boul Lefeuvre fa notare che secondo lo studio gli abitanti dei villaggi preferiscono piuttosto preservare le loro foreste, persino quelle degradate.
Anche le piantagioni di alberi possono procurare alle comunità servizi ecosistemici fondamentali, quali la regolazione della temperatura e la filtrazione dell’aria e dell’acqua. Tuttavia, rispetto alle foreste, le piantagioni contengono un numero minore di specie che hanno per lo più valore commerciale, e dunque sono incapaci di procurare quei servizi nella misura in cui possono farlo le foreste proprio in virtù della loro biodiversità.
“Si tratta anche del rapporto che le popolazioni indigene hanno con il loro territorio e con la foresta’, spiega Boul Lefeuvre, aggiungendo: “Il loro modo di vivere tradizionale è decisamente interconnesso con la foresta, sfociando in attività culturali quali la caccia che non possono assolutamente essere sostituite da una piantagione di alberi.
“Se si trattasse di opportunità lavorative, scommetterei che le generazioni più giovani [degli intervistati] si preoccuperebbero meno di [di servizi quali il] habitat e patrimonio della fauna selvatica e maggiormente delle opportunità economiche”, ha dichiarato.
E invece, il risultato del sondaggio ha dimostrato in realtà che gli intervistati più giovani, di età compresa tra i 18 e i 50 anni, hanno assegnato una priorità più alta a quei servizi rispetto agli intervistati più anziani di età compresa tra i 51 e gli 83 anni.
“Ciò è spiegabile con il fatto che nell’ultimo ventennio, i giovani hanno avvertito fortemente dei cambiamenti drastici soprattutto legati alla diminuzione della biodiversità per effetto della degradazione del suolo”, ha spiegato Boul Lefeuvre, aggiungendo: “Inoltre, si è fatta più ricerca nell’ambito della crisi climatica e della perdita della biodiversità, il che ha contribuito a una loro maggiore informazione e sensibilizzazione sui temi della globalizzazione’.
Coinvolgimento delle comunità locali nello sviluppo delle politiche conservazionistiche
I risultati dello studio, ha dichiarato Boul Lefeuvre, dimostrano il bisogno di coinvolgere le comunità indigene e, di queste, soprattutto le nuove generazioni nello sviluppo delle politiche conservazionistiche a favore delle foreste degradate del Sabah.
“Si può chiaramente notare come le diverse comunità e popolazioni hanno ognuna interessi propri. Perciò, è fondamentale rivolgersi direttamente a loro chiedendo cosa vogliono’, ha affermato. ‘E se si è in grado di ascoltare la gente responsabilizzandola, i progetti a base comunitaria potranno avere una maggiore chance di successo.
Il progetto ecoturistico MESCOT KOPEL nella regione inferiore del Kinabatangan nel Sabah, è un esempio di collaborazione tra comunità e agenzie governative nel recupero dei soprassuoli forestali degradati attraendo volontari e visitatori con attività outdoor quali il trekking nella giungla, le crociere fluviali, l’osservazione degli uccelli e la speleologia.
I modelli agroforestali, laddove le specie di alberi che hanno un valore commerciale e le colture da reddito vengono abbinate a piante native edibili, permetterebbero agli abitanti dei villaggi di preservare il loro modo di vita tradizionale ricavandone anche una seconda fonte di reddito, ha dichiarato Boul Lefeuvre.
Negli ultimi anni, se da una parte c’è stata una intensificazione della crisi climatica, dall’altra si è assistito alla proliferazione delle soluzioni basate sulla natura, quali il pagamento dei servizi ecosistemici e gli accordi conservazionistici per il sequestro del carbonio. Tuttavia, ha avvertito Boul Lefeuvre, i suddetti progetti non si sono sempre svolti con il coinvolgimento delle comunità locali.
L’anno scorso, infatti, i governatori del Sabah hanno firmato un accordo conservazionistico con un gruppo di aziende straniere per la protezione di oltre 2 milioni di ettari (4,9 milioni di acri) di foreste tramite compensazione CO2. I gruppi della società civile indigena hanno affermato che tali negoziazioni non hanno significativamente coinvolto gli abitanti delle foreste e dintorni.
Per essere sostenibili e aiutare davvero le comunità locali, i progetti conservazionistici dovrebbero prevedere la consultazione con i gruppi indigeni, invece di un approccio dall’alto verso il basso, ha dichiarato Boul Lefeuvre. Inoltre, ha aggiunto Boul Lefeuvre, lo studio ha dimostrato una “netta coincidenza” tra i servizi ecosistemici che hanno un valore per le comunità indigene e i servizi che hanno un valore ecologico.
“Ciò dimostra chiaramente che la scienza e le conoscenze tradizionali possono lavorare in sinergia,” ha affermato. “I progetti dovrebbero essere disegnati e definiti insieme alle comunità locali, non imposti loro dall’alto”.
Immagine di apertura: deforestazione di una piantagione del Borneo Malese di Rhett A. Butler/Mongabay.
Citazioni:
Gamfeldt, L., Snäll, T., Bagchi, R., Jonsson, M., Gustafsson, L., … Bengtsson, J. (2013) Higher levels of multiple ecosystem services are found in forests with more tree species. Nature Communications, 4(1340). doi:10.1038/ncomms2328
Boul Lefeuvre, N., Keller, N., Plagnat-Cantoreggi, P., Godoong, E., Dray, A., & Philipson, C. D. (2021) The value of logged tropical forests: A study of ecosystem services in Sabah, Borneo. Environmental Science & Policy, 128, 56-67. doi:10.1016/j.envsci.2021.11.003
Articolo originale: https://news-mongabay-com.mongabay.com/2022/02/even-degraded-forests-are-more-ecologically-valuable-than-none-study-shows/