- In concomitanza con i primi 100 giorni del presidente recentemente eletto in Madagascar, gli esperti hanno identificato 5 aree prioritarie per la conservazione.
- In una recente pubblicazione su Nature Sustainability, gli esperti sottolineano la necessità di stabilire degli obiettivi di conservazione che siano in linea con lo sviluppo sostenibile del paese.
- Secondo le autorità, la chiave per il successo della conservazione consiste nel rafforzare i diritti della popolazione locale così come il ruolo esercitato dalla legge.
- Le misure immediate da prendere includono: combattere il crimine ambientale, investire in aeree protette e, mitigare gli impatti ambientali derivanti dallo sviluppo delle infrastrutture.
Mentre il Presidente Andry Rajoelina ha celebrato i suoi primi 100 giorni al comando del Madagascar lo scorso 30 aprile, un team internazionale di esperti della conservazione ha valutato come modellare gli obiettivi di conservazione del paese e come affrontare le costanti sfide. Hanno messo in guardia sul fatto che le sorti del ricco patrimonio naturale del paese sono appese a un filo.
Il record registrato dal presidente durante il suo ultimo mandato, dal 2009 al 2014, quando salì al potere a seguito di un colpo di stato, non promette nulla di buono per la gestione delle risorse naturali nel paese, tuttavia, secondo un articolo di opinione pubblicato su Nature Sustainability c’è ancora spazio per un cauto ottimismo.
In una lettera di febbraio indirizzata ai suoi ministri, Rajoelina ha sottolineato l’importanza della riforestazione in un paese che ha perso almeno metà della sua copertura forestale durante gli ultimi sei decenni. Al convegno One Planet, tenutosi a Nairobi lo scorso marzo, il presidente ha poi annunciato un ambizioso piano di riforestazione, il quale si impegna e riforestare 40.000 ettari (99.000 acri) ogni anno, circa l’equivalente di 75.000 campi da calcio. Tuttavia, la riforestazione è solo uno degli aspetti di una serie di raccomandazioni proposte dal recente articolo di opinione scritto da scienziati provenienti da Madagascar, Regno Unito, Australia, Stati Uniti e Finlandia.
Gli scienziati hanno individuato delle azioni urgenti da attuare per migliorare la qualità delle aree protette, le quali costituirebbero gli strumenti primari per proteggere gli ecosistemi a rischio: rafforzare gli sforzi di conservazione potenziando i diritti delle persone sulle risorse naturali, mitigare gli impatti dei progetti infrastrutturali sulla biodiversità, contenere il crimine ambientale e, incentivare gli sforzi di riforestazione in risposta a un crescente aumento di domanda di legna da ardere.
Gli autori sostengono che la questione critica per il Madagascar sia: Come si può far funzionare la conservazione per le persone? “E’ necessario che la conservazione contribuisca, e non sminuisca, gli sforzi nazionali mirati allo sviluppo economico”, ha affermato Julia P.G. Jones della Bangor University, prima autrice dell’articolo. “Non deve peggiorare la situazione delle comunità rurali povere che sono già spesso emarginate dai processi decisionali.”
A livello globale è difficile trovare un equilibrio, ma nel caso specifico del Madagascar la posta in gioco è molto alta e le condizioni sono particolarmente difficili. Si tratta dell’isola più antica al mondo che si separò dalla massa continentale sud asiatica circa 86 milioni di anni fa. Oggi ospita una miriade di specie di fauna e flora che non si trovano in nessun’altra parte della Terra, tra cui almeno 100 specie di lemure. Parliamo anche di uno degli stati più poveri d’Africa; circa il 75% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà.
In molte aree del Madagascar le comunità che dipendono dalle foreste stanno pagando un pesante prezzo per la conservazione. Secondo Sarobidy Rakotonarivo, un ricercatore post-dottorato dell’Università di Stirling in Scozia e co-autore dell’articolo, la salvaguardia delle riserve di carbone e la protezione della biodiversità nelle foreste ha ripercussioni sulla sicurezza alimentare delle comunità locali. “Delegare il possesso di foreste sicure alle comunità locali e negoziare in modo genuino la conservazione con gli utenti della foresta potrebbe essere la strada migliore da seguire per la conservazione e lo sviluppo del Madagascar”, queste sono le parole usate da Rakotonarivo in una e-mail scritta a Mongabay.
La povertà spiega solo una parte della pressione esercitata sulle foreste e altre risorse. Anche la deforestazione legata all’espansione di piantagioni redditizie di cui beneficiano un piccolo gruppo di privilegiati ha avuto pesanti conseguenze. Non dimentichiamoci inoltre del prelievo illegale di prezioso legname, dell’estrazione mineraria e del traffico di fauna selvatica.
A fronte di queste sfide crescenti, il debole ordine pubblico nel paese ha solamente aggravato il danno. Tra il 2016 e il 2018 il Madagascar è sceso di otto posizioni nell’Indice sullo Stato di Diritto del World Justice Project e, al momento, si trova al 107esimo posto tra 126 paesi. “Laddove esiste un debole stato di diritto, i gruppi elitari possono approfittarsene e sfruttare le risorse naturali a vantaggio privato senza pagare le tasse”, ha affermato Jones. Gli autori sostengono che la corruzione, unita a una debole regolamentazione, siano nocive sia per l’ambiente che per le persone.
Tra il 2003 e il 2016 la dimensione delle aree protette in Madagascar è quadruplicata, tuttavia il tipo di protezione che gli viene fornito è debole. La perdita della copertura arborea, un indicatore di deforestazione, è accelerata negli ultimi anni. In molti casi la perdita avviene proprio all’interno delle aree protette. Secondo gli autori dell’articolo per contenere questo andamento, per non parlare di invertirlo, sarà necessario un investimento molto più consistente in queste aree.
Il nuovo governo ha posto lo sviluppo delle infrastrutture al centro della sua strategia di sviluppo.
Il Madagascar dipende pesantemente da aiuti esterni per alimentare la propria economia e finanziare la conservazione. Nel 2016 un gruppo di donatori e investitori annunciò un supporto finanziario pari a 6,4 miliardi di dollari da destinare al paese, circa metà del quale da destinarsi allo sviluppo delle infrastrutture. In una sua visita in Madagascar in data 29 aprile, il Presidente della World Bank David Malpass disse che la banca avrebbe autorizzato 100 milioni di dollari, oltre ai 292 milioni di dollari già erogati a partire dal 1 marzo, per investimenti in una rete di sicurezza sociale per progetti destinati ai più poveri, ai proprietari terrieri e all’elettricità.
Eppure un flusso costante di sovvenzioni non è sufficiente, hanno affermato gli autori dell’articolo. “Nessuna somma di aiuti internazionali può risolvere la crisi che affligge la biodiversità del Madagascar. E’ essenziale un impegno duraturo da parte del governo nazionale” scrivono gli autori. Gli scienziati della conservazione temono inoltre che un rapido sviluppo delle infrastrutture possa dare origine a danni ambientali e perdita di biodiversità ancora più grandi. Secondo gli autori il governo deve necessariamente fare tutto ciò che gli è possibile per limitare l’impatto di tali azioni sulla biodiversità.
La promozione del turismo pone delle sfide già di per sé, ma l’opinione degli autori, in accordo con i piani del presidente, è quella di potenziare questo settore che può non solo beneficiare le popolazioni locali, ma anche guidare la crescita economica – a condizione che la biodiversità del paese vanti una posizione privilegiata e sia effettivamente protetta.
Un luogo che sta sfruttando questo potenziale è il parco Nazionale Ranomafana nel sud-est del Madagascar. La stazione di ricerca Centre ValBio, gestita dalla Stony Brook University e fondata più di 15 anni fa, porta avanti ricerche sulla biodiversità, riforestazione e progetti di sensibilizzazione della comunità su educazione e salute nell’area. Patricia Wright, fondatrice e direttrice esecutiva di Centre ValBio, nonché co-autrice dell’articolo di opinione, ha affermato che da quando il parco fu istituito nel 1991, le comunità locali ne hanno beneficiato: sono state coinvolte in progetti di ricerca a fianco di varie ONG e in attività legate al turismo e simili. Le ONG che operano nell’area forniscono inoltre fondi per affrontare problemi di sicurezza e offrire soccorso in caso di disastri naturali.
In un’e-mail Wright scrive che “questo è un ottimo esempio di ciò che può succedere in Madagascar se si portano avanti dei progetti a lungo termine e si da loro l’attenzione (non solo in termini economici, ma anche di competenza e incoraggiamento) di cui hanno bisogno per avere successo. Stiamo ampliando i nostri sforzi ad altre regioni affinché il modello possa replicarsi.”
Nota dell’editore: Rhett Butler fondatore e CEO di Mongabay è membro del comitato consultivo di Centre ValBio.
<emImmagine di apertura: Molte specie emblematiche di lemure del Madagascar, come questo lemure variegato, sono a rischio critico di estinzione. Immagine di Daniel Burgas.
Malavika Vyawahare è giornalista per Mongabay dal Madagascar. Potete trovarla su Twitter: @MalavikaVy
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